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Tuttavia, anche in tali ipotesi il Legislatore si è limitato a disciplinare in modo puntuale le sole conseguenze dell’annullamento del titolo edilizio, ma non anche i relativi presupposti, condizioni e modalità, che restano quindi assoggettati (per quanto riguarda l’annullamento d’ufficio) alla disciplina generale di cui all’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990, ivi compresi i profili motivazionali.
9.6. Concludendo sul punto, si osserva che, per le vicende sorte nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990 – per come introdotto dalla l. 15 del 2005 -, l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio anche in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal titolo medesimo, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole, non potendosi predicare in via generale la sussistenza di un interesse pubblico in re ipsa alla rimozione in autotutela di tale atto.
10. E’ ora possibile passare alla disamina del secondo dei quesiti sub 8 al fine di stabilire se, pur in assenza di puntuali prescrizioni di legge che dispongano in tal senso, il decorso di un considerevole lasso di tempo possa incidere significativamente sul potere di annullamento d’ufficio e quale sia il corretto dies a quo per l’individuazione del termine ‘ragionevolé di esercizio di tale potere.
10.1. Esaminando la questione nei suoi aspetti generali e sistematici, è innegabile che, anche nel diritto amministrativo, il tempo venga in rilievo – tanto nelle sue singole frazioni, tanto nel suo continuo trascorrere – determinando la costituzione, la modificazione e l’estinzione di situazioni giuridiche.
Secondo un consolidato orientamento, infatti, il tempo rientra nella categoria dei fatti giuridici oggettivi ed è idoneo a sortire i propri effetti sui rapporti giuridici (anche di matrice pubblicistica) indipendentemente dall’atteggiamento psicologico dei soggetti interessati.
L’incidenza del decorso del tempo nei rapporti di diritto pubblico opera tanto sul versante dei poteri esercitabili dall’amministrazione, quanto su quello delle posizioni giuridiche riconosciute ai privati.
Per quanto riguarda il primo aspetto ci si limiterà qui a richiamare le previsioni normative che connettono a carico dell’amministrazione un effetto decadenziale quale conseguenza del mancato esercizio del potere entro un torno temporale normativamente stabilito: si pensi ai termini – perentori – per l’avvio e la conclusione dei procedimenti sanzionatori amministrativi.
Si pensi altresì al rilievo che il decorso del tempo sortisce sul potere di provvedere nelle ipotesi legali di silenzio significativo e all’invalidità che colpisce il provvedimento tardivamente adottato rispetto ai termini in parola.
Per quanto riguarda poi l’incidenza del decorso del tempo sulle posizioni giuridiche dei privati nei rapporti di diritto pubblico basterà qui richiamare la tradizionale ipotesi della decadenza per decorso del tempo quale conseguenza del mancato esercizio delle facoltà inerenti ad un rapporto derivante da un provvedimento amministrativo (si pensi al caso della decadenza del permesso di costruire per mancato rispetto dei termini legali per l’inizio dei lavori e per il completamento dell’opera).
Si pensi inoltre alla previsione di cui all’articolo 2934, primo comma del cod. civ. (secondo cui “ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge”), la quale trova applicazione anche nei rapporti con la pubblica amministrazione.
D’altro canto, è innegabile che la particolare configurazione dell’ordinamento pubblicistico nazionale riconosca taluni temperamenti al generale principio della consumabilità delle posizioni giuridiche per effetto del decorso del tempo.
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