Consiglio di Stato, sezione IV, ordinanza 22 marzo 2017, n. 1297

Sottoposta alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la normativa nazionale che esclude la revisione dei prezzi nel settore dei trasporti e nei relativi contratti di pulizia. L’ordinanza ha precisato che questa esclusione riguardava i contratti relativi ai settori speciali, specie quelli con oggetto diverso da quelli previsti nella Direttiva ma collegati con un nesso di strumentalità, e che si dovrà valutare se tale interpretazione della Direttiva 17/2004 sia conforme ai princìpi dell’Unione europea

Consiglio di Stato

sezione IV

ordinanza 22 marzo 2017, n. 1297

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 8998 del 2014, proposto dal Co. It. Ma. e Ca. Mu. s.p.a., ciascuno in persona del legale rappresentante p.t., il primo anche quale capogruppo della a.t.i., costituita tra i medesimi due soggetti, rappresentati e difesi dagli avvocati Ed. Gi. e Ag. Ca., con domicilio eletto presso lo studio di Ed. Gi. in Roma, via (…);

contro

Re. Fe. It. Spa – R.F. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Um. Co. e Gi. Co., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. St. Ma. in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Sardegna -Sezione I – n. 433 dell’11 giugno 2014, resa tra le parti, concernente adeguamento revisionale del corrispettivo d’appalto.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Re. Fe. It. Spa – R.F. Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2016 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati E. Gi. e U. Co.;

1. L’OGGETTO DELL’APPELLO.

1.1. Con l’appello in esame, il Co. It. Ma. e la società Ca. Mu. s.p.a., in proprio ed il primo anche quale capogruppo dell’a.t.i. costituita tra i medesimi due soggetti, impugnano la sentenza 11 giugno 2014 n. 433, con la quale il TAR per la Sardegna, sez. I, ha respinto il ricorso proposto avverso la nota 22 febbraio 2012 della Re. Fe. It. s.p.a..

Con tale nota, quest’ultima società ha ritenuto ingiustificata ed inaccoglibile la richiesta volta all’adeguamento revisionale del corrispettivo d’appalto, in dipendenza del riferito incremento dei costi contrattuali dovuto all’aumento del costo del personale.

L’appalto in esame concerne l’affidamento, da parte della R.F. – Re. Fe. It. s.p.a., dei “servizi di pulizia, di mantenimento del decoro dei locali ed altre aree aperte al pubblico e servizi accessori ubicati in stazioni, impianti, uffici ed officine variamente dislocati nell’ambito della giurisdizione della Direzione compartimentale movimento di Cagliari”.

2. LA SENTENZA DI I GRADO

2.1. La sentenza impugnata ha, in particolare, affermato:

– nel caso di specie, non è applicabile l’art. 115 d.lgs. n. 163/2006 (e le analoghe, precedenti disposizioni: art. 6, co. 4, l. n. 537/1993, come novellato dall’art. 44 l. n. 724/1994), “dovendosi ritenere che l’attività oggetto dell’appalto in questione rientri tra i “settori speciali” di cui alla parte III del codice degli appalti, sussistendo sia il presupposto soggettivo che quello oggettivo al fine di ritenere che il contratto di servizio di pulizia delle stazioni ferroviarie rientri all’interno dell’ambito stabilito dall’art. 217 del codice, secondo cui la disciplina in materia di settori speciali non può trovare applicazione negli appalti aggiudicati per scopi diversi dall’esercizio dell’attività di cui agli articoli da 208 a213″;

– ciò in quanto “la pulizia rientra nella normativa dei settori speciali quando è funzionale a detta attività, il che si verifica qualora si tratti di proprietà immobiliare di edifici che costituiscono parte integrante della rete di produzione, distribuzione e trasporto, indicate negli artt. 208 ss. d.lgs n. 163 del 2006”; ciò è quanto ricorre nel caso del “servizio di pulizia delle stazioni, impianti, uffici ed officine… quali impianti di esercizio e come tali elementi necessari facenti parte della rete di trasporto ferroviario”;

– né la revisione prezzi è dovuta in forza dell’art. 1664 c.c., posto che “la norma in questione è comunque derogabile dalla volontà delle parti che inseriscano nel contratto una clausola contrattuale limitativa della revisione prezzi, come avvenuto nel caso di specie attraverso le previsioni di cui all’art. 6 del contratto n. 01/2006, stipulato tra le parti in data 23 febbraio 2006”.

