Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 9 agosto 2017, n. 3970

Mediante il regolamento comunale una localizzazione effettivamente prioritaria può essere imposta con riferimento ad aree sensibili ed alla sottostante esigenza di ridurre (non aumentare) in esse i livelli di esposizione della popolazione, non anche in ragione della mera appartenenza pubblica del sito o di una generica opportunità di concentrazione degli impianti

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 9 agosto 2017, n. 3970

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3403 del 2016, proposto da:

Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Co., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

contro

Te. It. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ca. Ga., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Or. in Roma, via (…);

nei confronti di

ARPA – Agenzia Regionale Protezione Ambiente del Lazio, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II BIS, n. 11659/2015, resa tra le parti, concernente autorizzazione per l’installazione di una stazione radio base per telefonia mobile;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Te. It. S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 luglio 2017 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Al. Co. e Ma. Or. su delega dichiarata di Ma. Ca. Ga.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. In data 12 marzo 2013 Te. It. S.p.a. ha chiesto al Comune di (omissis) (ed all’ARPA Lazio, per quanto di competenza) l’autorizzazione per installare una stazione radio base per telefonia mobile denominata “RI To. in Sa.”, in via (omissis).

2. L’ARPA ha espresso parere favorevole in data 13 marzo 2013.

3. Viceversa, il Comune, con provvedimento n. 2265 in data 10 aprile 2013, ha negato l’autorizzazione, affermando la non compatibilità dell’istanza “con le prescrizioni fissate” dal “Regolamento Comunale per la disciplina delle installazioni delle stazioni radio base per la telefonia mobile e le telecomunicazioni”, approvato con deliberazione consiliare n. 13 in data 25 marzo 2013.

4. Te. It. ha impugnato il diniego dinanzi al TAR del Lazio, deducendo anche l’inapplicabilità del regolamento, e l’illegittimità delle sue prescrizioni.

5. Il Comune ha proposto ricorso incidentale, impugnando il parere dell’ARPA.

6. Il TAR del Lazio, con ordinanza n. 3219 del 2 agosto 2013, ha respinto l’istanza cautelare, ma il provvedimento è stato riformato da questa Sezione, con l’ordinanza n. 4217 del 24 ottobre 2013. Con essa, sottolineandosi che “il provvedimento di diniego è motivato essenzialmente richiamando il regolamento comunale – della cui compiuta efficacia alla data di adozione del diniego è lecito dubitare – e che le altre ragioni in ipotesi ostative, a tutela della salute, sono state dedotte solamente nel corso del giudizio…” e che “sotto tale profilo, sia la motivazione dell’atto impugnato che il procedimento amministrativo che lo ha preceduto parrebbero incompleti”, l’appello cautelare è stato accolto “ai fini di un rinnovato e sollecito esame dell’originaria istanza di parte, nel pieno contraddittorio con tutti i soggetti interessati…”.

7. Ne è derivato un nuovo procedimento, in esito al quale è stato adottato un nuovo, motivato diniego mediante il provvedimento prot. 7396 in data 30 dicembre 2014.

8. Il provvedimento è stato gravato da Te. It. mediante motivi aggiunti.

9. Il TAR del Lazio, con la sentenza appellata (II-bis, n. 11659/2015), ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuto difetto di interesse (in ragione dell’avvenuto riesame) ed inammissibile (in quanto sorretto da interesse “autonomo” rispetto a quello vantato dalla società ricorrente) il ricorso incidentale del Comune, qualificandolo altresì in motivazione come comunque irricevibile, mentre ha accolto il ricorso per motivi aggiunti avverso il secondo provvedimento di diniego.

