Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 30 settembre 2015, n. 4577

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 135 del 2014, proposto dal Comune di Baiano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. An.Na., con domicilio eletto presso il Dott. Mi.D’A. in Roma, Via (…);

contro

Vo., già Vo. s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Ge.Be., con domicilio eletto presso la Segreteria della III^ Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza (…);

per la riforma

della sentenza n.1050/2012 del 14.2.2013, pubblicata in data 8.5.2013, resa dal T.A.R. CAMPANIA – SEZ. STACCATA DI SALERNO, SEZIONE II^,

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Vo.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2015 il Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti gli Avvocati An.Na. e Ge.Be.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I. In data 29.12.2011 la Vo. (d’ora in poi denominata semplicemente “Vo.”) chiedeva al Comune di Baiano il rilascio del titolo abilitativo (permesso di costruire) per la realizzazione di una “stazione radio base” (impianto con potenza in antenna superiore a 20 Watt) presso la Stazione Ci. di Baiano.

Con nota prot. n.688 del 24.1.2012 il competente Ufficio tecnico del Comune esprimeva parere negativo; ed in pari data, con nota prot. n. 697/2012 l’Amministrazione comunale trasmetteva alla società richiedente il preavviso di rigetto.

Il preavvisato diniego era basato – conformemente al parere negativo – sulla circostanza, ritenuta dirimente e preclusiva, che l’impianto sarebbe venuto a ricadere entro una fascia di “territorio urbanizzato” e, in particolare, a meno di cento metri dalla Villa comunale entro cui è ubicato un parco giochi per minori. Dunque nell’ambito di una c.d. “area sensibile” ove – secondo il Comune – l’installazione di ‘stazioni radio base’ è vietata.

Con nota assunta al protocollo dell’Amministrazione in pari data (24.1.2012), la Vo. rappresentava di aver diritto di ottenere l’autorizzazione richiesta, al fine di assicurare – in conformità al pubblico interesse – la ‘copertura minima’ del servizio pubblico nella zona.

Conseguentemente comunicava la sua intenzione di iniziare senza indugio i lavori per la realizzazione dell’impianto in questione.

Ma con nota prot. n.732 del 25.1.2012 l’Amministrazione comunale diffidava la Vo. dal dare inizio ai lavori; e con nota prot. n.957 dell’1.2.2012 (recapitata in data 8.2.2012) le comunicava di aver avviato il procedimento per la rimozione di quanto eventualmente realizzato e per il ripristino dello stato dei luoghi.

Con le citate note l’Amministrazione ribadiva che il diniego da Essa opposto era basato sul divieto di ubicazione degli impianti nelle immediate vicinanze di “aree sensibili”; ed aggiungeva che, comunque, la Vo. aveva omesso, oltretutto, di produrre un valido titolo attestante la proprietà dell’area o altro titolo equipollente.

II. Con ricorso n. RG 508/2012, notificato il 28.3.2012 (e depositato l’11 aprile successivo), la Vo. impugnava innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Sezione Staccata di Salerno, i seguenti atti:

– la nota prot. n.732 del 25.1.2012, recapitata il 2.2.2012, con cui il Comune aveva diffidato l’interessata dal dare inizio ai lavori;

– la nota prot. 957 dell’1.2.2012 con cui il Comune aveva comunicato l’avvio del procedimento volto alla rimozione di quanto eventualmente realizzato ed alla rimessa in pristino stato dei luoghi;

– la delibera di CC n.13 del 28.7.2005 con la quale il Consiglio comunale aveva approvato il Regolamento locale per la telefonia mobile;

– ed il predetto Regolamento (in particolare, l’art.3).

In pendenza del predetto giudizio il Comune adottava l’ordinanza n.7/2012 con cui ingiungeva alla Vo. di rimuovere l’impianto e di ripristinare lo stato dei luoghi.

Con ricorso per motivi aggiunti (incardinato nel giudizio introdotto con il già menzionato ricorso n.508/2012) la Vo. impugnava anche tale provvedimento sopravvenuto.

III. Dopo la notifica del ricorso sopra indicato, con determina prot. 2891 del 5.4.2012 (spedita con r.a.r., recapitata il 16.4.2012) il Comune di Baiano comunicava alla Vo. il definitivo rigetto della sua istanza.

