Palazzo-Spada

CONSIGLIO DI STATO

SEZIONE IV

ORDINANZA 11 marzo 2015, n.1236

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 5271 del 2014, proposto da:

C.I.C.L.A.T. Soc Coop., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Saverio Sticchi Damiani in Roma, Bocca di Leone N.78;

contro

Consip Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, Via Principessa Clotilde N.2; Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture, non costituita in giudizio

nei confronti di

INAIL-Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorella Frascona’, Giandomenico Catalano, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Inail in Roma, Via IV Novembre 144;
Team Service S.C.A.R.L. in proprio e nella qualità di Capogruppo Mandataria dell’ ATI-Snam Lazio Sud Srl, Ati-Linda Srl, rappresentati e difesi dall’avv. Avilio Presutti, con domicilio eletto presso Avilio Presutti in Roma, piazza S.Salvatore in Lauro, 10;
Consorzio Servizi Integrati, rappresentato e difeso dall’avv. Giancarlo Viglione, con domicilio eletto presso Giancarlo Viglione in Roma, Via Mellini, 17;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma – Sezione III, n. 06234/2014, resa tra le parti, concernente procedura per l’affidamento servizi di pulizia ed altri servizi per il mantenimento del decoro e della funzionalità per gli immobili, per gli istituti scolastici e per i centri di formazione della P.A.;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip Spa, di INAIL, di Team Service S.C.A.R.L. in proprio e nella Qualità di Capogruppo Mandataria Ati e di Ati-Snam Lazio Sud Srl e di Ati-Linda Srl, nonché del Consorzio Servizi Integrati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2015 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Sticchi Damiani, Clarizia, Presutti, Viglione, Catalano e l’Avvocato dello Stato Varrone;

I FATTI PROCESSUALI

Con bando pubblicato sulla G.U.U.E. n. S-134 del 14 luglio 2012, Consip S.p.a. indiceva una gara per l’affidamento dei servizi di pulizia ed altri servizi tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità per gli immobili, per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado e per i centri di formazione della Pubblica amministrazione – ID 1201, suddivisa in 13 lotti cui era possibile partecipare con autonome offerte.
C.I.C.L.A.T. , consorzio fra soc. coop. di produzione e lavoro, presentava offerta con riferimento al lotto n. 7 (importo a base gara €. 91.200.000) ed al lotto n. 12 (importo a base gara €. 89.800.000), fornendo, con riguardo al primo, cauzione provvisoria a mezzo polizza fideiussoria per un importo di €. 912.000,00, e con riguardo al secondo, per un importo di €.898.000,00.
Il bando imponeva espressamente a ciascun concorrente, a pena di esclusione, di dichiarare il possesso dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alla gara previsti dall’articolo 38 del decreto legislativo n. 163/2006.
Essendo C.I.C.L.A.T. un consorzio, indicava in sede d’offerta le cooperative esecutrici per il caso di aggiudicazione del servizio, e fra queste indicava anche l’Ancora Coop a.r.l. Quest’ultima rendeva le dichiarazioni ex art. 38 cit. ed in particolare dichiarava, per quanto qui rileva, di «non avere commesso violazioni gravi ovvero ostative al rilascio del DURC, ai sensi dell’art. 2 comma 2 della l. 266/2002, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali……».
All’esito della procedura di gara C.I.C.L.A.T. si classificava al primo posto della graduatoria provvisoria per il lotto 7, ed al secondo posto per il lotto 12. Senonchè, sottoposto ai controlli di rito, veniva escluso, essendo risultato che alla data del 10/9/2012 (data della dichiarazione sostitutiva) l’Ancora coop. non risultava in regola con il versamento dei premi assicurativi avendo omesso di versare la terza rata in regime di autoliquidazione alla scadenza del 16/8/2012, per un importo di €. 33.148,28, rata poi versata unitamente alla quarta ed ultima in data 5/12/2012 (prima che fossero svolti controlli o si sapesse dell’esito della gara).
Avverso tale provvedimento ed i conseguenti provvedimenti di escussione delle garanzie provvisorie, C.I.C.L.A.T. proponeva impugnazione dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

