Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 14 settembre 2015, n. 4264

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9037 del 2009, proposto da:

Cl. Bo., Pa.Mu., Ma.Ba., rappresentati e difesi dall’avv. An.Mo., con domicilio eletto presso Gi.Ma.Gr. in Roma, corso (…);

contro

Azienda Unità Sanitaria Locale di Bologna;

nei confronti di

Direttore Generale Pt Azienda Usl di Bologna; Regione Emilia Romagna, rappresentato e difeso dall’avv. Ma.Ro.Ru.Va., con domicilio eletto presso Ro.Ru.Va. in Roma, c.so (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA SEZIONE I n. 04478/2008,

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Emilia Romagna;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2015 il Cons. Roberto Capuzzi e uditi per le parti gli avvocati Mo. e Ru.Va.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Le odierne appellanti, psicologhe alle dipendenze della Usl n. 29 Bologna Est, impugnavano davanti al Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, le delibere con le quali si disponeva l’annullamento d’ufficio di precedenti determinazioni concernenti l’equiparazione delle ricorrenti, con qualifica di psicologi coadiutori di ruolo, ai medici psichiatri ai sensi dell’art. 14/3 co. della legge n. 207/1985 e si provvedeva in ordine alla rideterminazione del loro trattamento economico.

Il Tar riteneva che l’art. 14 co. 3 della legge n. 207/1985, nell’affermare che gli psicologi – psichiatri, equiparati agli psichiatri a norma delle leggi n. 431/1968 e n, 515/1971 hanno il trattamento giuridico-economico di equiparazione anche ai fini dell’inquadramento nei ruoli regionali, doveva interpretarsi nel senso che il beneficio spetta soltanto a coloro che alla data di entrata in vigore della riforma del servizio sanitario nazionale (d.P.R. n. 761/1979) avevano già acquisito tale parificazione sulla base della previgente legislazione.

Nessuna equiparazione poteva quindi ritenersi configurabile nei riguardi di coloro che come le ricorrenti operavano nei Consorzi socio sanitari, cioè al di fuori delle strutture tassativamente indicate dalle norme richiamate dal citato art. 14 della legge n. 207/1985 oppure, alla stregua di quanto risultava per una di esse, effettivamente operavano nei centri d’igiene mentale, ma saltuariamente o precariamente, cioè in modo non continuativo come invece richiede la disposizione e i cui atti di riconoscimento dell’equiparazione erano, comunque, intervenuti successivamente all’entrata in vigore del d.P.R. n. 761/1979.

2. – Nell’atto di appello si deduce la erroneità della sentenza per falsa applicazione dell’art. 14 della legge n.207/1985 sostenendosi che le ricorrenti avevano maturato il diritto al trattamento economico equiparato a quello dei medici psichiatrici anche se i provvedimenti di equiparazione erano intervenuti dopo l’entrata in vigore del dPR n.761/89.

La equiparazione era stata disposta per le dottoresse Bo. e Mu. a seguito della delibera USL n.29/89, per la dottoressa Ba. a seguito della deliberazione del Consiglio Provinciale di Ravenna del 14.3.1980.

L’interpretazione del Tar, secondo il quale la equiparazione al trattamento economico degli psichiatri avrebbe dovuto disporsi solo per gli psicologi che erano già stati oggetto di atti di equiparazione alla data di entrata in vigore del dPR n.761/79, verrebbe a far dipendere la equiparazione, non dal maturare del requisito legale, ma dalla data casuale del riconoscimento dell’equiparazione da parte dell’ente.

Si verrebbe a creare una ingiusta disuguaglianza tra posizioni lavorative identiche

Si tratterebbe di casi in cui gli psicologi avevano sì maturato i requisiti, ma non avevano acquisito i relativi provvedimenti aventi natura dichiarativa con conseguenti profili di dubbia costituzionalità.

