Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 14 novembre 2017, n. 5237. Sussiste un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra il giudizio amministrativo sulla validità del decreto di esproprio

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9.1. Trattandosi di cause dinanzi a diverse giurisdizioni, tra le stesse parti, aventi causa petendi e petitum diversi, la questione della eventuale valenza del giudicato sopravvenuto – avente per giunta carattere meramente processuale e come tale irrilevante in giudizi diversi pur pendenti fra le medesime parti – non può che porsi nell’ottica della pregiudizialità logico-giuridica, e del rimedio che, per evitare possibili contrasti di giudicati, l’ordinamento appresta in via preventiva mediante l’istituto processuale della sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. (senza considerare che, in tali casi, più propriamente, viene in rilievo una questione di giurisdizione come assodato dalla migliore giurisprudenza civile ed amministrativa, si vedano le pronunce menzionate al successivo § 9.4).
9.2. La giurisprudenza della Corte di legittimità è concorde nel riconoscere un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra il giudizio amministrativo sulla validità del decreto di esproprio e sulle conseguenti domande di restituzioni o risarcimento, e il giudizio civile sulla determinazione dell’indennità, il quale presuppone il decreto di esproprio quale condizione dell’azione, rinvenendo nel primo il processo pregiudicante e nel secondo il processo pregiudicato, con conseguente sospensione necessaria di quest’ultimo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (ex multis, Cass. civ., sez. 1, n. 5272 del 2007; civ., sez. 1, n. 6076 del 2004; Cons. Stato, sez. IV, n. 306 del 2008).
9.2.1. Pure pacifico è il connesso principio – valevole per l’ipotesi che la pendenza del contemporaneo giudizio amministrativo non emerga – secondo cui, nell’ipotesi in cui il giudice adito in sede di opposizione alla stima rilevi, anche d’ufficio, la mancanza di un presupposto di validità del decreto di espropriazione per essere stato emesso in carenza di potere, venendo meno la condizione dell’azione, deve escludere la proponibilità della opposizione alla indennità, trattandosi di questione che attiene alla legitimatio ad causam, ossia alla titolarità in astratto del diritto fatto valere con l’atto introduttivo del giudizio (Cass. civ., sez. 1, n. 7952 del 2008; sez. 1, n. 7256 del 1999).
9.2.1.1. Tanto è accaduto nel caso di specie, nel quale la Corte di cassazione ha deciso l’opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione, senza essere a conoscenza della pendenza di un processo amministrativo pregiudicante, col risultato di tenere comunque ferma la stima della indennità a suo tempo liquidata dall’Amministrazione nel decreto di esproprio (che sarà pertanto tenuta a versare alle signore Gu. oltre interessi legali fino al soddisfo).
9.3. Nella fattispecie, inoltre, il profilo della pregiudizialità logico-giuridica è già emerso dinanzi al al T.a.r., sia pure rispetto al profilo speculare eccepito dal Comune per la pendenza del giudizio civile di opposizione alla stima della indennità.
9.3.1. Come già detto (cfr. §. 4, sub lett. a), il T.a.r. ha negato la ricorrenza della pregiudizialità del processo civile ed ha affermato, con statuizione restata non impugnata, la pregiudizialità di quello amministrativo.
9.4. Ritiene il Collegio che, stante il rapporto di pregiudizialità logico-giuridica esistente tra il processo amministrativo, dove si discute dell’annullamento o della disapplicazione del decreto di esproprio emesso in carenza di potere, ma non impugnato, e il processo di opposizione alla stima, dove condizione dell’azione è un valido decreto di esproprio, il giudicato formatosi sul processo pregiudicato, per effetto della mancata attivazione nei confronti dello stesso della sospensione necessaria ex artt. 295 c.p.c. o 337 c.p.c., non può ora incidere sul processo pregiudicante (cfr. sul punto concernente i presupposti per l’applicabilità al processo amministrativo degli istituti sanciti dai su menzionati articoli 295 e 337 c.p.c., e le conseguenze della eventuale mancata applicazione, Cons. Stato, sez. IV, n. 1130 del 2016; sez. V, n. 806 del 2015).
9.4.1. A favore di tale conclusione milita innanzitutto la considerazione che se si ammettesse l’incidenza del giudicato formatosi nella causa pregiudicata sulla causa pregiudicante si finirebbe con il togliere ogni significato alla pregiudizialità logico- giuridica tra cause pendenti dinanzi a giudici diversi e con il disconoscere ogni operatività all’istituto della sospensione necessaria del processo pregiudicato, rimesso alla iniziativa di parte per essere di per sé non autonomamente conoscibile dal giudice.

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