Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 2 ottobre 2015, n. 4612

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8933 del 2009, proposto da De.Ro. ed altri (…), rappresentati e difesi dagli avv. Ma.Ce. e Al.Pe., con domicilio eletto presso il secondo in Roma, Via (…);

contro

– Comune di Padova ed altri (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA: SEZIONE II n. 01629/2009, resa tra le parti, concernente provvedimenti concernenti la realizzazione stazione di una base per telefonia mobile

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Te. s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il Cons. Bruno Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Fe. ed altri (…);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Nell’agosto.2007 Te. s.p.a. (in prosieguo di trattazione Te.) presentava al Comune di Padova denunzia di inizio di attività (DIA) per l’installazione di una stazione radio-base per telefonia cellulare in via Cavalletto n. 9 – in zona in cui non era prevista dal piano di localizzazione del 2006/2007 la collocazione di antenne – corredata da una relazione tecnica e parere reso dall’ARPAV il 18.10.2006. Era prevista l’ installazione degli impianti tecnologici in un locale adibito a garage e la collocazione dell’antenna sul tetto di un vicino fabbricato.

Decorso il termine di novanta giorni senza che fosse intervenuta pronunzia esplicita del Comune Telecom con nota del 6.11.2007 dava comunicazione al Comune di Padova dell’ inizio dei lavori, ritenendo formato il silenzio-assenso sull’istanza.

Contro l’ atto di implicito di assenso insorgevano, con ricorso rubricato al n. 216 reg. gen. 2008, il sig. De.Ro. e altri litisconsorti, tutti cittadini residenti nei pressi dell’area di ubicazione della menzionata stazione radio-base, riconducendo la propria legittimazione al fatto di essere esposti a radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza e bassa intensità.

A sostegno del gravame essi deducevano, in particolare, che l’amministrazione era tenuta ad emettere un provvedimento esplicito (per via della prevista esclusione delle antenne in zona centrale); che non si è formato un atto autorizzativo implicito, perché il settore ambiente aveva comunicato al settore edilizia privata il suo avviso contrario (il 20.08.2007); che l’istanza non era stata pubblicizzata ed essi residenti non avevano potuto partecipare al procedimento; che l’autorizzazione è soggetta ad un previo controllo sul rispetto sugli standard di emissione; che il garage che ospita gli impianti è abusivo e non condonato.

Il settore edilizia privata del Comune, a seguito di sopralluogo effettuato il 15.02.2008 – con nota del 28.03.2008 – comunicava alla proprietaria del locale su indicato e alla Te. l’avvio del “del procedimentoper opere edilizie abusive”, sul presupposto che il manufatto a carattere pertinenziale (costituito da due locali dei quali l’uno originariamente adibito a garage e l’altro tuttora avente tale destinazione) era stato eretto in assenza di titolo abilitativo edilizio. Con la stessa nota si comunicava l’avvio anche del procedimento per l’annullamento del titolo abilitativo inerente alla stazione radio, essendo la DIA basata su presupposti carenti. Seguiva il provvedimento n. 277714 del 15.10.2008, con il quale, richiamate le osservazioni di Te. (dove si faceva presente, tra l’altro, che il manufatto risale ad epoca anteriore al 1967) e del “comitato via Cadorna”, era annullato il silenzio-assenso di cui sopra, affermandosi che il manufatto è situato nel centro storico e che l’interesse pubblico deve ritenersi in re ipsa. Contestualmente Telecom Italia era diffidata a disattivare e rimuovere l’impianto di telefonia mobile. Alla ditta proprietaria dell’immobile, in considerazione della natura pertinenziale del manufatto ritenuto abusivo, era irrogata una sanzione pecuniaria di Euro 19.227,00.

