Confisca allargata

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|8 ottobre 2021| n. 36705.

In tema di confisca allargata, l’applicazione della misura in sede esecutiva non è subordinata alla perdurante esecuzione della pena inflitta per il reato presupposto.

Sentenza|8 ottobre 2021| n. 36705. Confisca allargata

Data udienza 8 giugno 2021

Integrale

Tag – parola: Confisca – Applicazione in sede esecutiva della confisca atipica di cui all’art. 240 bis cp – Autonomia dell’applicazione rispetto alla pena inflitta – Incremento patrimoniale relativo alla disponobilità di redditi – Omesso esame

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. MANCUSO Luigi – Consigliere

Dott. BONI Monica – est. Consigliere

Dott. TALERICO Palma – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato ad (OMISSIS);
(OMISSIS), nata ad (OMISSIS);
avverso l’ordinanza dell’1/07/2020 della Corte di appello di Perugia;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. BONI MONICA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dr. Orsi Luigi, ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.

Confisca allargata

 

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza in data 1 luglio 2020 la Corte di appello di Perugia rigettava le opposizioni, proposte da (OMISSIS) e (OMISSIS), avverso l’ordinanza pronunciata in data 24 ottobre 2019 con quale era stato imposto il sequestro preventivo e la conseguente confisca ai sensi dell’articolo 240-bis c.p. dell’unita’ immobiliare, censita al n. c.e.u. del comune di Ancona (Tipo A/2, foglio (OMISSIS)), sita in (OMISSIS), appartenente in quote eguali ad entrambi gli opponenti.
1.1 A fondamento della decisione rilevava che i modestissimi redditi percepiti dai coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) non avevano loro consentito l’acquisto del bene confiscato ed il versamento per contanti della quota di corrispettivo anticipato rispetto alla stipulazione dell’atto di compravendita, che si colloca in periodo successivo alla sentenza di condanna emessa in primo grado per il reato di spaccio di stupefacenti.
1.2 Avverso l’ordinanza hanno proposto separati ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS) e mezzo dei loro rispettivi difensori, avv.ti (OMISSIS) ed (OMISSIS), che hanno pero’ articolato motivi coincidenti, riassumibili ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p. nei seguenti termini:
a) Violazione od erronea applicazione di legge in relazione al disposto dell’articolo 199, articolo 205, comma 2, n. 3, articolo 240-bis c.p., articolo 183-quater disp. att. c.p.p., articolo 14 preleggi e articolo 25 Cost. ed illogicita’ e mancanza della motivazione. La confisca e’ stata disposta in esecuzione in un momento nel quale erano stati gia’ dichiarati estinti la pena ed ogni effetto penale della condanna, discendenti dalla sentenza emessa nei confronti di (OMISSIS), giusta ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza di Ancona del 23/05/2018. A seguito di tale declaratoria si era verificata la decadenza dalla possibilita’ di applicare la misura di sicurezza reale.

 

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Infatti, dal chiaro disposto di cui all’articolo 205 c.p., comma 2, n. 3, richiamato dall’articolo 236 c.p., si deve dedurre che l’applicazione di una misura di sicurezza e’ consentita in ogni tempo soltanto se una norma di legge lo consenta, cosa che non si realizza per la confisca in casi particolari, sicche’ non era consentito alla Procura Generale di proporre la relativa richiesta, poiche’ l’esecuzione della pena era gia’ cessata. Ne’ e’ consentita l’applicazione analogica in malam partem, vietata dall’articolo 14 preleggi. Inoltre, l’articolo 240-bis c.p. non prevede la possibilita’ di ordinare tale misura di sicurezza “in ogni tempo”, a differenza di altre disposizioni applicabili in fase esecutiva, quali l’articolo 109 c.p., comma 2, per la dichiarazione di “abitualita’ e professionalita’ nel reato” e l’articolo 672 c.p., comma 4, in tema di amnistia ed indulto. Una diversa interpretazione comporterebbe l’illegittimita’ costituzionale delle norme di cui all’articolo 240-bis c.p. e articolo 183-quater disp. att. c.p.p. per contrasto con l’articolo 24 Cost., rendendo impossibile il pieno esercizio della difesa.
La Corte di appello ha risolto la questione con rilievi non pertinenti, -frutto di applicazione analogica in violazione del principio di tassativita’, che governa il sistema delle misure di sicurezza- che riguardano soltanto i presupposti sostanziali e la procedura applicativa. Infine, anche l’avverbio “sempre”, presente nel testo dell’articolo 240-bis c.p., nell’interpretazione offertane dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 38834 del 10/07/2008, significa soltanto che e’ preclusa la valutazione discrezionale del giudice se disporre o meno la confisca, non l’introduzione di eccezioni alle condizioni previste per l’esercizio dello stesso potere nelle singole fattispecie, sicche’ lo stesso non equivale a consentire la confisca in ogni tempo.

