Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 19 marzo 2015, n. 1425

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUARTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5468 del 2014, proposto da:
Te. Spa in proprio e quale Mandataria Ati, Ati-Co. Spa, Ati-Pa. & C.Spa, Ati-Mo. Srl, rappresentati e difesi dall’avv. Gi.Pe., con domicilio eletto presso Gi.Pe. in Roma, (…);
contro
An. Spa, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, Via (…);
Ic. Spa, rappresentato e difeso dagli avv. St.Vi., Co.Fe., con domicilio eletto presso St.Vi. in Roma, Via (…);
Fa. Spa quale Mandataria Ati, Ati-Ri. Srl;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III n. 07666/2013, della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III n. 02921/2014, rese tra le parti, concernenti affidamento lavori esecuzione progetto preliminare “avanzato”, dell’opera: “s.s. 199 – adeguamento al tipo b (4 corsie) dell’itinerario Sassari – Olbia – lotto 5, dal km 46 610 al km 55 050
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di An. Spa e di Ic. Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2014 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati An.Cl. ed altri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO

 
1. Con l’appello in esame, la società Te. s.p.a., nelle qualità indicate in epigrafe, impugna le sentenze 26 luglio 2013 n. 7666 e 17 marzo 2014, con le quali il TAR per il Lazio, sez. III, ha rigettato il suo ricorso proposto avverso il provvedimento con il quale AN. s.p.a,. ha proceduto all’aggiudicazione definitiva della gara (CA 07/12) per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dell’opera SS 199 – adeguamento al tipo B (4 corsie), dell’itinerario Sassari – Olbia, dal Km. 46,610 al Km. 55,050.
Nella gara in esame, la società appellante si era classificata al terzo posto della graduatoria finale, dopo la società Ic. s.p.a. (prima classificata) e Fa. Costruzioni s.p.a. in ATI con Riccardello costruzioni s.p.a. (seconda in graduatoria), ma ha lamentato in sede giurisdizionale la sussistenza di ragioni di esclusione di ambedue le concorrenti.
Il TAR per il Lazio ha dapprima pronunciato sentenza parziale, con la quale, in particolare ha affermato:
– quanto alla invalidità della cauzione provvisoria presentata dalla società IC. (essendo stato inibito, in data 2 luglio 2012, alla società Ci. di stipulare nuovi contratti nel territorio della Repubblica Italiana), la stessa deve essere ritenuta valida, poiché il contratto risulta stipulato nel giugno 2012, a nulla rilevando che la cauzione provvisoria sia stata presentata il 12 luglio 2012. Infatti “ciò che nel caso di specie conta è che il contratto stipulato da IC. comprendente anche il predetto impegno (negozio) unilaterale della società Insurance era valido al momento della presentazione in sede di gara, peraltro ingenerando un legittimo affidamento circa la sua efficacia sia nella controinteressata che nella stessa stazione appaltante”. In definitiva, “il divieto di stipulare nuovi contratti . . . non incide quindi sull’efficacia di quelli già conclusi”;
– quanto alla lamentata circostanza che la modalità di correzione dell’elenco prezzi da parte della soc. IC. non avrebbe rispettato la previsione contenuta nella lettera di invito (ovvero l’obbligo di apporre il timbro e la firma in corrispondenza delle correzioni e/o integrazioni”), sanzionata con l’esclusione dalla gara, essa non sussiste, poiché la violazione “non sarebbe giustificata neanche utilizzando un approccio meramente formalistico della clausola (necessario in tema di appalti pubblici) in quanto una tale concezione non può del tutto prescindere dal considerare la reale finalità della clausola stessa che . . . ha la sua ratio nella necessità di rendere inequivocabile e vincolante la volontà del concorrente laddove questi intenda discostarsi da quanto indicato dalla stazione appaltante nell’elenco prezzi dei lavori da appaltare”.
