Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 6 ottobre 2014, n. 4975

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7044 del 2010, proposto da:

La.Ma., Ro.Ma., rappresentati e difesi dall’avv. Fa.Fr., con domicilio eletto presso il medesimo,in Roma, via (…);

contro

Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Ma.Ac. ed altri (…), con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, Lungotevere (…);

sul ricorso numero di registro generale 7753 del 2012, proposto da:

Ro.Ma., La.Ma., rappresentati e difesi dall’avv. Fa.Fr., con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via (…);

contro

Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Ma.Su. ed altri (…), con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, (…);

per la riforma

quanto al ricorso n. 7044 del 2010:

della sentenza del TAR Lombardia – Milano: Sezione II n. 04455/2009, resa tra le parti, concernente determinazione oneri di urbanizzazione e costo di costruzione

quanto al ricorso n. 7753 del 2012:

della sentenza del TAR Lombardia – Milano: Sezione II n. 00580/2012, resa tra le parti, concernente diniego di proroga del permesso di costruire e decadenza del permesso stesso – ris. danno

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 luglio 2014 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Fr. e Iz.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I sigg.ri Ma., meglio specificati in epigrafe, proprietari di un fabbricato sito in Comune di Milano alla via (…), articolato su due piani e della superficie complessiva di 1.008,38 mq chiedevano al predetto Comune, in data 30 luglio 2006, l’autorizzazione ad eseguire su detto immobile un intervento di ristrutturazione con recupero abitativo del sottotetto.

Con permesso di costruire n.137 del 21luglio 2008 il suindicato Ente locale autorizzava detto intervento, calcolando altresì il contributo di costruzione complessivamente dovuto, determinato in base alle tariffe recate dalla delibera consiliare n.73 del 21/12/2007 e indicato in euro 255.487,21.

Gli interessati hanno impugnato innanzi al TAR della Lombardia con ricorso n.32386/2008 il provvedimento n.137/08 nella parte relativa alla determinazione nel suindicato importo degli oneri contributivi nonché la presupposta delibera consiliare n.73/07 recante determinazione in aggiornamento degli oneri di urbanizzazione dovuti per titoli abilitativi di nuova costruzione, ampliamento di edifici esistenti e ristrutturazione edilizia.

Con lo stesso gravame i ricorrenti hanno chiesto altresì l’accertamento dell’insussistenza dell’obbligo di corrispondere il contributo di costruzione nella misura indicata dal Comune, con condanna dell’Amministrazione alla ripetizione in favore degli stessi delle somme già versate.

L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n.4455/2009 respingeva il ricorso, ritenendolo infondato.

Avverso tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto sono insorti i sigg. Ma. deducendo a sostegno del proposto appello (rubricato al n. 70’44/2010) i seguenti motivi:

1) erroneità della sentenza appellata nel ritenere corretta la parametrazione del contributo di costruzione sull’intera superficie esistente e non sul solo incremento di superficie;

2) erroneità della sentenza appellata di ritenere motivato il provvedimento comunale recante la determinazione del contributo di costruzione;

3) erroneità della sentenza appellata di ritenere motivata e ragionevole la delibera comunale n.73/2007 nella parte in cui equipara, ai fini della determinazione degli oneri di urbanizzazione, gli interventi di demolizione e ricostruzione agli interventi di nuova costruzione.

Sì costituito in giudizio per resistere l’intimato Comune di Milano.

Intanto i sigg.ri Ma. in relazione al permesso di costruire n.137/08, in data 23 luglio 2009 presentavano al Comune di Milano istanza di proroga di detto titolo abilitativo chiedendo che i termini di avvio e di conclusione dei lavori fossero prorogati di un anno e tanto sulla base delle dedotte ragioni, rappresentate da:

a) incertezza sui costi dell’intervento; b) crisi congiunturale del settore immobiliare.

Gli interessati con istanza del 15 settembre 2009 reiteravano la richiesta di proroga chiedendo contestualmente la dilazione del pagamento degli oneri di costruzione e il Comune (Sportello Unico Edilizia) con provvedimento n.117 del 5/10/2009 rigettava la richiesta di proroga in parola e dichiarava decaduto il permesso di costruire n.137 del 21/7/2008.

