Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 17 ottobre 2017, n. 8. Nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990 – per come introdotto dalla l. 15 del 2005 – l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria

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Si osserva al riguardo che l’incondizionata adesione alla (pur suggestiva) formula dell’interesse pubblico in re ipsapuò produrre effetti distorsivi, consentendo in ipotesi-limite all’amministrazione- la quale abbia comunque errato nel rilascio di una sanatoria illegittima – dapprima di restare inerte anche per un lungo lasso di tempo e poi di adottare un provvedimento di ritiro privo di alcuna motivazione, in tal modo restando pienamente de-responsabilizzata nonostante una triplice violazione dei principi di corretta gestione della cosa pubblica.
Si osserva inoltre che, nel corso del tempo, la richiamata formula dell’interesse pubblico in re ipsa ha assunto talora una connotazione assiologica, inducendo ad annettere un valore in sé all’annullamento del titolo in sanatoria illegittimo, perfino se fondato su profili di illegittimità di carattere meramente formale o procedimentale.
Ma il punto è che, in siffatte ipotesi, non è predicabile un effettivo ed immanente interesse pubblico alla rimozione di un atto (la sanatoria illegittima) che non si pone in contrasto in termini sostanziali con la pertinente disciplina edilizia e urbanistica (e quindi con il complesso di valori cui tale disciplina presiede), ma risulta viziato soltanto in relazione ad aspetti formali o procedimentali, non giustificando in definitiva – e pure in presenza di un atto illegittimo – il riconoscimento di un interesse pubblico in re ipsa all’adozione dell’atto di ritiro.
Si tratta, del resto, di un aspetto che è stato in tempi recenti puntualmente preso in considerazione dal Legislatore il quale ha escluso che l’annullamento ex officio di un atto illegittimo possa essere disposto nel caso delle illegittimità cc.dd. non invalidanti di cui al comma 2 dell’articolo 21-octies della l. 241 del 1990 (in tal senso la modifica al comma 2 dell’articolo 21-nonies, cit., disposta dall’articolo 25, comma 2, lettera b-quater) del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133).
9.2. Sempre restando sugli argomenti desumibili dal diritto positivo, è rilevante osservare che il legislatore ha in tempi recenti espunto dall’ordinamento la disposizione che rappresentava il più evidente richiamo alla nozione di interesse pubblico in re ipsa.
In particolare, è noto che il comma 2 dell’articolo 36 della l. 7 agosto 2015, n. 124 ha espressamente abrogato il comma 136 dell’articolo 1 della l. 30 dicembre 2004, n. 311 (il quale consentiva in ogni tempo alle amministrazioni pubbliche di disporre l’annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi fosse ancora in corso, a condizione che tale annullamento mirasse “al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari”).
9.3. Si osserva poi che il riconoscimento di un interesse pubblico al ripristino della legalità violata (la cui sussistenza è di intuitiva evidenza, anche a notevole distanza di tempo dall’originaria adozione dell’atto) non sta necessariamente a significare che tale interesse sia l’unico fattore idoneo a orientare le scelte discrezionali dell’amministrazione in caso di risalenti violazioni in materia urbanistica, sì da esonerare in radice l’amministrazione da qualunque motivata valutazione in ordine ad ulteriori fattori e circostanze rilevanti.
Si intende con ciò rappresentare che la sussistenza di un interesse pubblico alla rimozione di un atto amministrativo illegittimo (anche a prescindere dal ricorso alla formula dell’interesse in re ipsa) è oggettivamente connaturata alla rilevata sussistenza di una situazione antigiuridica.
Ma ciò non sta a significare che il riconoscimento di un tale interesse (peraltro, espressamente richiamato dal comma 1 del più volte richiamato articolo 21-nonies) comporti di per sé la pretermissione di ogni altra circostanza rilevante (come gli interessi dei destinatari dell’atto, di cui la disposizione chiede espressamente di tener conto) ed esoneri l’amministrazione da qualunque – seppur succintamente motivata – valutazione sul punto.
Una cosa è infatti la tendenziale prevalenza dell’interesse pubblico al ripristino dell’ordine giuridico rispetto agli altri interessi rilevanti; ben altra cosa è la radicale pretermissione, anche ai fini motivazionali, di tali ulteriori circostanze attraverso una loro innaturale espunzione dalla fattispecie (e tanto, in distonia con la generale previsione di cui all’articolo 21-nonies, cit. il quale – con previsione applicabile anche al settore che ne occupa – impone al contrario una considerazione degli elementi sopra indicati).

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