Contro tali determinazioni insorgeva Te. S.p.A. con il ricorso rubricato al n. 2696 reg. gen. 2008, deducendo motivi di violazione dell’art. 21 – nonies della legge n. 241 del 1990 poiché, nella fattispecie, non sussistevano i presupposti per l’annullamento in autotutela del titolo abilitativo formatosi per silentium; violazione degli art. 86 e 87 del D.Lgs. n. 259 del 2003 ed eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, assumendosi che l’istanza di autorizzazione era stata presentata nel rispetto del procedimento disciplinato nelle norme invocate, che non prescrivono che il richiedente debba dimostrare la conformità urbanistica dell’immobile destinato a ospitare gli impianti; violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per contraddittorietà sul rilievo che, con misura contraddittoria e sproporzionata, con l’irrogazione della sanzione pecuniaria al responsabile dell’abuso edilizio, si consente il mantenimento dell’immobile mentre si annulla il titolo conseguito da essa Te.; eccesso di potere per contraddittorietà e sproporzione, poiché oltre alla rimozione degli impianti situati nel garage, si ordina anche la rimozione dell’antenna, che è posizionata altrove; violazione degli art. 3 e 21 – nonies ed eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione, non sussistendo contrasto con lo strumento urbanistico, né su tale presupposto l’amministrazione ha basato il provvedimento, sottraendosi ad un preciso onere di motivazione; violazione degli art. 38 d.P.R. n. 380 del 2001 e della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere ; violazione dell’art. 87 citato e dell’art. 38 del T.U. edilizia e ancora eccesso di potere, sul rilievo che la disposta rimozione dell’impianto, avendo questo una funzione tecnologica, è in contrasto con la normativa edilizia vigente, essendo l’installazione soggetta solo a DIA., il che comporta l’applicazione delle sanzioni pecuniarie in caso di abuso.

Il provvedimento di annullamento del silenzio-assenso (con contestuale ordine di rimozione della SRB e irrogazione della sanzione pecuniaria alla De F.) era impugnato con ricorso rubricato al n. 17 del reg. gen. 2009, anche da alcuni dei residenti autori del primo ricorso, assumendone l’illegittimità nella parte in cui non impartisce l’ordine di demolizione dei manufatti abusivi in luogo della sanzione pecuniaria.

Con sentenza n. 1629 del 2009 il T.A.R. adito, disposta la riunione dei tre ricorsi, dichiarava improcedibile il ricorso n. 216/2008, essendo venute meno le ragioni del contendere a seguito dell’annullamento in via di autotutela del titolo abilitativo tacito all’installazione dell’antenna per la telefonia mobile e accoglieva il ricorso n. 2696/2008, proposto da Te. contro il provvedimento del Comune di Padova n. 277714 del 15.10.2008, per violazione degli art. 21 octies e 21 nonies della legge n. 241/90, recanti le regole-base che presiedono all’annullamento d’ufficio degli atti amministrativi, con particolare riguardo alle ragioni di interesse pubblico giustificative dell’atto di ritiro.

Dichiarava l’improcedibilità anche del ricorso n. 17/2009 essendo rimasta la relativa impugnativa priva di oggetto.

Avverso la sentenza del T.A.R. hanno proposto ricorso il sig. De.Ro. egli altri litisconsorti indicati in epigrafe che hanno contraddetto le conclusioni del T.A.R. e insistito, anche in sede di note di udienza nei motivi articolati in prime cure.

Resiste Telecom che ha contrastato i motivi di impugnativa e chiesto il rigetto dell’appello.

All’udienza del 2 luglio 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. L’eccezione di difetto di legittimazione degli odierni appellanti a gravarsi contro gli atti che hanno costituito titolo all’installazione della stazione radio base di telefonia mobile, formulata da Te., va disattesa.

E’ invero pacifico in giurisprudenza che i soggetti stabilmente insediati sulla porzione territorio su cui ricadono iniziative modificative del suo assetto o che si riflettano sulle condizioni di ambiente, di igiene o di salubrità dei luoghi, sono legittimati ad impugnare gli atti reputati in contrasto con disposizioni (nella specie regolamento sullo sviluppo della rete di telefonia mobile e disposizioni sull’ utilizzo a tal fine di manufatti edilizi) che dettano limiti sul corretto utilizzo del territorio e che si reputano in danno delle posizioni di interesse legittimo dei residenti.

