Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 16 dicembre 2016, n. 5340

Nel vuoto regolamentare determinato dalla mancata attuazione della prescrizione di cui all’art. 195 comma 1 lett.P del d.lgs. n. 152/2006, relativa all’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, la Regione Lombardia ha emanato la il Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti (approvato con la Deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n. X/1990 del 20 giugno 2014) che individua il “Fattore di Pressione” per le discariche quale criterio negativo di localizzazione sul territorio di simili impianti e ne ha disciplinato il relativo regime transitorio (in sostanza, il superamento del Fattore di Pressione per le discariche, stabilito in 160.000 m3/Km2 – ovvero non più di 160.000 metri cubi di rifiuti già collocati in discarica per ogni chilometro quadrato – impedisce l’allocazione di nuove discariche in quella porzione di area del territorio regionale ove si è riscontrato il superamento). Tale disposizione non introduce una “soglia inferiore di tutela” ma, semmai, persegue “livelli di tutela più elevati” e si lega ad una materia a competenza concorrente (quella della tutela della salute ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione); non è quindi predicabile la censura di staripamento di potere

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 16 dicembre 2016, n. 5340

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1819 del 2016, proposto dalla

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Fi. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Cr. Bo. in Roma, viale (…);

contro

Società Ed. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. St. Ma. C.F. (omissis), ed altri, con domicilio eletto presso Ma. St. Ma. in Roma, via (…);

Comune di Brescia, Comune di (omissis) non costituiti in giudizio;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:

Provincia di Brescia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Po. C.F. (omissis), ed altri, con domicilio eletto presso Fr. St. in Roma, via (…);

Comitato So. Te. di (omissis), Associazione Comitato Cittadini Ca., Associazione Comitato Di. Sa. e Am., Associazione Coodinamento Comitati Ambientalisti Lombardia, Co. e Am. Ca., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’avvocato Al. As. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Gi. Lu. Ub. in Roma, via (…);

Comune di (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis) in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Ma. Go. C.F. (omissis), ed altri, con domicilio eletto presso Il. Ro. in Roma, via (…);

It. No. On., Le. Onlus, Ww. Bergamo Brescia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t.,, rappresentati e difesi dagli avvocati Pa. Br. C.F. (omissis), ed altri, con domicilio eletto presso Il. Ro. in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la LOMBARDIA -Sede di MILANO – SEZIONE III n. 00108/2016, resa tra le parti, concernente approvazione programma regionale di gestione dei rifiuti – diniego autorizzazione all’ampliamento di discarica.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Ed. s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2016 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Cr. Bo. per la Regione appellante, Pi. Fe. per la società Ed., Al. As. per le Associazioni appellate, l’avv. Pi. Ga. per WW. Bergamo Brescia, Le. Onus ed il Comune di (omissis) Sindaco, l’avv. Ma. Go. per i Comuni resistenti, nonché l’avv. Fr. St. per la Provincia di Brescia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 108/2016 il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Sede di Milano – ha in parte dichiarato inammissibile (quanto al ricorso introduttivo) ed in parte accolto(quanto al ricorso per motivi aggiunti) l’impugnazione, corredata da motivi aggiunti, proposta dalla odierna parte appellata società Ed. s.r.l. tesa ad ottenere l’annullamento (quanto al ricorso introduttivo) della Deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n. X/1990 del 20 giugno 2014, pubblicata sul B.U.R.L. n. 27 del 3 luglio 2014, riguardante l’approvazione del Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti, approvato con la Deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n. X/1990 del 20 giugno 2014, nella parte in cui si istituiva e regolamentava il “Fattore di Pressione per le discariche” e si disciplinava il relativo regime transitorio e di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, e, (quanto al ricorso per motivi aggiunti) dell’atto del Dirigente del Settore Ambiente – Ufficio rifiuti della Provincia di Brescia n. 6848 del 12 novembre 2014, avente ad oggetto il diniego della richiesta di autorizzazione per la realizzazione di una variante sostanziale presso la discarica di rifiuti inerti ubicata nel Comune di (omissis), Località (omissis), e della relativa nota di trasmissione del 13 novembre 2014 e ove necessario, della nota della Regione Lombardia n. 48035 del 15 ottobre 2014.

2. La società odierna parte appellata era insorta prospettando articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere sostenendo (tra l’altro) la tesi per cui la Regione Lombardia aveva straripato dalle proprie competenze allorchè aveva introdotto un criterio impeditivo dell’allocazione delle discariche nel proprio territorio che non trovava rispondenza nella legislazione nazionale.

3. La Regione Lombardia si era costituita eccependo l’inammissibilità del ricorso introduttivo (per carenza di interesse) e del ricorso per motivi aggiunti (per vizii afferenti alla procura) e nel merito l’infondatezza delle censure dedotte.

4. Il T.a.r. ha in primo luogo scrutinato le eccezioni in rito ed ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo per assenza di lesività del provvedimento impugnato, mentre ha disatteso l’eccezione relativa al ricorso per motivi aggiunti rilevando che quest’ultimo era provvisto di una propria specifica procura alle liti, collocata in calce allo stesso.

4.1. Ha poi scrutinato ed accolto le due censure contenute nel ricorso per motivi aggiunti delle quali ha affermato la portata assorbente.

Ivi (motivo secondo -rubricato B.I- e terzo – rubricato B.II-) si era sostenuta l’illegittima previsione, a livello regionale e in assenza di una previo intervento di indirizzo statale, di un Fattore di Pressione per le discariche, quale criterio negativo di localizzazione di un impianto di rifiuti, considerato che la normativa contenuta nel Testo unico ambientale – d. Lgs. n. 152 del 2006 – imponeva un preventivo intervento dello Stato, avuto riguardo alla competenza dello stesso sia in materia di tutela dell’ambiente (di tipo esclusivo) che di governo del territorio (di natura concorrente); inoltre, si era dedotto che l’individuazione di criteri di esclusione della localizzazione delle discariche da parte delle singole Regioni, in assenza di un preventivo intervento statale, avrebbe determinato una inevitabile differenziazione di regimi autorizzatori tra i vari territori con violazione dei principi posti a presidio della libertà di concorrenza e di iniziativa economica dei vari operatori, condizionati in misura decisiva dall’ambito territoriale di riferimento per la propria attività.