6.1. Premesso l’interesse al gravame, correlato in primo luogo alla suddetta esclusione dalla gara ed anche all’escussione delle polizze, alla segnalazione all’AVCP, all’iscrizione nel casellario, C.I.C.L.A.T. faceva presente che, sebbene fosse stato omesso il versamento della terza rata del premio assicurativo per l’anno 2012, con scadenza 16 agosto 2012, il pagamento era stato poi effettuato in data 5 dicembre 2012; che inoltre non era stata attivata da parte di INAIL o di Consip la procedura per la regolarizzazione del mancato versamento; che l’irregolarità contributiva non era stata definitivamente accertata; che inoltre, in base alle retribuzioni in concreto erogate nel 2012 e sino al 10 settembre, risultavano versate somme a titolo di premio in regime di autoliquidazione, addirittura superiori rispetto a quanto dovuto; che dunque non era stata rilasciata alcuna dichiarazione non veritiera e che mancavano i presupposti per l’esclusione dalla gara e per l’escussione delle garanzie.

Il TAR respingeva il ricorso osservando che nessun obbligo incombeva su Consip spa in ordine all’attivazione della procedura per la regolarizzazione del mancato versamento, ed inconferenti erano i richiami normativi all’uopo operati dalla parte ricorrente, posto che il DURC era stato rilasciato il 12 giugno 2013, quando ormai l’interessata aveva, in data 5 dicembre 2012, effettuato il ritardato versamento, e dunque non poteva più essere utilmente avviato alcun procedimento di regolarizzazione; che, inoltre, ai fini dell’ammissione alla gara, ex art.38 del D.Lgs. n.163 del 2006, il requisito della regolarità contributiva avrebbe dovuto essere posseduto anche dalle singole consorziate esecutrici al momento di presentazione dell’offerta, per assicurare la bontà delle prestazioni ed in adesione al principio della parità di trattamento dei concorrenti, non potendo rilevare pertanto pagamenti tardivi; che, altresì, la violazione contributiva in esame andava considerata (oltre che grave, ex art.38, comma 2 del D.Lgs. n.163 del 2006, in base alle emergenze del DURC) definitivamente accertata, ex art.38, comma 1 del D.Lgs. n.163 del 2006, non essendo mai stata contestata nell’an e nel quantum, men che meno nel momento di presentazione dell’offerta, ed anzi pacificamente ammessa col successivo pagamento; che, in ultimo, considerato che ai sensi degli artt. 28 e 44 del D.P.R. n.1124 del 1965, le somme da versare a titolo di premio dovevano essere calcolate sulla base delle retribuzioni effettivamente corrisposte nell’anno precedente (nel caso di specie nel 2011), le eventuali previsioni al ribasso, con possibili conguagli a credito a favore del datore di lavoro, avrebbero dovuto essere prontamente segnalate e ciò non risultava avvenuto.
Ha proposto appello C.I.C.L.A.T. Ribadisce – censurando la diversa argomentazione utilizzata dal giudice di prime cure – che il DURC negativo si basa sul mero riscontro del mancato pagamento nei termini della rata di un premio auto liquidato, ritardo che non potrebbe mai ritenersi violazione grave e definitivamente accertata, atteso, tra l’altro, lo spontaneo adempimento del rateo contributivo unitamente alla quarta ed ultima rata; la natura meramente provvisoria e presuntiva del debito, poi addirittura rivelatosi insussistente in sede di conguaglio fatto alla luce dei dati assunzionali reali; né potrebbe ritenersi falsa la dichiarazione resa dall’Ancora coop. circa la non commissione di violazioni gravi e definitivamente accertate, poiché tale, il mero ritardo non poteva considerarsi.

8.1. In ogni caso, il Giudice di prime cure avrebbe errato nel considerare irrilevante la violazione dell’obbligo di avviso di irregolarità da parte dell’Ente previdenziale, ai sensi dell’art. 7 DM 24/10/2007, poiché tale adempimento non solo è stato ribadito da successiva fonte primaria (art. 31, comma 8 del DL 69/2013 convertito con mod. in legge 98/2013), ma si applicherebbe anche in caso di richiesta d’ufficio del DURC in sede di verifica disposta dalla stazione appaltante, come del resto affermato da una recente ed innovativa decisione del Consiglio di Stato (V sezione n. 5064/2014), con conseguente possibilità dell’impresa di regolarizzare la propria posizione nei 15 gg. dall’invito.