 

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b) Violazione di norma sostanziale in relazione al disposto dell’articolo 40-bis c.p. con riguardo alla prova di sussistenza dei presupposti che giustificano l’adozione della misura, nonche’ illogicita’ e mancanza della motivazione. Nell’accertamento patrimoniale condotto dalla polizia giudiziaria e recepito nell’ordinanza impugnata manca una seria analisi della sproporzione reddituale, in quanto l’indagine tributaria e’ stata effettuata a partire da data prossima all’acquisto dell’immobile sito in (OMISSIS) 15, sicche’ la verifica condotta in riferimento ad un solo anno senza computare i redditi pregressi del decennio precedente non puo’ condurre al giudizio di sproporzione.
Secondo l’interpretazione offerta dalle Sezioni Unite con la sentenza Montella, i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, sono fissati nel reddito dichiarato o nelle attivita’ economiche, ma esistenti non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti.
La motivazione dell’ordinanza gravata non considera tutti i redditi annuali sia del ricorrente che della moglie, percepiti dal 1996 al 2005, perche’ ha limitato l’indagine agli anni 2005-2015; inoltre, e’ stato trascurato che l’immobile confiscato e’ stato acquisito per un valore di 218.100 Euro, di cui 160.000 ottenuti a mezzo di mutuo erogato dalla (OMISSIS) nell’anno 2006, periodo rispetto al quale entrambi i ricorrenti erano percettori di reddito sin dal 1995 come lavoratori dipendenti secondo quanto attestato dalle dichiarazioni IRPEF prodotte, i cui dati, pari a 230.000 Euro, sono riportati nel quadro riassuntivo, che dimostra il possesso di mezzi sufficienti ad effettuare l’acquisto. Infatti, oltre a disporre del risparmio accumulato, i ricorrenti avevano disposto del corrispettivo della pregressa vendita di altri immobili con il realizzo di una plusvalenza di circa 60.000 Euro, secondo quanto desumibile dalle informazioni testimoniali rese dall’acquirente, che ha reso superflua la produzione del contratto di compravendita. Inoltre, l’esborso e’ stato ulteriormente limitato dall’accesso ad un mutuo bancario, restituito in ratei periodici, senza che vi sia stato sospetto incremento patrimoniale nel periodo successivo.

 

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La Corte di appello ha ritenuto di censurare la mancata produzione dei contatti di compravendita, che avrebbero dovuto risultare dagli atti di indagine e che comunque sono stati prodotti; inoltre, l’onere probatorio e’ stato assolto mediante la produzione del verbale di s.i.t. dell’acquirente dell’ultimo immobile ceduto prima di perfezionare l’acquisto di quello confiscato.
Ha, inoltre, errato nel considerare i documenti prodotti perche’ le buste paga sono state depositate solo per gli anni in cui non erano disponibili le dichiarazioni dei redditi e ha rinunciato a valutare le giustificazioni dedotte e documentate, ma anche i documenti prodotti dalla Procura Generale sono stati oggetto di travisamento, cosi’ come ha errato nel ritenere modesti i redditi percepiti dalla (OMISSIS).
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Dott. Luigi Orsi, ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono fondati e vanno accolti nei termini in seguito specificati.
1.La questione sollevata con il primo motivo di ricorso verte sulla possibilita’, che le difese negano, di procedere a confisca in casi particolari in fase di esecuzione quando si sia gia’ esaurita l’espiazione della pena inflitta per il reato presupposto. A fondamento dell’assunto difensivo vi e’ la pretesa sottoposizione della confisca atipica di cui all’articolo 240-bis c.p., in quanto misura di sicurezza, alla disciplina dettata dall’articolo 205 c.p., che, nel disciplinare il momento applicativo delle misure di sicurezza personali, dopo avere previsto che le stesse vanno disposte con la sentenza di condanna o di proscioglimento, al capoverso stabilisce: “possono essere ordinate con provvedimento successivo: 1) nel caso di condanna, durante l’esecuzione della pena o durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all’esecuzione della pena; 2) nel caso di proscioglimento, qualora la qualita’ di persona socialmente pericolosa sia presunta e non sia decorso un tempo corrispondente alla durata minima della relativa misura di sicurezza; 3) in ogni tempo, nei casi stabiliti dalla legge”.
1.1 In tema di misure di sicurezza personali vige effettivamente il principio posto dall’articolo 210 c.p., comma 2, in base al quale l’estinzione della pena impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza, ad eccezione di quelle che possono essere ordinate in ogni tempo e la loro esecuzione e’ subordinata alla condizione che conseguano a condanna a pena detentiva superiore a dieci anni. L’articolo 326 c.p., comma 2, estende alle misure di sicurezza patrimoniali le disposizioni di cui all’articolo 199, articolo 200, prima parte, articolo 201, prima parte, articolo 205 prima parte e n. 3 capoverso e “salvo che si tratti di confisca, le disposizioni di cui al primo e secondo capoverso dell’articolo 200 e quelle dell’articolo 210”.