4.2. Così inquadrato il thema decidendi, la sentenza gravata:

a) ha rammentato che con la Deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n. X/1990 del 20 giugno 2014, era stato approvato il Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti, che aveva introdotto e regolamentato il “Fattore di Pressione per le discariche” e ne aveva disciplinato il relativo regime transitorio (art. 14-bis delle N.T.A., con relativi richiami).

a1) ha fatto presente che il detto Fattore di Pressione delle discariche era finalizzato ad impedire la realizzazione di impianti di rifiuti nelle aree in cui questi risultavano già presenti con elevata concentrazione determinando un rilevante impatto negativo sull’ambiente circostante (al ricorrere di un determinato indice – stabilito transitoriamente in 160.000 mc/Kmq, ovvero non più di 160.000 metri cubi di rifiuti già collocati in discarica per ogni chilometro quadrato (par. 14.6.3 dell’Appendice 1 alle N.T.A.) – non era possibile autorizzare la realizzazione di nuovi impianti, l’aumento di quelli già esistenti e la modifica ad una tipologia di discarica di categoria superiore -par. 14.6.3 dell’Appendice 1 alle N.T.A.);

b) ha rilevato che, in concreto, nel Comune di (omissis) – dove era ubicato l’impianto di trattamento di rifiuti che la società originaria ricorrente avrebbe voluto ampliare – si riscontrava la presenza di un Fattore di Pressione superiore a quello individuato temporaneamente nella Deliberazione regionale n. X/1990 del 2014 e ciò aveva determinato l’adozione, da parte della Provincia di Brescia, del provvedimento reiettivo n. 6848 del 12 novembre 2014;

c) ha richiamato il disposto di cui agli artt. 196, comma 1, lett. n) e o), e 195, comma 1, lettera p), del d. Lgs. n. 152 del 2006 ed ha espresso il convincimento per cui dette norme avevano attribuito esplicitamente allo Stato la potestà, esclusiva, di individuare i criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti,e che soltanto all’esito di una tale fase preliminare le Regioni potessero definire a loro volta i criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione dei predetti impianti;

d) ha sostenuto che tale conclusione discendesse dalla competenza statale, esclusiva, in materia di tutela dall’ambiente e, concorrente, in materia di governo del territorio, come stabilito dall’art. 117, secondo e terzo comma, della Costituzione;

e) ha richiamato la giurisprudenza costituzionale dalla quale si traeva il principio per cui la normativa regionale non avrebbe potuto imporre divieti generali di “realizzazione e utilizzo di determinati impianti su tutto il territorio regionale”, nemmeno nelle more della definizione dei criteri statali (Corte costituzionale, sentenza n. 285 del 2 dicembre 2013);

f) ha conseguentemente affermato che soltanto lo Stato potesse e dovesse individuare gli standard di tutela in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale e che nemmeno in attesa dell’intervento statale potesse ammettersi un potere regionale sostitutivo – seppure di tipo cedevole e finalizzato a garantire una maggiore tutela per l’ambiente – che stabilisse dei criteri modificativi di quanto disposto fino a quel momento dalla normativa statale vigente;

g) ha rilevato che allo stato non si rinveniva nella normativa statale la presenza di un criterio che consentisse alle Regioni di introdurre un limite di localizzazione delle discariche, legato alla saturazione del territorio, come il Fattore di Pressione in quanto anche le previsioni contenute nel d. Lgs. n. 36 del 2003, e in particolare nell’Allegato 1, punti 1.1 e 2.1 non individuavano un criterio assimilabile, ed anzi ivi si affermava che “nell’individuazione dei siti di ubicazione [delle discariche] sono da privilegiare le aree degradate da risanare e/o da ripristinare sotto il profilo paesaggistico”;

h) ha espresso il convincimento per cui la previsione di un Fattore di Pressione, quale indice cui sottoporre la possibilità di realizzare una discarica in un determinato territorio esplicasse effetti diretti – determinando altresì un contrasto con l’art. 41 della Costituzione – anche nei confronti degli operatori economici del settore;

i)ha quindi dichiarato la illegittimità del provvedimento impugnato in quanto fondato sulla illegittima previsione, nell’ambito del Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti – approvato con la Deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n. X/1990 del 20 giugno 2014 e, quindi, avente natura non legislativa -, dell’istituzione e regolamentazione del “Fattore di Pressione per le discariche”, unitamente al relativo regime transitorio, rammentando che non si poneva alcuna questione di costituzionalità in quanto il detto provvedimento non aveva natura legislativa e neppure era direttamente applicativo di alcuna disciplina legislativa regionale (avuto riguardo alla genericità dell’art. 8, comma 7, della legge regionale n. 12 del 2007).

4. La Regione Lombardia originaria parte resistente rimasta soccombente, ha impugnato la detta decisione (appello depositato il 8.3.2016) criticandola sotto ogni angolo prospettico.

Richiamata la giurisprudenza amministrativa e costituzionale che – a suo dire- collideva con le tesi esposte nella impugnata decisione, e ripercorse le ragioni (e le specificità della Regione Lombardia)che avevano condotto – in attesa della previzione da parte dell’Autorità nazionale di criteri localizzativi e nel rispetto di quelli scolpiti nel d.Lgs n. 36/2003- alla adozione del criterio localizzativo del c.d. “Fattore di Pressione” di cui alla DGRL del 2014 (criterio rivestente portata impeditiva, in concreto, in pochissimi Comuni ubicati nel territorio della Regione) ha fatto presente che:

a) l’Autorità nazionale, deputata all’adozione dei criteri localizzativi ex art. 195 c. I lett. P del d.Lgs n. 152/2006, allo stato non li aveva emanati;

b) il criterio descritto sub d.Lgs n. 36/2003 e richiamato dal T.a.r. non era in concreto applicabile al caso in esame (l’ampliamento della discarica, comportando un innalzamento del piano, creando una collinetta in pianura avrebbe interferito con il paesaggio);

c) le Regioni potevano “innalzare” i livelli di tutela ambientale;

d) le Regioni ex art. 196 c.I lett. o potevano dettare criteri localizzativi, nel rispetto della prescrizione sub art. 195 c. I lett. P del d.Lgs n. 152/2006;

e) il criterio adottato non era tacciabile di irragionevolezza;

f) quanto alla interferenza con profili economici, sebbene i rifiuti fossero un prodotto suscettibile di utilizzazione economica, era innegabile che ne fosse necessaria una regolazione.

5.In data 23.3.2016 è intervenuta ad adiuvandum la Provincia di Brescia depositando una articolata memoria e chiedendo l’accoglimento dell’appello per le medesime ragioni prospettate dall’appellante Regione Lombardia.

6.In data 6.4.2016 l’appellata società Ed. s.r.l. si è costituita nell’odierno giudizio di appello depositando atto di stile.

7. In data 12.4.2016 è intervenuto ad adiuvandum il Comitato SO. Te. di (omissis) depositando una articolata memoria e chiedendo l’accoglimento dell’appello per le medesime ragioni prospettate dall’appellante Regione Lombardia.

