Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 30 maggio 2017, n. 2587

L’ammissione alla CIG ordinaria presuppone una situazione di temporanea crisi aziendale, non riconducibile a responsabilità dell’imprenditore e rimessa alla valutazione discrezionale, sotto tale profilo, dell’Amministrazione competente. La sussistenza dei presupposti deve essere valutata dall’INPS con un giudizio non ex post ma ex ante, da formulare cioè al momento della sospensione dell’attività

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 30 maggio 2017, n. 2587

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.

sul ricorso numero di registro generale 2586 del 2017, proposto da:

Me. Gi. e Pa. S.n. c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Al. Pr. in Roma, via (…);

contro

INPS, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Vi. St., An. Co., Vi. Tr., con domicilio eletto presso lo studio Vi. St. in Roma, via (…);

nei confronti di

Comitato Amm.re Gestione Prestazioni Temporanee CIG, non costituito in giudizio;

per la riforma

per la riforma della sentenza del T.A.R. Lombardia, sede di Brescia, sezione I n. 57/2017, resa tra le parti, concernente un rigetto di istanza di integrazione salariale per il periodo dal 1 dicembre 2014 al 31 gennaio 2015;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Inps;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Ma. Ca. e Vi. St.;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società odierna appellante ha presentato domande ad INPS di integrazione salariale (CIG) ordinaria, settore edilizia, per il periodo dal 1 dicembre 2014 al 3 gennaio 2015 (domanda in data 17 dicembre 2014), e per il periodo dal 5 gennaio 2015 al 31 gennaio 2015 (domanda in data 13 febbraio 2015).

2. Con note n. 61457342684-6 e n. 61457342683-4 in data 27 marzo 2015, l’INPS ha comunicato che la Commissione Provinciale per la Cassa Integrazione Guadagni aveva respinto le domande, in quanto “La causa manca del requisito della temporaneità non essendo prevista la ripresa dell’attività entro breve termine”.

3. Non avendo ottenuto riscontro dal Comitato Amministratore della Gestione Prestazioni Temporanee dell’INPS, la società ha impugnato le suddette note dinanzi al TAR Brescia, lamentando il difetto di motivazione, la contraddittorietà e l’illogicità dei dinieghi, in quanto:

– la prima domanda indicava, nel quadro D, che la ripresa dell’attività “è prevista”, e nel quadro P che la ripresa era prevista per il 5 gennaio 2014 [errore materiale, da intendersi 5 gennaio 2015], unitamente al tipo di commessa di lavoro relativa all’unità produttiva da aprire e cioè “appalto per conto dei privati” – “Ba. Gi.” – “costruzione palazzina” (mentre a nulla rileverebbe che la ripresa fosse effettivamente avvenuta solo in data 2 febbraio 2015, rendendo necessaria la presentazione della seconda domanda, in quanto il giudizio deve essere prognostico, va formulato ex ante);

– la seconda domanda precisava, nel quadro D, che la ripresa dell’attività “è avvenuta” e nel quadro O indicava la data della ripresa, cioè il 2 febbraio 2015, e il cantiere in cui l’attività era ripresa (“via (omissis)”).

4. Il TAR Brescia, con la sentenza appellata (I, n. 57/2017), ha respinto il ricorso.

A tal fine, il TAR ha premesso che l’ammissione alla CIG ordinaria presuppone una situazione di temporanea crisi aziendale, non riconducibile a responsabilità dell’imprenditore e rimessa alla valutazione discrezionale, sotto tale profilo, dell’Amministrazione competente (ex multis, Cons. Stato, VI, n. 2009/2014) e che la sussistenza dei presupposti deve essere valutata dall’INPS con un giudizio non ex post ma ex ante, da formulare cioè al momento della sospensione dell’attività

Ed ha poi ritenuto che, nel caso in esame (essendo del tutto generica, nella prima domanda, l’indicazione del tipo di commessa relativa all’unità produttiva da aprire; e precisandosi nella seconda domanda che l’attività lavorativa era stata ripresa in data 2 febbraio 2015, mentre la ripresa era durata due sole settimane, atteso che con successive domande del 20 marzo 2015 e del 23 aprile 2015 era stata chiesta la CIG per ulteriori periodi, dal 16 febbraio 2015 al 21 marzo 2015 e dal 23 marzo 2015 al 9 maggio 2015), al momento della valutazione non sussistessero i necessari presupposti, con particolare riferimento alla temporaneità della contrazione o sospensione dell’attività produttiva, per ragioni di natura transitoria ed imprevedibile, non imputabili all’imprenditore e alla ragionevole prevedibilità di una futura ripresa dell’attività lavorativa.

5. Nell’appello, la società prospetta argomenti di censura così sintetizzabili:

– vi è difetto di motivazione, in quanto contrariamente a quanto affermato dal TAR, la prima domanda di integrazione salariale forniva indicazioni in ordine alla commessa di lavoro su cui si basava la ripresa dell’attività lavorativa (Ba. Gi. – costruzione palazzina);

– il verbale di esame congiunto allegato si riferiva alla notoria crisi del mercato immobiliare e non dimostrava una difficoltà di carattere strutturale, peraltro contraddetta dalle fatture di vendita del periodo maggio-settembre 2014 e dal contratto di acquisto del terreno edificabile oggetto dell’appalto, prodotte contestualmente;

– la seconda domanda indicava la ripresa avvenuta, ed a nulla rileva che sia durata due settimane, dato che la valutazione prognostica va fatta al momento della domanda e gli aspetti successivi sono inconferenti;

– peraltro, le successive domande di CIG relative al periodo 16 febbraio-21 marzo e 23 marzo-9 maggio 2013 sono state accolte, così che lo stesso TAR ha accolto la domanda cautelare ritenendo contraddittorio il diniego per il periodo precedente.

