Configurabilità della vendita aziendale

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|13 marzo 2023| n. 7308.

Configurabilità della vendita aziendale

Ricorre la vendita aziendale regolata dagli artt. 2555 c.c. e ss. ogni volta venga ceduto un insieme di elementi costituenti un complesso organico e funzionalmente adeguato a conseguire lo scopo in vista del quale il loro coordinamento era stato posto in essere, essendo necessario e sufficiente che la cessione abbia ad oggetto un’entità economica ancora esistente, che conservi l’attitudine all’esercizio dell’impresa, la cui gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa dal nuovo titolare, senza che al riguardo rilevino il trasferimento dell’immobile ove si era svolta l’attività e del personale dipendente.

Sentenza|13 marzo 2023| n. 7308. Configurabilità della vendita aziendale

Data udienza 2 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Azienda – Trasferimento – Vendita aziendale – Configurabilità – Presupposti – Vendita di singoli elementi – Distinzione – Accertamento – Criteri

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28528/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Virginio Angelini, e Francesco Paolo Luiso, con domicilio in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Pinamonti, e David Cester, con domicilio in (OMISSIS);
– controricorrente – ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Bione, e Alberto Stropparo, con domicilio in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2206/2021, pubblicata in data 27.8.2021;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 2.2.2023 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mistri Corrado, che ha chiesto di respingere entrambi i ricorsi.
Uditi gli avv.ti. Francesco Paolo Luiso, Virginio Angelini, Davide Cester, Antonio Pinamonti, e Alberto Stropparo.

Configurabilità della vendita aziendale

FATTI DI CAUSA

1. La (OMISSIS) ha adito il Tribunale di Padova, chiedendo di dichiarare la nullita’ della vendita dell’azienda effettuata dai propri amministratori in data (OMISSIS) in favore della (OMISSIS) s.r.l. in violazione degli articolo 2479 c.c., comma 2, n. 5 e articolo 1418 c.c.; in subordine, di annullare o dichiarare inefficace il trasferimento del complesso, con obbligo di restituzione dei beni aziendali e degli utili, accertando altresi’ il concorso dell’acquirente nell’illecito degli amministratori, con condanna al risarcimento del danno da liquidare in corso di causa; in ulteriore subordine, di dichiarare la societa’ attrice proprietaria esclusiva dei beni elencati al punto b) del par. 7 della parte in fatto dell’atto introduttivo.
La (OMISSIS) s.r.l., costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto della domande, affermando che le parti avevano perfezionato non un’unica vendita del complesso aziendale in violazione dell’articolo 2497 c.c., ma plurime cessioni delle singole dotazioni del tutto lecite.
E’ intervenuta in giudizio la (OMISSIS) s.r.l., socia al 50% della (OMISSIS), aderendo alla richieste dell’attrice.
Disposto il sequestro giudiziario dell’azienda ed acquisita documentazione, il Tribunale ha dichiarato la nullita’ della vendita ai sensi dell’articolo 2479 c.c. e ha disposto le restituzione dell’intero complesso aziendale in sequestro, rigettando la domanda di rivendica proposta dalla (OMISSIS).
La sentenza e’ stata parzialmente riformata in appello.
La Corte di merito ha ritenuto che – con il contratto del (OMISSIS) – le parti avessero perfezionato una cessione di azienda e non la vendita di singoli cespiti, ponendo in rilievo che erano stati trasferiti tutti gli arredi, le attrezzature d’ufficio, gli impianti e i macchinari e i contratti di leasing, vale a dire tutti i beni caratterizzanti il complesso aziendale utilizzato per lo svolgimento dell’attivita’ di macellazione delle carni, con subentro dell’acquirente anche nelle relative autorizzazioni amministrative.
Ha rilevato che, sebbene la cedente avesse receduto dal contratto di locazione dell’immobile aziendale, il bene era stato successivamente locato alla cessionaria e anche i dipendenti, dopo il licenziamento, erano stati riassunti alle dipendenze della (OMISSIS), sostenendo che per invalidare la vendita aziendale non era necessario impugnare anche i singoli negozi con cui erano stati ceduti i rapporti assicurativi e le utenze, essendo anche tali atti funzionali all’obiettivo di permettere a (OMISSIS) di svolgere la medesima attivita’ aziendale di (OMISSIS), con il medesimo complesso di beni organizzati.
Ha infine ordinato la restituzione dei beni aziendali, con esclusione di quelli indicati alla lettera b) del punto 7) della parte in fatto, negando l’applicabilita’ dell’articolo 2561 c.c., u.c. per carenza di prova che tali consistenze facessero parte dell’azienda ceduta.
La cassazione della sentenza e’ chiesta dalla (OMISSIS) s.r.l. con ricorso in due motivi.
La (OMISSIS) s.r.l. resiste con controricorso; la sola (OMISSIS) s.r.l. ha depositato controricorso, con ricorso incidentale affidato a due motivi.
In prossimita’ dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memoria illustrative.