8. In data 14.4.2016 la appellante Regione Lombardia ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

9. In data 15.4.2016 sono intervenuti ad adiuvandum i Comuni lombardi indicati in epigrafe depositando una articolata memoria e chiedendo l’accoglimento dell’appello per le medesime ragioni prospettate dall’appellante Regione Lombardia.

10. In data 18.4.2016 sono intervenute ad adiuvandum le Associazione It. No. On., Le. Onlus e WW. Bergamo Brescia depositando una articolata memoria e chiedendo l’accoglimento dell’appello per le medesime ragioni prospettate dall’appellante Regione Lombardia

11. In data 18.4.2016 l’appellata società Ed. s.r.l. ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione dell’appello e riproponendo ex art. 101 del cpa le censure di primo grado assorbite dal T.a.r..

Ivi, dopo avere riepilogato le principali e più salienti tappe- anche infraprocedimentali- della vicenda contenziosa (pagg1-11 della memoria) ed il contenuto dell’appello principale (pagg.11 e 12 della memoria) ha dedotto che:

a) l’appello principale proposto dalla Regione Lombardia era inammissibile per genericità, ed in quanto neppure aveva puntualmente censurato il capo 5.3. dell’impugnata decisione, laddove, in specifico accoglimento del secondo motivo del ricorso di primo grado da essa proposto si era affermato che il c.d. “Fattore di Pressione” quale criterio generale ostativo all’allocazione delle discariche previsto nel c.d. “Piano Rifiuti” collideva con la legislazione nazionale che disponeva che le discariche dovessero essere allocate nelle aree già “ambientalmente compromesse” ex Allegato 1, punto 1.1. e 2.1. del d.Lgs n. 36/2006;

b) i Comitati e le Associazioni intervenute erano prive di legittimazione e lo erano altresì gli altri Comuni (ad esclusione del Comune di (omissis));

c) il primo motivo di appello era comunque infondato: in virtù del combinato-disposto degli artt. 195 e 196 del d.Lgs. n. 152/2006 e dell’art. 117 comma 1 lett. S della Costituzione per cui lo Stato aveva competenza esclusiva in materia ambientale (Corte Cost. n. 249/2009);

c1) né una competenza regionale “transitoria” in materia di criterii generali ostativi all’allocazione delle discariche in territorio regionale avrebbe potuto rinvenirsi nelle more della predisposizione da parte del Legislatore Nazionale della disciplina generale “a regime”;

c2) in ogni caso, ed a tutto concedere, in detta fase “di attesa” della predisposizione da parte del Legislatore Nazionale della disciplina generale “a regime” le Regioni avrebbero al più potuto ricalcare la disciplina prevista dal d.Lgs n. 36/2003, e non certo (come invece avvenuto nel caso di specie) praeter legem individuare un criterio generale ostativo ivi non previsto;

d) la Provincia di Brescia avrebbe quindi dovuto determinarsi prescindendo dalle prescrizioni contenute nell’illegittimo (in parte qua) Piano Rifiuti: il diniego era quindi illegittimo, e correttamente era stato annullato dal T.a.r..

e) anche il secondo motivo di appello (teso a censurare i motivi di illegittimità positivamente riscontrati dal T.a.r. in relazione al parametro di cui all’art. 41 della Costituzione) era infondato: il c.d. “Fattore di Pressione” quale criterio generale ostativo all’allocazione delle discariche ingenerava all’evidenza un criterio discriminante per gli operatori economici, tenuto conto della circostanza che il rifiuto è un “prodotto” e che pertanto va disciplinato secondo una normativa unitaria.

11.1. Nella seconda parte della memoria (pagg.25 e segg.) l’appellante ha riproposto le cinque macrocensure già prospettate in primo grado, ed assorbite dal T.a.r..

12. Alla camera di consiglio del 21 aprile 2016 fissata per la delibazione della domanda cautelare di sospensione della esecutività dell’impugnata decisione la Sezione, con la ordinanza cautelare n. 1435/2016 ha accolto il petitum cautelare alla stregua delle considerazioni per cui “rilevato che sotto il profilo del fumus l’appello cautelare prospetta delicate problematiche giuridiche da vagliare sollecitamente nella sede propria del merito;

rilevato che quanto al periculum appare prevalente la posizione dell’appellante amministrazione che sottolinea che l’intrapresa dell’attività ed il rilascio del titolo abilitativo richiesto produrrebbe conseguenze irreversibili con conseguente dequotazione delle esigenze di tutela dell’ambiente e della salute; “nella stessa ordinanza è stato disposto che “la fissazione della udienza di trattazione della causa nel merito sarà disposta con Decreto del Presidente della Sezione nel quarto trimestre del 2016.”.

13. In data 20.10.2016 l’appellante Regione Lombardia ha depositato documentazione relativa ai fatti di causa.

14. In data 26.10.2016 la Provincia di Brescia interveniente ad adiuvandum ha depositato documentazione relativa ai fatti di causa.

15. In data 27.10.2016 l’appellante Regione Lombardia ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese e deducendo che:

a) dalla documentazione da essa depositata in data 20.10.2016 si evinceva che l’appellata società Ed. s.r.l. il 12.8.2015 aveva presentato una richiesta volta ad ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto nel comune di (omissis): ciò implicava il sopravvenuto venir meno dell’interesse al ricorso di primo grado in quanto la stessa appellata aveva espresso la volontà di delocalizzare l’impianto ubicato nel Comune di (omissis) (scegliendo, peraltro, un comune ove non operava il contestato “fattore di pressione”);

b) l’appello principale da essa proposto era certamente ammissibile;

c) lo stesso Ministero non aveva reso una valutazione negativa circa il criterio negativo “escludente” introdotto dalla appellante Regione;

d) il contestato “fattore di pressione” era stato adottato individuando una formula matematica, esso era quindi:

I) rispettoso delle specificità delle Provincie;

II) in concreto non limitativo dei principi di concorrenza;

c) nessuno dei motivi assorbiti era condivisibile, ed in particolare, doveva ribadirsi che il programma impugnato non aveva natura regolamentare, ma di atto programmatorio generale, ed era stato emanato in forza dell’art. 3 della legge regionale della Lombardia n. 26/2003; il termine previsto ex art. 8 della legge regionale della Lombardia n. 1272007 era chiaramente ordinatorio:

16. In data 31.10.2016 la Provincia di Brescia ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese e facendo presente che nel Comune di (omissis) il c.d.fattore di pressione era già al di sopra del limite consentito, anche a prescindere dal contestato ampliamento, il che creava una situazione pericolosa anche per la salute dalla popolazione.

