Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 2 marzo 2015, n. 1020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE TERZA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8320 del 2014, proposto da:
S. Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Lu.Ni., con domicilio eletto presso lo studio Gr. Srl in Roma, corso (…);
contro
Azienda Ulss 12 Veneziana, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Lu.Ga., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, (…);
nei confronti di
Consorzio Stabile Ce. (Capogruppo), in proprio e in qualità di capogruppo mandataria dell’ATI costituita con Cooperativa Gi. (Mandante), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. St.Vi., Co.Fe. e Da.Ca., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. St.Vi. in Roma, Via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE I, n. 610/2014, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio c.u.p. e call center – risarcimento danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Ulss 12 Veneziana e dell’ATI capeggiata dal Consorzio Stabile Ce.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Va. su delega di Ni., Be. su delega di Ga., Fe. e Ca.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO

 
1. – Oggetto della controversia è la legittimità della procedura di gara indetta dall’Azienda U.L.S.S. n. 12 Veneziana con delibera 19 dicembre 2012, n. 985, per l’affidamento del servizio c.u.p. e call center, per la durata di cinque anni, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
S. s.r.l., seconda classificata con complessivi punti 64,36 (di cui 36,88 attribuiti per la proposta progettuale), impugnava gli atti di gara e l’aggiudicazione in favore del RTI Consorzio Stabile Ce. sc.a.r.l. (mandataria) e Gi. Cooperativa sociale (mandante), che conseguiva il punteggio complessivo di 97,92 (di cui 37,92 per l’offerta tecnica).
La società ricorrente deduceva:
I. Violazione del disciplinare di gara. Incongruità dell’offerta per il costo del personale e per il costo della sicurezza. Anomalia dell’offerta nel suo complesso e sua insostenibilità. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, contraddittorietà nella relazione del responsabile unico del procedimento.
II. Violazione del disciplinare di gara per: a) assenza delle dichiarazioni ex art. 38 del D.Lgs. 163/06; b) assenza in testa ad una società del r.t.i. aggiudicatario dell’oggetto sociale oggetto di gara. Carenza dei requisiti del contratto di avvalimento. Violazione degli obblighi in materia di cauzione provvisoria. Illegittima partecipazione alla gara per mancanza di poteri. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione e travisamento dei fatti.
Si costituiva in giudizio l’aggiudicataria, proponendo ricorso incidentale tedente all’esclusione dalla gara della ricorrente principale.
2. – La sentenza in epigrafe rigettava il ricorso introduttivo e dichiarava improcedibile per carenza di interesse il ricorso incidentale.
3. – Propone appello S. s.r.l. lamentando l’erroneità della decisione e riproponendo le censure rigettate.
In ordine alla dedotta anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria ed alla non congruità del costo del lavoro offerto, l’appellante osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, per il calcolo del costo del lavoro deve tenersi conto anche di ferie, festività e malattia. Ulteriore elemento, omesso dal Tribunale, sarebbe la maggiorazione della paga base per Venezia.
Errato sarebbe il ragionamento seguito dal Tar con riguardo alla sufficienza di mere enunciazioni del RUP circa la prospettata congruità dell’offerta.
Quanto al secondo motivo di ricorso, il TAR non avrebbe considerato la delibera di assemblea dei soci del 27.5.09 ed il conseguente conferimento di poteri di amministrazione straordinaria ai Consiglieri di Amministrazione, per cui la dichiarazione ex art. 38 codice appalti avrebbe dovuto essere resa da tutti i componenti del CDA, in quanto titolari effettivi del potere di straordinaria amministrazione.
Quanto al terzo motivo di ricorso, riguardante l’indeterminatezza del contratto di avvalimento, non sarebbe convincente il rigetto della censura, poiché il contratto avrebbe dovuto indicare specificamente le risorse, i mezzi, le tecnologie e quanto altro necessario per la corretta esecuzione della prestazione di gara, non essendo sufficiente il mero riferimento ai soli contratti che costituiscono il requisito di fatturato che si avvale.
4. – La controinteressata, a sua volta, propone appello incidentale, con cui sostanzialmente afferma che l’offerta dell’aggiudicataria andava esclusa per violazione delle previsioni di disciplinare e perché anomala.
5. – A seguito di scambio di memorie tra le parti, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 4 dicembre 2014.
 

DIRITTO

 
1.- Preliminarmente, in applicazione dei principi enunciati da C.d.S. A.P. 25.2.2014, n. 9, il Collegio, in ossequio al principio di economia processuale, ritiene preferibile esaminare prioritariamente l’appello principale, essendo lo stesso palesemente infondato, sulla scorta del paradigma sancito dagli artt. 49, comma 2, e 74 c.p.a..
2.- L’appello è infondato.
2.1. – Il Collegio non condivide la censura con la quale l’appellante deduce l’errore del primo giudice nel non ritenere anomala l’offerta dell’aggiudicataria per essere il costo del lavoro proposto inferiore alle tabelle ministeriali, tenuto conto che il costo della prestazione dell’appalto de qua è determinato in modo preponderante dal costo del lavoro.