Nel giudizio si è costituita Consip S.p.a. Replica evidenziando che la giurisprudenza amministrativa pretende che il requisito della regolarità contributiva permanga per tutta la durata della procedura di gara senza alcuna soluzione di continuità, anche al fine di evitare l’elusione degli obblighi imperativi previsti dalla legge (è citato Consiglio di Stato Sez. IV 6296/2014), ed assicurare parità di trattamento fra gli operatori.
Si è costituita anche la C.S.I Consorzio Servizi Integrati. Essa pone l’accento sull’inutilità del preavviso di irregolarità nel caso di specie, posto che l’Ancora coop. era ben consapevole di essere in ritardo nel pagamento del rateo da essa stessa auto liquidato, ed in ogni caso l’impresa non avrebbe mai potuto “sanare” il dato storico della sua irregolarità alla data di presentazione dell’offerta.
Si è costituito infine l’INAIL. Dopo aver spiegato il meccanismo di autoliquidazione del premio assicurativo ai sensi dell’art. 28 del dPR 1124/1965 (il datore di lavoro provvede direttamente al calcolo delle rate di premio anticipate sulla base delle retribuzione erogate nell’anno precedente, e salvo conguaglio nell’anno successivo – cd sistema di pagamento anticipato e presunto), ribadisce l’esistenza di un ritardo nel pagamento della terza rata, e contesta la sussistenza di un obbligo di avviso ai fini della regolarizzazione, piuttosto vigente solo in caso di DURC richiesto dalla parte.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 3 febbraio 2015.
Essendone stato richiesto dalle parti, il Collegio ha già reso pubblica la decisione, che così ha disposto: “Provvede con separata ordinanza a sollevare questione di legittimità comunitaria dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di norme rilevanti ai fini del decidere. Per l’effetto sospende l’intero giudizio. Spese al definitivo”

Questi i motivi:

DIRITTO

A – Il diritto dell’Unione:

La direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), quale modificata dal regolamento (CE) n. 1177/2009 della Commissione, del 30 novembre 2009, prevede, all’art. 45, i criteri di selezione qualitativa relativi alla situazione personale del candidato o dell’offerente. Secondo i paragrafi 2 e 3 di tale articolo:

«Può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico:

(…)

e) che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali secondo la legislazione del paese dove è stabilito o del paese dell’amministrazione aggiudicatrice;
f) che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse secondo la legislazione del paese dove è stabilito o del paese dell’amministrazione aggiudicatrice;

(…)

Gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto comunitario, le condizioni di applicazione del presente paragrafo».

Le amministrazioni aggiudicatrici accettano come prova sufficiente che attesta che l’operatore economico non si trova in nessuna delle situazioni di cui al paragrafo 1 e al paragrafo 2, lettere a), b), c), e) e f) quanto segue: (…) b) per i casi di cui al paragrafo 2, lettere e) o f), un certificato rilasciato dall’autorità competente dello Stato membro in questione.

Qualora non siano rilasciati dal paese in questione o non menzionino tutti i casi previsti al paragrafo 1 e al paragrafo 2, lettere a), b) o c), i documenti o i certificati possono essere sostituiti da una dichiarazione giurata ovvero, negli Stati membri in cui non esiste siffatta dichiarazione, da una dichiarazione solenne resa dalla persona interessata innanzi a un’autorità giudiziaria o amministrativa competente, a un notaio o a un organismo professionale qualificato del paese d’origine o di provenienza”.

B – Il diritto italiano:

Il decreto legislativo n. 163, che istituisce il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, del 12 aprile 2006 (supplemento ordinario alla GURI n. 100, del 2 maggio 2006), disciplina in Italia, nel loro complesso, le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici nei settori delle forniture, dei lavori e dei servizi, e contiene, nella sua parte II, l’articolo 38, che stabilisce i requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi. L’articolo 38, paragrafo 1, lettera i), di tale decreto così dispone:

«1. Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:

(…)

i) che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti».

L’articolo 38, paragrafo 2, di detto decreto legislativo definisce il criterio di gravità delle violazioni delle norme in materia di versamento di contributi agli organismi di previdenza sociale. Esso prevede, in sostanza, che ai fini dell’articolo 38, paragrafo 1, lettera i), del medesimo decreto legislativo, si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (in prosieguo: il «DURC»).

Le infrazioni ostative al rilascio del DURC, sono state definite da un Decreto del ministero del lavoro e della previdenza sociale che disciplina il documento unico di regolarità contributiva, del 24 ottobre 2007 (GURI n. 279, del 30 novembre 2007, pag. 11). Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, di tale decreto ministeriale:

«Ai soli fini della partecipazione a gare di appalto non osta al rilascio del DURC uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun Istituto previdenziale ed a ciascuna Cassa edile. Non si considera grave lo scostamento inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o, comunque, uno scostamento inferiore ad € 100,00, fermo restando l’obbligo di versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del DURC».