Con il secondo motivo si reitera la doglianza che non sarebbe stata motivata la concretezza e attualità dell’interesse all’annullamento comparativamente con l’affidamento e il gravissimo sacrificio imposto alle ricorrenti.

Con il terzo motivo si reitera il motivo del mancato avvio del procedimento di annullamento di ufficio.

Il quarto motivo è riferito alla parte del dispositivo con cui si è deliberato, sul rilievo dell’indebito dei pagamenti effettuati a seguito della annullata equiparazione, di recuperare le somme in passato corrisposte alle dipendenti.

Si è costituita la Regione Emilia-Romagna chiedendo il rigetto del ricorso.

Sono state depositate numerose memorie difensive.

Alla pubblica udienza del 9 luglio 2015, dopo ampia discussione, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

3. – L’appello non merita accoglimento.

Si controverte sull’applicabilità in favore delle appellanti della disposizione di cui all’art. 14, co. 3, della legge 20 maggio 1985 n. 207 (Disciplina transitoria per l’inquadramento diretto nei ruoli nominativi regionali del personale non di ruolo delle unità sanitarie locali), il quale stabilisce che “Gli psicologi psichiatrici, equiparati agli psichiatri a norma delle leggi 18 marzo 1968, n. 431, e 21 giugno 1971, n. 515, in quanto svolgenti funzioni psicoterapiche, hanno il trattamento giuridico-normativo di equiparazione anche ai fini dell’inquadramento nei ruoli nominativi regionali”.

La questione è stata più volte esaminata dalla Sezione con numerose sentenze che si richiamano per relationem (da ultimo la recentissima sentenza III Sez. n.19.5.2015 n. 2536 ed i precedenti ivi richiamati).

In particolare, è stato affermato che l’art. 14 co. 3, l. n. 207 del 1985 è volto a mantenere l’equiparazione agli psichiatri, già concessa dalle leggi n. 431 del 1968 e n. 515 del 1971 agli psicologi psichiatrici, anche ai fini dell’inquadramento nei ruoli nominativi regionali ed ha natura di norma transitoria.

La disposizione individua i presupposti di natura soggettiva ed oggettiva per la sua applicazione: precisamente, un ben individuato ambito di destinatari (coloro che erano già titolari di equiparazione in base alle leggi dalla norma stessa indicate) e la già intervenuta equiparazione secondo le leggi precedenti espressamente richiamate. Pertanto alla luce del dettato normativo, non può avere alcun rilievo l’eventuale svolgimento di funzioni ritenute equiparabili, atteso che tale presupposto di fatto non è considerato dal legislatore, né è comunque ricavabile in via interpretativa dalla norma.

Occorre infatti osservare che il ripetuto art. 14, co. 3, concludeva un processo d’equiparazione tra medici psichiatri e psicologi nel senso che:

– estendeva in via transitoria (non a “regime”) il trattamento giuridico-normativo e non solo economico, dei medici psichiatri agli psicologi che avevano svolto funzioni psicoterapeutiche presso determinate strutture;

– attribuiva all’equiparazione un carattere derogatorio del sistema delineato a “regime” dalla riforma sanitaria (d.P.R. n. 761 del 1979) che aveva introdotto una netta distinzione tra il profilo professionale dei medici psichiatri e quello degli psicologi.

-la equiparazione veniva stabilita come limitata nel tempo tant’è che la legge n.515 del 1971, art. 1 si preoccupava di precisare che tali disposizioni erano previste “..fino alla entrata in vigore della riforma sanitaria relativamente all’ordinamento dell’assistenza psichiatrica”.

La norma in questione è nata quindi al solo fine di tutelare la posizione di coloro che, avendo già ottenuto una equiparazione economica e la conseguente corresponsione di una indennità, rischiavano di perderla a causa dell’entrata in vigore del dPR 761/79 e del conseguente riassetto organizzativo della sanità.