I sigg.ri Ma. hanno impugnato tale provvedimento (ric. n. 2278/2009) innanzi al Tar della Lombardia, formulando altresì richiesta di risarcimento del danno e l’adito Tribunale in sede di giudizio cautelare sospendeva, in ragione del rilevato vizio di difetto di motivazione, l’esecuzione dell’atto impugnato, con il potere dell’Amministrazione di determinarsi nuovamente sulla istanza di proroga.

Quindi il Comune di Milano con provvedimento del 22/3/2011 si pronunciava ancora una volta negativamente sulla domanda di proroga confermando il diniego e la dichiarata decadenza e tale atto veniva gravato da motivi aggiunti da parte degli interessati.

Il Tar con sentenza n. 580/2012, pronunciando sul merito della causa, dichiarava improcedibile il ricorso principale e respingeva i motivi aggiunti nonché la avanzata richiesta risarcitoria.

I sigg.ri Ma. hanno proposto appello (rubricato al n.7753/2012) avverso tale decisum deducendo i seguenti motivi:

1) errore della sentenza appellata di ritenere il diniego di proroga motivato e non elusivo dell’ordinanza del TAR Lombardia n.1250/09, il tutto articolato su tre ordini di censure;

2) sotto altro profilo, errore della sentenza appellata di ritenere sussistenti nel caso di specie i presupposti dell’art.15 DPR n.380/2001 (e dell’art.90 regolamento edilizio comunale), come articolato su tre altri aspetti;

3) errore (indicato nel gravame sub IV) della sentenza appellata di ritenere non violati i principi in materia di dilazione del pagamento dei contributi concessori;

4) errore (indicato nel gravame sub V) della sentenza appellata di non pronunciarsi sulla illegittimità del primo diniego.

Il Comune di Milano costituitosi in giudizio ha chiesto la reiezione dell’appello.

Le parti hanno prodotto ad ulteriore illustrazione delle loro tesi apposite memorie difensive.

All’udienza pubblica del 1 luglio 2014 la causa contrassegnata dai due suindicati appelli è stata introitata per la decisione

DIRITTO

In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi in appello in epigrafe indicati per evidenti ragioni di connessione sia soggettiva che oggettiva intercorrenti tra essi.

Rileva sempre in via prioritaria il Collegio che occorre procedere ad una inversione dell’ordine di trattazione dei due appelli all’esame, nel senso che la disamina del gravame avente ad oggetto sostanziale la legittimità o meno del permesso di costruire n.137/08 di cui al secondo degli appelli in epigrafe(ric. n. 7753/2012) deve precedere necessariamente l’esame del primo gravame (ric. n. 7044/2010) volto a far accertare l’esatta misura del contributo concessorio dovuto dai sigg.ri Ma. al Comune di Milano in relazione al rilascio in favore degli appellanti del titolo edilizio per la ristrutturazione con recupero abitativo del sottotetto del fabbricato de quo.

E’ evidente l’interdipendenza logico- temporale dei due gravami qui di seguito indicati: gli oneri concessori nascono e sussistono in relazione al rilascio e alla permanenza di un titolo ad aedificandum ed è con riferimento alla esistenza e persistenza di un valido permesso di costruire che si può configurare il problema circa la esatta quantificazione dell’obbligazione contributiva

Di qui allora la posizione pregiudiziale della controversia relativa all’impugnato provvedimento comunale di diniego di proroga dell’inizio dei lavori e di decadenza del premesso di costruire n.137/08 dalla cui definizione in un senso o nell’altro dipende da un punto di vista sostanziale e processuale la controversia relativa alla quantificazione del contributo di costruire collegato al titolo abilitativo.

Passando, allora, all’esame dell’appello n. 7753/2012, parte resistente eccepisce la improcedibilità sia di tale gravame che di quello connesso, rubricato al n.7044/2010 sul rilievo dell’avvenuta restituzione da parte del Comune di Milano agli interessati del contributo di costruzione versato, nell’importo di euro 55.694,81.

L’eccezione va disattesa in quanto infondata.