Il DURC rilasciato all’impresa ha validità trimestrale.

Ai sensi dell’art. 7, comma 3, di detto D.M., è inoltre previsto che in caso di mancanza dei requisiti di regolarità contributiva, gli Enti interessati prima di rilasciare un DURC negativo “invitano l’interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni”.

Anche il d.l. n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, in l. n. 98 del 2013, all’art. 31, comma 8, ribadisce che “Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità”.

C – Il quadro giurisprudenziale interno:

A fronte di tale normativa, la giurisprudenza nazionale: a) ha ritenuto ormai sottratta, alla valutazione dell’amministrazione ogni valutazione circa la gravità o la definitività dell’inadempimento contributivo dell’operatore economico, in quanto predefinita dalla legge e certificata esclusivamente dall’Istituto previdenziale a mezzo di DURC richiesto dalla stazione appaltante in sede di verifica. (Adunanza Plenaria n. 8/2012, ma anche n. 20/2013); b) ha chiarito che il requisito della regolarità contributiva (così come quello della regolarità fiscale) deve sussistere dal momento della presentazione della domanda di partecipazione alla procedura e permanere per tutta la durata della gara, sicché resta irrilevante un eventuale adempimento tardivo (sul punto la giurisprudenza nazionale è consolidata; si considerino: Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; Cons. Stato, sez. V, 10 agosto2010, n. 5556; Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531); c) ha ulteriormente chiarito che l’invito alla regolarizzazione (cd. preavviso di DURC negativo) non si applica in caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante, atteso che, l’obbligo dell’INPS di attivare la procedura di regolarizzazione prevista dall’art. 7, comma 3, del D.M. 24 ottobre 2007 si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che, come detto, non ammettono regolarizzazioni postume (o, detto diversamente, l’eventuale regolarizzazione postuma non sarebbe comunque idonea ad elidere il dato dell’irregolarità alla data di presentazione dell’offerta) (Cfr. Consiglio di Stato, IV, 12 marzo 2009 n. 1458; VI, 11 agosto 2009, n. 4928; 6 aprile 2010, n. 1934; 5 luglio 2010, n. 4243; sez. V, 16 settembre 2011, n.5194; incidentalmente, anche Adunanza Plenaria, 20/2013; si registra tuttavia una recentissima decisione della V Sezione che, mossa da esigenze equitative, afferma l’obbligo degli Istituti previdenziali di invitare l’interessato alla regolarizzazione anche in occasione della richiesta da parte della stazione appaltante (Cfr. Sezione V, 14 ottobre 2014, n. 5064), e tuttavia, anche una simile ed ancora isolata esegesi del dato normativo, non è in grado di eliminare la valenza ostativa dell’irregolarità storicamente sussistente (l’eventuale regolarizzazione sarebbe cioè sempre postuma, in violazione dei principi generali sopra enunciati).

D- I dubbi della Sezione:

L’ordinamento italiano oggi ammette che un impresa semplicemente in ritardo nel pagamento di un pur modesto debito contributivo al tempo della scadenza del termine per la presentazione della domanda, sia automaticamente ed inderogabilmente esclusa dalla procedura, anche se l’irregolarità è stata subito dopo sanata ed è quindi insussistente al momento dell’aggiudicazione, o è comunque tale da non configurare profili dolosi o colposi che possano considerarsi plausibile indice di inaffidabilità o immoralità.

La stazione appaltante deve cioè limitarsi a fotografare la situazione in un dato momento storico, in particolare coincidente con il momento di scadenza del termine per l’offerta, e ove a quella data risulti un debito contributivo superiore ad €. 100,00, deve escludere l’impresa: non importa se quest’ultima era a conoscenza dell’irregolarità a quel tempo, se vi fossero i termini per una contestazione nella sede giudiziaria, se il contributo si è ex post rilevato non dovuto, etc. La “fotografia” scattata dall’istituto previdenziale al tempo della partecipazione, vincola la stazione appaltante ad escludere l’offerente se da esse emerge una irregolarità, persino ove quest’ultima non sia più attuale, e non sia oggettivamente idonea ad inficiare o compromettere l’affidabilità e la correttezza dell’impresa.