17. In data 31.10.2016 il Comune di (omissis) ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

18. In data 31.10.2016 le Associazioni It. No. On., Le. Onlus e WW. Bergamo Brescia hanno depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

19. In data 31.10.2016 l’appellata società Ed. s.r.l. ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

20. In data 10.11.2016 le Associazioni It. No. On., Le. Onlus e WW. Bergamo Brescia hanno depositato una ulteriore memoria di replica puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

21. In data 10.11.2016 il Comune di (omissis) ha depositato una ulteriore memoria di replica puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

22. In data 10.11.2016 l’appellante Regione Lombardia ha depositato una ulteriore memoria di replica puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

23. Alla odierna udienza pubblica dell’1 dicembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va accolto, con consequenziale riforma dell’impugnata sentenza, reiezione del ricorso di primo grado, e salvezza degli atti impugnati.

2. Preliminarmente il Collegio evidenzia che:

a) a mente del combinato disposto degli artt. artt. 91, 92 e 101, co. 1, c.p.a., farà esclusivo riferimento ai mezzi di gravame posti a sostegno del ricorso in appello, senza tenere conto di ulteriori censure sviluppate nelle memorie difensive successivamente depositate, in quanto intempestive, violative del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali (cfr. ex plurimis Cons. Stato Sez. V, n. 5865 del 2015);

b) va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale articolata dalla originaria ricorrente di primo grado in quanto:

I) a torto la parte appellata sostiene che la Regione non abbia espressamente censurato il secondo caposaldo demolitorio affermato dal T.a.r., secondo il quale il contestato provvedimento si poneva in conflitto con le previsioni contenute nel d. Lgs. n. 36 del 2003, e in particolare nell’Allegato 1, punti 1.1 e 2.1 che non individuavano un criterio assimilabile, ed ove, anzi si affermava che “nell’individuazione dei siti di ubicazione [delle discariche] sono da privilegiare le aree degradate da risanare e/o da ripristinare sotto il profilo paesaggistico”;

II) in contrario senso, si osserva che l’appellante Regione ha prospettato -con sufficiente specificità- una ricostruzione della legislazione applicabile alla fattispecie per cui è causa speculare ed opposta a quella patrocinata dal T.a.r., e dalla quale discenderebbe -ove essa fosse accolta dal Collegio- la legittimità della previsione del Fattore di Pressione per le discariche (stabilito in 160.000 m3/Km2, ovvero non più di 160.000 metri cubi di rifiuti già collocati in discarica per ogni chilometro quadrato) mercè l’impugnato provvedimento regionale;

c) parimenti vanno respinte le eccezioni di inammissibilità degli interventi ad adiuvandum spiegati nell’odierno grado di giudizio in quanto:

I) con riguardo alle associazioni, nel solco del fondamentale dictum di cui all’l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 dell’11 gennaio 2007 il Collegio manifesta la propria condivisione della tesi espressa a più riprese da qualificata giurisprudenza di primo grado (ex aliis, Tar Lombardia n. 1452/2010, n. 5093/2002; Tar Brescia n. 959/2011) contraria alla prospettazione sostenuta dall’appellata società;

II) con riferimento alla posizione dei comuni, il criterio della vicinitas rispetto al sito ove sarebbe allocato l’incremento di discarica sul quale si controverte, e la considerazione che comunque l’assentibilità o meno del medesimo riposa nel riscontro della legittimità -o meno- di una prescrizione regionale valevole per tutto il territorio della Lombardia (e quindi, in teoria rivestente interesse anche per i comuni intervenuti) rendono insuscettibile di accoglimento l’eccezione di difetto di legittimazione;

III) resta fermo, ovviamente, il principio secondo il quale (ex aliis Consiglio di Stato sez. V 22/03/2012 n. 1640): “ai sensi dell’art. 28 comma 2, c. proc. amm. l’intervento nel processo amministrativo non è litisconsortile autonomo, ma adesivo dipendente, cioè a sostegno delle ragioni di una o di altra parte”, il che implica che esso è consentito a condizione che il soggetto, se legittimato, non sia decaduto dal diritto di impugnare il provvedimento amministrativo e che l’interveniente non può proporre domande nuove o diverse, né tampoco estendere la portata del devolutum introducendo nuove domande od eccezioni che non siano rilevabili d’ufficio.

d) in ultimo, (contrariamente a quanto prospettato dall’appellante Regione) nessun effetto di improcedibilità sul ricorso di primo grado può scaturire dalla circostanza che l’appellata società Ed. s.r.l. il 12.8.2015 ha presentato una richiesta volta ad ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto (“sostitutivo” di quello oggetto della richiesta non favorevolmente assentita per cui è causa) nel comune di (omissis): all’evidenza trattasi di una scelta societaria discendente dalle contestate determinazioni ed in ogni caso l’appellata ha ribadito di fatto depositando una memoria ancora in data 31.10.2016 il proprio persistente interesse alla coltivazione del giudizio: non ricorrono pertanto le condizioni per pronunciare sentenza di improcedibilità dell’originario ricorso di primo grado (tra le tante, si veda Consiglio di Stato, sez. V, 06/11/2015, n. 5070: “ai fini della dichiarazione d’improcedibilità di un ricorso per sopravvenuta carenza di interesse la sopravvenienza deve essere tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza, per aver fatto venir meno, per il ricorrente, qualsiasi residua utilità, anche soltanto strumentale o morale, della pronuncia del giudice; con l’ulteriore precisazione che la relativa indagine deve essere condotta dal giudicante con il massimo rigore, per evitare che la declaratoria d’improcedibilità si risolva in una sostanziale elusione dell’obbligo di pronunciare sulla domanda.”).

3. Come illustrato nella parte in fatto della presente decisione, la materia del contendere è rappresentata dalla prescrizione contenuta nel Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti, approvato con la Deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n. X/1990 del 20 giugno 2014, che individua il “Fattore di Pressione per le discariche “quale criterio negativo di localizzazione sul territorio di simili impianti. e ne ha disciplinato il relativo regime transitorio (art. 14-bis delle N.T.A., con relativi richiami ed in particolare, con riferimento al caso specifico par. 14.6.3 dell’Appendice 1 alle N.T.A.).

3.1. In sostanza, il superamento del Fattore di Pressione per le discariche, stabilito in 160.000 m3/Km2, (ovvero non più di 160.000 metri cubi di rifiuti già collocati in discarica per ogni chilometro quadrato) impedirebbe l’allocazione di nuove discariche in quella porzione di area del territorio regionale ove si è riscontrato il superamento.