Alcuna rilevanza può avere la restituzione della somma versata (poi restituita) per oneri concessori ai fini della decisione della controversia complessivamente insorta tra le parti in causa e ciò in relazione :

1) all’appello proposto avverso il provvedimento di diniego di proroga e di decadenza del permesso di costruire dal momento che dette determinazioni si fondano su presupposti rispetto ai quali il rimborso monetario suindicato non ha incidenza alcuna, rimanendo la circostanza invocata dal Comune sostanzialmente al di fuori del rapporto giuridico in contestazione;

2) all’appello n. 7044/2010 relativo al quantum del contributo in parola posto che la ripetizione di quanto versato non fa venir meno la pretesa processuale all’accertamento della esatta determinazione dell’obbligazione dovuta.

Ciò preliminarmente precisato, col primo mezzo d’impugnazione parte ricorrente sostiene che il diniego di cui al provvedimento del 22/3/2011 sarebbe elusivo della ordinanza cautelare n.1250/2009 e comunque affetto dal vizio di difetto di motivazione.

Così non è.

Si osserva, in primo luogo che il TAR con “la sospensiva” di cui alla invocata ordinanza ha sostanzialmente adottato una misura di tipo propulsivo (c.d. remand), demandando espressamente al Comune di Milano di rideterminarsi, cosa puntualmente avvenuta con l’assunzione del provvedimento del marzo del 2011, assunto in conformità dell’ordine impartito dallo stesso giudice.

Quanto poi al difetto di motivazione nuovamente lamentato a carico del secondo diniego, il vizio non sussiste

E’ sufficiente invero procedere alla lettura comparativa tra i due atti di diniego per rendersi agevolmente conto di come la determinazione di carattere negativo successivamente assunta sia articolata su ragioni di fatto e di diritto delle quali si dà sufficiente contezza e che valgono di per sé a mandare esente il provvedimento stesso dal denunciato profilo di illegittimità, non senza rilevare che l’Amministrazione ha dato espressamente atto nella parte narrativa del provvedimento de quo della ordinanza di “sospensiva “, procedendo al riesame prescritto dal TAR.

Le censure di cui al secondo motivo d’appello riguardano la questione giuridica fondamentale e dirimente che il Collegio è chiamato a risolvere e cioè la legittimità o meno dell’atto comunale di diniego di proroga dei lavori e di dichiarazione di decadenza del permesso di costruire.

Le doglianze di parte appellante non appaiono condivisibili.

Dunque la richiesta di proroga di che trattasi è stata avanzata dagli interessati come esposto nel provvedimento in contestazione, per due precipue ragioni:

a) per le incertezze economiche e finanziarie derivanti dall’operazione immobiliare in relazione al contenzioso intercorso col Comune circa la quantificazione del contributo di costruzione;

b) per la grave crisi economica che ha afflitto il settore dell’edilizia con le relative, concrete ricadute.

Occorre andare a verificare se tali ragioni collimano con le circostanze previste dall’art.15 del DPR n.380/2001 per farsi luogo alla proroga, come sostenuto dalla parte appellante, oppure no, come in sostanza assunto dall’Amministrazione comunale.

Il citato articolo di legge prevede che “i termini possono essere prorogati con provvedimento motivato per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso” e ancora che … ” la proroga può essere accordata con provvedimento motivato esclusivamente in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle particolari caratteristiche tecnico- costruttive:”

Ebbene, il diniego risulta essere stato correttamente adottato, atteso che le ragioni addotte a sostegno della richiesta di proroga appaiono eccedere l’ambito naturale descritto dal citato art.15 per la concessione del beneficio de quo.

La norma in questione presuppone infatti una condizione ben precisa, costituita dalla sopravvenienza di fatti estranei alla volontà del titolare della concessione edilizia e tali non sono le circostanze dedotte dai sigg.ri Ma..

Quanto al motivo costituito dalla crisi congiunturale dell’edilizia, trattasi invero, di ragioni di carattere generale attinenti a considerazioni di tipo economico del tutto generiche, non aventi, per l’astrattezza delle stesse, rilevanza alcuna con l’obbligo di osservare i tempi di inizio e completamento dei lavori, sicché appare del tutto impossibile considerare la “crisi congiunturale” un motivo valido per giustificare l’inerzia.

Alcuna incidenza diretta e concreta può altresì avere la pendenza tra le stesse parti del contenzioso in ordine alla quantificazione del contributo di costruzione, la cui determinazione, come stabilita dal Comune, peraltro, nasce ed è conosciuta in coincidenza del rilascio del titolo ad aedificandum (e non successivamente).