L’effetto è che a causa di siffatte irregolarità (esistenti solo sul piano storico e non più significative all’attualità), la stazione appaltante finisce per privarsi della migliore offerta sul piano del prezzo o del rapporto qualità prezzo, ed è vincolata ad aggiudicare l’appalto – e la connessa occasione economica – all’impresa che segue in graduatoria, con ciò: a) sprecando risorse economiche, o meglio, non cogliendo occasioni di possibile risparmio, in violazione dei più generali principi di economicità che hanno da sempre ispirato la legislazione italiana ed in particolare la legge di contabilità di Stato, ben prima del coordinamento comunitario; b) attribuendo l’occasione di guadagno – in violazione del principio di concorrenza nella sua pura accezione economica – non già all’imprenditore che ha formulato la migliore delle offerte in termini di prezzo o di qualità/prezzo, bensì a quello che, pur avendo offerto un prezzo più alto o una qualità più bassa, ha avuto l’accortezza di verificare per tempo la posizione contributiva propria e dei suoi partner commerciali, eventualmente regolarizzandola prima della partecipazione alla gara. Quest’ultimo considerazione è la prova dell’esistenza di un paradosso nell’ordinamento italiano: una violazione od una serie di violazioni gravissime – in tesi idonee a minare l’affidabilità dell’impresa e la prognosi circa la sua futura condotta – purché sanate prima della presentazione della domanda, non hanno alcun rilievo o conseguenza rispetto alla procedura di gara ed alla valutazioni della stazione appaltante in punto di affidabilità e correttezza del futuro contraente; una piccola ed unica violazione, od un semplice ritardo, comunque regolarizzato prima dell’aggiudicazione, ma dopo la presentazione dell’offerta, mina l’affidabilità dell’impresa al punto da imporne ineluttabilmente l’esclusione.

In conclusione, l’attuale normativa italiana impone all’amministrazione di rinunciare alla migliore offerta, e correlativamente impedisce al migliore offerente di accedere all’aggiudicazione, anche ove oggettivamente non possa mettersi in dubbio, avuto riguardo alla storia dell’imprenditore ed ai suoi comportamenti passati, nonché alla peculiarità ed incolpevolezza della temporanea irregolarità rilevata, che egli sia un imprenditore corretto ed affidabile. Viceversa, consente l’aggiudicazione ad un imprenditore che ha sempre manifestato irregolarità ed inadempienze, purchè egli al momento dell’offerta si sia “messo in regola” con i requisiti previsti dal DM 24 ottobre 2007.

Del resto, lo Stato italiano, attraverso il complesso delle norme citate, ha inibito alle stazioni appaltanti l’autonoma ponderazione del caso concreto, ritenendo, implicitamente, che la descritta valutazione legale di “irregolarità” operante nell’ambito e per tutta la procedura di evidenza pubblica, sia garanzia di parità di trattamento tra i diversi operatori economici partecipanti alla gara.

In realtà, è opinione del collegio che il combinato disposto di tali norme, nell’interpretazione che ne fornisce la giurisprudenza nazionale, potrebbe porsi in contrasto con il diritto dell’Unione, sotto diversi profili:

1) Possibile contrasto con l’art. 45 della direttiva 18/2004. L’art. 45 individua, al paragrafo 1, alcune ipotesi che devono necessariamente comportare l’esclusione, nonché al paragrafo 2, alcune altre, e meno allarmanti ipotesi che “possono” comportare l’esclusione. Le differenze tra le due fattispecie sono rilevantissime. Nell’ipotesi di esclusione obbligatoria di cui al par. 1, le stazioni appaltanti “qualora abbiano dubbi sulla situazione personale di tali candidati/offerenti, possono rivolgersi alle autorità competenti per ottenere le informazioni relative alla situazione personale dei candidati o offerenti che reputino necessarie” e “se le informazioni riguardano un candidato o un offerente stabilito in uno Stato membro diverso da quello dell’amministrazione aggiudicatrice, quest’ultima può richiedere la cooperazione delle autorità competenti”.

Diversamente, nelle minori ipotesi di cui al comma 2 “Le amministrazioni aggiudicatrici accettano come prova sufficiente che attesta che l’operatore economico non si trova in nessuna delle situazioni di cui al (….) paragrafo 2 (….) un certificato rilasciato dall’autorità competente dello Stato membro in questione”. Ed ancora “Qualora non siano rilasciati dal paese in questione o non menzionino tutti i casi previsti (…) al paragrafo 2, lettere a), b) o c), i documenti o i certificati possono essere sostituiti da una dichiarazione giurata (….)”