2. Con il primo mezzo gli appellanti fondatamente contestano la statuizione della sentenza appellata che ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in ordine al ricorso in prime cure rubricato al n. 216 reg. gen. 2008, per avere il Comune di Padova annullato in via di autotutela il titolo abilitativo tacito all’installazione della stazione radio base (punto 2 della sentenza del T.A.R. appellata).

Il primo giudice, invero, con la medesima decisione ha poi annullato il provvedimento di autotutela. Ciò ha comportato la reviviscenza dell’atto abilitativo tacito e, in conseguenza, la riemersione dell’interesse alla decisone del ricorso n. 216 del 2008 recante i motivi di legittimità sviluppati contro il silenzio assenso.

Diversamente da quanto dedotto da Telecom Italia, una volta sopravvenuto l’interesse alla decisione del ricorso n. 216 del 2008, gli stessi motivi – già rientranti nell’economia del giudizio che vedeva la riunione di tutti e tre i ricorsi concernenti l’installazione dell’antenna di telefonia mobile in via (…) – dovevano essere riproposti dal sig. De.Ro. e dagli altri litisconsorti con una nuova e separata impugnativa e tantomeno in via incidentale nel ricorso n. 2696 del 2008, introdotto da Telecom contro il provvedimento comunale di autotutela.

2.1. Sono infondati i motivi con i quali si assume l’esistenza di condizioni ostative alla formazione del silenzio assenso sulla domanda di Telecom Italia per l’installazione di una stazione radio-base per telefonia cellulare in via (…).

La domanda di autorizzazione all’ installazione dell’ impianto di telefonia mobile è stata presentata il 7 agosto 2007. Non avendo l’amministrazione adottato alcune esplicita statuizione il silenzio assenso, per il decorso del termine ei 90 giorni previsto dall’art. 87, comma 9, del D.Lgs. n. 259 del 2003, si era formato il 6 novembre 2007.

Alla predetta data il piano del Comune di Padova per lo sviluppo della rete di telefonia mobile nel relativo territorio era stato annullato con sentenza del T.A.R. Veneto n. 1800 del 30 maggio 2007 venendo, quindi, meno l’atto di pianificazione recante previsioni ostative alla localizzazione dell’impianto.

L’ulteriore ordine argomentativo sviluppato in appello – con richiamo agli indirizzi segnati dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 303 del 2007), dal Parlamento europeo (risoluzione del 2 aprile 2009, e da talune decisioni di questo Consiglio di Stato, in ordine all’ampiezza del potere di pianificazione degli enti locali nella materia de qua- non fa recedere la situazione in fatto e diritto esistente la momento della formazione del silenzio assenso, caratterizzata, per effetto dell’annullamento del T.A.R., dall’assenza di previsioni regolamentari impeditive della localizzazione dell’antenna nel sito prescelto da Telecom Italia

2.2. Né la formazione del silenzio assenso restava preclusa dall’avviso negativo del Capo del Settore Ambiente del Comune di Padova in ordine all’installazione dell’ antenna, trattandosi di parere di un organo chiamato a intervenire in via consultiva nel procedimento, che non interrompe il termine assegnato per l’adozione del provvedimento finale e tantomeno identifica detta statuizione.

Quanto all’ affermata necessità di convocare una conferenza di servizi per l’esame della domanda di autorizzazione, l’ art. 87 comma 6, del D.Lgs. n. 259 del 2003 prevede detta convocazione nel caso in cui una delle amministrazioni interessate dal rilascio del titolo autorizzatorio abbia espresso motivato dissenso. Siffatta evenienza non ricorre nel caso di specie ove si consideri che il parere negativo cui in precedenza è stato fatto richiamo si riconduce ad organo del Comune di Padova e si imputa, quindi, alla medesima amministrazione che deve rilasciare l’autorizzazione all’installazione della stazione radio base.

2.3. Ugualmente non è impeditiva della formazione del silenzio la mancata pubblicazione della domanda di autorizzazione.

Si tratta, invero, di adempimento che l’art. 87, comma 4, del D.Lgs. n. 259 del 2003 assegna allo sportello locale competente a provvedere. La sua omissione concorre a qualificare l’inerzia del’ amministrazione all’adozione del provvedimento espresso entro il termine di legge, alla cui consumazione segue la formazione del silenzio assenso sull’istanza del privato.