3.2. Posto che non è stato contestato da alcuna parte processuale che il territorio del Comune di (omissis) avrebbe già un numero di impianti che determinerebbe il superamento del Fattore di Pressione per le discariche così come individuato nella censurata Delibera, la problematica che il Collegio è chiamato a risolvere è di natura esclusivamente giuridica, e sono pertanto del tutto inconferenti:

a) tutti gli argomenti -sviluppati da parte appellata anche nella camera di consiglio fissata per la delibazione del petitum cautelare- volti ad evidenziare che, allo stato, esisterebbe già un impianto adibito a discarica e che l’impianto che si intende realizzare sarebbe meno invasivo per l’ambiente;

b) tutti gli argomenti secondo cui la prescrizione sarebbe in realtà (non generale ed astratta ma) specifica, applicabile quale esclusivamente al caso in esame, ed adottata a fini “promozionali” e “politici”.

3.2.1. Ciò in quanto, trattandosi di prescrizione contenuta in un atto generale ed in teoria destinata ad avere un numero non limitato di applicazioni, non rilevano nel caso di specie le supposte “causali” della sua adozione, né rileva in concreto in quali parti del territorio regionale lombardo essa possa trovare applicazione.

3.3. Ciò premesso, il quadro normativo di riferimento è il seguente:

a) l’art. 117 della Costituzione nella parte di interesse, prevede che “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:…s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”;

b) l’art. 195 comma 1 lett. P del decreto Legislativo 3.4.2006, n. 152 (recante “Competenze dello Stato”) prevede che spetti allo Stato, tra l’altro, “l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti”;

c) il successivo art. 196 comma 1 lett. N ed O del citato decreto legislativo (recante “Competenze delle Regioni”) stabilisce che spetti alle Regioni: la definizione di criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p);

la definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;

3.4. La prescrizione generale di cui al citato art. 195 comma 1 lett.P del decreto Legislativo 3.4.2006, n. 152 non ha trovato attuazione, ed in particolare non è stato adottato dallo Stato alcun atto generale che preveda ” l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti”.

3.4.1. In tale situazione di vuoto normativo di prescrizioni puntuali e di dettaglio, si inquadra la citata disposizione regolamentare contenuta nel Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti,

4. Ciò premesso, la questione relativa ai limiti dell’intervento regionale in materie riconducibili alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (quale è inequivocabilmente ed incontestatamente quella in oggetto, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.) è stata a più riprese affrontata dalla Corte Costituzionale (laddove l’intervento della Regione aveva avuto luogo mercè l’adozione di norme di legge) e dalla giurisprudenza amministrativa (nei casi in cui la Regione aveva adottato atti amministrativi generali, come nella fattispecie per cui è causa).

4.1. Un punto fermo dal quale occorre muovere è rappresentato dalla costante affermazione del Giudice delle leggi secondo la quale lo Stato, nell’esercizio della propria competenza esclusiva ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», può, ed anzi, deve dettare, su tutto il territorio nazionale, una disciplina unitaria ed omogenea che superi gli interessi locali e regionali, stabilendo «standard minimi di tutela» volti ad assicurare – come anche di recente si è ribadito – una tutela «adeguata e non riducibile dell’ambiente», «non derogabile dalle Regioni» (sentenza n. 187 del 2011), neppure se a statuto speciale, o dalle Province autonome (sentenza n. 234 del 2010, ma si veda anche la sentenza n. 133 del 2012,).

4.2. Tale affermazione è stata in passato arricchita dalla Corte Costituzionale medesima che (sentenza 11/11/2010 n. 315 in materia di legge regionale emanata dalla Liguria collidente con la legge n. 394 del 1991) al capo 3.1. ha avuto modo di ribadire che le norme statali oggi assumono la veste di standard minimi uniformi, previsti dalla legislazione statale, nell’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Con riferimento alla questione in oggetto, la Regione pertanto non può prevedere soglie inferiori di tutela, mentre può, nell’esercizio di una sua diversa potestà legislativa, prevedere livelli maggiori, che implicano logicamente il rispetto degli standard adeguati ed uniformi fissati nelle leggi statali. La Corte ha altresì richiamato le proprie precedenti sentenze n. 193 del 2010 e n. 61 del 2009, la prima in materia di caccia e la seconda in materia di rifiuti, laddove si è affermato che lo Stato deve assicurare un livello di tutela, non “minimo”, ma «adeguato e non riducibile, restando salva la potestà della Regione di prescrivere, purché nell’esercizio di proprie autonome competenze legislative, livelli di tutela più elevati.

4.3. Rileva peraltro in proposito il Collegio che, ancora assai di recente (sentenza del 23/07/2015, n. 180) la Corte Costituzionale ha avuto modo di precisare che “la disciplina dei rifiuti è riconducibile alla materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, n. 225 e n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008). Pertanto, la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino -sentenze n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007-» (sentenza n. 58 del 2015).”

4.4. A questo punto della esposizione, raccordandosi alle inequivocabili espressioni del Giudice delle leggi, osserva il Collegio che:

a) la prescrizione generale di cui al citato art. 195 comma 1 lett.P del decreto Legislativo 3.4.2006, n. 152 non ha trovato attuazione: in particolare non è neppure contestata la circostanza che non sia stato adottato dallo Stato alcun atto generale che preveda “l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti”;

b) riscontrata una tale condizione di vuoto normativo, la Regione ha emanato la contestata disposizione in punto di “fattore di pressione”;

c) essa non introduce certo una “soglia inferiore di tutela” ma, semmai, persegue “livelli di tutela più elevati”;

d) la prescrizione si lega ad una materia a competenza concorrente (quella della tutela della salute ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione- si veda in proposito, tra le altre Corte Costituzionale decisione n. 248 del 24 luglio 2009 considerando n. 2.1.), e la significativa affermazione secondo cui l’eventuale esigenza di contemperare la liberalizzazione del commercio con quelle di una maggiore tutela della salute, del lavoro, dell’ambiente e dei beni culturali deve essere intesa in senso sistematico, complessivo e non frazionato, è stata a più riprese ribadita dal Giudice delle leggi (si vedano le sentenze della Corte Costituzionale nn. 85/2013 e 264/2012);

d) in via di principio, quindi, ed anche in concreto, non ricorrono le condizioni al verificarsi delle quali appare predicabile la censura di staripamento di potere (si veda in particolare quanto a tale profilo la ricostruzione contenuta della condivisibile recente decisione del Consiglio di Stato sez. V, 26/01/2015n. 313 da intendersi integralmente qui richiamata.).