Con la riforma sanitaria si distinse nettamente la posizione dei medici da quelli degli psicologi tanto che vennero previste prove diverse per la immissione in carriera e l’inserimento in distinte tabelle. Con il dPR 761/79 gli psicologi sono stati inseriti non più con i medici, ma con i biologi, i chimici ed i fisici.

In sintesi l’estensione anche giuridica presupponeva la già avvenuta equiparazione economica, non potendo infatti essere ammessa alcuna estensione degli effetti, se l’equiparazione, a tali fini, non era già effettivamente avvenuta (cfr. cit. sez. III, n. 3726 del 2012, sez. V, 9 ottobre 2007 n. 5244, ed ancora Cass. 1 ottobre 1997 n. 9586; Cass. n. 5597 del 2000, n. 8555 del 2000, n. 9287 del 2000 e, da ultimo, Cass. n. 7324 del 2013).

Peraltro la normativa non consentiva alle USSLL di determinare autonomamente modifiche alle posizioni di primo inquadramento nei ruoli nominativi regionali definite con provvedimenti regionali (Cons. Stato, Sez. III n.6642/2011; V, n. 6000/2009).

Alla stregua del riferito orientamento, dal quale il Collegio non ha motivo di dissentire, l’appello in esame si rivela infondato dal momento che, a prescindere dall’effettivo svolgimento o meno delle dette attività psicoterapeutiche da parte delle appellanti presso le previste strutture, le medesime non risultavano aver conseguito l’equiparazione retributiva agli psichiatri anteriormente all’entrata in vigore del d.P.R. n. 761 del 1979.

Peraltro le appellanti Bo. e Mu. nemmeno prestavano servizio nelle strutture indicate dalla legge in contrasto con l’orientamento della Sezione secondo cui “l’equiparazione del trattamento economico dello psicologo a quello della psichiatra compete solo agli psicologi che esplicano funzioni psicoterapeutiche presso ospedali psichiatrici e centri di igiene mentale ad esclusione di coloro che siano invece addetti ad altri servizi o unità ancorché comportanti esercizio di funzioni psicoterapeutiche (Cons. Stato, III n. 3717/2013; n. 3726/2012).

La dottoressa Ba. diveniva psicologo coadiutore alle dipendenze della Usl n.37 di Faenza solo a partire dal 1 gennaio 1981.

4. – Sul secondo e quarto motivo di appello è sufficiente rilevare che secondo la giurisprudenza ormai consolidata (Cons. Stato, V, n.5267/2014; III, n.3290/2012) l’esercizio del potere di autotutela su provvedimenti che comportano illegittimo esborso di denaro pubblico non richiede una particolare motivazione essendo l’interesse pubblico in re ipsa, nel fatto oggettivo della indebita erogazione di somme a carico del pubblico erario non potendo nemmeno rilevare lo stato di buona fede del percipiente per mutare la doverosità del recupero (Cons. Stato, V, n.1535 del 23 marzo 2004).

5. – Quanto alla doglianza sulla omessa comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo, la giurisprudenza di questo Consiglio ha rilevato che l ’emissione dell’atto, vincolato e non autoritativo, di recupero di somme erroneamente corrisposte dall’Amministrazione in mancanza di previa comunicazione dell’avvio del procedimento, pur costituendo infrazione al generale dovere di trasparenza, non costituisce causa di illegittimità dell’atto stesso, ferma restando la possibilità per l’interessato di contestare errori di conteggio e di chiedere, nel termine di prescrizione, la restituzione di quanto trattenuto (Cons. Stato VI, 20 aprile 2004, n.2203, 14 ottobre 2004, n.6654).

6. – In conclusione l’appello non merita accoglimento, la sentenza appellata deve essere confermata.

7. – Spese ed onorari tuttavia possono essere compensati tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente

Vittorio Stelo – Consigliere

Roberto Capuzzi – Consigliere, Estensore

Dante D’Alessio – Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere

Depositata In Segreteria il 14 settembre 2015.

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