2.4. Sempre a impedimento della formazione del silenzio assenso è dedotta la produzione da parte di Telecom Italia di parere dell’ ARPA sulla compatibilità delle emissioni radioelettriche dell’impianto radio base rilasciato prima (18 ottobre 2006) e non dopo la presentazione della domanda di autorizzazione (7 agosto 2007), non attualizzato, inoltre, alla situazione esistente al momento della formazione del tacito assentimento (possibile elevazione dell’inquinamento elettromagnetico e mutamento della situazione abitativa circostante).

Osserva il collegio che il perfezionamento in forma tacita del procedimento di autorizzazione può trovare ostacolo per l’assenza di condizioni essenziali all’accoglimento della domanda, quali l’assoluta incompatibilità dell’ intervento con il sito a ciò destinato, l’aver adito organo incompetente, ovvero il difetto di legittimazione di chi ha formulato la domanda. Supposti vizi afferenti al contenuto dell’atto, ovvero alle regole procedimentali da osservarsi per la sua adozione, non impediscono la formazione del silenzio assenso, ma danno ingresso alla domanda di annullamento ad iniziativa del terzo interessato, ovvero all’esercizio del potere di autotutela da parte dell’ Amministrazione che ho omesso di concludere il procedimento con un provvedimento esplicito.

Peraltro, quanto al merito del motivo, lo scostamento temporale fra il momento dell’accertamento tecnico e l’assenso all’impianto è contenuto entro limiti ragionevoli, mentre è dedotto in via del tutto ipotetica il mutamento medio tempore dell’assetto edilizio circostante l’antenna e l’attivazione, nell’intervallo temporale, di nuovi impianti, con incremento delle emissioni radioelettriche oltre gli standard di tollerabilità, peraltro non comprovato dagli odierni appellanti.

2.5. Uguali considerazioni valgono quanto alla dedotta preclusione alla formazione del silenzio assenso collegata al carattere abusivo del vano adibito a garage destinato ad accogliere apparecchiature a supporto dell’antenna, trattandosi di accertamento incidentale sulla conformità urbanistica dei manufatti su cui è installato l’impianto di telecomunicazione che – in relazione agli obblighi di documentazione posti a carico del gestore di telefonia dall’allegato 13 al D.Lgs. n. 259 del 2003 – non si configura come essenziale all’interno del procedimento autorizzatorio disciplinato dall’art. 87 del D.Lgs. predetto.

3. I ricorrenti contestano, inoltre, il capo della sentenza del T.A.R. che ha dichiarato illegittimo il provvedimento del Comune di Padova di annullamento del silenzio assenso formatosi sulla domanda di autorizzazione di Telecom, in relazione alla mancata esternazione da parte dell’ Amministrazione – in osservanza a quanto prescritto dall’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 – del prevalente interesse di rilievo pubblico al ritiro dell’atto in raffronto al contrapposto interesse di Te. alla conservazione dell’impianto.

Negano, in sintesi, ogni consolidamento di situazioni soggettive in capo a Telecom, stante il tempestivo esercizio della potestà di autotutela ed escludono, inoltre, ogni valido affidamento del gestore di telefonia mobile sull’ iniziativa intrapresa, a fronte di una non adeguata rappresentazione dei manufatti pertinenziali all’impianto, che faceva presumere la legittimità degli stessi, aspetto cui il provvedimento di autotutela del Comune ha ricondotto l’esistenza in re ipsa dell’interesse pubblico all’annullamento del silenzio assenso.

Il motivo non va condiviso.

Il consolidamento delle situazioni soggettive del soggetto destinatario del provvedimento di autotutela va apprezzato non solo con riguardo al fattore tempo, e cioè il periodo intercorrente fra la formazione del silenzio assenso (6 novembre 2007) e l’adozione del provvedimento di autotutela (15 ottobre 2008), ma anche in relazione agli oneri economici affrontati dall’interessato per la realizzazione dell’impianto e alla sua destinazione al servizio di telefonia.

