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Lo strumento urbanistico definitivamente approvato dall’impugnata deliberazione giuntale, tuttavia, ha riclassificato le aree de quibus come zona agricola, anche (e soprattutto) a seguito della loro inclusione (disposta con deliberazione della Giunta Regionale n. 1157 dell’8 agosto 2002 e con decreto ministeriale del 25 marzo 2005, parimenti impugnati, e poi confermata con decisione della Commissione Europea del 19 luglio 2006) nel “Proposto Sito di Importanza Comunitaria – pSIC” denominato “Bo. di Me.” e della conseguente emissione da parte del competente Ufficio regionale, ai sensi dell’art. 5 del d.p.r. 8 settembre 1997, n. 357, di tre successivi pareri (prot. n. 10151 del 31 agosto 2005, prot. n. 185 dell’11 gennaio 2006, prot. n. 16058 del 13 novembre 2008, anch’essi tutti impugnati) di incidenza ambientale contrari al mantenimento della destinazione (omissis), nei cui confronti lo stesso Comune, in due successive occasioni, aveva formulato motivata istanza di riesame.
Del resto, hanno osservato i ricorrenti, l’originario atto di adozione del P.R.G. da parte del Consiglio comunale, disposto con deliberazione consiliare n. 10985 del 25 luglio 2001 che già teneva conto delle previsioni vincolistiche introdotte dal P.U.T.T./Paesaggio approvato dalla Giunta Regionale con deliberazione n. 1748 del 15 dicembre 2000, aveva mantenuto per i terreni de quibus la destinazione (omissis), in tesi consona al fatto che la più ampia zona extra-urbana ove insistono i fondi in parola era stata tipizzata, con la deliberazione commissariale n. 100 del 13 aprile 2000 (recante approvazione, con valore di variante all’allora vigente strumento urbanistico, della realizzazione dell’ospedale “Mi.”, importante centro della sanità regionale), come “zona per attrezzature ospedaliere di interesse generale”.
Le N.T.A. del PUTT/Paesaggio, hanno inoltre aggiunto i ricorrenti, non contemplano per gli ambiti territoriali (omissis), in cui il P.R.G. adottato aveva collocato le aree de quibus, un regime di inedificabilità assoluta, ma semplicemente dispongono che “in attuazione degli indirizzi di tutela, tutti gli interventi di trasformazione fisica del territorio e/o insediativi vanno resi compatibili con la conservazione degli elementi caratterizzanti il sistema botanico-vegetazionale, la sua ricostituzione, le attività agricole coerenti con la conservazione del suolo”.
Oltretutto, hanno concluso i ricorrenti, da un lato il pSIC “Bo. di Me.” sarebbe privo di “habitat prioritari” e presenterebbe solo due tipi di habitat (uno per la flora, “fo. di Qu. il. e qu. di Qu. tr.”, e uno per la fauna, “El. qu.”), dall’altro “le aree che compongono la rete Natura 2000”, costituite appunto dai SIC, “non sono riserve rigidamente protette dove le attività umane sono escluse”, ma, al contrario, sono aree dove la protezione dell’ambiente si attua “tenendo anche conto delle esigenze economico-sociali-culturali nonché delle particolarità regionali e locali” (così l’art. 2 della Direttiva 92/43/CEE).
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