Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 13 novembre 2017, n. 5190. Il divieto di proporre motivi nuovi in appello non è applicabile anche all’amministrazione resistente in primo grado

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5. La Regione Campania originaria resistente rimasta soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità in fatto ed in diritto, e dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del risalente contenzioso ha dedotto che:
a) il termine del 31 marzo 2014 contenuto nella delibera n. 384 del 31.7.2012 era all’evidenza perentorio per ragioni letterali (“entro e non oltre”) e logiche (esso riguardava un numero ragguardevole di Enti locali ed argomentando diversamente ogni comune avrebbe potuto spedire i dati secondo le proprie comodità, impedendo la raccolta tempestiva dei medesimi, e la loro elaborazione);
b) il comune aveva spedito l’istanza (prot. 4216 dell’1 aprile 2014) in data 2 aprile 2014;
b)contrariamente a quanto ritenuto dal T.a.r. il 31.3.2014 non cadeva di domenica, ma di lunedì;
c) inoltre, dai detti dati si evinceva esclusivamente la quantità di materie prime “seconde” potenzialmente recuperabili, ma non di quelle effettivamente recuperate, per cui anche nel merito la tesi del T.a.r. era errata.
6. In data 20.1.2017 l’appellata amministrazione comunale di (omissis) si è costituita depositando una articolata memoria chiedendo che l’appello venisse dichiarato almeno in parte inammissibile per violazione dei divieto dei “nova” ex art. 104 del c.p.a. e comunque respinto in quanto infondato.
7. In data 20.1.2017 l’A.r. si è costituita depositando una memoria nell’ambito della quale ha fatto presente di avere unicamente emesso atti infraprocedimentali e chiedendo di essere estromessa dalla causa, come già avvenuto in primo grado.
5. Alla adunanza camerale del 2 febbraio 2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività la Sezione, con la ordinanza n. 419/2017 ha accolto il petitum cautelare alla stregua delle considerazioni per cui “Rilevato che l’appello cautelare non appare sfornito del prescritto fumus, in quanto la dizione della delibera n. 384 del 31.7.2012 prevede che l’incombente sotteso all’invio della nota da parte del Comune avrebbe dovuto essere espletato “entro e non oltre” il termine del 31 marzo 2014;
rilevato che quanto al periculum in mora le esigenze prospettate dall’amministrazione regionale appellante appaiono altresì di preponderante spessore”.
6. Alla odierna pubblica udienza del 2 febbraio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato e va accolto nei sensi di cui alla motivazione che segue con conseguente reiezione del ricorso di primo grado, e salvezza degli atti impugnati.
1.1. Va in via preliminare disposta (come già in primo grado) l’estromissione dell’A.R. dalla causa posto che quest’ultima si è limitata ad adottare atti infraprocedimentali non lesivi degli interesse della parte odierna appellata (il capo della sentenza di primo grado che ha disposto l’estromissione di quest’ultima, peraltro, non è stato impugnato in via incidentale dall’amministrazione comunale originaria ricorrente).

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