Poiche’ la responsabilita’ del datore di lavoro di cui all’art. 2087 c.c. e’ di natura contrattuale, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attivita’ lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 24 maggio 2018, n. 3104

La massima estrapolata

Poiche’ la responsabilita’ del datore di lavoro di cui all’art. 2087 c.c. e’ di natura contrattuale, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attivita’ lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocivita’ dell’ambiente di lavoro, nonche’ il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze, l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo.

Sentenza 24 maggio 2018, n. 3104

Data udienza 5 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9041 del 2015, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. St., Em. Su. e Gi. An., con domicilio eletto presso lo studio del terzo in Roma, via (…);
contro
Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Piemonte, Sezione I, n. 662 del 17 aprile 2015, resa inter partes, concernente risarcimento del danno da responsabilità contrattuale dell’amministrazione di appartenenza.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2018 il Consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati Em. Su. e l’Avvocato dello Stato Ga. Na.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS-, brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, ha chiesto, avanti il T.a.r. per Piemonte, Sezione I, il risarcimento del danno biologico e morale nei confronti del Ministero della difesa patito per le conseguenze (“proiettile ritenuto ed irritazione frenica oltre che patologia psichica”) riportate il 19 maggio 1986, alle ore 1,20 circa, a seguito di conflitto a fuoco con un pregiudicato.
2. Il signor -OMISSIS-, che veniva riconosciuto “vittima del dovere”, ha dedotto la natura contrattuale ex art. 2087 c.c. dell’affermata responsabilità dell’amministrazione di appartenenza, evidenziando che questa non aveva messo a disposizione in reparto un numero sufficiente di giubbotti antiproiettile.
4. Costituitasi l’amministrazione erariale, il Tribunale:
a) ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa erariale;
b) ha respinto il ricorso;
c) ha compensato le spese di lite.
4.1. In particolare, il giudice di prime cure, a sostegno della reiezione del ricorso, ha argomentato nei seguenti termini:
– “il NOR di Savigliano nel periodo in cui si verificò lo scontro a fuoco, aveva in dotazione quattro giubbetti antiproiettile del tipo WR.20.CA, assegnati fin dal mese di settembre 1977”;
– “”La difesa Erariale del Ministero della Difesa ha inoltre richiamato la dettagliata normativa regolamentare dell’Arma dei Carabinieri che già all’epoca imponeva l’uso dei giubbotti antiproiettile ai militari impegnati nei vari servizi di prevenzione”;
– “parte resistente ha documentato che nella notte del 19 maggio 1986 nessun altro poteva avere in dotazione i giubbetti antiproiettile di cui trattasi, poiché in servizio vi era esclusivamente un’autopattuglia – quella dell’odierno ricorrente – con impiego di due militari”;
5. Avverso tale pronuncia il signor -OMISSIS- ha interposto appello, lamentando, attraverso tre motivi di gravame (pagine 8 – 25), quanto segue:
I) il Tribunale ha travisato i fatti di causa, atteso che “non corrisponde alla realtà processuale la circostanza secondo cui il ricorrente non abbia contestato quanto contenuto nella relazione del NOR di Savigliano ex adverso prodotta” dovendosi rilevare che:
Ia) “i giubbotti antiproiettile – asseritamente forniti dall’Arma ma materialmente irreperibili in Caserma e, peggio ancora sulle autovetture di pattuglia – erano comunque in numero insufficiente per garantire l’incolumità dei militari in servizio”;
Ib) il Nucleo Operativo Radiomobile era composto “da circa 20 uomini (per l’esattezza da 17 nel periodo in cui il -OMISSIS- era in servizio)” di tal che il numero dei giubbotti messi a disposizione era assolutamente insufficiente anche in considerazione del numero (4) delle autovetture in servizio esterno con otto militari impegnati;
Ic) il numero insufficiente dei predetti dispositivi di sicurezza si deve ancor di più al fatto che la compagnia dei carabinieri di Savigliano comprende ben 7 stazioni con un numero di uomini in servizio ben superiore a 45;
Id) i giubbotti in dotazione, oltre che in numero insufficiente, erano “anche usurati e comunque fuori taglia” pregiudicando l’usura della stoffa la tenuta delle placche metalliche di protezione;
II) deve quindi ravvisarsi la violazione dell’art. 2087 del codice civile, per avere l’amministrazione omesso di adottare ogni misura idonea a tutelare l’incolumità del lavoratore, tanto più che questi, quale militare dell’Arma, svolge un’attività intrinsecamente pericolosa e vi è l’obbligo dei superiori di sorvegliare circa l’uso dei dispositivi di sicurezza;