6. Si è costituita l’INPS e chiede il rigetto dell’appello.

7. La sentenza appellata – senza considerare la tesi esposta in udienza dall’INPS, secondo la quale per coprire i periodi di stasi tra un cantiere e l’altro, occorrerebbe ricorrere alla disoccupazione speciale edile – merita conferma, in quanto le domande non erano adeguatamente circostanziate e le indicazioni sulla ripresa risultavano sostanzialmente smentite dai fatti sopravvenuti, che comunque connotavano la situazione aziendale e ben potevano essere considerati dall’INPS.

7.1. Infatti, è vero che nella domanda del 17 dicembre 2014 era stato indicato il nome del committente e la costruzione di una palazzina, ma senza riempire gli spazi del quado P destinati alle indicazioni della “durata dei lavori”, della “data rilascio licenza di costruzione” o “data richiesta licenza di costruzione”, necessarie per attribuire consistenza all’asserzione della ripresa lavorativa e consentire all’Amministrazione i necessari controlli.

A tale scopo non poteva supplire il contratto di cessione di terreno edificabile, non risultando agli atti del giudizio elementi sufficienti per collegarlo, sia al nominativo indicato nella prima domanda (Ba. Gi., il quale è uno dei soggetti che hanno stipulato la vendita del terreno edificabile alla società appellante, peraltro per conto della figlia comproprietaria del terreno edificabile, il che non si concilia con il ruolo di “appaltante o committente” attribuitogli nella domanda), sia all’indirizzo del cantiere indicato nella seconda domanda (via (omissis), posto che il contratto di compravendita identificava l’immobile acquistato in (omissis) unicamente attraverso i dati catastali).

Sembra evidente che per una società edilizia l’acquisto di un’area edificabile costituisce attività ordinariamente finalizzata alla costruzione, ma non è agevole stabilire un collegamento tra l’acquisto della disponibilità dell’area e l’apertura del relativo cantiere, dovendo medio tempore intervenire complessi adempimenti, in primis per quanto concerne l’acquisizione dei necessari titoli edilizi (e proprio per questo, nei quadri O e P vengono richieste le relative informazioni, nel caso in esame, come esposto, carenti).

7.2. D’altra parte, come sottolineato anche dal TAR, l’INPS aveva segnalato che la società aveva usufruito di CIG dal 15 ottobre 2012 al 30 novembre 2014, con l’eccezione di alcuni periodi di ripresa attività lavorativa, e che lo stesso verbale di esame congiunto della situazione aziendale sottoscritto con le organizzazioni sindacali in data 27 novembre 2014 precisava che “l’azienda sta faticosamente operando sul mercato cercando di vendere parte del proprio patrimonio immobiliare già costruito e reinvestendo le risorse da esso provenienti in nuove strutture da realizzare. In questo modo ritiene di poter riprendere l’attività di costruzione…”, dimostrando difficoltà di carattere strutturale.

Va aggiunto che, oltre a quel verbale, ce n’è un altro in data 2 gennaio 2015, vale a dire al momento della affermata ripresa dell’attività, che sembra confermare la mancanza attuale di lavori (“Le parti hanno proceduto ad un esame congiunto della situazione aziendale che evidenzia una persistente carenza di commesse di lavoro”).

7.3. Con riferimento ad altre argomentazioni spese dall’appellante per supportare la serietà, al momento delle domande in questione, delle prospettive di ripresa dell’attività, può osservarsi che la documentazione sul periodo successivo dimostra che ci sono stati periodi di attività lavorativa nel 2015 e nel 2016, ma non una continuità; mentre le vendite degli appartamenti effettuate dalla società dimostrano che la società aveva recuperato liquidità, ma non c’è nessuna traccia di reinvestimento in nuovi cantieri (se non, appunto, l’acquisto del terreno edificabile suddetto).

7.4. D’altra parte, la domanda di ulteriori periodi di CIG presentata in seguito, ha dimostrato documentalmente all’INPS che la ripresa dell’attività era durata soltanto pochi giorni.

Se si considera che si sarebbe trattato dell’apertura ex novo di un cantiere, emerge con evidenza che il dato smentiva l’affermazione dell’avvenuta ripresa.

Pertanto, appare tutt’altro che illogico che l’INPS, disponendo di tali informazioni prima di pronunciarsi sulle due domande, abbia tratto le necessarie considerazioni in ordine alla mancanza, in quel momento, di sostanziali prospettive di riavvio delle attività tali da consentire di riscontrare il requisito della temporaneità della crisi aziendale.

7.5. Nessuna rilevanza, infine, assumono le diverse valutazioni svolte dal TAR in sede cautelare, e pertanto in via interinale ed in esito a sommaria valutazione.

8. In conclusione, essendo infondate tutte le censure dedotte, l’appello deve essere respinto.

9. Considerata la natura della controversia, le spese del grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza) respinge l’appello, come in epigrafe proposto.

Spese compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani – Presidente

Raffaele Greco – Consigliere

Massimiliano Noccelli – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore

Sergio Fina – Consigliere

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