Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 23 febbraio 2015, n. 908

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5147 del 2014, proposto dal Comune di Campagnano di Roma, rappresentato e difeso dall’avv. Ma.Ta., con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, Via (…);

contro

Hu. s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Sa., con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, Via (…);

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE II BIS n. 03027/2014, resa tra le parti, concernente revoca concessione in locazione di parte dell’area sita presso il cimitero comunale per l’installazione di una stazione radio base per la telefonia mobile cellulare a servizio del gestore Wind

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Hu. s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2015 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Mo. ed altri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Lazio la società Hu. s.r.l. (in prosieguo di trattazione soc. Hu.) impugnava per dedotti motivi di violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili la delibera della Giunta comunale di Campagnano di Roma n. 94 del 9 maggio 2013 di revoca delle precedente delibera della Giunta medesima n. 148 del 9 agosto 2011, con la quale era stato deliberato di concedere in locazione alla società predetta un’area distinta in catasto al foglio 31, p.lle 118 e 119, della superficie di circa mq. 25, ubicata nei pressi del cimitero comunale, ai fini dell’installazione di una torre faro per l’illuminazione da destinarsi a installazione di una stazione radio base della soc. Wind.

In ottemperanza di ordinanza cautelare propulsiva del T.A.R. n. 3583 del 2013 – che aveva riscontrato la genericità della motivazione dell’atto di revoca – il Comune di Campagnano confermava la pronunzia di ritiro.

Con motivi aggiunti la soc. Hu. insorgeva avverso la determinazione di conferma.

Con sentenza in forma semplificata n. 5147 del 2014 il T.A.R. adito accoglieva il ricorso.

Statuiva in particolare il T.A.R.:

“-che la D.G.C. n. 187/2013, assunta su ordine del riesame disposto da questa Sezione con ordinanza 19.9.2013 n. 3583 e impugnata dalla società ricorrente con motivi aggiunti, non supera le carenze motivazionali della D.G.C. n. 94/2013, già riscontrate dal Giudice, e ripropone una valutazione negativa di impatto ambientale che, comunque, deve essere correttamente attribuita alla sfera di competenza regionale”;

– “che la Regione Lazio ha rilasciato l’ autorizzazione paesaggistica per l’esecuzione del progetto presentato dalla società ricorrente e che l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (A.R.P.A. Lazio) ha espresso in merito giudizio favorevole ai fini della tutela dell’ambiente”.

Rilevava, inoltre, la “non riscontrabilità di danni risarcibili in fattispecie, considerato sia che parte ricorrente non fornisce una puntuale specifica del pregiudizio subito, sia che l’intervento del Giudice in sede cautelare ha inibito gli ulteriori effetti negativi della determinazione contestata”.

Avverso la sentenza del T.A.R. ha proposto appello il Comune di Campagnano e a contestato le statuizioni del primo giudice insistendo, anche in sede di note conclusive, nella legittimità dei provvedimenti adottati.

Resiste la soc. Hu. che ha contraddetto i motivi di gravame, riproposto i motivi non esaminati dal T.A.R. e impugnato in via incidentale la statuizione di rigetto della domanda risarcitoria.

All’udienza del 22 gennaio 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. L’appello è fondato.

2.1. L’odierno contenzioso investe un provvedimento che dispone in ordine a un bene appartenente al patrimonio del Comune di Campagnano di Roma e viene assegnato per porzione individua in uso esclusivo ad un soggetto privato per l’esercizio di attività di telecomunicazione mobile.

In tale ipotesi la scelta limitativa dell’uso generale del bene, nella specie destinato a parcheggio al servizio del cimitero comunale, si raccorda a un ampia sfera di discrezionalità dell’ente concedente – con riguardo sia all’ an che al quomodo – ed il provvedimento adottato si caratterizza per motivazione libera, quanto all’apprezzamento degli interessi di rilievo pubblico coinvolti nella singola fattispecie, a fronte di quelli del privato che ambisce a ottenere l’uso esclusivo del bene pubblico.

Ciò posto il provvedimento di revoca oggetto di impugnativa è intervenuto a seguito di un più attento e ponderato esame dell’originario atto concessivo, alla luce dei limiti sulle modalità esecutive dell’intervento derivanti dai pareri rilasciati, per quanto si rispettiva competenza, dall’ A.R.P.A. Lazio l’ 11 agosto 2011 e dalla Regione Lazio il 21 marzo 2013.

Il parere dell’ A.R.P.A. dettava, in particolare, prescrizioni volte ad interdire al pubblico l’ accesso nelle “aree immediatamente circostanti le aree radianti”, mentre l’autorizzazione paesaggistica dalla Regione, pur di segno positivo, restava condizionata alla realizzazione di un’aiuola alla base del palo “in spessore e dimensioni tali da essere visibile in fase di circolazione veicolare e non”, nonché alla schermatura degli apparati posti su un manufatto annesso con il “prolungamento della muratura esistente”. La Regione riservava, inoltre, al Comune ogni altro controllo sulla conformità urbanistico/edilizia dei lavori, nonché sul rispetto di ogni vincolo di diversa natura.

Diversamente da quanto statuito dal T.A.R. nella sentenza impugnata, il parere rilasciato dalla Regione Lazio non esauriva in toto la sfera di discrezionalità del Comune di Campagnano in ordine all’impatto ambientale della struttura di telecomunicazione, in presenza anche di prescrizioni della Regione additive all’originario progetto oggetto di approvazione.