Il TAR, disposta istruttoria in ordine al terzo motivo di ricorso (l’avere la soc. IC. allegato all’offerta economica il documento “analisi dei nuovi prezzi” che non riporterebbe i prezzi finali in effetti offerti in sede di gara), con la seconda (e definitiva) sentenza ha affermato:
– “le analisi dei nuovi prezzi, pur se richieste dalla legge di gara da inserirsi nell’offerta economica, in realtà rilevavano come documentazione inerente agli elaborati progettuali e non avente valore integrativo/esplicativo del prezzo offerto, dato che i relativi elementi giustificativi erano considerati esplicitamente dalla medesima legge di gara in relazione a specifica documentazione da inserirsi in busta separata”.
Il rigetto del ricorso in quanto proposto avverso la impresa prima classificata, ha di conseguenza comportato la declaratoria di improcedibilità del ricorso stesso, in quanto proposto avverso l’impresa seconda classificata.
Avverso tali decisioni, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) violazione e falsa applicazione art. 119 DPR n. 207/2010 e della legge di gara (punto F della lettera di invito), con riferimento alle modalità di correzione dei prezzi unitari; ciò in quanto la IC. non ha rispettato l’obbligo di apportare correzioni alla “lista prezzi” secondo precise modalità. Al contrario, essa ha presentato “ben 91 correzioni a quantità di altrettante voci di prezzo, nessuna delle quali è stata partitamente e puntualmente sottoscritta”. In sostanza, le correzioni “non solo non sono state partitamente e puntualmente sottoscritte in corrispondenza di ciascuna correzione, ma nemmeno la inidonea formula di conferma risulta sottoscritta”;
b) error in iudicando; violazione e falsa applicazione della legge di gara (lett. E.1.3 della lettera di invito), in ordine all’analisi dei nuovi prezzi; eccesso di potere; ciò in quanto, mentre la legge di gara consentiva ai concorrenti di scegliere se offrire un progetto meramente confermativo di quello posto a base di gara, oppure presentare modifiche migliorative, “IC. avrebbe dovuto essere esclusa perché ha presentato 85 nuove voci di prezzo e presentato un documento intitolato “analisi nuovi prezzi”, ma contenente valori totalmente diversi (sensibilmente superiori) rispetto ai nuovi prezzi aggiunti nella “lista prezzi”. In definitiva, i valori indicati nella “analisi nuovi prezzi” sono in quella misura (9,73%) più elevati rispetto al valore (considerato per determinare il prezzo finale offerto e quindi la graduatoria di gara) indicato da IC. nella lista prezzi”,; in tal modo “IC. ha quindi proposto nella lista prezzi un ribasso fittizio;
c) error in iudicando; violazione e falsa applicazione art. 119 DPR n. 207/2010 e punto F della lettera di invito, con riguardo ai prezzi di cui al relativo elenco lavorazioni e forniture e connesse correzioni;
d) error in iudicando; violazione e falsa applicazione delle norme di gara (lett. E.1.2. e E.1.3 par. “prescrizioni per la progettazione” della lettera di invito); in ordine ala documentazione necessaria a corredo delle migliorie proposte; ciò in quanto “IC. avrebbe dovuto essere esclusa anche per non avere inserito nella propria offerta la documentazione richiesta dalla legge di gara a corredo delle migliorie proposte rispetto al progetto a base di gara”;
e) riproposizione del motivo di ricorso avverso la seconda classificata (ATI Fa.). Tale concorrente avrebbe dovuto essere escluso “per inammissibile ricorso al cd. avvalimento a cascata”; ciò in quanto “ha optato per l’indicazione di progettisti (Consorzio Leonardo) che però a loro volta erano privi dei requisiti e hanno ritenuto di poter fare ricorso all’istituto dell’avvalimento”.
Infine, con l’accoglimento dell’appello, la ricorrente ha anche richiesto la declaratoria di inefficacia del contratto ed il subentro nello stesso, rilevando che “trattandosi di appalto integrato non è ancora iniziata la fase di inizio lavori” e dunque sussiste “piena effettuabilità della prestazione da parte della deducente una volta aggiudicato e contrattualizzato”.