 

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1.2 La pretesa generale sottoposizione di tutte le misure di sicurezza, a prescindere dalla loro natura, se personale o reale, se previste dal codice o da leggi speciali, alla medesima disciplina incontra un ostacolo testuale nella previsione di cui all’articolo 236 c.p., comma 2, che esenta la confisca dai limiti applicativi ed esecutivi previsti per le misure di sicurezza personali. Come osservato da pronuncia risalente, ma non smentita in seguito, delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n. 5 del 25/03/1993, Carlea, Rv. 193120), l’articolo 326 delinea il regime giuridico degli istituti in esso previsti, ma non stabilisce i casi in cui le singole misure possono essere disposte, che restano determinati dalle norme che le regolano in modo specifico.
1.3 Con riferimento alla confisca in casi particolari si e’ gia’ affermato da parte della giurisprudenza di legittimita’ che l’estinzione del reato, ad esempio, nella ricorrenza dei presupposti di cui all’articolo 445 c.p.p. (Sez. 1, n. 12969 del 17/01/2014, Militello, rv. 262146), oppure l’estinzione della pena per morte del reo dopo la formazione del giudicato di condanna (Sez. 1, n. 3098 del 03/12/2014, dep. 2015, Iamonte, Rv. 262173; Sez. 5, n. 9576 del 25/01/2008, Pg in proc. Doldo Rv. 239117) non costituiscono ostacolo, ne’ alla “applicazione” della confisca, ne’ alla sua “esecuzione”.
I medesimi principi conservano immutata validita’ anche se riferiti all’attuale assetto normativo che riguarda la confisca atipica, la cui imposizione in fase esecutiva e’ prevista testualmente dall’articolo 183-quater disp. att. c.p.p., per il quale “competente ad emettere i provvedimenti di confisca in casi particolari previsti dall’articolo 240-bis c.p. o da altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano dopo l’irrevocabilita’ della sentenza, e’ il giudice di cui all’articolo 666 c.p.p., commi 1, 2 e 3” e la procedura applicativa rispecchia il meccanismo bifasico previsto dall’articolo 667 c.p.p., comma 4.

 

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Ad ulteriore conforto della possibilita’ di ordinare la confisca anche dopo la conclusione del rapporto esecutivo riguardante la pena inflitta al condannato militano, da un lato l’insussistenza di limiti temporali espressamente stabiliti dalle norme di riferimento, dall’altro l’assenza, tra i presupposti sostanziali, del vincolo di pertinenzialita’ tra i beni confiscabili ed il reato presupposto, accertato nel giudizio di cognizione. Inoltre, il mancato impedimento all’adozione della relativa decisione in dipendenza dell’estinzione della pena, in questo caso per avvenuta espiazione nelle forme dell’affidamento in prova al servizio sociale, trova conferma nella funzione cui assolve la confisca allargata, che, analogamente alla misura di prevenzione patrimoniale, mira ad impedire il “proliferare di ricchezza di provenienza non giustificata, immessa nel circuito di realta’ economiche a forte influenza criminale. Realta’ che il legislatore ha inteso neutralizzare colpendo le fonti di un flusso sotterraneo sospetto in rapporto alle capacita’ reddituali di soggetti condannati per determinati delitti, sintomatici di contiguita’ “mafiosa”. Salva, beninteso, la contraria dimostrazione da parte di costoro della provenienza dell’accumulo che superi la presunzione “iuris tantum”, per il nesso intravisto dal legislatore tra soggetto condannato per determinati delitti e il suo patrimonio ingiustificato” (Sez. U, n. 29022 del 17/07/2001, Derouach, Rv. 219221).
Ancorare dunque il momento della confiscabilita’ dei beni del condannato ai tempi di svolgimento del rapporto esecutivo della pena inflittagli con la sentenza di condanna o di patteggiamento significa creare un vincolo di subordinazione o di dipendenza rispetto a vicenda che non esplica nessuna refluenza sui requisiti sostanziali e procedurali della confisca e finisce per frustrarne la funzione prevista dal legislatore.