III) il Tribunale non ha altresì considerato che “ogni autovettura di pattuglia avrebbe dovuto avere un proprio equipaggiamento, vale a dire almeno due giubbotti antiproiettile” e che erano rimaste inascoltate le ripetute richieste, rivolte dal -OMISSIS- all’Arma nel periodo precedente al conflitto a fuoco, di adottare misure preventive “nei confronti di alcuni soggetti particolarmente pericolosi, tra cui il proprio futuro aggressore”.
6. In data 25 novembre 2015 si è costituito il Ministero della difesa con atto di mera forma.
7. In prossimità dell’udienza di trattazione dell’appello le parti non hanno presentato difese scritte.
8. Il gravame, discusso alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2018, non merita accoglimento.
8.1. Infondate sono tutte le critiche sollevate dall’appellante, suscettibili per il loro tenore di trattazione congiunta, in quanto:
– la notte del 19 maggio 1986 in cui si verificava il conflitto a fuoco, nel turno 0-6, era impegnata in servizio di pattugliamento soltanto un’autoradio, quella a bordo della quale vi era l’appellante, unitamente al carabiniere Lo. Ro. (come risulta dal Memoriale di servizio del NOR della Compagnia Carabinieri di Savigliano per i giorni 18 e 19 maggio 1986), di tal che il numero (cinque) dei giubbotti antiproiettile presenti in caserma (come da nota 409/43-2-1964 del 7 giugno 1986) era in quel contesto temporale sufficiente rispetto al coefficiente (due) del personale in servizio esterno;
– poiché la responsabilità del datore di lavoro di cui all’art. 2087 c.c. è di natura contrattuale, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo (Cass. Civ. sez. lav., 15 giugno 2017, n. 14865; Cass. civ. sez. III, 23 maggio 2011, n. 11290);
– rilevato quindi che l’onere della prova circa la sussistenza del nesso di causalità tra il danno lamentato e la condotta datoriale compete al danneggiato, occorre rilevare che:
a) non trova riscontro nella documentazione di causa che tali giubbotti erano deteriorati a tal punto da risultare inidonei all’uso cui erano destinati;
b) soltanto per la prima volta in appello si deduce, più in dettaglio, che l’usura del tessuto avrebbe determinato il mancato corretto posizionamento delle piastre in acciaio, così incorrendo l’appellante nella causa di inammissibilità sancita dall’art. 104 c.p.a. (divieto di nova in appello);
c) il rilievo è peraltro articolato in maniera generica in quanto non è dato comprendere come il grado di usura dei giubbotti in dotazione avrebbe concretamente inciso sullo loro funzionalità alla luce della concreta dinamica che ha connotato la condotta delittuosa subita dall’appellante;
d) è meritevole di condivisione quanto osservato dal Tribunale a proposito dell’inerzia dell’amministrazione nel dar seguito alle segnalazioni dell’appellante non essendosi tra l’altro precisato quali idonee misure sarebbero state nella disponibilità dell’Arma e come queste avrebbero concretamente impedito il conflitto a fuoco;
e) non trova alcun riscontro nella disciplina regolamentare quanto affermato dall’appellante circa l’obbligo dell’amministrazione di dotare dei giubbotti antiproiettile le stesse autovetture di servizio;
f) se è vero che l’art. 2087 c.c. pone in capo al datore un preciso obbligo di controllare che il lavoratore, nell’esercizio dell’attività, osservi le prescrizioni datoriali concernenti l’esecuzione della prestazione in condizioni di sicurezza (Cass. civ. sez. lav. 19 febbraio 2018 n. 3978) in ambito militare l’obbligo di sorveglianza datoriale circa l’effettivo uso dei dispositivi di protezione ex art. 2087 c.c. grava sul responsabile del servizio ovverosia il più alto in grado tra i militari impegnati, che nel caso di specie si identificava nello stesso appellante;
g) difatti l’Allegato n. 4, rinvenibile in atti, alla circolare n. 738/58 – 2 – 1961 in data 30 marzo 1981 del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – II Reparto – SM – Ufficio Operazioni “POSTO DI CONTROLLO”, punto I.3, prevede che il capo servizio “ha il compito di […] indossare e far indossare a tutti i militari il giubbetto antiproiettile, salvo eccezionali circostanze da valutare opportunamente al momento”;
h) non ricorre pertanto la dedotta violazione dell’art. 2087 c.c. non potendosi configurare alcuna omissione da parte dell’amministrazione delle misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dell’appellante.
9. Conclusivamente, l’appello è infondato e deve essere respinto.
10. Il Collegio ritiene sussistano eccezionali motivi, stante la particolarità della vicenda di causa e dei sottesi interessi, per compensare le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (R.G. n. 9041/2015), lo respinge.
Spese del presente grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere, Estensore

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