Nella specie non è in discussione che alla data del 15 ottobre 2008 l’impianto fosse stato portato a compimento confidando sul tacito assentimento. Si imponeva, quindi, uno specifico apprezzamento da parte dell’ Amministrazione sulla prevalenza dell’interesse di rilievo pubblico alla rimozione dell’ impianto, tenuto conto del suo inserimento nella rete di telefonia mobile gestita da Te., la cui fornitura l’art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 259 del 2003 qualifica di preminente interesse pubblico.

Quanto all’esclusione di ogni affidamento di Telecom sull’ esito positivo del procedimento di assenso all’installazione dell’impianto, si è già posto in evidenza che la società interessata non era tenuta a munirsi dei titoli edilizi a suo tempo rilasciati ad un soggetto terzo per la realizzazione del manufatto da porsi al servizio dell’ antenna di telefonia e a introdurli nel procedimento autorizzatorio disciplinato dall’art. 87 del D.Lgs. n. 259 del 2003, fermo in ogni caso il potere del Comune di Padova – quale ente preposto al controllo delle sviluppo edilizio e urbanistico del territorio – di porre in essere d’ufficio, ove ritenuto opportuno, ogni controllo di conformità.

A sostegno delle necessità di una puntuale motivazione sulle prevalenti ragioni di interesse pubblico che hanno mosso il Comune all’esercizio del potere di autotutela milita, inoltre, la circostanza che nei confronti del manufatto di modeste dimensioni destinato ad accogliere apparati tecnologici al servizio dell’antenna di trasmissione è stata applicata la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001. La mancata rimozione della struttura rendeva, pertanto, compatibile la collocazione al suo interno degli apparati di telefonia cellulare, che la stessa amministrazione non ha ritenuto ostativa alla destinazione pertinenziale della struttura medesima. Correttamente Telecom pone al riguardo in rilievo che la regolarizzazione dell’abuso veniva a privare di ragionevole giustificazione la rimozione degli apparati e a maggior ragione dell’antenna installata su una porzione di fabbricato in ordine alla quale non era stata sollevata alcuna contestazione sul piano urbanistico ed edilizio.

3.1. Un volta accertata l’assenza delle prevalenti ragioni di interesse pubblico, che l’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 eleva a presupposto non eludibile per l’adozione del provvedimento di annullamento d’ufficio, possono essere assorbiti – per difetto di interesse alla decisione – i motivi con i quali si denunciano profili di illegittimità del titolo di tacito assenso alla realizzazione della stazione radio base, ritenuti dai ricorrenti idonei a giustificare l’adozione del provvedimento di ritiro, con specifico riferimento al carattere abusivo del manufatto di allocazione di apparecchiature a supporto dell’ antenna.

3.2. Da ultimo i ricorrenti rinnovano le doglianze, articolate con il terzo ricorso proposto avanti al T.A.R. (n. 17 reg. gen. 2009), volte a negare la natura pertinenziale del manufatto contenente le apparecchiature con obbligo, in conseguenza, di irrogare la misura demolitoria prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 in luogo di quella pecuniaria.

Come illustrato dal T.A.R. il procedimento di autorizzazione disciplinato dall’art. 87 della legge n. 259 del 2003 investe l’impianto di telecomunicazione nel duplice profilo della sua compatibilità sia alla regole sui limiti di esposizione, valori di attenzione, obiettivi di qualità di cui alla legge n. 36 del 2001 e provvedimenti attuativi, sia alle disposizioni urbanistico/edilizie relative alla zona di installazione.

Il consolidamento del silenzio assenso formatosi ai sensi del’art. 87, comma 9, copre entrambi gli aspetti e, quindi, anche l’utilizzo a supporto dell’impianto del manufatto pertinenziale; ciò priva di interesse alla contestazione il motivo con il quale si censura il potere sanzionatorio esercitato dal Comune onde ottenere, in via strumentale, la rimozione dell’impianto.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va respinto.

Il relazione ai particolari profili della controversia spese e onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani – Presidente

Bruno Rosario Polito – Consigliere, Estensore

Dante D’Alessio – Consigliere

Massimiliano Noccelli – Consigliere

Alessandro Palanza – Consigliere

Depositata in Segreteria il 2 ottobre 2015.

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