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In generale, si è affermato che la ristrutturazione edilizia si caratterizza per la diversità dell’organismo edilizio prodotto dall’intervento di trasformazione rispetto al precedente (Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2016 n. 4267 e 27 aprile 2016 n. 1619; sez. V, 12 novembre 2015 n. 5184) e che essa si distingue dalla nuova costruzione perché mentre quest’ultima presuppone una trasformazione del territorio, la ristrutturazione è invece caratterizzata dalla preesistenza di un manufatto, in quanto tale trasformazione vi è in precedenza già stata (Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2015 n. 1763; 12 maggio 2014 n. 2397; 6 dicembre 2013 n. 5822; 30 marzo 2013, n. 2972).
In particolare, è con riferimento alla ipotesi di ristrutturazione “ricostruttiva” che è richiesta identità di volumetria e di sagoma (Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2015 n. 1763; 9 maggio 2014 n. 2384; 6 luglio 2012 n. 3970), affermandosi altresì che, in difetto, si configura una nuova costruzione, con la conseguente applicabilità anche delle norme sulle distanze (Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2013 n. 2972; 12 febbraio 2013 n. 844).
2.2. Con specifico riferimento alla successione di norme del tempo (per la parte che rileva nella presente sede), occorre ricordare che l’art. 3, co. 1, lett. d), nel suo testo originario, prevedeva che fossero interventi di “ristrutturazione edilizia”, quelli
“rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.
Già dal testo originario, dunque, erano presenti, come si è detto, due tipologie di ristrutturazione edilizia, identiche quanto alla finale realizzazione di un “organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, ma distinte dalla presenza (o meno) della demolizione (anche parziale) del fabbricato preesistente. Quest’ultima, ove effettuata, per poter rientrare nel campo della ristrutturazione edilizia (e non già della nuova costruzione), doveva concludersi con la “fedele ricostruzione di un fabbricato identico”, al punto da avere identità di sagoma, volume, area di sedime e, in generale, caratteristiche dei materiali.
Il successivo DPR 27 dicembre 2002 n. 301 ha apportato alla definizione (di cui all’art. 3) alcune modifiche, con il risultato di affermare che, nel caso di demolizione e ricostruzione, per potersi definire l’intervento quale “ristrutturazione edilizia”, lo stesso doveva portare ad un manufatto “con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.
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