La sentenza impugnata ha altresì dichiarato che la dedotta questione di legittimità costituzionale dell’art. 115 d.lgs. n. 163/2006, in relazione all’art. 3 Cost., è sia non rilevante, poiché “l’art. 115 non trova applicazione nel caso in esame”, sia manifestamente infondata, “in considerazione della peculiarità e specialità degli appalti rientranti nei settori speciali”.

3. I MOTIVI DI APPELLO

3.1. Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come sintetizzati da quanto esposto alle pagg. 7 – 31 del ricorso):

a) erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 115 d.lgs. n. 163/2006 e dell’art. 6, co. 4, l. n. 537/1993, come novellato dall’art. 44 l. n. 724/1994; violazione e falsa applicazione artt. 206, 210 e 217 d.lgs. n. 163/2006; ciò in quanto “l’appalto in questione: I) non rientra nell’ambito di applicazione della parte III del Codice degli appalti; II) è soggetto, invece, alla disciplina di cui alla parte II del Codice degli appalti, con conseguente applicabilità dell’art. 115 d.lgs. n. 163/2006”. Difatti, affinchè l’affidamento di un servizio sia assoggettabile alla disciplina dei servizi speciali, occorre che oltre ad un parametro di tipo soggettivo, ve ne sia anche uno di tipo oggettivo, consistente nella strumentalità del servizio, cioè nel suo porsi come “mezzo a fine”, rispetto all’attività certamente rientrante nei settori speciali. Tuttavia, il servizio di pulizia “è per definizione neutro, nel senso che è sempre omogeneo a se stesso, sia che lo si svolga presso uffici comunali oppure presso ospedali o presso gli uffici di RF.”. In definitiva, l’appalto in questione, affidato da un organismo di diritto pubblico quale RF., è assoggettato alla parte II del codice degli appalti, con conseguente applicazione dell’art. 115, norma imperativa che si sostituisce ad eventuali pattuizioni contrarie”;

b) erroneità per violazione e falsa applicazione dell’art. 1664 c.c.; poiché “il contratto d’appalto non prevede espressamente alcuna rinuncia all’adeguamento prezzi in virtù dei maggiori oneri relativi all’aumento del costo del lavoro”, poiché le sole clausole presenti (comunque impugnate chiedendosene la declaratoria di nullità, ove “fossero intese quali preclusive alla revisione”), “nella parte in cui fanno riferimento alla omnicomprensività del compenso, si riferiscono evidentemente alle condizioni esistenti al momento della stipula del contratto… ma non regolano l’ipotesi di mutamenti sopravvenuti”. In ogni caso le stesse, ai sensi dell’art. 1369 c.c., devono essere interpretate nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto, e nel caso di specie, trattandosi di contratto ad esecuzione continuata e periodica, “la revisione del prezzo in caso di avvenuti squilibri sinallagmatici costituisce la regola”. In via subordinata, le clausole sono da considerare nulle, ai sensi dell’art. 1341, comma 2, c.c.., perché non specificamente approvate per iscritto;

c) erroneità della sentenza per avere ritenuto irrilevante e comunque infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 115, 206, 210 e 217 d.lgs. n. 163/2006, ovvero dell’art. 6, co. 4, l. n. 537/1993, per violazione degli artt. 3 e 41 Cost., dell’art. 3, co. 3 TUE, degli artt. 26 e 101 ss. TFUE, oltre che dell’art. 117, co. 1, Cost.