Non risultava, quindi, inibita una valutazione del Comune di carattere estetico – aspetto che è peculiare all’utilizzo a scopi edificatori del territorio – correlata alla presenza a poche decine di metri dall’area di intervento di una chiesa dell’ XI secolo, nonché un riesame della consistenza strutturale dell’impianto per l’obbligo imposto dalla Regione di realizzare opere in muratura a schermatura degli apparati.

Su tali aspetti si è, quindi attestata la definitiva e conclusiva valutazione del Comune circa l’opportunità di consentire su un’ area di proprietà pubblica l’ installazione della torre faro.

Il giudizio espresso – che si raccorda all’ampia sfera di discrezionalità in ordine all’utilizzo del patrimonio comunale – non è sindacabile nel merito. Tantomeno esso si configura irragionevole, in relazione ai presupposti presi in considerazione (impatto ambientale e consistenza strutturale dell’intervento), ed in ogni caso trova giustificazione nella riconosciuta preminenza dell’uso pubblico dell’area medesima, destinata a parcheggio, su quello esclusivo ambito dalla soc. Hu..

3. Sono infondati gli ulteriori motivi di legittimità articolati dalla soc. Hu., non esaminati dal T.A.R. e riprodotti in appello.

3.1. La delibera di Giunta n. 187 del 2013 non è elusiva del provvedimento cautelare del T.A.R. n. 3583 del 2013. L’ordinanza del primo giudice imponeva, in via propulsiva, il riesame del provvedimento di revoca del 9 maggio 2013 per “genericità della motivazione del medesimo”. A ciò ha provveduto il Comune appellante adottando una nuova determinazione che – non diversa nel dispositivo rispetto alla precedente in assenza di vincolo sull’esito del procedimento riconducibile all’ordinanza cautelare – è stata corredata da un’ampia disamina dei presupposti del provvedere e delle ragioni giustificative, su cui poi si sono innestate le contestazioni in ricorso della soc. Hu..

3.2. Non può ricondursi al dictum di cui al punto 6) del dispositivo della delibera n. 187 del 2013, di procedere alla “conferma (del) la revoca della delibera di G.M. n. 148 del 10.08.2011”, la qualificazione come atto meramente confermativo del provvedimento adottato in adempimento dell’ordinanza del T.A.R. n. 3583 del 2013 e, quindi, elusivo del giudicato derivante dall’ordinanza cautelare impositiva del riesame del primo atto di revoca del 10 agosto 2011.

L’atto di mera conferma ricorre nei casi in cui l’ Amministrazione si sia limitata, sul piano strettamente ricognitivo, al riscontro di avere provveduto in ordine a un determinato affare o oggetto. Quando invece – come nel caso di cui è controversia – sia stato rinnovato l’esame dei presupposti del provvedere, si versa a fronte di un nuovo esercizio del potere, cui segue l’adozione di una atto che, anche se emesso a conferma del provvedimento oggetto di riesame, ha natura provvedimentale e non si identifica con l’atto confermato.

3.3. Il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà non è deducibile avverso gli atti emessi in esercizio del potere di autotutela della P.A., cui sul piano funzionale è peculiare l’adozione, per riscontrati vizi di legittimità o per ragioni di opportunità, di statuizioni di segno diametralmente opposto rispetto a quelle oggetto di riesame.

3.4. La mancata previsione nel provvedimento di revoca dell’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 non esplica di per sé – per concorde giurisprudenza – effetto viziante dell’atto, mentre il privato resta legittimato ad azionare la pretesa indennitaria con onere di provare estremi e presupposti della lamentata perdita patrimoniale (Cons. St., Sez. III, n. 833 del 16 febbraio IV, n. 689 del 9 febbraio 2012). Resta fermo che l’indennizzo previsto dal richiamato art. 21 quinquies presuppone la sopravvenienza di motivi di interesse pubblico o il mutamento della situazione di fatto che giustifichino il ritiro nell’atto, mentre nel caso di specie il provvedimento di revoca ha accertato ab origine l’incompatibilità della torre di telecomunicazione con il sito di insediamento.

3.5. Quanto alla lamentata violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 il riesame della delibera n. 94 del 2013 è stato disposto su impulso dell’ordinanza cautelare del T.A.R. per il Lazio n. 3583 del 2013. La società Hu., parte in giudizio, era quindi pienamente edotta dell’attivazione del procedimento ai fini di ogni eventuale interlocuzione. Nessun avviso di inizio dello stesso doveva essere inoltrato da parte dell’ Amministrazione obbligata iussu iudicis a procedere al riesame.

4. Alla riconosciuta legittimità delle delibere impugnate in primo grado segue l’inammissibilità della domanda risarcitoria riproposta dalla soc. Hu. con appello incidentale.

Per le considerazioni che precedono l’appello va accolto e, per l’effetto, va respinto il ricorso proposto in primo grado dalla soc. Hu..

In relazione ai profili della controversia spese e onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti per i due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso in primo grado proposto dalla soc. Hu..

Compensa fra le parti spese e onorari per i due gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo – Presidente

Bruno Rosario Polito – Consigliere, Estensore

Dante D’Alessio – Consigliere

Silvestro Maria Russo – Consigliere

Alessandro Palanza – Consigliere

Depositata in Segreteria il 23 febbraio 2015

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