Configurabilità della vendita aziendale

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 1418 e articolo 2479 c.c., comma 2, n. 5 sostenendo che il contratto del (OMISSIS) non integrava una cessione di azienda, ma una vendita di singoli cespiti, non essendo stato previsto il trasferimento di elementi essenziali e caratterizzanti, quali il subentro nella locazione dell’opificio e nei contratti di lavoro, per cui il contratto non poteva ritenersi nullo.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli articolo 2479 c.c., comma 2, n. 5 e articolo 1418 c.c., addebitando alla Corte di appello l’errore di aver ritenuto che la ricorrente non avesse contestato la decisione di primo grado nella parte in cui, dal perfezionamento di una cessione di azienda, aveva fatto discendere la nullita’ del contratto, contestazione che era stata proposta sia nell’atto di gravame, sia nella comparsa conclusionale di appello.
Si espone che il negozio concluso dagli amministratori, anche se estraneo rispetto all’oggetto sociale, non era nullo, ma semplicemente inefficace e che tale inefficacia era inopponibile ai terzi acquirenti.
2. Il primo motivo e’ infondato.
La tesi della ricorrente – che nega la configurabilita’ della vendita aziendale ove non vengano trasferiti, unitamente alle attrezzature e ai rapporti in essere, anche l’immobile ove era svolta l’attivita’ e il personale dipendente – non puo’ essere accolta.
Secondo il costante orientamento di questa Corte ricorre la vendita aziendale regolata dagli articoli 2555 c.c. e ss. ogni volta venga ceduto un insieme di elementi costituenti un complesso organico e funzionalmente adeguato a conseguire lo scopo in vista del quale il loro coordinamento era stato posto in essere, essendo necessario e sufficiente che la cessione abbia ad oggetto un’entita’ economica ancora esistente, la cui gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa dal nuovo titolare.
La vendita aziendale non e’ esclusa in caso di cessione di singole unita’ produttive, purche’ abbiano una propria autonomia organizzativa e funzionale – anche se, una volta inserite nell’impresa cessionaria, restino assorbite, integrate o riorganizzate nella piu’ ampia struttura di quest’ultima e anche ove, per dare continuita’ all’impresa, sia necessario l’apporto di altri beni o dotazioni.
E’ in altri termini necessario che nel complesso di beni oggetto del trasferimento permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure con le successive integrazioni ad opera del cessionario (Cass. 3514/1975; Cass. 3627/1996; Cass. 23496/2004; Cass. 17418/2005; Cass. 27826/2005; Cass. 21481/2009).
L’azienda puo’ esser – invero – dedotta quale oggetto di cessione sia nella sua fase statica, sia in quella dinamica e, pertanto, non e’ neppure rilevante che l’idoneita’ funzionale e produttiva dei beni non sussista ancora, bastando che essa sia conseguenza potenziale prevista dalle parti (Cass. 1640/1984; Cass. 4700/2003; Cass. 166/2005).
Il trasferimento del rapporto di locazione non puo’ considerarsi indispensabile per ritenere integrata una cessione aziendale, come comprova la L. n. 392 del 1978, articolo 36 norma che contempla tale successione come soltanto eventuale, richiedendo un apposito negozio di sublocazione o di cessione del contratto di locazione, la cui esistenza si presume fino a prova contraria, alla stregua dei principi fissati dall’articolo 2558 c.c., salvo che le parti, nello stipulare il contratto di cessione o affitto di azienda, non abbiano espressamente disciplinato le sorti della locazione, nel qual caso la predetta presunzione neppure opera (Cass. 7686/2008; Cass. 2491/2009; Cass. 11967/2013; Cass. 12016/2017).
Inoltre, secondo quanto prescrive l’articolo 2112 c.c., la continuita’ dei rapporti di lavoro e’ un effetto legale della cessione che integra il contenuto dispositivo del contratto per l’ipotesi che tale continuita’ non sia stata prevista dai contraenti, ma che non esclude – in astratto – la facolta’ di preventivo recesso dell’alienante, sempre che la cessione stessa non ne sia stato l’unico motivo determinante (Cass. 11410/2018; Cass. 741/2004; Cass. 8621/2001), il che prova che tale continuita’ non e’ necessaria per configurare una vendita dell’azienda in senso tecnico.

