Gli elementi favorevoli sopravvenuti considerati dall’art. 5, comma 5, cit., sono quelli maturati ed introdotti tempestivamente nel procedimento di rinnovo fino al momento di adozione del provvedimento conclusivo, non essendo possibile sindacare la legittimità dell’atto con riferimento a presupposti fattuali che non esistevano o non erano stati debitamente rappresentati all’Amministrazione
Consiglio di Stato
sezione III
sentenza 30 maggio 2017, n. 2585
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 1300 del 2017, proposto da:
Ir. Ko., rappresentata e difesa dall’avvocato Ch. Vi., domiciliato ex art. 25 cod. proc. amm. presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza (…);
contro
Ministero dell’Interno, Questura Brescia, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA – SEZ. STACCATA DI BRESCIA, SEZIONE II, n. 00943/2016, resa tra le parti, concernente diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per insufficienza reddituale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e Questura Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati dello Stato At. Ba.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Si controverte sul diniego di rinnovo di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato scaduto il 30 maggio 2014, adottato dalla Questura di Brescia in data 6 marzo 2015, e motivato con la carenza del requisito reddituale.
2. Il TAR di Brescia, con la sentenza appellata (I, n. 943/2016), ha respinto il ricorso, sottolineando la mancanza di un reddito adeguato e negando rilevanza agli elementi sopravvenuti all’adozione del diniego.
3. L’appellante espone di aver conseguito negli anni precedenti un reddito complessivo di euro 5564,92 (di cui 1177,12 per indennità di disoccupazione) nel 2012, e di euro 2878,83 (di cui 1.303,34 per indennità di disoccupazione) nel 2013 [dagli atti si evince poi che ha percepito euro 2.445,72 nel 2014] e di aver interrotto il lavoro (presso la sig. M.A.) in data 13 marzo 2015 in vista di un’assunzione da parte della sig.ra P.C.E. (presso la quale aveva lavorato dal 2008 al 2012 come badante della madre, e che aveva continuato ad ospitarla gratuitamente), poi non perfezionata a causa della sua necessità di tornare in Ucraina per accudire il padre malato.
4. Sulla base di tali premesse fattuali, prospetta che:
– in realtà, aveva chiesto che la sua posizione fosse valutata sulla base degli elementi esistenti al momento della richiesta di rinnovo e dell’adozione del provvedimento, non sulla base di elementi sopravvenuti;
– il diniego non è adeguatamente motivato poiché non è dato comprendere quali parametri siano stati utilizzati per valutare l’adeguatezza reddituale; a tal fine non può ritenersi vincolante la soglia indicata, ai fini del ricongiungimento familiare, dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. 286/1998, che infatti non viene richiamata dalle disposizioni di cui agli artt. 5 e 9, in tema di rinnovo;
– la Questura avrebbe dovuto considerare la storia lavorativa dell’appellante e le prospettive di lavoro future;
– in ogni caso, in applicazione dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, la Questura avrebbe dovuto considerare l’offerta di lavoro datata 21 marzo 2015, intervenuta prima della notifica del provvedimento di diniego.
5. L’Amministrazione si è costituita in giudizio mediante memoria di stile.
6. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
E’ indubbia la mancanza del requisito reddituale, anche nella prospettiva – invocata dall’appellante ed accolta dalla giurisprudenza consolidata di questa Sezione – di una valutazione non rigidamente ancorata al conseguimento nel pregresso periodo di validità del permesso di soggiorno di redditi non inferiori alla soglia prevista dall’art. 29 del d.lgs. 286/1998, ma comprensiva della capacità reddituale futura desumibile da nuove opportunità di lavoro, se formalmente e tempestivamente documentate (cfr., in ultimo, Cons. Stato, III, n. 1971/2017 e n. 843/2017).
L’appello non smentisce la valutazione compiuta dal TAR.
Come sopra esposto, se nel 2012 il reddito è appena sotto la soglia, nel 2013 e 2014 è ampiamente insufficiente, e fino al marzo 2015, vale a dire fino alle dimissioni dall’ultimo rapporto di lavoro ed all’adozione del provvedimento di diniego, la Questura avrebbe potuto considerare per il 2015 una somma di soli 555,37 euro (come da dichiarazione sostitutiva del CUD dell’appellante).
Tanto, a fronte di una soglia per il lavoro subordinato pari, ex art. 29, cit., a 5577,00 euro per il 2012, 5749,90 euro per il 2013, 5818,93 euro per il 2014 e 5830,76 euro per il 2015.
La proposta di assunzione in data 21 marzo 2015 (alla quale, peraltro, non può attribuirsi in questa sede alcun particolare significato per quanto concerne un eventuale incremento del reddito, in assenza di qualsiasi specifica argomentazione dell’appellante), a prescindere dalla rilevanza della causa che ha impedito di perfezionare subito il rapporto di lavoro, non può assumere rilevanza, in quanto successiva all’adozione del diniego. Semmai, potrà giustificare un eventuale riesame da parte della Questura.
La giurisprudenza di questa Sezione è infatti altresì consolidata nel ritenere che gli elementi favorevoli sopravvenuti considerati dall’art. 5, comma 5, cit., sono quelli maturati ed introdotti tempestivamente nel procedimento di rinnovo fino al momento di adozione del provvedimento conclusivo, non essendo possibile sindacare la legittimità dell’atto con riferimento a presupposti fattuali che non esistevano o non erano stati debitamente rappresentati all’Amministrazione (la quale, perciò, non poteva che prescinderne – cfr., in ultimo, Cons. Stato, III, n. 843/2017 e n. 3694/2017).
7. Considerata la natura della controversia e la consistenza delle difese di controparte, le spese del grado di giudizio possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza) respinge l’appello, come in epigrafe proposto.
Spese del grado di giudizio compensate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani – Presidente
Raffaele Greco – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore
Sergio Fina – Consigliere
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