Riepilogando, ove ricorrano cause di obbligatoria esclusione è consentita la verifica d’ufficio, e per le imprese straniere non è ammessa alcuna dichiarazione giurata; ove ricorrano cause di facoltativa esclusione, non è consentita la verifica d’ufficio, dovendo le stazioni appaltanti limitarsi ad “accettare” le certificazioni prodotte dai partecipanti; per le imprese straniere è invece ammessa la dichiarazione giurata.

Ciò significa, con riguardo all’ipotesi dell’esclusione facoltativa che in questa sede rileva, che le stazioni appaltanti, a mente della direttiva 18/2004, e contrariamente a quanto previsto dall’ordinamento italiano: 1) non possono richiedere esse stesse il DURC in luogo dell’operatore interessato, dando così dirimente rilievo alla irregolarità storica non più sussistente, ma possono al più pretendere che il candidato alleghi all’atto della domanda il DURC in corso di validità, ovvero che lo produca prima dell’aggiudicazione (questo il senso della locuzione “le amministrazioni accettano come prova sufficiente..…”. Questa, nell’ordinamento italiano, non è questione di mero dettaglio poiché, l’aver previsto una richiesta d’ufficio del DURC, e l’avere posto a base dell’obbligatoria esclusione il certificato negativo acquisito d’ufficio in relazione a date pregresse (ossia la data di partecipazione), ha consentito che potessero emergere inadempienze contributive, non conosciute dall’operatore economico (il quale fa affidamento sulla validità trimestrale del DURC positivo ad egli rilasciato) o addirittura, come nel caso di specie, medio tempore sanate.

Se invece le stazioni appaltanti si limitassero ad “accettare” l’allegazione del DURC da parte dei concorrenti – così come previsto dalla direttiva – una tale anomalia non verrebbe mai in rilievo, atteso che, anche ove sopravvenissero ipotesi di inadempienza contributiva, gli istituti previdenziali, ai sensi dell’art. 7 del DM 24 ottobre 2007, avrebbero l’obbligo di preavvisare il richiedente, dandogli possibilità di regolarizzazione nei successivi 15 giorni. Ergo, se l’operatore economico regolarizza la sua posizione, otterrà e potrà produrre una certificazione nuovamente positiva e non ostativa. L’inadempienza solo “storica” non avrebbe cioè modo di venire in rilievo, ad eccezione dei casi in cui il concorrente si rifiuti di regolarizzare. In conclusione, l’avere previsto una sistema che richiede sempre il controllo d’ufficio e storico della regolarità contributiva, senza possibilità di regolarizzazione in corso di gara, contrasta con la ratio ed il tenore dell’art. 45.

E’ noto l’orientamento della Corte secondo il quale, “quanto al termine entro cui gli interessati debbono avere assolto agli obblighi tributari previsti e stabiliti dagli ordinamenti interni, esso può essere individuato dalla data di presentazione delle domande di partecipazione fino al momento che precede l’aggiudicazione dell’appalto, coincidente, a sua volta con: a) la data limite per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara; b) la data di spedizione della lettera di invito a presentare un’offerta; c) la data limite della presentazione delle offerte dei candidati; d) la data di valutazione delle offerte da parte dell’amministrazione aggiudicatrice; e) il momento che precede immediatamente l’aggiudicazione dell’appalto”, purché in ossequio ai principi di trasparenza e di parità di trattamento, tale termine sia “determinato con certezza assoluta e reso pubblico” (Cfr. CdG, 9 febbraio 2006).

Nel caso di specie, tuttavia, non è in discussione il termine (in particolare coincidente con la data di partecipazione) ma le modalità di prova della regolarità contributiva, nonché la certezza e la ragionevolezza del sistema di verifica, poiché da un lato il DURC positivo è ritenuto dirimente ai fini della valida partecipazione, ma dall’altro l’ordinamento non si accontenta dei contenuti del DURC in possesso dell’impresa ed ancora in corso di validità, e pretende il riscontro storico in ordine ad eventuali inadempienze alla data della partecipazione, senza possibilità di regolarizzazione.

2) V’è un’ulteriore possibile violazione del principio di concorrenza, ove letto alla luce dell’art. 45 della direttiva 18/2004: come già detto, l’art. 45 prevede che “può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico: (….)che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali”.