Si è costituita in giudizio AN. s.p.a., che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
Alle medesime conclusioni è pervenuta la Ic. s.p.a., costituitasi nel presente grado di giudizio.
All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
 

DIRITTO

 
2. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata, in relazione al primo motivo proposto (sub a) dell’esposizione in fatto).
L’appellante, con riferimento alle intervenute modalità di correzione dei prezzi unitari, lamenta che la aggiudicataria società IC. non ha rispettato l’obbligo di apportare correzioni alla “lista prezzi” secondo precise modalità, prescritte al punto F) della lettera di invito, ma ha invece presentato “ben 91 correzioni a quantità di altrettante voci di prezzo, nessuna delle quali è stata partitamente e puntualmente sottoscritta”. In sostanza, le correzioni “non solo non sono state partitamente e puntualmente sottoscritte in corrispondenza di ciascuna correzione, ma nemmeno la inidonea formula di conferma risulta sottoscritta”.
In base a tale disposizione (attuativa dell’art. 119 DPR 5 ottobre 2010 n. 207), i concorrenti erano tenuti a presentare la propria offerta economica utilizzando la “lista prezzi”, contenente la quantità di lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dell’opera, unitamente alle relative voci di prezzo.
Verificata tale lista prezzi, era prescritto che “il concorrente è tenuto ad integrare o ridurre le quantità che valuta carenti o eccessive e ad inserire le voci e relative quantità che ritiene mancanti, rispetto a quanto previsto negli elaborati grafici e nel capitolato speciale di appalto, nonché negli altri documenti facenti parte integrante del contratto”. Era, infine previsto che “ciascuna quantità che il concorrente ritiene di integrare o ridurre dovrà essere, a pena di esclusione, barrata e la relativa correzione dovrà essere espressamente confermata e sottoscritta dal concorrente stesso . . . L’offerta non potrà presentare correzioni e/o integrazioni che non siano state espressamente confermate e sottoscritte; il concorrente è tenuto, a pena di esclusione, ad apporre il proprio timbro e firma in corrispondenza delle correzioni e/o integrazioni”.
Orbene, questa Sezione – valutando in sede di appello cautelare nell’ambito del giudizio di I grado – ha già avuto modo di osservare che “in particolare, rispetto alla prima classificata, non paiono prima facie in particolare infondate le censure attinenti al difetto di adeguata sottoscrizione delle correzioni (91 correzioni) che debbono avvenire, a pena di esclusione secondo il punto F della lettera di invito, “in corrispondenza” delle correzioni e integrazioni”(Cons. Stato, sez. IV, ord. 8 maggio 2013 n. 1680).
Da tale giudizio, il Collegio ritiene non vi siano ragioni per discostarsi.
Ed infatti, le modalità con le quali la impresa aggiudicataria ha apportato le correzioni alla lista prezzi non risultano coerenti con quanto previsto dalla lettera di invito, laddove questa prevede che le stesse siano “confermate e sottoscritte” singolarmente, e che ciò avvenga mediante apposizione di “timbro e firma in corrispondenza delle correzioni e/o integrazioni”; cioè – come è chiaramente da intendersi – in corrispondenza (ovvero ogni volta presso) di “ciascuna” correzione e/o integrazione.
Tale previsione, lungi dal proporsi come mera indicazione formale, intende raggiungere il duplice obiettivo, per un verso, di ricondurre con certezza ogni singola correzione o integrazione alla “paternità” dell’impresa partecipante, senza che possano sorgere equivoci, se non anche – per le concrete caratteristiche dell’operazione nel caso di specie – il sospetto di aggiunte postume non ad essa riconducibili.