4.6. Anche gli argomenti “complementari” utilizzati dal T.a.r. a corredo della statuizione demolitoria, non appaiono decisivi in quanto:

a) con riferimento alla tesi secondo la quale il Fattore di Pressione non trovava “copertura” nelle previsioni contenute nel d. Lgs. n. 36 del 2003, e che, anzi, in particolare nell’Allegato 1, punti 1.1 e 2.1 non veniva individuato un criterio assimilabile, (ed al contrario ne emergeva uno speculare: “nell’individuazione dei siti di ubicazione [delle discariche] sono da privilegiare le aree degradate da risanare e/o da ripristinare sotto il profilo paesaggistico”), osserva il Collegio che, a tacere d’altro, la tesi prova troppo.

Il criterio prima enunciato non è affatto in discussione: il punto, semmai, riposa nella diversa problematica concernente la individuazione di una “soglia-limite” al di sopra della quale non è consentito l’ulteriore adibizione di aree a discarica con completa saturazione del territorio.

b) è perfettamente logico che una simile soglia debba sussistere (neppure parte appellata si spinge ad affermare che vi possano essere aree nelle quali l’avvenuta compromissione a livello ambientale riscontrata possa non trovare mai limite): alla circostanza che nel vuoto regolamentare detta soglia sia stata individuata dalla Regione non appare affatto collidere con il suindicato principio localizzativo generale;

c) in ogni caso, e più radicalmente, se pure nelle prescrizioni contenute nel d. Lgs. n. 36 del 2003, Allegato 1, punti 1.1 e 2.1 si volesse ravvisare un precetto impeditivo di contrapposte scelte adottate dalle Regioni, esso è limitato alla problematica “tutela del paesaggio”, mentre all’evidenza il contestato “Fattore di Pressione” trova scaturigine causale anche (e, per il vero, soprattutto) in una esigenza di tutela della salute.

4.6.1. Quanto al convincimento (espresso dal T.a.r.) secondo il quale la previsione di un Fattore di Pressione, quale indice cui sottoporre la possibilità di realizzare una discarica in un determinato territorio esplicasse effetti diretti – determinando altresì un contrasto con l’art. 41 della Costituzione – anche nei confronti degli operatori economici del settore, si rileva che le argomentazioni sinora esposte valgono a confutare anche tale architrave motivazionale: se l’ulteriore compromissione di un’area sotto il profilo ambientale è, in tesi, idonea a creare anche pericolo per la salute umana, è più che doverosa la previsione di misure che impediscono tali effetti: ciò persegue un valore prioritario, direttamente tutelato ex art. 32 della Costituzione, e non interferisce, se non indirettamente, con la libertà di impresa garantita ex art. 41 della Carta fondamentale (si veda sul punto, peraltro la recente decisione della Corte Costituzionale, 7 luglio 2016,, n. 158).

4.7. Ulteriore comprova della fondatezza di quanto sinora affermato riposa nella circostanza che -come dimostrato dall’appellante- l’Amministrazione centrale non ha avanzato alcuna riserva in relazione a tale modo di procedere (ed in teoria, nell’ottica ricorsuale, sarebbe stata quest’ultima, principalmente, a doversi dolere nel vedere “invase” le proprie -in tesi esclusive- esclusive prerogative).

4.8. Sulla scorta delle superiori considerazioni, l’appello della Regione va accolto e la sentenza va riformata.

5. Quanto sinora rassegnato, tuttavia, non esaurisce il compito del Collegio in quanto restano da esaminare i motivi del ricorso di primo grado assorbiti dal T.a.r. e tempestivamente (in data 18.4.2016, mentre l’appello venne depositato il 8.3.2016) riproposti nell’odierno grado di giudizio dalla società originaria ricorrente.

5.1. Il primo motivo (che, in realtà, si struttura in due distinte sottocensure) non appare persuasivo, in quanto:

a) la tesi della incompetenza del soggetto che ebbe ad eseguire la Vas collide con il dettato di cui all’art. 7 del decreto Legislativo 3.4.2006 n. 152, laddove (commi 5 e 6. “5. In sede statale, l’autorità competente è il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA e il parere motivato in sede di VAS sono espressi dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, che collabora alla relativa attività istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

6. In sede regionale, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle province autonome.”) viene demandato alle leggi regionali il compito di individuare l’autorità deputata ad eseguire la Vas;

b) il tenore della prescrizione – contrariamente a quanto sostenuto dalla originaria parte ricorrente- collide con la tesi secondo la quale occorrerebbe una legge puntuale per disporre tale individuazione: la prescrizione di cui al comma 6 si riferisce ad una individuazione “secondo le disposizioni delle leggi regionali” e quindi porta a fare sì che la Autorità competente venga individuata in relazione al complesso di prescrizioni di legge che concorrono a determinare le compente di un certo Ente od Organo;

c) inoltre, ed a tutto concedere, la tesi della originaria ricorrente prova troppo, in quanto, anche a volere (per comodità espositiva) ritenere che la Regione Lombardia avesse contravvenuto all’obbligo di individuare con legge puntuale l’Autorità deputata ad eseguire la Vas, non si potrebbe certo ritenere che ciò debba determinare lo stallo, sine die, di tutti i progetti di adibizione di aree a discarica: è evidente che comunque tale compito dovrebbe essere svolto dall’Autorità che ordinariamente svolge una funzione assimilabile, e tale è certamente quella prescelta dalla Regione;

d) è poi non condivisibile la tesi (seconda sottocensura del primo motivo) volta ad affermare che la Vas avrebbe dovuto essere ripetuta: invero la necessità di elaborare il criterio del Fattore di pressione è emersa proprio in seno al procedimento di Vas: non v’era pertanto necessità di nuova pubblicazione del Piano Rifiuti al fine di eseguire sul testo “finale” dello stesso una rinnovata Vas.

5.2. Quanto alla seconda riproposta censura, si osserva che:

a) la disposizione asseritamente violata (art. 42 dello Statuto della Lombardia, contenuto nella legge statutaria 30/08/2008, n. 1) così prevede: “Sono approvati dalla Giunta regionale, previo parere obbligatorio della commissione consiliare competente da rendersi nel termine di sessanta giorni, trascorso il quale il parere si intende favorevole, i regolamenti regionali:

a) di esecuzione e di attuazione di leggi regionali;

b) di delegificazione, previa legge di autorizzazione del Consiglio regionale, che stabilisce i principi e le norme generali che regolano la materia e dispone l’abrogazione delle disposizioni di legge con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento;

c) attuativi ed esecutivi di atti normativi comunitari, salvo che la legge attribuisca al Consiglio la relativa competenza.”;

b) sostiene la originaria ricorrente che la competente commissione non ebbe a pronunciarsi sul testo “finale” del Piano Rifiuti completo della prescrizione contestava che individuava il fattore di Pressione quale criterio ostativo alla localizzazione;

c) l’appellante Regione ha buon giuoco nel rilevare che:

I) il programma impugnato non ha natura regolamentare, ma integra atto programmatorio generale;

II) esso è stato emanato in forza dell’art. 19 comma 3 della legge regionale della Lombardia n. 26/2003 (“1. La pianificazione regionale per la gestione dei rifiuti, di cui all’articolo 22 del d.lgs. 22/1997, concorre all’attuazione dei programmi comunitari in materia di sviluppo sostenibile ed è elaborata secondo logiche di autosufficienza, programmazione integrata, protezione ambientale, sicurezza, economicità e in base a criteri di flessibilità del sistema di recupero e smaltimento. La pianificazione, inoltre, persegue la riduzione della quantità dei rifiuti prodotti e l’effettivo recupero di materia e di energia, sostiene !’innovazione tecnologica e valorizza le esperienze del sistema industriale lombardo. La Regione individua quote aggiuntive di potenzialità di smaltimento di rifiuti urbani non superiori al 20% dei rifiuti prodotti, per interventi di sussidiarietà o emergenza tra regioni.