IV. Sicchè, con ricorso n.926/2012, notificato il 14.6.2012, quest’ultima impugnava innanzi al medesimo T.A.R. anche tale sopraggiunto (e definitivo) provvedimento di diniego e gli atti ad esso connessi (parere negativo espresso dall’Ufficio e preavviso di rigetto, contenuti – rispettivamente e come già esposto – nelle note prott. n.688 e n. 697 del 24.1.2012), chiedendone l’annullamento per le conseguenti statuizioni conformative e di condanna.

V. In accoglimento del ricorso n. 926/2012, con sentenza n.1893 del 2012, depositata il 19.10.2012, il T.A.R. adìto ha annullato (previa disapplicazione dell’art. 3 del Regolamento comunale per la telefonia mobile) la determina n.2891 del 5.4.2012, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

V. E con sentenza n.1050 del 14.2.2013, depositata l’8.5.2013, ha altresì annullato gli atti e provvedimenti impugnati con il ricorso n.508/2012.

VI. Con l’appello n.666/2013, il Comune di Baiano ha impugnato la sentenza n.1893/2012.

VII. Con l’appello in esame (n.135/2014), il Comune di Baiano ha altresì impugnato la sentenza n.1050/2013 e ne chiede l’annullamento o la riforma, per la conferma del provvedimento di diniego impugnato dalla società interessata

Il Comune si duole dell’asserita ingiustizia della sentenza appellata, e lamenta, al riguardo, carenza di istruttoria ed insufficiente motivazione, nonché violazione degli artt.3 ed 8 del Regolamento comunale per l’insediamento di impianti di telecomunicazione, deducendo che i primi Giudici:

– hanno erroneamente equiparato il generico divieto di installazione di ‘stazioni radio base’ in area urbana, al differente e più specifico divieto (di cui all’art.3 del citato Regolamento) di installare tali impianti in aree occupate da case di cura, scuole ed installazioni ricreative per l’infanzia o in aree adiacenti; e non hanno considerato che il piazzale della stazione (ove andrebbe ad insistere l’impianto) si trova a meno di cinquanta metri dall’accesso alla villa comunale e dal parco ricreativo destinato allo svago dei minori;

– hanno erroneamente ritenuto che il c.d. “contratto di ospitalità” concluso tra la Vo. e la società Ci. s.r.l. sia equipollente al titolo di proprietà dell’area sulla quale posizionare gli impianti;

– non hanno tenuto in giusta considerazione il fatto che la Vo. non aveva allegato alla richiesta di autorizzazione il titolo attestante la disponibilità dell’area sulla quale era prevista l’installazione;

– non hanno tenuto in considerazione il fatto che la Vo. non aveva allegato alla richiesta di autorizzazione il piano-programma (previsto dall’art.8 del Regolamento comunale citato).

VIII. Ritualmente costituitasi, la Vo. ha eccepito l’infondatezza dell’appello chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

IX. Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dell’appello, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello dell’Amministrazione comunale è infondato.

L’appellante Amministrazione comunale si duole dell’asserita ingiustizia della sentenza appellata lamentando carenza motivazionale e violazione dell’art. 3 e dell’art. 8 del Regolamento comunale.

1.1. Con il primo profilo di doglianza, deduce – in particolare – che i primi Giudici hanno erroneamente equiparato il generico divieto di installazione di ‘stazioni radio base’ in area urbana, al differente e più specifico divieto – introdotto con normativa regolamentare locale – di installazione di tali impianti in aree occupate da case di cura, scuole ed installazioni ricreative per l’infanzia o in aree adiacenti.

La doglianza non merita accoglimento.

La disciplina generale della localizzazione degli impianti di telefonia mobile (id est: la introduzione di prescrizioni generali relative alle distanze minime da rispettare nel caso di installazione di impianti di tal fatta, nonchè la fissazione dei limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici), è riservata allo Stato.