Per altro verso, la previsione della lettera di invito non costituisce, come si è detto, espressione di un formalismo privo di finalità sostanziali; al contrario, attraverso la evidente ricerca di una incontrovertibile certezza in ordine alla singola correzione (quale consapevole espressione della volontà della proponente), intende – come condivisibilmente sostenuto anche dall’appellante (v., in particolare, pag. 12 app.)– fornire un quadro certo ai futuri rapporti tra amministrazione appaltante ed impresa appaltatrice, evitando dubbi ed ombre ed in tal modo impedendo che si creino i presupposti per un eventuale, successivo contenzioso (e, in definitiva, che vi siano dubbi in ordine alla effettiva quantità e qualità dell’offerta economica).
Come la giurisprudenza amministrativa ha già avuto modo di osservare (Cons. Stato, sez. VI, 9 novembre 2010 n. 7987) l’offerta di gara “esprime, in via unilaterale e con carattere vincolante, l’impegno negoziale ad eseguire il servizio con prestazione conforme all’oggetto di gara, nonché con modalità tecniche e corrispettivo economico che qualificano l’offerta medesima agli effetti della valutazione comparativa ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto.”
Da ciò deriva la specifica rilevanza della sottoscrizione dell’offerta di gara, che, secondo la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 25 gennaio 2011 n. 528; 7 novembre 2008 n. 5547) “si configura come lo strumento mediante il quale l’autore fa propria la dichiarazione contenuta nel documento, serve a rendere nota la paternità ed a vincolare l’autore alla manifestazione di volontà in esso contenuta.
Essa assolve la funzione di assicurare provenienza, serietà, affidabilità e insostituibilità dell’offerta e costituisce elemento essenziale per la sua ammissibilità, sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, potendosi solo ad essa riconnettere gli effetti dell’offerta come dichiarazione di volontà volta alla costituzione di un rapporto giuridico. La sua mancanza inficia, pertanto, la validità e la ricevibilità della manifestazione di volontà contenuta nell’offerta senza che sia necessaria, ai fini dell’esclusione, una espressa previsione della legge di gara”
Più precisamente, si è chiarito (Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2012 n. 2317) che “per sottoscrizione debba intendersi la firma in calce, e che questa nemmeno può essere sostituita dalla sottoscrizione solo parziale delle pagine precedenti quella conclusiva della dichiarazione stessa”. Ne consegue che “non si può pertanto condividere l’idea che esista un’equipollenza tra la firma di un documento in calce e quella apposta solo in apertura di esso (“in testa”), o tanto meno sul mero frontespizio di un testo di più pagine, dal momento che è soltanto con la firma in calce che si esprime il senso della consapevole assunzione della paternità di un testo e della responsabilità in ordine al suo contenuto”.
Nel caso di specie – ed alla luce dei principi esposti – la richiesta di puntali e “singole” sottoscrizioni in corrispondenza di ciascuna correzione e/o integrazione, appare non irragionevole, proprio per raggiungere le finalità di certezza e serietà sopra evidenziate.
D’altra parte, a fronte di una precisa previsione della legge di gara assistita dalla sanzione dell’esclusione in caso di mancato rispetto – e non irragionevole, come si è detto, quanto alle proprie finalità – non appare possibile ricercare cause di giustificazione al diverso modo di agire tenuto in concreto dal concorrente.
Pertanto, non può trovare condivisione quanto affermato nella sentenza impugnata:
– sia laddove essa afferma che “la modalità di correzione adottata da IC. non rende affatto equivoca la volontà espressa in sede di gara” (pag. 10),
– sia laddove essa nega, in sostanza, la possibilità di “alterazioni postume” delle correzioni e/o integrazioni, poiché ciò avrebbe comportato comunque una alterazione del totale parziale e, di conseguenza, di quello complessivo (pagg. 11-12).