3.2. Parte appellante, oltre a riproporre la questione di legittimità costituzionale della normativa innanzi indicata, propone, inoltre (v. pagg. 29 – 31 app.), la “questione di legittimità comunitaria” degli artt. 115, 206, 210 e 217 d.lgs. n. 163/2006, ovvero dell’art. 6, co. 4, l. n. 537/1993, per violazione degli artt. 3 e 41 Cost., dell’art. 3, co. 3 TUE, degli artt. 26 e 101 ss. TFUE.

Secondo l’appellante, la disciplina nazionale, nella parte in cui porta ad escludere la revisione dei prezzi nel settore dei trasporti e, segnatamente, anche nei relativi contratti di pulizia, viola la direttiva 31 marzo 2004 n. 17. Essa “risulta una disciplina ultronea e ingiustificata rispetto a quella comunitaria, ingiustamente sproporzionata e tale da porre l’impresa “ausiliaria” (aggiudicataria di un’attività quale quella di pulizia) in posizione di soggezione e di debolezza nei confronti dell’impresa (essa sì) esercente il servizio pubblico”, producendosi in tal modo “un ingiusto e sproporzionato disequilibrio contrattuale”, per effetto della disciplina legislativa italiana che “finisce per alterare le regole di funzionamento del mercato”.

Si chiede, pertanto, di investire della questione la Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 267 Trattato FUE, “per chiedere se sia conforme al diritto europeo primario ed alla Direttiva n. 17/2004 l’interpretazione del diritto interno che escluda la revisione dei prezzi nei contratti afferenti ai cd. settori speciali, specie in quelli con oggetto diverso da quelli cui si riferisce la stessa Direttiva”.

Inoltre, si chiede di verificare anche la validità della stessa Direttiva n. 17/2004 (ove si ritenga che l’esclusione della revisione dei prezzi in tutti i contratti stipulati ed applicati nell’ambito dei cd. settori speciali discenda direttamente da essa), “per l’ingiustizia, la sproporzionatezza, l’alterazione dell’equilibrio contrattuale e, pertanto, delle regole di un mercato efficiente”.

3.3. Si è costituita in giudizio la appellata Re. Fe. It. s.p.a. (RF. s.p.a.), che ha concluso per l’infondatezza dell’appello e, in particolare, per il rigetto delle questioni di legittimità costituzionale e di compatibilità con l’ordinamento comunitario della disciplina nazionale applicabile al caso di specie.

3.4. All’udienza pubblica di trattazione del 24 novembre 2016, la causa è stata riservata in decisione.

4. L’INFONDATEZZA DEI MOTIVI DI APPELLO

4.1. L’appello proposto – nel contestare la inapplicabilità (dichiarata dalla sentenza impugnata) dell’adeguamento revisionale del corrispettivo dell’appalto del servizio pulizia, eseguito nel settore dei trasporti – si fonda, sostanzialmente, su due distinte considerazioni:

– in primo luogo, si assume che il servizio di pulizia “è per definizione neutro, nel senso che è sempre omogeneo a se stesso”, ovunque esso venga svolto, e, pertanto, in assenza di una sua riconosciuta strumentalità con il servizio “principale” cui afferisce (nel caso di specie, il servizio trasporti), non ne può seguire il regime di “settore speciale” (o “escluso”, come da precedente definizione), con conseguente inapplicabilità dell’art. 115 d.lgs. n. 163/2006 (articolo che, invece, prevede in via generale che “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”);

– in secondo luogo, sarebbe comunque applicabile l’art. 1664 c.c., che prevede la possibilità di richiedere (ed ottenere) la revisione del “prezzo complessivo convenuto” (da accordarsi per “quella differenza che eccede il decimo”), nelle ipotesi in cui “per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni del costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto”.

4.2. Orbene, quanto alla prima delle due considerazioni (sulla quale è fondato il primo dei motivi di appello, riportato sub lett. a) dell’esposizione in fatto), il Collegio non ritiene di doversi discostare da quanto già affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.