In particolare, concludendo nel senso che:

– non sono giustificate le asserzioni del Comune circa l’introduzione di una “modifica sostanziale del progetto”, atta – in quanto tale – a comportare, tra l’altro, la perdita di valore del “parere originario ARPA”;

– la ricorrente ha offerto un’esaustiva rappresentazione delle ragioni alla base del persistere – pure a seguito dell’attivazione del sito in località di (omissis) – dell’interesse per l’installazione dell’impianto in via Porta Ternana ma di tali ragioni il Comune non sembra avere tenuto adeguatamente conto, limitandosi ad affermare che l’impianto Vodafone 4G assentito in località (omissis) “appare” idoneo a garantire una copertura più che adeguata dell’intero territorio comunale compreso il centro storico;

– il Comune si è soffermato diffusamente sul parere dell’ARPA Lazio, attribuendo sostanzialmente ad esso un carattere che non gli compete, ossia il carattere di condizione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione comunale; procedendo ad un vero e proprio sindacato sui contenuti del parere, mettendo in discussione le considerazioni circa il mancato superamento dei limiti di legge ed effettuando valutazioni in ordine alla rilevanza del parere de quo, in esito all’intervento di adeguamento che ha interessato l’impianto in località (omissis);

– il Comune, in tal modo, ha sostanzialmente travalicato i limiti che connotano la propria competenza, estendendo il proprio sindacato anche a profili al predetto estraneo, in quanto riguardanti aspetti differenti da quelli del governo del territorio e, dunque, riservati – in quanto tali – alla competenza di organismi giuridici differenti (quale l’ARPA).

10. Nell’appello, il Comune di (omissis) sostiene, nei confronti della pronuncia di annullamento del proprio diniego prot. 7396/2014, le censure appresso sintetizzate.

10.1. Contrariamente a quanto afferma il TAR, il Comune, con il diniego prot. 7396 in data 30 dicembre 2014, non si è sostituito all’ARPA, ma ha rilevato la oggettiva inattualità dei pareri dell’ARPA, in quanto non riferiti alla situazione di fatto ormai modificata e profondamente diversa da quella originaria, stante l’attivazione dell’impianto Telecom in località (omissis).

10.2. Il TAR ha erroneamente ritenuto che l’originario progetto Telecom relativo all’impianto di Porta Ternana non fosse stato modificato. Infatti, nel diniego, il Comune non ha rilevato il carattere innovativo del riferimento alle “emissioni 3G” contenuto nella nota tecnica allegata alla comunicazione Telecom del 31 luglio 2014 (aspetto negato dal TAR), bensì ha contestato che in tale nota non vi fosse più alcun riferimento alla tecnologia 4G (LTE) inizialmente prevista per l’impianto; essendo stato modificato il progetto, il parere espresso dall’ARPA è inattuale.

10.3. Il TAR ha invertito l’onere probatorio, ponendo a carico del Comune di dimostrare la sufficienza dell’impianto di (omissis) a garantire la copertura di rete nel territorio comunale. Ai sensi dell’art. 13 del regolamento regionale 1/2001, Telecom avrebbe dovuto rivolgere in via prioritaria istanza al Comune per verificare la possibilità di ottenere in assegnazione un’area pubblica; viceversa, nel procedimento di riesame, dopo la comunicazione in data 9 gennaio 2014 di motivi ostativi nella quale veniva proposto il sito di (omissis) come alternativo a quello di Porta Ternana, Telecom ha presentato insieme a Vodafone una s.c.i.a. congiunta per l’adeguamento alla co-ubicazione dell’impianto in località (omissis) e, dopo aver ottenuto l’assenso del Comune con nota prot. 4317 in data 11 luglio 2014, in palese violazione dei principi di buona fede e correttezza ha nuovamente attivato con nota del 31 luglio 2014 il procedimento per l’impianto di Porta Ternana, senza dimostrarne la necessità. La nota tecnica richiamata dal TAR contiene una motivazione solo apparente, limitandosi ad indicare un mero “miglioramento della copertura radio-elettrica 3G su gran parte del territorio comunale” e non già la necessità di attivare il nuovo impianto; il TAR avrebbe dovuto verificare non il mero miglioramento (peraltro, affermato da Telecom sulla base della simulazione dei due impianti solo sulla base del 3G e non anche del 4G, pure ricompresa nel progetto), bensì la necessità dell’impianto di Porta Ternana, come rilevato nel diniego.