E ciò sia in quanto espressione del generale e pervasivo potere – ad Esso attribuito – di introdurre nell’Ordinamento “principii fondamentali” atti a vincolare l’attività legislativa regionale e l’attività normativa locale (ai sensi dell’art.117, ultimo comma, della Costituzione), sia in quanto intrinsecamente connessa alla c.d. determinazione dei ‘livelli essenziali delle prestazioni’ che l’Amministrazione è tenuta a garantire su tutto il territorio nazionale, nell’erogazione dei servizi pubblici relativi (anche) alla tutela della salute (in forza dell’art. 117, comma 2°, lett. ‘m’, della Costituzione), sia – ancora – in quanto concernente la salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema (ai sensi dell’art.117, comma 2°, lett. ‘s’, della Costituzione), sia – infine – in quanto attività connessa alla fornitura di reti di comunicazione elettronica (Cfr.: art.3 del “codice delle comunicazioni elettroniche” e L. n.36/2001); ‘materie’ – tutte – di preminente interesse generale, siccome coinvolgenti l’interesse nazionale (Corte Cost. n.307/2003).

In aderenza a tale principio, in precedenti analoghi è stato già affermato:

– che “alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (… omissis …) quali, ad esempio, il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura etc.), mentre non è consentito introdurre limitazioni alla localizzazione consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizioni di distanze minime da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni e/o a luoghi di lavoro, di ospedali, di case di cura …)” (C.S., VI^, n.3452/2006; Id., n.2371/2010; Id. n.44/2013);

– e che “va dichiarata la illegittimità dei regolamenti che prevedono una zonizzazione indipendente dalle esigenze dei gestori del servizio di telefonia mobile e che, cioè, circoscrivono gli impianti a specifiche aree, appositamente individuate, senza subordinare le relative scelte alla previa e puntuale verifica della coerenza della disciplina pianificatoria con la necessità che venga in concreto assicurata sull’intero territorio comunale l’intera copertura del servizio” (C.S., IV, n.1431/2007).

E poiché nella fattispecie il Comune ha spinto le proprie competenze ben oltre i limiti imposti dalla Costituzione e dalla menzionata legislazione statale d’interesse nazionale, esercitando – mediante il suo potere regolamentare – attribuzioni riservate allo Stato (nella specie: ha introdotto una prescrizione generale avente ad oggetto l’indicazione della distanza minima degli impianti da realizzare rispetto ad alcuni ‘tipi’ o ‘categorie’ di immobili, senza – però – individuarli specificamente), correttamente il Giudice di primo grado ne ha stigmatizzato negativamente la condotta, statuendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati innanzi ad esso e la disapplicazione della norma regolamentare confliggente con il corretto riparto delle funzioni.

1.2. Con il secondo profilo di doglianza l’Amministrazione comunale lamenta che i Giudici di primo grado:

– hanno errato nel non tenere in giusta considerazione il fatto che la Vo. non aveva allegato alla richiesta di autorizzazione il titolo attestante la disponibilità dell’area sulla quale era prevista l’installazione;

– hanno erroneamente ritenuto che il c.d. “contratto di ospitalità” concluso tra la Vo. e la società Ci. s.r.l. sia equipollente al titolo di proprietà dell’area sulla quale posizionare gli impianti.

La doglianza non merita accoglimento.

1.2.1. L’art.35 n.4 del DL n.98/2001, convertita in L. n.111 del 2001, ha stabilito che per l’installazione di impianti radioelettrici di debole potenza e di ridotte dimensioni (nella specie: impianti per l’accesso a reti di comunicazione con potenza massima in singola antenna inferiore o uguale a 7 watt, come quello per cui è causa) è sufficiente la presentazione all’Amministrazione di una semplice “comunicazione” di inizio lavori, fermo restando l’obbligo della PA di procedere ai successivi controlli (per gli effetti inibitori e/o revocatori che possono conseguirne) in ordine alla potenza e dimensione degli stessi.

La predetta norma, recante la nuova disciplina del procedimento per l’installazione di tali impianti – ed ispirata al criterio della massima semplificazione e celerità procedimentale – non prescrive affatto che alla predetta comunicazione debba essere allegato, a pena di inammissibilità della (implicita) domanda di autorizzazione o di revoca dell’autorizzazione stessa, anche il documento attestante la proprietà dell’area dove va ubicato l’impianto, o altro titolo equipollente.