Giova, innanzi tutto ricordare, che l’Adunanza Plenaria, con sentenza 1 agosto 2011 n. 16, dopo avere sottolineato:

– che “la direttiva 2004/17/CE, di cui il d.lgs. n. 163/2006 costituisce attuazione, come già la direttiva sui settori speciali che la ha preceduta (e recepita in Italia con il d.lgs. n. 158/1995), è stata varata al precipuo fine di garantire la tutela della concorrenza in relazione a procedure di affidamento di appalti da parte di enti operanti in settori sottratti, per il passato, alla concorrenza e al diritto comunitario dei pubblici appalti, i c.d. settori esclusi, che, dopo l’intervento comunitario, sono divenuti i settori speciali (ex esclusi)”

– che “l’intervento del normatore comunitario, finalizzato ad attrarre alla disciplina di evidenza pubblica settori in precedenza ritenuti regolati dal diritto privato, ha però ritenuto di mantenere i connotati di specialità di detti settori, rispetto a quelli ordinari, mediante una disciplina più flessibile, che lascia maggiore libertà alle stazioni appaltanti, e soprattutto restrittiva quanto all’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione”;

– che “conseguentemente, il diritto comunitario ha delimitato in modo rigoroso non solo l’ambito soggettivo dei settori speciali (art. 207, d.lgs. n. 163/2006; artt. 2 e 8, direttiva 2004/17/CE), ma anche quello oggettivo, descrivendo in dettaglio l’ambito di ciascun settore speciale” e che anche “la stessa giurisprudenza comunitaria afferma che le previsioni della direttiva 2004/17/CE devono essere applicate restrittivamente, con conseguente inapplicabilità della c.d. teoria del contagio di cui alla giurisprudenza Mannesman (C. giust. CE 15 gennaio 1998 C44/96)”;

tanto premesso, l’Adunanza Plenaria ha affermato che

“l’assoggettabilità dell’affidamento di un servizio alla disciplina dettata per i settori speciali non può essere desunta sulla base di un criterio solo soggettivo, relativo cioè al fatto che ad affidare l’appalto sia un ente operante nei settori speciali, ma anche in applicazione di un parametro di tipo oggettivo, attento alla riferibilità del servizio all’attività speciale”; e ciò per effetto dell’art. 217, d.lgs. n. 163/2006 (che riproduce fedelmente l’art. 20, direttiva 2004/17/CE), “a tenore del quale la disciplina dei settori speciali non si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi diversi dall’esercizio delle loro attività di cui agli articoli da 208 a 213 o per l’esercizio di tali attività in un Paese terzo, in circostanze che non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un’area geografica all’interno della Comunità”.

Più specificamente, questo Consiglio di Stato (sez. VI, 13 maggio 2011 n. 2919, espressamente condivisa da Ad. Plen. n. 16/2011 cit., nonché successivamente sez. V, n. 1192 del 2015), ha affermato che:

“posta la previsione dei servizi di pulizia degli edifici e di gestione delle proprietà immobiliari negli allegati di entrambe le direttive europee (n. 17/2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, e n. 18/2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi), l’assoggettabilità dell’affidamento del servizio di pulizia alla disciplina dettata per i settori speciali non può essere desunta sulla base di un criterio solo soggettivo, relativo cioè al fatto che ad affidare l’appalto sia un ente operante nei settori speciali, ma anche in applicazione di un parametro di tipo oggettivo, attento alla riferibilità della pulizia all’attività speciale.

Detto altrimenti, la pulizia rientra nella normativa dei settori speciali quando è funzionale a detta attività, il che si verifica qualora si tratti di proprietà immobiliari ed edifici che costituiscano parte integrante delle reti di produzione, distribuzione e trasporto indicate negli articoli 208 e ss. del d.lgs. n. 163 del 2006″.

