Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 21 ottobre 2014, n. 5176

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4012 del 2012, proposto da:

Ye. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Gi.Ab., Se.Tu., con domicilio eletto presso Studio Ti. in Roma, via (…);

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Gi.Da. ed altri (…), con domicilio eletto presso Gi.Gr. in Roma, corso (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE IV n. 01479/2012, resa tra le parti, concernente ottemperanza sentenza Tar Campania, Napoli sezione IV n. 7706/2008 nonché annullamento provvedimento di diniego permesso di costruire elusivo del giudicato – ris.danni

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Pa. (su delega di Pu.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso n.r.g. 4012/2012, la società Ye. S.r.l. impugna la sentenza n. 1479/12 del TAR Campania che ha rigettato il ricorso della società volto ad ottenere l’esecuzione del giudicato di cui alla precedente sentenza del TAR Campania n. 7706/07 e del ricorso per motivi aggiunti per l’annullamento del provvedimento del Comune di Napoli n. 134 del 25 marzo 2011.

La ricorrente ricorda che nel maggio 1995 presentava istanza al Comune di Napoli per l’ottenimento di una concessione edilizia per la realizzazione di una sopraelevazione su un terreno di sua proprietà.

Il Comune negava detta concessione, diniego successivamente annullato dal Tar Napoli con la citata sentenza n. 7706/07, confermata da questo Consiglio di Stato, con decisione n. 7735/2009.

La società, dunque, proponeva ricorso in ottemperanza, nel corso del quale l’Amministrazione comunale adottava il provvedimento n. 260/2010 di diniego alla concessione edilizia, successivamente sostituito in autotutela dalla disposizione dirigenziale n. 52/2011.

Il Comune, infine, adottava la determina n. 134/2011 che negava nuovamente il permesso di costruire. Provvedimento quest’ultimo impugnato con motivi aggiunti dalla ricorrente.

Il Tar Campania, con sentenza n. 1479/12, rigettava tutti i ricorsi statuendo che il principio in base al quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile non sia applicabile al processo amministrativo, posto che quest’ultimo involge interessi sia privati che pubblici, inoltre all’Amministrazione è concessa la rinnovazione del provvedimento precedentemente annullato, purché abbia diversa motivazione e non sia meramente reiterativo dei vizi accertati con il giudicato di annullamento.

Il TAR, infine, rigettava anche il ricorso per motivi aggiunti, ritenendo legittimo il diniego di costruire per il superamento degli indici volumetrici.

Avverso tale sentenza la Yellow immobiliare propone appello, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone l’integrale riforma, sulla base di tre motivi. Con il primo, rubricato “error in iudicando ed in procedendo (violazione dell’art. 112 comma 3 c.p.a. Violazione dell’art. 21septies l. 241/90 s.m.i. Violazione del principio dell’onus clare loquendi. Elusione del giudicato formatosi in relazione alla sentenza del TAR 7706/2007 e del Cons. Stato n.7735/2009. Nullità del provvedimento. Omissione di pronuncia”, la ricorrente obietta che il Tar non avrebbe considerato che i motivi di rigetto esposti dall’Amministrazione con il nuovo provvedimento di diniego potessero essere già opponibili alla società non avendo la stessa modificato i termini della sua istanza e pertanto il giudicato formatosi avrebbe dovuto coprire anche la nuova determinazione, con conseguente nullità della stessa.

Con secondo motivo di ricorso la Yellow Immobiliare S.r.l. si duole dell’ “error in judicando sotto il diverso profilo della violazione dell’art. 3 lett. f) d.P.R. 06.06.2001 n. 380. Violazione art. 3 L. 241/90 s.m.i. per difetto assoluto di motivazione in ordine alla comparazione degli interessi coinvolti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 e ss., D.M. 2 aprile 1968 n. 1444. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del PRG del 1972 del Comune di Napoli. Sviamento di potere. Violazione art. 97 Cost.”.

Afferma la ricorrente che il Comune di Napoli avrebbe dovuto opporre la violazione dell’art. 9 del PRG fin dal momento della presentazione dell’istanza non potendo oggi opporre tale violazione sulla base del giudicato del TAR Campania, che copre il dedotto e il deducibile.