D’altro canto la ricorrente ha rispettato (e dimostrato di aver rispettato) la prescrizione di cui all’Allegato n.13, lett. A del D.Lgs. n.259 del 2003 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche), relativa alla documentazione da fornire all’Amministrazione in fattispecie come quella per cui è causa.

In allegato alla ‘segnalazione certificata’ con cui ha comunicato l’inizio dei lavori, ha infatti trasmesso all’Amministrazione tutta la prescritta documentazione.

E poiché la giurisprudenza amministrativa (Cfr., per tutte, CS, III^, n.7128/2010) ha affermato che l’Amministrazione non può pretendere documenti diversi da quelli tassativamente indicati dalla predetta normativa – e ciò in quanto altrimenti ne verrebbe vanificata la ratio (che è quella di semplificare e rendere più celere il procedimento) – la condotta negativa dell’Amministrazione non resiste alla censura.

1.2.2. Se a ciò si aggiunge che nessuna norma preclude la possibilità di considerare il c.d. “contratto di ospitalità” alla stregua di un contratto costitutivo di un vero e proprio comodato (perciostesso idoneo a costituire diritti di obbligazione anche in relazione a cose altrui), appare evidente come la tesi dell’Amministrazione non regga, al vaglio critico, sotto più di un profilo.

1.2.3. Né appare sostenibile la tesi secondo cui l’opera sarebbe “abusiva” (e perciostesso coattivamente rimovibile) in quanto realizzata in violazione dell’art.3 del Regolamento comunale dapprima menzionato.

Sulla illegittimità di tale norma regolamentare il Collegio si è già pronunciato nel precedente Capo, sicchè non resta che richiamare quanto ivi già rilevato.

A ciò va comunque aggiunto che, come già affermato in precedenti analoghi, “le stazioni radio base per la telefonia mobile (… omissis …) sono assimilate alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art.16, comma 7, del DPR n.380/2001 e come tali (… omissis …) possono essere localizzate su tutto il territorio comunale anche in deroga a quanto previsto dagli strumenti urbanistici vigenti” (C.S., IV^, n.3200/2005).

1.3. Con il terzo profilo di doglianza l’Amministrazione comunale lamenta che i Giudici di primo grado non hanno tenuto in considerazione il fatto che la Vo. non aveva allegato alla richiesta di autorizzazione il c.d. ‘piano-programma’ (previsto dall’art.8 del Regolamento comunale citato).

Anche tale doglianza non merita accoglimento.

1.3.1. Va innanzitutto osservato, al riguardo, che il diniego opposto dall’Amministrazione (alla richiesta della Vo.) non si basa, neanche in parte, su tale ragione: nel negare l’autorizzazione, infatti, il Comune di Baiano non ha fatto alcun riferimento al mancato deposito del “piano-programma” (atto che peraltro si sarebbe potuto richiedere ed acquisire nel corso del procedimento).

Conseguentemente, neanche nel ricorso si faceva riferimento a tale questione.

Sicchè è evidente che la doglianza, introdotta per la prima volta in appello, è inammissibile in quanto volta ad estendere il thema decidendum costituente oggetto del giudizio di primo grado.

1.3.2. La doglianza è comunque infondata nel merito per le medesime specifiche ed assorbenti ragioni già illustrate nei precedenti Capi ai quali si rinvia, non senza ribadire – seppur ora in estrema sintesi – il principio secondo cui non è consentito all’Ente locale introdurre limiti (prescrizioni e/o divieti) in aggiunta e/o in contrasto con le prescrizioni contenute nella legislazione statale di settore.

2. In considerazione delle superiori osservazioni, l’appello dell’Amministrazione comunale va respinto.

Alla soccombenza dell’appellante non può che seguire – in mancanza di esimenti che non è dato ravvisare – la sua condanna al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio; spese che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), respinge l’appello.

Condanna l’Amministrazione appellante al pagamento delle spese processuali, nella misura di Euro 1500,00, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali dovute ex lege.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2015 con l’intervento dei Signori Magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere

Bruno Rosario Polito – Consigliere

Angelica Dell’Utri – Consigliere

Carlo Modica de Mohac – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 30 settembre 2015.

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