11. Telecom ha replicato con memoria.

12. Il Collegio osserva che il primo diniego impugnato affermava una generica contrarietà al regolamento.

Nel secondo diniego (in ordine al quale è intervenuta la pronuncia di merito del TAR), non viene più espressamente individuato un parametro di legittimità, quale il regolamento regionale 1/2001 o il regolamento comunale sulle installazioni approvato con delibera n. 13/2013, che prevede divieti nelle aree residenziali del centro storico ed urbano e nelle aree che accolgono strutture scolastiche, case di cura ed affini, e privilegia la coubicazione degli impianti su strutture già esistenti e su aree comunali.

A ben vedere, l’unico parametro normativo la cui violazione viene rilevata nel procedimento di riesame (cfr. il primo preavviso prot. 121 in data 9 gennaio 2014, cui ha fatto seguito la sospensione del procedimento, a seguito della presentazione di una s.c.i.a. per l’altro impianto di (omissis)) è l’art. 13 del regolamento regionale 1/2001.

Ma la lettera d), che conteneva tale richiamo, non figura più tra quelle richiamate e confermate nelle premesse del nuovo preavviso di rigetto prot. 5812 in data 8 ottobre 2014 e del provvedimento di diniego finale prot. 7396/2014.

Quest’ultimo provvedimento si diffonde in articolate argomentazioni concernenti gli aspetti tecnici dell’installazione e la relativa documentazione, a supporto della tesi dell’illegittimità (per inattualità, ma non solo) del parere rilasciato dall’ARPA, ed afferma anche l’opportunità che anche Telecom utilizzi il sito di (omissis) applicandovi la tecnologia 4G, ma senza menzionare, né formalmente né sostanzialmente, le norme presupposte che imporrebbero tale scelta.

13. D’altro canto, la sentenza di primo grado non è stata appellata nella parte in cui ha dichiarato improcedibile l’impugnazione del provvedimento originario ed ha concentrato la valutazione di merito sul ricorso incidentale e sui motivi aggiunti proposti avverso il provvedimento adottato in esito al riesame disposto con ordinanza di questa Sezione.

L’appello non contesta la pronuncia di inammissibilità del ricorso incidentale, ma si limita a contestare l’accoglimento di quello principale.

In questa prospettiva, l’appello ripropone soprattutto censure che riguardano la validità ed efficacia degli atti dell’ARPA e comunque questioni legate alle caratteristiche tecniche dell’impianto ed al superamento dei limiti di esposizione consentiti dalla legge.

14. Riguardo a dette ultime questioni, quanto affermato dal TAR si sottrae alle censure dedotte, nel senso che:

– il parere dell’ARPA, ai sensi dell’art. 87, comma 4, del d.lgs. 259/2003 (e salvo una diversa costruzione del procedimento da parte delle leggi regionali, di dubbia legittimità e comunque nel caso in esame non sussistente), non è atto presupposto e condizionante il provvedimento autorizzativo del Comune, bensì atto di un procedimento parallelo necessario non per la formazione del titolo edilizio e per l’inizio dei lavori con esso assentiti, bensì esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto (cfr. Cons. Stato, VI, n. 98/2011; n. 7128/2010);

– la verifica del rispetto dei limiti alle emissioni elettromagnetiche, inderogabili a tutela della salute della popolazione, è demandata a tale parere, che deve ormai ritenersi non ritualmente impugnato da parte del Comune.

15. Va poi osservato che il regolamento comunale approvato con deliberazione consiliare n. 13/2013, nel dettare prescrizioni attinenti all’ottimale collocazione territoriale dell’impianto, alla luce delle esigenze di tutela delle aree sensibili, della disponibilità di siti di proprietà pubblica prioritari utilizzabili, dell’opportunità di concentrazione degli impianti in aree idonee, sembra recepire coerentemente i principi che, nel solco della giurisprudenza della Corte Costituzionale, questo Consiglio ha individuato (cfr. riassuntivamente, Cons. Stato, III, n. 2073/2017) riguardo ai limiti ed ai contenuti della potestà regolamentare prevista dall’art. 8, comma 6, della legge 36/2001.