4.3.. Nel caso di specie:

– per un verso, non vi è alcun dubbio sulla sussistenza dell’elemento soggettivo, rappresentato dalla pacifica riconducibilità del soggetto appaltante RF. al novero degli enti aggiudicatori di cui all’art. 210 d.lgs. n. 163/2006 (né tale circostanza è contestata dall’appellante);

– per altro verso, la sentenza impugnata afferma che “il servizio di pulizia delle stazioni, impianti, uffici ed officine dislocati nell’ambito della giurisdizione della direzione compartimentale di Cagliari, quali “impianti di esercizio” e come tali elementi necessari facenti parte della rete di trasporto ferroviario, deve ritenersi rientrare nella normativa dei settori speciali in quanto strettamente funzionale a detta attività di trasporto ferroviario”.

Tali conclusioni, che il Collegio ritiene di condividere, non sono superate dalle diverse considerazioni dell’appellante (v. in particolare, pagg. 8 – 17 appello), secondo il quale nel “mero servizio di pulizia dei locali aperti al pubblico, delle stazioni e degli uffici dislocati nell’ambito della Direzione compartimentale movimento di Cagliari” non può “in alcun modo ravvisarsi la finalizzazione del servizio allo scopo proprio perseguito da RF.”.

Ed infatti – premesso che oggetto dell’appalto era “l’affidamento dei servizi di pulizia, di mantenimento del decoro dei locali ed aree aperti al pubblico e servizi accessori ubicati in stazioni, impianti, uffici ed officine variamente dislocati nell’ambito della giurisdizione della Direzione compartimentale movimento di Cagliari” – appare evidente come il servizio di pulizia oggetto di appalto, lungi dal costituire un servizio antecedente, collaterale od aggiuntivo al servizio di trasporto, attiene proprio all’adeguato svolgimento di detto servizio, interessando esso proprietà immobiliari ed edifici che costituiscono elementi necessari della rete di trasporto ferroviario.

Non appare, infatti, ragionevolmente sostenibile che il servizio di trasporto (in particolare, di passeggeri), che è svolto con inizio nelle stazioni di accesso ai mezzi di trasporto (e che, dunque, si avvale di uffici, impianti ed officine a queste ed alla rete connessi) possa prescindere da un servizio di pulizia, che assicuri condizioni igienico-sanitarie adeguate, non solo a coloro che operano nel servizio trasporti medesimo, ma anche a tutti coloro (i passeggeri) che del servizio trasporti costituiscono gli utenti.

In altre parole, le condizioni igienico – sanitarie degli ambienti connessi all’espletamento del servizio di trasporto passeggeri e merci costituiscono una condizione imprescindibile del corretto espletamento del servizio medesimo, con la conseguenza che il servizio di pulizia, volto ad assicurare tali condizioni di “praticabilità” del servizio, risulta legato al servizio di trasporto da un imprescindibile nesso di strumentalità.

Tali considerazioni comportano, dunque, che all’appalto del servizio di pulizia in esame – sussistendo i criteri soggettivo ed oggettivo perché lo stesso possa essere ricondotto alla disciplina dei settori speciali (secondo le indicazioni di cui alla citata Ad. Plen. n. 16/2011, nonché successivamente sez. V, n. 1192 del 2015) – non risulta applicabile l’art. 115 del Codice dei contratti (non richiamato, per i settori speciali, dall’art. 206 del Codice). Di conseguenza, non risulta possibile, con riferimento al caso concreto, in virtù di una supposta “revisione periodica del prezzo”, un adeguamento del corrispettivo contrattualmente stabilito.

4.4. Anche la seconda delle considerazioni sviluppate nell’atto di appello (sulla quale si fonda il motivo sub b) dell’esposizione in fatto), concernente l’applicabilità dell’art. 1664 c.c. al caso di specie, non può essere condivisa.

Ed infatti, l’istituto della “revisione periodica del prezzo”, nell’ambito dei contratti di appalto, trova la sua disciplina all’art. 115 d.lgs. n. 163/2006 e – per quanto riguarda l’esclusione della sua applicazione ai settori speciali – ai successivi artt. 206 e 217.