 

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1.4 I contrari rilievi articolati in ricorso non meritano seguito perche’ prescindono dall’analisi testuale dell’articolo 236 c.p., comma 2, dall’interpretazione offertane dalla costante giurisprudenza di legittimita’ e dalla considerazione della specifica finalita’ dell’istituto in esame.
Puo’, quindi, formularsi il seguente principio di diritto: “Per effetto della disposizione di cui all’articolo 236 c.p., comma 2, la applicazione in sede esecutiva della confisca atipica di cui all’articolo 240-bis c.p. non e’ dipendente dalla perdurante esecuzione della pena inflitta per il reato presupposto”.
2. Con i restanti motivi i ricorrenti censurano l’ordinanza impugnata per avere la Corte di merito ravvisato i presupposti applicativi della confisca nei modestissimi redditi percepiti dagli stessi negli anni dal 2005 al 2015 e, quanto al periodo antecedente, per avere la difesa prodotto documentazione riguardante (OMISSIS) relativa agli anni 1996-1997 e per la (OMISSIS) agli anni 2001, 2005 e 2006, comprovanti introiti da lavoro dipendente mai superiori a 1.500 Euro mensili, mentre per altri periodi non era stato offerto nessun elemento di valutazione.
2.1 La Corte di appello ha esaminato le deduzioni relative all’acquisto ed alla rivendita di immobili, compiuti dai ricorrenti tra il 2000 ed il 2005 prima dell’acquisizione del bene confiscato, avvenuta con atto di compravendita del 13 luglio 2006, per il quale era stato contratto un mutuo per l’importo di 170.000 Euro, piu’ volte rinegoziato ed ancora in larga parte da restituire sino al 2018. Ha osservato, pero’, che non erano stati prodotti agli atti i contratti relativi alle operazioni traslative dai quali potersi desumere “le somme pagate, le somme riscosse, le modalita’ di pagamento e quanto di volta in volta riscosso e pagato”, e che dalle indagini condotte dalla G.d.f. era emerso che l’immobile confiscato, sito in (OMISSIS), era stato pagato per l’importo di Euro 150.000,00 a mezzo assegni emessi dal settembre 2005 alla data del rogito, 13 luglio 2006, e solo per il residuo prezzo, pari a circa Euro 70.00,00, utilizzando parte della somma mutuata, il cui residuo era stato destinato ad altri fini quali versamenti su conti correnti, emissione di assegni, sottoscrizione di fondi di investimento. Ne ha dedotto che gran parte delle somme utilizzate per l’acquisto dell’immobile non trovavano giustificazione nei redditi leciti percepiti dagli acquirenti in un momento temporale di pochi mesi successivo alla commissione del reato di spaccio di sostanza stupefacente, per il quale (OMISSIS) aveva riportato condanna con sentenza, emessa in primo grado il 28 febbraio 2007. e che l’intestazione della quota di meta’ dell’immobile alla (OMISSIS) era avvenuta grazie ai proventi dell’attivita’ illecita svolta dal marito, stante la indisponibilita’ di redditi propri sufficienti a tale investimento.

 