Tuttavia, come è stato anticipato al punto 12, i profili di contrasto rispetto a dette prescrizioni, o a quelle del regolamento comunale e regionale non sono stati adeguatamente ed espressamente indicati nel provvedimento di riesame prot. 7396/2014.

L’unica argomentazione che non si riferisce al parere dell’ARPA o direttamente alle questioni concernenti i limiti di emissione, di cui si è detto, è quella contenuta al punto 3 del diniego, dove si sottolinea che l’impianto in località (omissis) appare idoneo a garantire una copertura adeguata di tutto il territorio comunale, e che pertanto sarebbe logico che Telecom utilizzasse la tecnologia 4G in tale impianto, anziché installarvi l’ormai superata tecnologia 3G per giustificare la necessità dell’ulteriore impianto in località Porta Ternana “aggravando così il territorio comunale e la popolazione con una proliferazione degli impianti”.

Il TAR ha affermato che tale ultima motivazione non è idonea a superare le ragioni espresse da Te. It. a sostegno del persistente interesse per l’installazione dell’impianto in via Porta Ternana

Al riguardo, nell’appello (cfr. § 10.3.), invocando anche il regolamento regionale, si lamenta che le ragioni di Telecom siano insufficienti, non bastando il miglioramento del segnale, ed essendo invece necessario che, senza l’impianto di Porta Ternana, non vi sia copertura.

Può ipotizzarsi che il presupposto implicito della motivazione in esame sia l’applicazione dell’art. 6, comma 3, del regolamento comunale, che prevede la coubicazione preferenziale, e forse anche del comma 1, che prevede la localizzazione preferenziale sulle aree pubbliche individuate come idonee. Dagli atti, tuttavia, non è possibile desumere con certezza se il sito in località (omissis) sia pubblico, e se l’area sia compresa tra quelle idonee.

In ogni caso tali previsioni, a differenza dei divieti a protezione delle aree sensibili di cui al comma 2, per i quali vale il principio giurisprudenziale della necessità che il gestore dimostri che altrimenti non può coprire in modo adeguato il territorio con il proprio segnale, non possono che essere intese, alla luce dei medesimi orientamenti della Sezione circa il punto di equilibrio dei contrapposti interessi, nel senso che le localizzazioni pubbliche o comunque condivise “devono essere preferite” a parità di risultato tecnico operativo, e che quindi è sufficiente un miglioramento del segnale, come sostiene Telecom, per giustificare una installazione nuova su area privata.

In altri termini, mediante il regolamento comunale una localizzazione effettivamente prioritaria può essere imposta con riferimento ad aree sensibili ed alla sottostante esigenza di ridurre (non aumentare) in esse i livelli di esposizione della popolazione, non anche in ragione della mera appartenenza pubblica del sito o di una generica opportunità di concentrazione degli impianti (peraltro, potenzialmente suscettibile di determinare un cumulo di emissioni, pregiudizievole).

16. In definitiva, l’unico profilo che potrebbe sottrarsi alla valutazione di estraneità all’ambito dei poteri comunali con cui il TAR ha sostanzialmente ritenuto illegittimo il diniego, non è stato prospettato nel provvedimento di diniego con adeguato riferimento ad uno stringente parametro normativo ed ai suoi presupposti applicativi; limite al quale non può supplire la formulazione dell’appello, che introduce il riferimento al regolamento regionale, ma inammissibilmente.

Essendo, d’altro canto, evidente che non può essere il giudice amministrativo a riempire i vuoti logico argomentativi dei provvedimenti sottoposti al suo sindacato.

17. In conclusione, l’appello deve essere respinto.

Considerata la complessità della vicenda procedimentale e di alcuni aspetti delle questioni trattate, le spese del grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 luglio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani – Presidente

Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere

Massimiliano Noccelli – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore

Sergio Fina – Consigliere

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