Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 14 novembre 2017, n. 5237. Sussiste un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra il giudizio amministrativo sulla validità del decreto di esproprio

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9.4.2. Inoltre, tale soluzione sembra coerente con il principio costante – sia pure riferito esplicitamente al contrasto tra giudicati civili formatisi sulla stessa questione – della prevalenza del giudicato successivamente formato, qui utilizzabile nel senso che l’irrilevanza del primo giudicato civile, consente la formazione successiva del giudicato sul giudizio amministrativo pregiudicante.
9.4.3. La soluzione scelta consente, inoltre, di non dare ingresso agli effetti prodotti da quello che si configura come un abuso degli strumenti processuali.
A tal fine rileva:
a) l’eccezione di mancanza della condizione dell’azione sollevata dalle attuali ricorrenti dinanzi alla Corte di appello, nel momento in cui sono succedute nell’originario processo di opposizione alla indennità di espropriazione, al dichiarato fine (cfr. appello p. 4) di spendere la improcedibilità dell’opposizione dichiarata dal giudice civile sulla base del riconoscimento della carenza di potere, nell’istaurando giudizio amministrativo, promosso, poi, sul presupposto della tardività del decreto di esproprio e della sua possibile disapplicazione per essere stato emanato in carenza di potere;
b) la coltivazione del giudizio di opposizione alla stima dinanzi alla Corte di cassazione, facendo valere la carenza di potere, senza informare della contestuale pendenza del giudizio amministrativo pregiudicante;
c) l’invocazione, ora, del giudizio favorevole della Cassazione per ottenere un accoglimento dell’appello su un profilo che, disatteso dal primo giudice, non era stato oggetto di impugnazione, essendosi l’appello incentrato solo sulla messa in discussione del connesso principio della “pregiudizialità amministrativa”.
9.5. In conclusione, sulla base delle suddette argomentazioni, deve essere respinto il motivo di appello incentrato sull’asserita formazione di un giudicato (rilevante nel presente giudizio) avente ad oggetto la nullità del decreto di esproprio.
10. Diviene a questo punto centrale, ai fini della presente controversia, il tema della cosiddetta “pregiudiziale amministrativa” introdotto con l’ulteriore motivo di appello.
10.1. La questione della pregiudizialità della domanda di annullamento dell’atto illegittimo rispetto all’azione di risarcimento del danno – già risolta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in favore della autonomia delle azioni e della proponibilità della domanda di risarcimento dinanzi al giudice amministrativo anche in difetto di previa domanda di annullamento dell’atto lesivo (Cass. SS.UU. ordd. nn. 13659, 13660 del 2006, ribadita con successive sentenze nn. 30254 del 2008, 19048 e 23595 del 2010, 405 del 2011) – è ora disciplinata dal codice del processo amministrativo, entrato in vigore il 16 settembre 2010.
10.1.1. L’art. 30 c.p.a. prevede che l’azione di condanna al risarcimento del danno può essere proposta in via autonoma entro il termine di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo.
10.2. Pur non essendo detta disposizione applicabile direttamente ad una fattispecie risalente ad epoca anteriore alla sua entrata in vigore, seguendo l’indirizzo dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato espresso nella decisione 23 marzo 2011, n. 3 (avvalorata indirettamente dalle successive decisioni della medesima Adunanza [n. 6 del 2015] e della Corte costituzionale [n. 280 del 2012, n. 57 del 2015 e n. 94 del 2017]) la disciplina in esame – ad eccezione del termine di decadenza inapplicabile ratione temporis – costituisce il punto di emersione di un compendio di regole applicabili anche alla presente controversia, in quanto ricognitive di principi pienamente operanti nel processo amministrativo (antecedentemente all’entrata in vigore del codice).
10.2.1. Ne discende che la domanda di risarcimento per equivalente del danno da perdita della proprietà, derivante da un decreto di esproprio assunto come illegittimo per essere intervenuto dopo la scadenza della dichiarazione di pubblica utilità, è da considerarsi ammissibile, pure in assenza della previa domanda di annullamento dell’atto lesivo.
10.3. Deve premettersi che: a) nella controversia non viene in rilievo la prescrizione, posto che l’eccezione, sollevata dal Comune in primo grado e assorbita nella decisione del T.a.r., non è stata riproposta in appello; b) la domanda di risarcimento per equivalente, per come precisata nel corso del giudizio, concerne solo il danno da perdita della proprietà; c) che le signore Gu. hanno ottenuto il riconoscimento, dal giudice civile, di una maggiore indennità da occupazione legittima e che resta fermo il pagamento dell’indennità di esproprio a suo tempo liquidata, come anticipato al precedente § 9.2.1.1).
10.4. In ossequio al criterio della ragione più liquida (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 5 del 2015), il Collegio ritiene di prescindere dalla verifica, ai fini meramente risarcitori, della legittimità del decreto di esproprio e delle delibere comunali concernenti la proroga dei termini – e dunque dallo stabilire il rilievo della c.d. pregiudiziale amministrativa come intesa dall’impugnata sentenza – stante l’interruzione del nesso causale tra il fatto, in tesi illecito, e il danno lamentato, a cagione del comportamento processuale della parte danneggiata; tanto in applicazione dei principi affermati da Ad. Plen. n. 3 del 2011.

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