Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 5 aprile 2017, n. 1568

Ai fini del rimborso delle spese legali sostenute, l’imputazione deve riguardare un’attività svolta in diretta connessione con i fini funzionali dell’ente e, come tale, ad esso imputabile.

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 5 aprile 2017, n. 1568

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2218 del 2007, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via (…);

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Ma., domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la segreteria della IV sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Veneto, sezione I, 19 gennaio 2006, n. 84, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 marzo 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;

Uditi per le parti l’avvocato dello Stato B. Fi. e l’avvocato A. Pa. su delega dell’avvocato F. Ma.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS-, appuntato della Guardia di finanza, è stato sottoposto a procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia per i reati e puniti rispettivamente dagli artt. 81, 61, n. 9, e 378 c.p. (favoreggiamento personale) e dagli artt. 81, 61, n. 9, e 326, comma terzo, c.p. (rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio), risultando all’esito prosciolto per non aver commesso il fatto.

2. L’appuntato -OMISSIS- ha chiesto all’Amministrazione di appartenenza l’assunzione degli oneri della difesa – ai sensi dell’art. 18 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito con modificazioni nella legge 23 maggio 1997 – sul presupposto che i fatti a lui ascritti fossero connessi all’espletamento del servizio.

3. Con nota n. 386643 dell’11 novembre 2004, il Comando generale della Guardia di Finanza ha rigettato la richiesta “per mancanza di riferibilità immediata e diretta dell’agire dell’istante al volere dell’amministrazione”.

4. Il militare ha impugnato il provvedimento di diniego, proponendo un ricorso che il T.A.R. per il Veneto, sez. I, ha accolto con sentenza 19 gennaio 2006, n. 84. Il Tribunale regionale ha ritenuto decisiva l’oggettiva connessione dei fatti addebitati al ricorrente con l’espletamento del servizio reso e dunque con l’assolvimento dei doveri istituzionali, mentre – come invece assumerebbe l’atto impugnato – la norma non richiederebbe l’avere agito per ordine dell’Amministrazione.

5. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza ha interposto appello contro la sentenza.

6. L’Amministrazione contesta la lettura che il primo giudice ha dato della normativa di riferimento. La condotta dell’appuntato -OMISSIS- (avere intrattenuto rapporti con un pregiudicato in quanto considerato “fonte confidenziale”, peraltro non conosciuta come tale dai suoi superiori, e avergli fornito informazioni utili a sottrarsi alla cattura) non potrebbe essere direttamente imputabile all’Amministrazione e lo avrebbe posto in conflitto di interessi con il Corpo di appartenenza, tanto che ne sarebbe scaturito un procedimento disciplinare conclusosi con l’irrogazione della sospensione disciplinare dal servizio per un mese.

7. L’appuntato -OMISSIS- si è costituito in giudizio per resistere all’appello, depositando controricorso (5 novembre 2013) e svolgendo le proprie difese in una successiva memoria (6 febbraio 2017), con la quale contesta gli argomenti dell’appello, considera irrilevante, secondo la normativa interna del Corpo (circolare 1° marzo 2001, n. 88000) la sanzione disciplinare ricevuta e ripropone un motivo del ricorso di primo grado non esaminato dal T.A.R. (mancata previa acquisizione del parere dell’Avvocatura dello Stato).

8. All’udienza pubblica del 9 marzo 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

9. In via preliminare, il Collegio osserva che la ricostruzione in fatto, sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite ed è comunque acclarata dalla documentazione versata in atti. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio.

10. Viene in questione l’art. 18, primo comma, primo periodo del decreto-legge n. 67/1997, il quale stabilisce:

“Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l’Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità”.

11. La norma collega il rimborso delle spese legali a un triplice presupposto e cioè che il giudizio:

a) sia promosso nel confronti del (e non anche dal) dipendente;

b) riguardi atti o fatti connessi alle funzioni esercitate;

c) si concluda con l’esclusione della responsabilità.

12. Nel caso di specie, il primo e il terzo di tali presupposti sono fuori discussione. Si controverte invece del secondo, perché il Tribunale territoriale ne ha dato una lettura ampia, nel senso che sarebbe sufficiente che il procedimento sia connesso con l’espletamento del servizio, mentre l’Amministrazione appellante sostiene che il fatto debba essere strettamente inerente all’esercizio delle funzioni e riferibile all’ente mandante.

13. L’appello dell’Amministrazione è fondato.

14. Come ha avuto modo di affermare questo Consiglio di Stato, ai fini del rimborso delle spese legali sostenute, l’imputazione deve riguardare un’attività svolta in diretta connessione con i fini funzionali dell’ente e, come tale, ad esso imputabile (cfr. sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190).

15. Infatti, diversamente opinando, si finirebbe per ammettere indiscriminatamente il diritto al rimborso delle spese legali in ogni ipotesi di reato proprio, indipendentemente da qualsiasi collegamento del fatto addebitato con l’interesse dell’Amministrazione; il che non può essere consentito, posto che lo scopo evidente della norma è quello di sollevare da un onere economico il dipendente che ne sia stato gravato in dipendenza dell’adempimento ai doveri del proprio ufficio.

16. Ora, nel caso di specie:

a) la sentenza penale (Tribunale di Brescia, sez. II, 26 novembre 2004, n. 4165), pur mandando assolto il signor -OMISSIS- dall’imputazione ascrittagli, ha affermato che i rapporti tenuti con il pregiudicato Fe. sarebbero “apparentemente non connessi a contatti informativo-confidenziali” (pag. 21), come risulterebbe dalle testimonianze rese dai superiori del militare;

b) questa considerazione non può essere superata dal rilievo che, secondo una nota in atti, esisterebbero almeno quattro rapporti dell’appuntato facenti riferimento a informazioni derivanti da una fonte confidenziale, perché tale elemento dimostra solo che il signor Privato avesse delle fonti confidenziali, non che tale fosse il pregiudicato Fe. e che comunque le condotte in questione si collocassero all’interno in una relazione di tale natura;

c) i medesimi rilievi sono contenuti nella motivazione del provvedimento disciplinare;

d) di conseguenza non vi è alcun riscontro che l’appellato abbia agito nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, sicché correttamente l’Amministrazione non gli ha riconosciuto il diritto al rimborso delle spese legali.

17. Quanto poi al terzo motivo del ricorso introduttivo (mancata acquisizione del parere dell’Avvocatura dello Stato), riproposto in questa sede di appello, il Collegio osserva che:

a) tale riproposizione è avvenuta solo con la memoria depositata in data 6 febbraio 2017, a fronte di un appello notificato nel 2007, dunque ben oltre i termini segnati dall’art. 101, comma 2, c.p.a.;

b) il motivo sarebbe comunque infondato, in quanto, secondo la chiara formulazione della norma – confermata anche dalla disposizione di interpretazione autentica recata dall’art. 10 bis, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248 – il parere dell’Avvocatura generale riguarda solo la congruità dell’ammontare dell’importo da rifondere, non anche la fondatezza della pretesa fatta valere, diversamente da quanto avviene per le eventuali anticipazioni, per le quali il parere dell’Avvocatura investe anche l’an.

18. Dalle considerazioni che precedono discende che – come anticipato – l’appello è fondato e va pertanto accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

19. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, cfr. Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).

20. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

21. Considerati il carattere risalente della controversia e la sua natura, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità dell’interessato, manda alla segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellata.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi – Presidente

Fabio Taormina – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Carlo Schilardi – Consigliere

Giuseppe Castiglia – Consigliere, Estensore

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