La formulazione della regola sembra presupporre la dimensione attuale dell’irregolarità: essa cioè deve sussistere al momento dell’esclusione, senza che possa rilevare una semplice violazione o ritardo non più attuale. Non potrebbe pertanto, ai sensi della norma, essere escluso il soggetto che al momento della verifica, od anche al momento dell’esclusione risulta essere in regola. In altre parole, la violazione o il ritardo registratosi in un momento pregresso rispetto alla verifica o all’esclusione non dovrebbe essere considerato comportamento rilevante ai sensi dell’art. 45, se esso non sussiste più al momento della verifica.

L’avere, l’ordinamento italiano dato dirimente rilievo all’inadempimento storico e non più attuale, potrebbe piuttosto avere il senso di valutare l’affidabilità e la serietà dell’operatore economico alla luce del comportamento anche passato. Se è questa la ratio delle norme italiane, allora non v’è dubbio che si tratti di disposizioni che, incrementando le possibilità di esclusione, hanno come effetto quello di ridurre la possibilità di utile partecipazione, e con esse le potenzialità del principio di concorrenza. Il collegio non sconosce il recente orientamento della Corte secondo il quale l’interesse fiscale e contributivo può giustificare restrizione del principio di concorrenza ai sensi degli articoli 49 TFUE e 56 TFUE, sempre che sia rispettato il principio di proporzionalità; e che, in particolare, il principio di proporzionalità non osta ad una normativa nazionale che obblighi l’amministrazione aggiudicatrice ad escludere dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente responsabile di un’infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali se lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate è di un importo superiore, al contempo, a EUR 100 e al 5% delle somme dovute (Cfr. CGUE, 10 luglio 2014, n. C-358/12).

Tuttavia, la pronuncia non tiene conto delle peculiarità ordina mentali, sopra segnalate, a mente delle quali l’esclusione è conseguenza ineluttabile della singola inadempienza, finanche quando l’operatore economico: a) sia in possesso di un DURC positivo in corso di validità; b) non abbia avuto alcuna segnalazione della sopravvenuta irregolarità; c) abbia in ogni caso regolarizzato la sua posizione prima dell’aggiudicazione e delle verifiche.

Questa, del resto, la chiara opzione della recente direttiva UE n. 24 del 26 febbraio 2014

sugli appalti pubblici, che abroga la direttiva 2004/18/CE, la quale oggi espressamente chiarisce che l’esclusione per irregolarità contributiva “non è più applicabile quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe” (art. 57 comma 2)

3) Più in generale, la Sezione rileva un possibile contrasto con il principio di concorrenza di cui agli artt. 49 TFUE e 56 TFUE. Risulta dalla giurisprudenza costante della Corte di Giustizia che tali articoli ostano a ogni misura nazionale che, anche applicabile senza discriminazione relativa alla nazionalità, sia in grado di vietare, di ostacolare o di rendere meno attraente l’esercizio, da parte di cittadini dell’Unione europea, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi garantite da dette disposizioni del Trattato (v., segnatamente, sentenza Serrantoni e Consorzio stabile edili, C 376/08, EU:C:2009:808, punto 41).

Nel caso di specie, l’ordinamento italiano punta ad assicurare il principio di concorrenza attraverso l’applicazione del principio, strumentale rispetto al primo, di pari trattamento endoconcorsuale. Il principio di concorrenza non dovrebbe tuttavia limitarsi alla meccanica parità di trattamento procedimentale, ma dovrebbe consentire la più ampia ed utile partecipazione delle imprese interessate, consentendo alle stesse di dimostrare, all’atto della presentazione della propria candidatura, la serietà ed affidabilità che ha caratterizzato il proprio comportamento fiscale e contributivo, salva in ogni caso la verifica, in regime di piena trasparenza ed in contraddittorio con gli altri aspiranti, da parte del committente pubblico. L’autonomia valutativa della stazione, ineliminabile al fine di comprendere e decidere in aderenza al caso concreto, non dovrebbe essere a priori stigmatizzata come fonte di arbitrarie scelte ed abusi – come il legislatore lascia implicitamente intendere – ma piuttosto disciplinata ed organizzata in modo da essere sempre informata ai principi di ragionevolezza e proporzionalità, oltre che di trasparenza nel procedimento e correttezza nel metodo, sindacabili dall’autorità giudiziaria. Così intesa essa porrebbe il committente pubblico in grado di “ragionare” e di comportarsi come un operatore economico dotato di razionalità economica, sia pur illuminato da principi e criteri a salvaguardia della trasparenza o di altri interessi pubblici rilevanti. L’avere eliminato l’autonomia valutativa, potrebbe avere minato la sostanza economica del principio di concorrenza.