A fronte di tali considerazioni, resta il dato di fatto (affermato anche nella impugnata sentenza) di una tecnica di correzione non corrispondente alla espressa e chiara previsione della legge di gara, assistita dalla sanzione della esclusione per il caso di violazione. Inoltre, ciò che rileva non è (solo) la possibilità (o meno) di alterazioni postume, quanto il fatto che, in mancanza di sottoscrizioni tali da ricondurre chiaramente alla volontà del concorrente, quanto apportato – in correzione o integrazione – alla lista prezzi, di conseguenza anche i totali (parziale e complessivo) risentono della incertezza in ordine alla loro riconducibilità al proponente.
Né può condividersi, alla luce di quanto esposto, quanto sostenuto dalla società IC. (v. in particolare, pagg. 12-14 memoria luglio 2014), poiché la richiesta di “corrispondenza” tra correzione e sottoscrizione non può ritenersi adempiuta attraverso il diverso metodo della numerazione delle correzioni e della loro conferma “complessiva” (e ciò a prescindere dallo spatium intercorrente tra conferma complessiva e sottoscrizione della medesima).
Per le ragioni esposte, l’appello, nella parte in cui esso è proposto nei confronti della prima classificata società IC., deve essere accolto, con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi proposti.
3. L’accoglimento dell’appello, nei termini ora esposti, rende necessario considerare il medesimo appello, anche in quanto proposto nei confronti della ATI Fa. seconda classificata; e ciò previa riforma della sentenza impugnata, laddove essa conclude, sul punto, con pronuncia di improcedibilità per difetto di interesse.
Anche per questa parte l’appello deve essere accolto.
Secondo l’appellante, la seconda classificata ATI Fa. avrebbe dovuto essere esclusa “per inammissibile ricorso al cd. avvalimento a cascata”; ciò in quanto “ha optato per l’indicazione di progettisti (Consorzio Leonardo) che però a loro volta erano privi dei requisiti e hanno ritenuto di poter fare ricorso all’istituto dell’avvalimento”.
Orbene, l’art. 53, co. 3, d. lgs. n. 163/2006, prevede che “quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione”.
La giurisprudenza amministrativa ha escluso che, alla figura del “progettista qualificato”, di cui si avvale l’impresa che non ha i requisiti prescritti per i progettisti, possa applicarsi l’istituto dell’avvalimento.
Ed infatti si è affermato (Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2014 n.1072), con considerazioni che la Sezione fa proprie nella presente sede:
“pur essendo pacifico in giurisprudenza il carattere generalizzato dell’istituto dell’avvalimento, finalizzato a favorire la massima partecipazione nelle gare di appalto e la effettività della concorrenza secondo i principi di rilievo comunitario, tale istituto deve essere pur sempre contemperato con la esigenza di assicurare idonee garanzie alla stazione appaltante per la corretta esecuzione degli appalti.
La questione sostanziale pertanto si risolve nello stabilire se il progettista indicato, nella accezione e terminologia usata dall’art. 53 co.3 del codice dei contratti, (“..avvalersi di progettisti qualificati da indicare nell’offerta..”), possa o meno fare ricorso ad un progettista terzo, utilizzando a sua volta l’istituto dell’avvalimento.
Come esattamente rilevato dall’appellante, sia il Consiglio di Stato che l’Autorità di Vigilanza, hanno respinto tale possibilità fornendo all’uopo due fondamentali criteri esegetici:
a) il criterio letterale posto dall’art. 49, per il quale solo “il concorrente” singolo, consorziato o raggruppato può ricorrere all’avvalimento trattandosi di un istituto di soccorso al concorrente in sede di gara per cui va escluso chi si avvale di soggetto ausiliario a sua volta privo del requisito richiesto dal bando;
b) il fatto che se il progettista indicato non è legato da un vincolo negoziale con la stazione appaltante, a maggior ragione non è legato il suo ausiliario che è soggetto terzo che non può offrire alcuna garanzia alla amministrazione.
Solo il concorrente assume infatti obblighi contrattuali con la pubblica amministrazione appaltante tanto che l’ausiliario, a mente dell’art. 49 co.2 lett. d) si obbliga verso il concorrente e la stazione appaltante a mettere a disposizione le risorse necessarie di cui è carente il concorrente mediante apposita dichiarazione; inoltre l’ausiliario diventa ex lege responsabile in solido con il concorrente in relazione alle prestazioni oggetto del contratto (art. 49 co.4).