2. La pianificazione si articola in parti tematiche distinte e separate relative alla gestione dei rifiuti urbani e di quelli speciali, sia pericolosi che non pericolosi, nonché degli imballaggi, dei rifiuti di imballaggio e della bonifica delle aree inquinate. La parte relativa alla gestione dei rifiuti urbani contiene, in particolare, la programmazione dei flussi, ivi compresa la destinazione finale degli stessi, e delle relative necessità impiantistiche da realizzare sul territorio regionale [definite con il concorso delle province].

3. La pianificazione regionale è costituita dall’atto di indirizzi, approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, e dal programma di gestione dei rifiuti, approvato dalla Giunta regionale e con il quale sono individuate le azioni e i tempi per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nell’atto di indirizzi. La pianificazione è sottoposta ad aggiornamento almeno ogni sei anni.

4. Il programma di gestione è integrato dalla valutazione ambientale, condotta secondo i contenuti e le procedure di cui agli articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della direttiva 2001/42/CE.

5. L’atto di indirizzo e il programma di gestione dei rifiuti sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione.”), per cui il dato normativo statutario evocato dall’appellata non è pertinente e la censura non è favorevolmente delibabile.

5.3. Il Collegio è poi persuaso della infondatezza della terza, riproposta, censura, in quanto:

a) la legge regionale della Lombardia 12/07/2007, n. 12 recante modifiche alla L.R. 12 dicembre 2003, n. 26, dispone all’art. 8 comma 7 nei seguenti termini: “Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, integra la Delib.G.R. 27 giugno 2005, n. 220, recante l’approvazione del programma regionale di gestione dei rifiuti, con l’individuazione di ulteriori indirizzi e criteri per la localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti che prevedano una distanza minima dalle discariche già in esercizio, esaurite o da bonificare, una densità massima delle aree destinate agli impianti per unità di superficie, anche distinguendo in base alla tipologia e una distanza minima dalle zone di protezione speciale, dai siti di importanza comunitaria e dalle aree protette e che tengano conto dei criteri e degli indirizzi indicati nel piano territoriale paesistico regionale. Il provvedimento dovrà tenere conto che nelle aree di pregio agricolo e, in particolare, per quelle DOC, DOCG, per quelle coltivate a riso e in quelle limitrofe [al lotto oggetto di istanza], non possono essere autorizzate discariche”;

b) appare quindi evidente che:

I) il termine di novanta giorni ivi scolpito non è perentorio (e ciò appare troncante);

II) l’utilizzo della voce verbale “integrare” con riferimento alla Delib. G.R. 27 giugno 2005, n. 220, recante l’approvazione del programma regionale di gestione dei rifiuti, non è all’evidenza preclusivo di una rielaborazione organica e complessiva del detto programma, e peraltro l’appellata non ha seppure interesse specifico alla censura, in quanto il proprio interesse sarebbe stato ugualmente leso laddove le prescrizioni in materia di “fattore di Pressione” fossero state fatte confluire nel testo originario della predetta delibera.

5.4. Quanto alla quarta riproposta doglianza, si osserva che:

a) le invocate disposizioni della legge “nazionale “(artt. 195, 196, e 199 del d.Lgs. n. 152/2006) non contengono alcuna disposizione preclusiva all’immediata entrata in vigore e cogenza della previsione sul “fattore di Pressione”;

b) l’art. 19 della Legge regionale della Lombardia 12/12/2003, n. 26 (“1. La pianificazione regionale per la gestione dei rifiuti, di cui all’articolo 22 del d.lgs. 22/1997, concorre all’attuazione dei programmi comunitari in materia di sviluppo sostenibile ed è elaborata secondo logiche di autosufficienza, programmazione integrata, protezione ambientale, sicurezza, economicità e in base a criteri di flessibilità del sistema di recupero e smaltimento. La pianificazione, inoltre, persegue la riduzione della quantità dei rifiuti prodotti e l’effettivo recupero di materia e di energia, sostiene !’innovazione tecnologica e valorizza le esperienze del sistema industriale lombardo. La Regione individua quote aggiuntive di potenzialità di smaltimento di rifiuti urbani non superiori al 20% dei rifiuti prodotti, per interventi di sussidiarietà o emergenza tra regioni.

2. La pianificazione si articola in parti tematiche distinte e separate relative alla gestione dei rifiuti urbani e di quelli speciali, sia pericolosi che non pericolosi, nonché degli imballaggi, dei rifiuti di imballaggio e della bonifica delle aree inquinate. La parte relativa alla gestione dei rifiuti urbani contiene, in particolare, la programmazione dei flussi, ivi compresa la destinazione finale degli stessi, e delle relative necessità impiantistiche da realizzare sul territorio regionale [definite con il concorso delle province]].

3. La pianificazione regionale è costituita dall’atto di indirizzi, approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, e dal programma di gestione dei rifiuti, approvato dalla Giunta regionale e con il quale sono individuate le azioni e i tempi per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nell’atto di indirizzi. La pianificazione è sottoposta ad aggiornamento almeno ogni sei anni.

4. Il programma di gestione è integrato dalla valutazione ambientale, condotta secondo i contenuti e le procedure di cui agli articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della direttiva 2001/42/CE.

5. L’atto di indirizzo e il programma di gestione dei rifiuti sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione.”) ed il successivo art. 20 della stessa legge regionale (“[1. Le province, sulla base delle linee guida di redazione contenute nella pianificazione regionale, elaborano, con il concorso dei comuni, i piani provinciali di gestione dei rifiuti, relativi alla gestione dei rifiuti urbani e speciali, nella logica della programmazione integrata dei servizi, nel rispetto dei principi della tutela della salute individuale e collettiva, della salvaguardia dell’ambiente e in modo da garantire la competitività del servizio.[ I piani provinciali sono elaborati secondo logiche di autosufficienza territoriale in merito allo smaltimento e recupero dei rifiuti solidi urbani][54].