In ogni caso il Tar Campania avrebbe errato nel dichiarare legittima la disposizione dirigenziale n. 134/2011, di rigetto dell’istanza al permesso di costruire, posto che quest’ultima aveva ad oggetto il completamento di un fabbricato.

Il TAR, inoltre, non avrebbe dovuto ritenere applicabile, in mancanza dell’indice fondiario, l’indice territoriale per regolare l’attività edilizia in quanto l’indice di densità territoriale rileverebbe solo in sede di pianificazione, mentre l’indice di fabbricabilità fondiaria dovrebbe essere riferito all’effettiva superficie suscettibile di edificazione.

Né il Comune avrebbe potuto opporre alla società la mancanza del piano particolareggiato per la regolazione della collocazione degli edifici ed il tracciamento delle via di accesso, perché nella specie la delimitazione della costruzione rispetto alle strade sarebbe già segnata dal terreno sul quale sarebbe dovuta sorgere la costruzione.

La ricorrente contesta, quindi, col terzo motivo di appello, l'”error in judicando sotto l’ulteriore profilo della totale omissione di pronuncia. Violazione art. 112 c.p.a.”.

Lamenta la ricorrente che il TAR avrebbe totalmente omesso di pronunciarsi circa la richiesta di risarcimento, nonostante che il diniego di permesso di costruire abbia arrecato alla ricorrente un danno ingiusto.

La società, infine, ripropone i motivi dichiarati assorbiti dal Tar Campania.

Contesta, dunque, l’erroneità dell’efficacia preclusiva attribuita alla adozione della variante al PRG ai sensi della L. 1902/52: la norma sarebbe stata abrogata dall’art. 24 del D.L. 112/2008, in vigore al momento dell’adozione della variante e in ogni caso tale efficacia preclusiva sarebbe smentita dalla medesima norma richiamata dal Comune di Napoli, che consentirebbe all’Amministrazione una mera facoltà di sospendere ogni determinazione sul rilascio delle concessioni edilizie.

Né il Comune avrebbe potuto fare riferimento all’art. 17 della Variante al Piano Regolatore in quanto norma non riferibile alla zona C2 – in cui ricade il terreno della ricorrente – ma alla zona B.

Inoltre, tale articolo non avrebbe potuto essere opposto alla ricorrente perché la variante è stata approvata solo in data 20 luglio 1998, mentre il primo provvedimento di rigetto era datato 8 luglio 1996 ed in ogni caso il terreno di proprietà della ricorrente ricadrebbe in una zona già provvista delle necessarie opere di urbanizzazione.

Si è costituito il Comune di Napoli, chiedendo il rigetto dell’appello, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Alla pubblica udienza dell’11 marzo 2014 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il presente ricorso la società Yellow Immobiliare impugna la sentenza n. 1479/12 del Tar Campania che ha rigettato il ricorso presentato per l’esecuzione del giudicato di cui alla sentenza n. 7706/2007 del medesimo TAR e i successivi motivi aggiunti per l’annullamento del provvedimento del Comune di Napoli n. 134 del 25 marzo 2011.

L’appello è infondato.

Dirimente ai fini della soluzione della presente controversia è la circoscrizione dei poteri dell’amministrazione di fronte al giudicato amministrativo.

Nel caso di specie è, infatti, necessario comprendere quali poteri residuassero in capo al Comune di Napoli a seguito della sentenza del Tar Campania n. 7706/07 (confermata da questo Consiglio di Stato con decisione n. 7735/2009), che ha annullato il diniego di rilascio di concessione edilizia presentata da Ye. S.r.l.

Si deve, infatti ricordare che l’amministrazione, a seguito di un giudicato di annullamento, non perde il potere di rieditare il provvedimento annullato, purché il medesimo sia emendato dei vizi che lo inficiavano e tenuto conto delle disposizioni contenute nel giudicato amministrativo.

Peculiare sotto tale ultimo profilo è il rapporto tra la riedizione del potere amministrativo e il giudicato di annullamento di un provvedimento per difetto di motivazione.