Del resto, tale impostazione, già in nuce presente nella direttiva 18/2004, sembra essere sviluppata ed esplicitata proprio dal legislatore dell’Unione, il quale al considerando n. 101 della direttiva 24/2014 ritiene che “nell’applicare motivi di esclusione facoltativi, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità”, nonchè all’art. 57 comma 6 della medesima direttiva espressamente prevede che “un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4 (ndr situazioni che determinerebbero l’esclusione) può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d’appalto”.

4) Ulteriore possibile violazione del principio di concorrenza. Il complesso delle norme italiane sopra analiticamente indicate consente alla stazione appaltante di interrogare d’ufficio gli istituti previdenziali in relazione alla “regolarità” contributiva alla data (pregressa) di partecipazione, ed ove dalla certificazione segnali l’esistenza di un debito contributivo superiore ad €. 100,00, impone l’esclusione, senza possibilità alcuna di sanatoria. Per le imprese di altri Stati dell’Unione, la stazione appaltante deve, invece, ai sensi dei comma 4 e 5 dell’art.38 cit., chiedere se del caso ai candidati o ai concorrenti di fornire i necessari documenti probatori (…..) Se nessun documento o certificato è rilasciato da altro Stato dell’Unione europea, costituisce prova sufficiente una dichiarazione giurata, ovvero, negli Stati membri in cui non esiste siffatta dichiarazione, una dichiarazione resa dall’interessato innanzi a un’autorità giudiziaria o amministrativa competente, a un notaio o a un organismo professionale qualificato a riceverla del Paese di origine o di provenienza”.

Nei fatti, la circostanza che trova più frequente applicazione è il comma 5 dell’art. 38, con conseguente sufficienza di una “dichiarazione giurata” dell’imprenditore di altro Stato membro (è quanto mai difficile che le basi dati degli istituti previdenziali di altri Stati membri siano organizzate nello stesso modo di quelle italiane, si da poter soddisfare tutte le condizioni di dettaglio previste dagli artt. 5 e 8 del D.M. 24 ottobre 2007, per giunta ad una data anteriore rispetto a quella della richiesta) che è così “favorito”, rispetto all’imprenditore italiano, in una logica di “discriminazione alla rovescia”.

Il Collegio è consapevole che il principio di non discriminazione non è tale da ricomprendere i casi in cui v’è uno sfavore per l’operatore interno, piuttosto che per quello esterno, tuttavia, a venire in rilievo in questo caso è il principio di concorrenza, il quale pretende che tutti gli operatori economici abbiano parità di chance quanto il committente abbia natura pubblica.

– In definitiva, ai fini della decisione del ricorso indicato in epigrafe, si ritiene di sollevare la seguente questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del TFUE (ex art. 234 del TCE), in relazione all’interpretazione della normativa comunitaria: «se l’art. 45 della direttiva 18/2004, letto anche alla luce del principio di ragionevolezza, nonché gli artt. 49, 56 del TFUE, ostino ad una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura d’appalto sopra soglia, consenta la richiesta d’ufficio della certificazione formata dagli istituti previdenziali (DURC) ed obblighi la stazione appaltante a considerare ostativa una certificazione dalla quale si evince una violazione contributiva pregressa ed in particolare sussistente al momento della partecipazione, tuttavia non conosciuta dall’operatore economico – il quale ha partecipato in forza di un DURC positivo in corso di validità – e comunque non più sussistente al momento dell’aggiudicazione o della verifica d’ufficio.

– Ai sensi della “nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali” 2011/C 160/01, in G.u.C.e. 28 maggio 2011 (punto 30), vanno trasmessi in copia alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione europea, mediante plico raccomandato:

– gli atti ed i provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado che restano pertanto nelle more sospesi sino alla pronuncia della Corte (punto 26);

– il ricorso di primo grado;

– la sentenza del T.a.r. Lazio appellata;

– l’atto d’impugnazione e tutte le memorie difensive depositate da tutte parti nel giudizio di appello, – la presente ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia U.E.;

– copia delle seguenti norme nazionali: art. 38 codice dei contratti pubblici; D.M. 24 ottobre 2007; art. 31 D.L. n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, in l. n. 98 del 2013;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe nei sensi di cui in motivazione, dispone:

1) La trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267, Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nei sensi e con le modalità di cui in motivazione, e con allegata la copia degli atti ivi indicati;

2) la sospensione del presente giudizio;

3) la riserva alla decisione definitiva di ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito ed in ordine ai complessivi oneri processuali.

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