[2. I piani provinciali, in considerazione degli effetti significativi sull’ambiente che possono discendere dalle disposizioni in essi contenute, sono supportati dalla valutazione ambientale provinciale, che integra, in particolare con le informazioni di cui all’allegato I, lettere f), g) e h) della direttiva 2001/42/CE, la valutazione già compiuta dalla Regione.]

3. [Di norma, il gestore del servizio destina i rifiuti urbani allo smaltimento e al recupero negli impianti eventualmente collocati nel territorio provinciale di provenienza]. [Tali rifiuti possono essere conferiti in impianti localizzati al di fuori del territorio provinciale di provenienza qualora se ne dimostri, in sede di affidamento del servizio, la convenienza in termini di efficacia, efficienza o economicità.] [Fatti salvi i casi eccezionali e di urgenza, per i comuni che ricorrono al conferimento in discariche localizzate al di fuori della propria provincia le aliquote del tributo per il deposito in discarica sono maggiorate del cento per cento. Qualora la maggiorazione determini il superamento del limite massimo dell’aliquota d’imposta unitaria fissato dall’articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) il tributo è automaticamente adeguato al predetto limite].

4. I piani provinciali elaborati su un orizzonte temporale coincidente con quello del programma regionale contengono, in particolare:

a) i dati di rilevazione e stima della produzione dei rifiuti e la determinazione dei flussi da avviare a recupero e smaltimento, ivi compresi i flussi destinati all’incenerimento o alla discarica;

b) gli obiettivi di contenimento della produzione dei rifiuti, di recupero e di riduzione del conferimento in discarica, nonché la definizione di un programma per la riduzione riutilizza e il recupero dei rifiuti urbani;

c) la programmazione di obiettivi di raccolta differenziata di rifiuti urbani in funzione di specifiche situazioni locali;

d) il censimento degli impianti esistenti, in termini di numero e potenzialità per quanto riguarda gli impianti relativi sia ai rifiuti urbani sia ai rifiuti speciali:

e) !’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti urbani e speciali;

[f) la stima dei costi industriali di realizzazione e gestione degli impianti previsti dai piani e la valutazione di un piano economico tariffario];

g) i meccanismi gestionali per la verifica dello stato di attuazione del piano e le modalità di controllo sulle varie fasi.

5. [ I piani provinciali hanno efficacia quinquennale, fermo restando quanto disposto dal comma 5-bis.] I piani sono adottati dalle province previa consultazione dei comuni, degli enti gestori delle aree protette e delle comunità montane, secondo le seguenti procedure:

a) entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del programma regionale di gestione dei rifiuti o del suo aggiornamento, la provincia predispone il progetto di piano, ne dà comunicazione alla Giunta regionale e agli enti locali interessati e notizia sul Bollettino ufficiale della Regione e su almeno due quotidiani locali;

b) il progetto di piano è reso disponibile per un periodo di quarantacinque giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prenderne visione e di formulare osservazioni alla provincia;

c) entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di cui alla lettera b), la provincia adotta il piano e lo trasmette alla Regione, comprensivo dell’elenco delle osservazioni e delle relative controdeduzioni.

5 bis. L’adozione del piano provinciale di gestione dei rifiuti deve comunque avvenire entro un anno dall’entrata in vigore del programma regionale di gestione dei rifiuti. Decorso infruttuosamente tale termine, la Regione, in attuazione dell’articolo 13 bis, assegna alla provincia inadempiente un termine di sessanta giorni per provvedere.

5 ter. Alla pianificazione provinciale di gestione dei rifiuti si applica quanto disposto dall’articolo 12, comma 6, del d.lgs. 152/2006 [65]

6. Entro novanta giorni dal ricevimento del piano provinciale, la Giunta regionale, verificatane la congruità con il programma regionale di gestione dei rifiuti e acquisito il parere della commissione consiliare competente, lo approva con deliberazione soggetta a pubblicazione, ovvero lo restituisce alla provincia con prescrizioni.

[6 bis. Le province avviano le procedure di adozione del piano provinciale di gestione dei rifiuti almeno diciotto mesi prima della scadenza del termine quinquennale di validità del piano stesso.]”) effettivamente prescrivono che le province elaborino, a loro volta, Piani provinciali;

c) senonchè, una volta che la deliberazione regionale abbia previsto un criterio preclusivo immediatamente cogente, legato ad un rapporto “numerico” non si vede in qual modo l’omessa adozione del Piano Provinciale interferisca negativamente con la detta prescrizione, applicabile a prescindere dall’adozione del Piano predetto;

d) con più chiarezza: se la disposizione puntuale v’è già (come incontestabilmente è nel caso in esame) non si ravvisa alcuna necessità dell’adozione di ulteriori atti amministrativi generali.

5.5. L’ultima riproposta doglianza (la quinta) introduce argomenti che sconfinano nel merito amministrativo, ed è, per tale ragione, infondata ed a monte inammissibile: una volta riconosciuta alla regione la potestà di imporre prescrizioni in chiave di tutela del bene-salute e del bene-ambiente, il Collegio non può seguire parte appellata allorchè essa tenta di inficiare l’attendibilità del fattore ostativo suddetto: esso riposa in una formula numerica, applicabile all’intero territorio regionale, e già questa circostanza impedisce di dare positiva rilevanza alla tesi secondo cui la prescrizione sarebbe finalizzata proprio ad impedire “quella discarica” nel comune di (omissis); non risulta essere carente l’istruttoria svolta, e soprattutto non colgono nel segno le censure di difetto di proporzionalità: se si pone mente locale alla circostanza che la prescrizione muove dalla riscontrata presenza di un rapporto abnorme tra area e discariche ivi esistenti, con correlativo pericolo per la salute pubblica, non è censurabile in sede di legittimità che non siano state previste disposizioni transitorie, e non si sia effettuata una distinzione tra tipologia di discarica.

6. Conclusivamente, l’appello deve essere accolto, con consequenziale riforma della impugnata sentenza e reiezione integrale del ricorso di primo grado, con salvezza degli atti impugnati.

6.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

6.2.Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

7. La particolarità, novità, e complessità delle questioni giuridiche esaminate legittima la eccezionale statuizione di integrale compensazione tra tutte le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, riforma la impugnata sentenza e respinge il ricorso di primo grado, con salvezza degli atti impugnati.

Spese processuali del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi – Presidente

Fabio Taormina – Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi – Consigliere

Giuseppe Castiglia – Consigliere

Nicola D’Angelo –

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