Si ricorda, infatti, che gli atti emanati dall’Amministrazione dopo il passaggio in giudicato di sentenza che ha riconosciuto un difetto di adeguata istruttoria e motivazione possono considerarsi emessi in violazione di giudicato solo se da questo derivi un obbligo talmente puntuale che la sua esecuzione debba concretarsi nella adozione di un atto il cui contenuto sia desumibile integralmente dalla sentenza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sent. 26 settembre 2013, n. 4822). Ne deriva che l’amministrazione ha il dovere di riesaminare la domanda, valutare gli interessi pubblici sottostanti e riesprimersi, anche in senso sfavorevole all’istante, purché ne dia puntuale esposizione del ragionamento logico-giuridico sottostante, senza che il giudicato amministrativo possa considerarsi come vincolo per l’amministrazione ai fini del rilascio di un provvedimento favorevole al ricorrente originario.

Come correttamente affermato nella sentenza del TAR Campania, infatti, il principio in base al quale il giudicato copre il dedotto ed il deducibile non può trovare piena applicazione nel processo amministrativo, in quanto il giudicato amministrativo non può che formarsi con esclusivo riferimento ai vizi dell’atto ritenuti sussistenti, alla stregua dei motivi dedotti nel ricorso.

Tanto premesso non può affermarsi che il Comune di Napoli abbia violato il giudicato espresso nella sentenza n. 7706/2007 del TAR Campania, nella parte in cui tale sentenza ha censurato il comportamento dell’ente per non aver predisposto adeguata istruttoria per il rilascio del permesso di costruire e conseguentemente rilevando il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

La sentenza, difatti, lasciava ampio margine di azione all’amministrazione la quale, quindi, aveva l’obbligo di riesaminare la domanda presentata dalla società analizzando la situazione di fatto del territorio e dandone puntuale motivazione nel provvedimento finale, senza che però l’esito potesse essere obbligatoriamente favorevole per l’istante.

Dall’analisi della determinazione dirigenziale emerge che il Comune ha fornito precipua motivazione sulle ragioni ostative al rilascio del permesso di costruire, individuandole nella violazione dei limiti previsti per gli indici di fabbricabilità territoriale, che non avrebbe consentito la realizzazione del progetto presentato dalla Ye..

Si rileva, infatti che, il PRG di Napoli approvato nel 1972, prevede un indice di fabbricabilità territoriale per la zona su cui insiste l’immobile di proprietà pari a 2,2, mc/mq, pertanto rapportando tale indice ai 131 mq dell’immobile della ricorrente si ottiene un limite massimo di cubatura edificabile pari a 288,2 mc, superiore ai 2.376,42 mc richiesti dalla ricorrente.

Tale circostanza è stata presa in considerazione dal TAR Campania, nella sentenza n. 1479/12, impugnata in questa sede, che ha di conseguenza valutato come legittimo il comportamento della pubblica amministrazione, ritenendo ostativo al rilascio del permesso di costruire l’elevata cubatura del progetto presentato.

Correttamente, dunque, il giudice di prime cure ha dichiarato inammissibile il ricorso per ottemperanza – avendo l’amministrazione legittimamente riesercitato il proprio potere – e rigettato il ricorso per motivi aggiunti.

Altrettanto corretta appare, infine, la statuizione dei primi giudici con cui ha ritenuto che la circostanza dell’indice volumetrico ritenuta nel provvedimento impugnato ostativa alla realizzazione del progettato intervento, fosse di per sé sola autonomamente idonea a sorreggere il provvedimento impugnato, dispensandosi così dall’esaminare le ulteriori censure sviluppate dalla ricorrente. Ciò anche con riferimento alla domanda di risarcimento del danno, il quale non può comunque essere riconosciuto sulla scorta della ritenuta legittimità dell’azione amministrativa.

L’appello, pertanto, è infondato e, per l’effetto, la sentenza di primo grado deve essere confermata.

Stante la particolarità della vicenda in esame sussistono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi – Presidente

Nicola Russo – Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza – Consigliere

Francesca Quadri – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere

Depositata in Segreteria il 21 ottobre 2014.

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