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2.2. E’ fondato il motivo di doglianza col quale si lamenta che l’accertamento condotto per riscontrare la sproporzione tra i redditi disponibili per i ricorrenti e l’esborso sostenuto per acquisire l’immobile confiscato sarebbe stato basato soltanto sugli introiti denunciati fiscalmente a partire dall’anno 2005, prossimo alla data di acquisto del bene, avvenuto con contratto del 13 luglio 2006, per poi estendersi sino al 2015. In tal modo i giudici di merito hanno arrestato la loro analisi della capacita’ reddituale e di risparmio dei ricorrenti al solo anno antecedente l’acquisizione immobiliare senza considerare l’eventuale disponibilita’ di flussi di ricchezza ottenuti nel decennio antecedente e facenti parte del loro patrimonio, accumulato legittimamente. In altri termini, sul piano del metodo di analisi, nell’interpretazione offerta da questa Corte, il parametro dettato dalla L. n. 356 del 1992, articolo 12-sexies, ora articolo 240-bis c.p.; del “reddito dichiarato ai fini delle imposte”, non va inteso in senso strettamente letterale come riferito a quanto percepito nell’anno in cui si e’ conseguito l’incremento patrimoniale, ma come capacita’ di spesa, consentita dalla percezione del reddito di quell’anno e del risparmio dei redditi degli anni precedenti o dei frutti degli investimenti eseguiti in altri periodi di tempo (Sez. 2, n. 29553 del 17/06/2015, Pm in proc. Fedele ed altro, n. m.; Sez. 1, n. 36814 del 25/09/2020, Sestito ed altri, n. m.), tali da aver consentito la costituzione di una riserva di denaro disponibile gia’ formatasi prima dell’anno 2006, secondo quanto illustrato nell’opposizione e negli altri atti di parte.
2.3 II provvedimento impugnato non pare avere tenuto conto delle argomentazioni e del materiale documentale offerto dalla difesa nella memoria del 25 giugno 2020 e dei prospetti riassuntivi dei dati emergenti dagli atti prodotti -dichiarazioni dei redditi e, ove mancanti, buste paga relative agli emolumenti percepiti da lavoro dipendente da parte di entrambi i ricorrenti-, nonche’ degli importi riscossi dalla cessione di immobili acquistati e rivenduti prima di acquisire il bene confiscato, come risultanti dagli stessi accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza e, in un caso, da quanto dichiarato dall’acquirente Guastamacchia in riferimento all’immobile di Castelfidardo, il cui verbale era stato allegato all’informativa del 9 luglio 2019 della predetta polizia giudiziaria.

 

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2.4 L’ordinanza impugnata presenta poi un’analisi ed una descrizione in termini generici degli esiti delle investigazioni condotte. Vi si legge, infatti, a pag. 7 della motivazione che risultano “una serie di frenetici rapporti di dare-avere con numerosi istituti di credito, di chiusura e apertura di conti correnti, di rinegoziazione di mutui, di versamento di somme e di investimenti in titoli che in alcun modo si attagliano a soggetti portatori di redditi quali i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) negli anni dal 2005 in poi e fino al 2015”. Tale giudizio e’ pero’ sprovvisto di un’esposizione dettagliata degli importi di denaro depositati sui conti, della loro provenienza e della loro destinazione, degli investimenti in titoli, nonche’ degli anni di riferimento; ne’ le operazioni riscontrate sono state poste in relazione ai redditi annualmente dichiarati dai ricorrenti. Basti pensare che, sebbene si sia dato atto che del corrispettivo ottenuto dalla cessione dell’immobile di Castelfidardo, pari a 164.000 Euro, del suo utilizzo in parte per estinguere un mutuo in precedenza contratto, in parte per sottoscrivere un titolo obbligazionario per 60.000 Euro, nulla poi e’ dato conoscere sull’esistenza di tale investimento e sulla sua eventuale successiva liquidazione. Anche con riferimento all’acquisto dell’appartamento di Osimo, sottoposto a confisca, la stessa Corte di appello ha dato atto che almeno parte della somma, pari a 70.000 Euro, conseguita dai coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) grazie ad un finanziamento bancario, era stata destinata al pagamento del prezzo, il che ne esclude necessariamente l’origine illecita per il relativo importo
In definitiva, risulta non congruamente giustificato il giudizio di sproporzione tra i mezzi leciti a disposizione dei ricorrenti e l’onere sostenuto per l’acquisto del bene sottoposto a confisca per l’omessa reale verifica della capacita’ confutativa dei rilievi difensivi, anche in riferimento alla ritenuta indisponibilita’ in capo a (OMISSIS), coniuge del condannato, di risorse sufficienti a giustificare l’intestazione della quota di meta’ del bene, ritenuto di valore sproporzionato ai mezzi leciti cui la coppia aveva avuto accesso.

 

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Sul tema dell’intestazione formale di un bene ad un terzo, in tesi accusatoria riconducibile al condannato, la giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ ha precisato che grava sull’accusa l’onere di dimostrare la fittizieta’ di tale intestazione, posto che in caso contrario non potrebbero operare i meccanismi di semplificazione probatoria, consistenti nella presunzione relativa di illecita acquisizione, stabiliti dalla disposizione di legge (Sez. 1, n. 35762 del 4/06/2019, Bisaglia, Rv. 276811; Sez. 5 n. 13084 del 6/03/2017, Carlucci, Rv. 269711).
I superiori rilievi giustificano l’accoglimento dei ricorsi e l’annullamento dell’ordinanza con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Ancona, che in piena liberta’ cognitiva dovra’ colmare le lacune segnalate nel rispetto dei principi di diritto in precedenza affermati.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello Perugia.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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