Il codice dei contratti, dunque, contiene una sua disciplina speciale in materia, avente carattere imperativo e che, come tale, per un verso si impone (in virtù dei principi generali in tema di interpretazione), alla disciplina generale; per altro verso rende inapplicabili le disposizioni del codice civile per effetto di espressa previsione normativa, posto che l’art. 2, co. 4. d.lgs. n. 163/2006, come è noto, rende applicabili le “disposizioni stabilite dal codice civile” solo “per quanto non espressamente previsto” (Cons. Stato, sez.. V, 22 ottobre 2012 n. 5395 e 9 giugno 2008 n. 2786).

E’ appena il caso di aggiungere alla dirimente considerazione ora esposta che:

– in primo luogo, l’applicabilità dell’art. 1664 c.c. risulta, nel caso di specie, altresì esclusa da esplicita ed ammissibile (Cass. civ. sez. un., 5 giugno 2008 n. 14824) pattuizione contrattuale (art. 6), che – contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante – nel disciplinare tempi e metodi della revisione del prezzo convenuto, detta una sua specifica disciplina, derogatoria della norma primaria;

– in secondo luogo, la revisione del “prezzo complessivo convenuto” presuppone che eventuali aumenti del costo dei materiali o della mano d’opera siano intervenuti “per effetto di circostanze imprevedibili” al momento di stipulazione del contratto (Cass. civ., sez. II, 21 gennaio 2011 n. 1494). e tali non possono essere considerate gli effetti di ordinari rinnovi dei contratti di lavoro del settore.

4.5. Parimenti infondato, per tutte le ragioni esposte dall’impugnata sentenza che si condividono in toto, è il mezzo con cui si reitera la già illustrata questione di legittimità costituzionale.

5. L’ISTANZA PREGIUDIZIALE DI RINVIO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

5.1. Tuttavia parte appellante, come innanzi già esposto, oltre a riproporre la questione di legittimità costituzionale della normativa innanzi indicata, propone, inoltre (v. pagg. 29 – 31 app.), la questione di legittimità comunitaria degli artt. 115, 206, 210 e 217 d.lgs. n. 163/2006, ovvero dell’art. 6, co. 4, l. n. 537/1993, per violazione dell’art. 3, co. 3 TUE, degli artt. 26 e 101 ss. TFUE.

Secondo l’appellante, la disciplina nazionale, nella parte in cui porta ad escludere la revisione dei prezzi nel settore dei trasporti e, segnatamente, anche nei relativi contratti di pulizia, viola la direttiva 31 marzo 2004 n. 17. Essa “risulta una disciplina ultronea e ingiustificata rispetto a quella comunitaria, ingiustamente sproporzionata e tale da porre l’impresa “ausiliaria” (aggiudicataria di un’attività quale quella di pulizia) in posizione di soggezione e di debolezza nei confronti dell’impresa (essa sì) esercente il servizio pubblico”, producendosi in tal modo “un ingiusto e sproporzionato disequilibrio contrattuale”, per effetto della disciplina legislativa italiana che “finisce per alterare le regole di funzionamento del mercato”.

5.2. Orbene, in virtù delle considerazioni innanzi svolte, l’appello proposto – fondato essenzialmente sui primi due motivi articolati (concernendo gli altri due – sintetizzati sub lett. c) dell’esposizione in fatto, la riproposizione della “questione di legittimità costituzionale” e della “questione di legittimità comunitaria”) – non merita accoglimento, alla luce degli artt. 115, 206 e 217 d.lgs. n. 163/2006 e dell’interpretazione di questi, fornita dal giudice nazionale ed alla quale questo Collegio ritiene di aderire.