La responsabilità solidale, che è garanzia di buona esecuzione dell’appalto, può sussistere solo in quanto la impresa ausiliaria sia collegata contrattualmente al concorrente tant’è che l’art. 49 prescrive l’allegazione, già in occasione della domanda di partecipazione, del contratto di avvalimento mentre tale vincolo contrattuale diretto con il concorrente e con la stazione appaltante non sussiste nel caso in cui sia lo stesso ausiliario che ricorre ai requisiti posseduti da terzi (Cons. Stato, III, 1.10.2012 n.5161 cit.).
D’altro canto la estensione della categoria di “concorrente” sino a comprendere l’ausiliario e/o il soggetto indicato dal concorrente per la progettazione, comportando potenzialmente una catena di avvalimenti di “ausiliari dell’ausiliario” non consente un controllo agevole da parte della stazione appaltante in sede di gara sul possesso dei requisiti dei partecipanti.”
Questa Sezione, peraltro, nell’esaminare la nozione di “concorrente” ai fini dell’accesso all’istituto dell’avvalimento (e negando che ogni singola impresa componente l’ATI possa avvalersi di impresa ausiliaria, affermando invece che la nozione di “concorrente” deve essere singolarmente intesa) ha già avuto modo di affermare:
“D’altra parte, ove si consentisse . . . che ogni “concorrente”, nel senso di ogni impresa sia che partecipi singolarmente, sia che partecipi in consorzio o in raggruppamento, possa avvalersi di altra impresa, appare evidente un effetto distorsivo della concorrenza in sede di partecipazione alle gare. E ciò in quanto l’impresa singolarmente dotata di tutti i requisiti per poter partecipare in proprio competerebbe non solo con un raggruppamento di imprese, ma con un raggruppamento le cui imprese (potenzialmente tutte le imprese) non sono – nessuna di esse – in possesso di requisiti di partecipazione.
Il Collegio non ritiene che l’interpretazione dell’art. 49, co. 6, possa risolversi in applicazioni concrete che, oltre a rendere meno affidabile il contraente della Pubblica Amministrazione, si pongano come produttrici di effetti distorsivi della concorrenza, producendo altresì un “effetto di spiazzamento” di imprese più strutturalmente attrezzate, rispetto ad imprese che non lo sono altrettanto, e che solo per il tramite di un (non esplicitamente previsto) cumulo di benefici ampliativi della partecipazione, riuscirebbero ad accedere a gare, per le quali non posseggono i requisiti richiesti.
Proprio in ragione di tale ratio complessiva degli istituti considerati, il secondo periodo dell’art. 49, co. 6, ammette – ma come specifica deroga ad una disciplina in via generale affatto diversa – che il bando di gara possa consentire, entro certi limiti, l’avvalimento di più imprese ausiliarie “in ragione dell’importo dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni”.
Da quanto esposto, consegue che non è possibile che il “progettista qualificato” – cui l’impresa non avente i prescritti requisiti si rivolge ( si “avvale”), ai sensi dell’art. 53, co. 3 cit. – si avvalga a sua volta di altro progettista. E ciò:
– sia in quanto l’art. 49 (e l’istituto dell’avvalimento ivi disciplinato) presuppongono la qualifica di “concorrente” nel soggetto che ricorre ad impresa ausiliaria;
– sia in quanto – come si desume anche dalla terminologia utilizzata – l’art. 53, co. 3, prevede già, per un caso specifico quale quello ivi considerato, una forma “speciale” di avvalimento;
– sia in quanto, in ogni caso, non è possibile, per le ragioni innanzi esposte, il cd. avvalimento a cascata.