L’appellante, dalla lettura combinata di una serie di previsioni del capitolato di gara (pagg. 6 e 13), desume che “nel calcolo del costo del lavoro si deve tenere conto anche di ferie, festività, malattie”, che il giudice di primo grado ha erroneamente ritenuto di non fare rientrare tra le ore lavorate. Ulteriore elemento che porterebbe a far ritenere errata la valutazione operata dal Tribunale sul punto è la considerazione, dedotta nel ricorso introduttivo, circa il maggior onere che comporta per disposizione ministeriale il luogo lavorativo.
2.2 – Ad avviso del Collegio la decisione di primo grado è corretta.
La sentenza ha ritenuto che il costo orario del personale di 11,97 euro, riportato da S. S.r.l. nel ricorso introduttivo al fine di dimostrare l’incongruenza di tale parametro dell’offerta dell’aggiudicatario RTI ed il mancato rispetto dei minimi tabellari, sia stato erroneamente quantificato suddividendo il costo complessivo per il monte ore totale.
Ed in effetti, non va assunto a criterio di calcolo il monte “ore teorico”, comprensivo cioè anche delle ore medie annue non lavorate (per ferie, festività, assemblee, studio, malattia, formazione, etc.) di un lavoratore che presti servizio per 52 settimane l’anno, come si sostiene nel primo motivo di appello.
Non depongono in tal senso le disposizioni del capitolato richiamate dall’appellante, che si limitano ad impongorre l’assunzione di “garanzia di copertura delle postazioni lavorative previste dalla pianificazione stabilita” e l’assunzione dell’impegno della ditta aggiudicataria di “sostituzione degli operatori in caso di assenza”: tali clausole intendono esclusivamente ribadire l’obbligo di garantire la continuità nel servizio, ma nulla aggiungono a proposito delle modalità di calcolo del costo complessivo del personale.
Viceversa, è corretto considerare il “costo reale” (o costo ore lavorate effettive, comprensive dei costi delle sostituzioni).
I dati da considerare sono, dunque, le ore annue mediamente lavorate (1581, e non 2088, per il CCNL Multiservizi e 1548, e non 1976, per i lavoratori delle cooperative); avendo il predetto RTI applicato un costo orario pari ad euro 15,59, di poco inferiore al minimo tabellare pari in media ad euro 16,99 (che riguarda la provincia di Venezia) non può desumersi l’incongruità dell’offerta (cfr. tabella ministeriale del costo del lavoro del personale delle cooperative sociali e tabella ministeriale per personale dipendente da società multiservizi).
Il costo tabellare medio, infatti, è indicativo di quello “effettivo”, che include i costi delle sostituzioni cui il datore di lavoro deve provvedere per ferie, malattie, etc. (Sez. III, n. 5984 del 13.12..2013; Autorità Vigilanza Contratti delibera 14.6.2007, n. 199).
Non sono illogiche le valutazioni del RUP in sede di valutazione dell’anomalia, di cui alla nota del 5.6.2013, secondo cui non sono incongrue le giustificazioni fornite dall’aggiudicataria, la quale ha dimostrato la possibilità di ottimizzare una parte del servizio – sostituzioni, picchi di attività – potendo contare su un organico di oltre 600 operatori impiegati in strutture ubicate nel territorio della Regione Veneto con numerosi contratti analoghi in corso presso varie USSL della Regione.
Infine, va rilevato che, per costante giurisprudenza, le tabelle ministeriali non rappresentano un limite inderogabile, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta e lo scostamento, specie se di lieve entità, non legittima ex sé un giudizio di anomalia (C.d.S., Sez. V, 24.7.2014, n. 3937; Sez. III, 3492 del 9.7.2014).
2.3 – Anche per quel che concernente l’asserita inferiorità degli oneri di sicurezza aziendale presentati dal RTI aggiudicatario rispetto a quelli riportati nel decreto L.vo n. 81 del 2008 (150 euro annui per lavoratore), convince l’affermazione del primo giudice secondo cui l’importo di euro 3.370,00 indicato dall’ aggiudicataria con riferimento agli oneri di sicurezza aziendali è solo lievemente inferiore alla cifra indicata dall’appellante (5.250 euro, pari a 150 euro per 35 dipendenti). Anche in tal caso, si tratta di un costo minimo meramente indicativo.
3. – Neppure ha pregio il motivo con il quale l’impresa ricorrente lamenta l’assenza delle dichiarazioni ex art. 38 del D.Lgs. 163/06 relative ai sigg.ri Pe. e Ba. in qualità di componenti del consiglio di amministrazione della mandataria del RTI aggiudicatario.