Non si riesce in ogni caso a comprendere invero il ruolo per così dire “paralizzante” della questione del quantum degli oneri concessori con riguardo ai termini fissati dal citato art.15, se non come circostanza del tutto estranea alla tempistica dei lavori, dovendosi altresì rilevare, a voler entrare nell’ottica della ” pesantezza” dei costi finanziari da sostenersi per l’operazione immobiliare, che non viene data dimostrazione della concreta incidenza sulla situazione finanziaria degli appellanti e tenuto altresì conto del fatto che in teoria un eventuale esito positivo della controversia consentirebbe la ripetizione degli oneri richiesti (in più) in pagamento.

Ferma restando la inattendibilità ai fini della proroga delle circostanze addotte, neppure si invera la condizione, pure prevista dall’art.15 citato, secondo cui la proroga potrebbe essere possibile in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico- costruttive : invero circostanze relative alla difficoltà di esecuzione delle modalità di realizzazione dell’opera edilizia non vengono minimamente in rilievo dalla documentazione di causa e comunque non sono rappresentate dagli interessati e tantomeno documentate.

In definitiva sul punto occorre convenire che a sostegno della chiesta proroga parte appellante ha posto delle “problematiche” che non rispondono ai requisiti dettati dall’art.15 citato, perché non possono farsi rientrare tra i ” fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso”.

Se così è, il Comune ha del pari correttamente proceduto a dichiarare la intervenuta decadenza del permesso di costruire, una volta accertata la impossibilità di accordare la chiesta proroga e quindi l’inverarsi di una colpevole inerzia nell’osservanza dei tempi di inizio e completamento dei lavori, quale presupposto di fatto e di diritto per la dichiarazione di decadenza (cfr Cons. Stato Sez. IV 7/9/2011 n. 5028; idem 29/1/2008 n. 249).

Ora dall’esito della definizione della questione pregiudiziale nei termini sopra esposti, una volta appurata la legittimità del diniego di proroga e della dichiarazione della decadenza del permesso di costruire di cui al provvedimento comunale del 22/3/2001, derivano sul piano logico- sostanziale nonché processuale precise conseguenze per gli altri due motivi d’appello che rimangono invero, travolti.

In particolare, il venir meno della validità del permesso di costruire travolge automaticamente la questione della mancata dilazione del pagamento del contributo concessorio, di cui al quarto motivo di appello, così come fa venir meno ogni interesse ad una pronuncia sul ricorso introduttivo di primo grado proposto avverso il primo diniego, ai fini risarcitori, atto che, in ogni caso è rimasto assorbito e superato dal successivo diniego emesso a seguito di riesame disposto dal TAR.

Quanto alla richiesta risarcitoria, la stessa non ha motivo di esistere essendo venuto meno il titolo dal quale teoricamente far dipendere anche eventuali profili di ristoro patrimoniale per colpevole condotta amministrativa della P.A (nella specie insussistente) .

Parimenti in ragione del rapporto di presupposizione logico- temporale esistente tra permesso di costruire e “nascita” dell’obbligo di pagamento del contributo concessorio, la intervenuta decadenza del titolo ad aedificandum rende di fatto inammissibile e comunque improcedibile l’appello n. 7044/2010, per sostanziale cessazione della materia del contendere, non potendosi configurare una contestazione giudiziale in ordine alla quantificazione di un’obbligazione che di fatto è venuta meno per sopravvenuta inefficacia del titolo da cui il contributo stesso origina.

Conclusivamente, per le suestese considerazioni, l’appello n. 7753/2012 va respinto, in quanto infondato e l’appello n.7044/2010 va dichiarato improcedibile.

Sussistono peraltro giusti motivi, tenuto conto della peculiarità della vicenda all’esame, per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta –

definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicati, così dispone:

a) Rigetta il ricorso in appello n.7753/2012

b) Dichiara improcedibile il ricorso in appello n.7044/2010

Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico – Presidente

Nicola Russo – Consigliere

Michele Corradino – Consigliere

Diego Sabatino – Consigliere

Andrea Migliozzi – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 6 ottobre 2014.

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