Come già osservato in sede cautelare (Cons. Stato, sez. IV, ord. n. 1680/2013 cit.), nel caso di specie, ed in contrasto con le considerazioni sinora esposte, l’ATI Fa. ha indicato come progettista il Consorzio Leonardo, il quale a sua volta ha fatto ricorso all’istituto dell’avvalimento, indicando l’ing. Antonio Martini, quale soggetto ausiliario in avvalimento.
Né possono trovare accoglimento le considerazioni esposte dall’AN. (memoria 6 novembre 2014), poiché ciò che osta all’utilizzazione dell’istituto dell’avvalimento non è (o meglio, non è solo) l’art. 49 cod. contratti (restando peraltro ininfluenti eventuali interpretazioni giurisprudenziali del medesimo, diverse e precedenti), bensì lo stesso art. 53, co. 3, che già configura una forma di avvalimento di un professionista, se l’impresa non ne possegga i requisiti richiesti. E la violazione di norme primarie non richiede che il divieto di far ricorso all’avvalimento da parte del progettista designato debba essere espressamente indicato nel bando.
Né il caso in esame può essere riportato (come affermato dall’AN.: pag. 15 memoria cit.) alla ben diversa ipotesi di cui all’art. 49, co. 2, lett. g), che considera il rapporto (peraltro, per finalità affatto diverse) tra concorrente e impresa appartenente allo stesso gruppo del concorrente medesimo.
Per le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto anche per la parte in cui esso è proposto avverso la seconda classificata ATI Fa..
4. Il complessivo accoglimento dell’appello comporta, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso instaurativo del giudizio di I grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Il Collegio ritiene, infine, ai sensi dell’art. 122 Cpa, di dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato in conseguenza del provvedimento di aggiudicazione annullato per effetto della presente sentenza.
A tal fine, occorre osservare che la parte appellante ha formulato espressa domanda di subentro nel contratto (pagg. 33 – 36 appello).
A fronte di ciò, per un verso, sul punto, l’AN. non ha controdedotto, rappresentando ragioni ostative, connesse allo stato di avanzata esecuzione dell’appalto; per altro verso, non è possibile consentire l’esecuzione ad un’impresa la cui aggiudicazione è illegittima, al contempo gravando l’amministrazione del pagamento di eventuali somme dovute a titolo di risarcimento del danno in favore dell’impresa vincitrice in sede giudiziaria.
In ordine a questo aspetto, l’appellante ha invece rappresentato – sia pure con riferimento alla data di notifica dell’appello – che “trattandosi di appalto integrato, non è ancora iniziata la fase di inizio lavori”. Successivamente (memoria 15 novembre 2014), l’appellante ha ribadito “il carattere ancora del tutto embrionale della commessa risultante anche dalla perizia giurata allegata”.
Ai fini della declaratoria di inefficacia, giova inoltre osservare che, nel caso di specie, il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara e che la ricorrente ha l’effettiva possibilità di conseguire l’aggiudicazione, alla luce dei vizi riscontrati.
La declaratoria di inefficacia del contratto, a far data dalla pubblicazione della presente decisione, comporta la piena soddisfazione delle pretese dell’appellante e, dunque, il rigetto della domanda di risarcimento del danno per equivalente, – peraltro proposta in via subordinata (e precisata solo con memoria del 15 novembre 2014), – oltre che la irrilevanza, ai fini del giudizio in corso, della proposta questione di illegittimità costituzionale (pagg. 34 – 36 app.).
Stante la natura e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 2 dicembre 2014.
 

P.Q.M.

 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Te. s.p.a. (n. 5468/2014 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma delle sentenze impugnate, accoglie il ricorso instaurativo del giudizio di I grado, nei sensi di cui in motivazione, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Dichiara l’inefficacia del contratto stipulato in conseguenza dell’atto di aggiudicazione annullato, a far data dalla pubblicazione della presente sentenza.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi – Presidente
Sandro Aureli – Consigliere
Diego Sabatino – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Depositata in Segreteria il 19 marzo 2015

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