Resta, dunque, da verificare – secondo quanto richiesto dall’appellante – la conformità al diritto dell’Unione Europea degli articoli 206 e 217 d.lgs. 163/2006, nella parte in cui essi escludono l’applicazione del precedente art. 115 agli appalti dei settori speciali e, come si desume in via interpretativa (per le ragioni innanzi esposte), anche agli appalti di servizi che, pur non rientrando nei settori speciali (nel caso di specie, appalto del servizio di pulizia) sono a questi legati da un nesso di strumentalità.

6. I QUESITI PROPOSTI

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, sia di interpretazione che di validità, si rende, quindi, necessario, da parte di questo Consiglio di Stato quale giudice di ultima istanza, alla luce di quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza della stessa Corte di giustizia (cfr. ex plurimis, in ordine al rinvio pregiudiziale, Sez. IV, 18 luglio 2013 C-136/12 laddove essa precisa, par. 25, che: “… qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione di interpretazione del predetto Trattato”; in ordine al rinvio di validità, nel senso dell’obbligatorietà assoluta del medesimo, Corte di giustizia, 6 dicembre 2005, C-461/03; 21 marzo 2000, C-6/99). Né sussistono, nel caso di specie, le deroghe a tale principio, come enucleate dalla giurisprudenza della medesima Corte di giustizia relativamente al rinvio pregiudiziale di interpretazione.

Il Collegio, pertanto, in ciò accogliendo anche la domanda formulata da parte appellante, ritiene di dover rimettere alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato FUE, le seguenti questioni pregiudiziali, ordinate logicamente, formulando i corrispondenti quesiti:

a) se sia conforme al diritto dell’Unione Europea (in particolare con gli articoli 3, co.3, TUE, artt. 26, 56/58 e 101 TFUE, art. 16 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea) ed alla Direttiva n. 17/2004 l’interpretazione del diritto interno che escluda la revisione dei prezzi nei contratti afferenti ai cd. settori speciali, con particolare riguardo a quelli con oggetto diverso da quelli cui si riferisce la stessa Direttiva, ma legati a questi ultimi da un nesso di strumentalità;

b) se la Direttiva n. 17/2004 (ove si ritenga che l’esclusione della revisione dei prezzi in tutti i contratti stipulati ed applicati nell’ambito dei cd. settori speciali discenda direttamente da essa), sia conforme ai principi dell’Unione Europea (in particolare, agli articoli 3,co. 1 TUE, 26, 56/58 e 101 TFUE, art. 16 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), “per l’ingiustizia, la sproporzionatezza, l’alterazione dell’equilibrio contrattuale e, pertanto, delle regole di un mercato efficiente”.

7. ADEMPIMENTI DI SEGRETERIA

Ai fini della più completa decisione della Corte di giustizia – in ossequio alle Raccomandazioni della Corte medesima 2016/C 439/01 pubblicate nella G.U. dell’U.E. del 25 novembre 2016, relative alla presentazione di domande pregiudiziali – alla stessa deve essere trasmessa, a cura della Segreteria della Sezione, oltre a copia conforme all’originale della presente ordinanza, altresì copia dell’intero fascicolo di causa.

8. SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO

Nelle more della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione Europea, si rende necessario disporre, ai sensi dell’art. 79, co. 1,c.p.a., la sospensione del presente processo, riservando alla sentenza definitiva ogni pronuncia in merito alle spese ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),pronunciando sull’appello proposto da Co. It. Ma. e Ca. Mu. s.p.a. (n. 8998/2014 r.g.):

a) rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale indicata in motivazione;

b) ordina alla Segreteria della Sezione di trasmettere alla medesima Corte copia conforme all’originale della presente ordinanza, nonché copia integrale del fascicolo di causa;

c) dispone, nelle more della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione Europea, la sospensione del presente giudizio;

d) riserva alla sentenza definitiva ogni pronuncia in ordine alle spese ed onorari del presente giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Andrea Migliozzi – Consigliere

Silvestro Maria Russo – Consigliere

Oberdan Forlenza – Consigliere, Estensore

Leonardo Spagnoletti –

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