La sentenza ha escluso l’obbligo di presentare le dichiarazioni “posto che dagli atti dell’assemblea dei soci concernenti la nomina del c.d.a. e le competenze di ciascun suo componente, non risulta che tali soggetti, diversamente dagli “amministratori muniti del potere di rappresentanza o del direttore tecnico”, siano singolarmente in possesso di poteri gestori e di amministrazione attiva suscettibili di impegnare la società nei confronti delle stazioni appaltanti, a nulla rilevando il fatto che, laddove vi sia un consiglio di amministrazione, a questo siano attribuiti poteri di gestione ordinaria o straordinaria della società stessa”.
Correttamente la sentenza ha ritenuto che è determinante, ai fini della sussistenza dell’obbligo di rendere le dichiarazioni di cui al citato art. 38, che i soggetti onerati siano singolarmente in grado di impegnare la società nei confronti di terzi.
Nella specie, non è rinvenibile nei confronti dei consiglieri suddetti alcuna attribuzione specifica di potere di rappresentanza e amministrazione (essendo peraltro privi di qualsivoglia delega), e atteso che, per espressa disposizione statutaria (cfr. l’art. 12 dello statuto), i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, a parte residuali competenze in capo al c.d.a., spettano all’assemblea dei soci ovvero al consigliere delegato (il sig. Fa.Ma.) in relazione al quale la dichiarazione ex art. 38 risulta essere stata resa, così come per il Presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante del Consorzio Stabile Ce., Sig. Fa.Pa..
La sentenza ha rilevato, inoltre, la conformità delle dichiarazioni rese al facsimile di dichiarazione di cui alla busta 1), punto1.2, art. 2 del disciplinare di gara, il quale richiedeva espressamente ai fini delle dichiarazioni in esame l’indicazione dei nominativi “degli amministratori muniti di poteri di rappresentanza”.
4. – Deve, infine, essere respinto il terzo e ultimo motivo di appello con il quale si deduce l’indeterminatezza del contratto di avvalimento stipulato dalla società mandate (Gi. Cooperativa Sociale) del r.t.i. controinteressato e la mancanza della dichiarazione della ditta ausiliaria di impegnarsi nei confronti della stazione appaltante e della società avvalente a mettere a disposizione le risorse di cui quest’ultima è carente.
Il contratto di avvalimento stipulato il 26 febbraio 2013 ha specificato che G. S.p.a. si obbliga a mettere a disposizione di Gi. Coop. Soc., per tutta la durata dell’appalto, il requisito del fatturato specifico realizzato nell’anno 2010, pari a d euro 492.000,00, mediante un contratto con l’Azienda ULSS n. 21 di Legnago di tenore analogo a quello richiesto nel bando di gara all’art. III 2.3; inoltre, mette a disposizione n. 10 operatori CUP (doc. 13-14 produzione del Consorzio).
Vero è, come ricorda l’appellante, che l’avvalimento non deve rimanere astratto e, cioè, svincolato da qualsivoglia collegamento con le risorse materiali o immateriali messe a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria, secondo quanto afferma la costante giurisprudenza di questo Consiglio, ma nel caso di specie ritiene il Collegio che, avuto riguardo all’oggetto dell’appalto, l’impegno dell’ausiliaria, del tenore sopra ricordato, non sia generico e indeterminato.
Questa Sezione ha osservato che, soprattutto nei settori dei servizi e delle forniture, ove non esiste un sistema di qualificazione a carattere unico ed obbligatorio, come per i lavori, il contratto di avvalimento si sostanzi in relazione alla natura ed alle caratteristiche del singolo requisito richiesto, come fissato di volta in volta dal bando di gara.
Le regole dettate dal D.Lgs. 163/2006 e dal d.P.R. 207/2010 in materia di avvalimento, pur finalizzate a garantire la serietà, la concretezza e la determinatezza di questo, non devono essere interpretate meccanicamente secondo aprioristici schematismi concettuali, che non tengano conto del singolo appalto e, soprattutto, frustrando la sostanziale disciplina dettata dalla lex specialis (Consiglio di Stato, sez. III, 04/12/2014, n. 5978).
Nel caso di specie, l’avvalimento mirava a garantire una specifica risorsa immateriale – il fatturato – frutto di una specifica esperienza maturata in un settore eguale o analogo a quello del servizio richiesto ed anche la messa a disposizione di risorse materiali (10 operatori CUP).
Indipendentemente dalla sua natura operativa o di garanzia, l’oggetto del contrato di avvalimento concluso tra la Cooperativa sociale Gi. e G. S.p.a deve ritenersi, dunque, determinato e, comunque, ragionevolmente determinabile, ai sensi dell’art. 1346 c.c., con conseguente rigetto del motivo di appello proposto.
5. – Il rigetto dell’appello principale determina l’improcedibilità per carenza d’interesse dell’appello incidentale, proposto dall’aggiudicataria, che ha natura accessoria e condizionata.
6. – Le spese di giudizio si compensano tra le parti, in considerazione della atura delle questioi trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente
Carlo Deodato – Consigliere
Bruno Rosario Polito – Consigliere
Vittorio Stelo – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 2 marzo 2015

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