Configurabilità della vendita aziendale

Per distinguere l’ipotesi disciplinata dall’articolo 2555 c.c. dalla vendita di singoli elementi e’ invece necessario accertare quale sia stato – secondo la volonta’ dei contraenti – l’oggetto specifico del contratto e cioe’ se i beni ceduti siano stati considerati nella loro autonoma individualita’ o non piuttosto nella loro funzione unitaria e strumentale in vista della prosecuzione dell’attivita’ produttiva (Cass. 10193/2002; Cass. 8621/2001).
Nello specifico, come e’ detto in sentenza, erano transitate alla cessionaria tutti beni aziendali, le dotazioni, i macchinari, le autorizzazioni amministrative, e successivamente i singoli contratti assicurativi, le utenze e l’intera clientela; anche i dipendenti erano stati riassunti e la (OMISSIS) aveva preso in locazione i locali gia’ detenuti dalla (OMISSIS).
La cedente era stata svuotata di tutti i suoi beni, aveva cessato l’attivita’ ed era stata posta in liquidazione, mentre la cessionaria aveva potuto proseguire un’attivita’ “sovrapponibile a quella precedentemente svolta, con le medesime caratteristiche e organizzazione aziendale e senza soluzione di continuita’”.
In definitiva, le parti avevano voluto trasferire proprio un’entita’ economica organizzata in maniera stabile, che aveva conservato la propria identita’ e che aveva consentito l’esercizio dell’attivita’ economica di eliminazione o recupero di carcasse di animali e di residui di animali, mediante un negozio la cui unica causa economica andava individuata nella cessione dell’azienda e non delle singole dotazioni autonomamente considerate.
3. Il secondo motivo e’ fondato.
La (OMISSIS) s.r.l. aveva specificamente impugnato la declaratoria di nullita’ del contratto adottata in primo grado, sostenendo che, non avendo le parti perfezionato una vendita aziendale, la scrittura del (OMISSIS) non poteva ritenersi nulla.
Pronunciando sul terzo motivo di appello, la Corte di merito, dopo aver condiviso la qualificazione dell’operazione operata dal tribunale, ha concluso che, non avendo l’appellante contestato anche le conseguenze giuridiche che derivavano dalla natura del contratto, la nullita’ doveva “rimanere ferma”.
Tale assunto e’ errato.
Contrariamente a quanto si sostiene nei controricorsi, nessun giudicato interno sulla nullita’ poteva ritenersi formato.
La mancata impugnazione di una o piu’ affermazioni contenute nella sentenza puo’ dar luogo alla formazione del giudicato soltanto se esse siano configurabili come capi completamente autonomi, avendo risolto questioni controverse che, in quanto dotate di propria individualita’, integrino una decisione del tutto indipendente dalle altre (Cass. 4732/2012; Cass. 21566/2017).
La nozione di “parte della sentenza”, alla quale fa riferimento l’articolo 329 c.p.c., comma 2, dettato in tema di acquiescenza implicita a cui si ricollega la formazione del giudicato interno, identifica soltanto le “statuizioni minime”, costituite dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibili di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia.
Ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi consente – e impone – di riesaminare l’intera statuizione (Cass. 12202/2017; Cass. 24738/2018) ed espande nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene coessenziali alla statuizione impugnata, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame, senza che sia in tal caso configurabile una violazione dell’effetto devolutivo del gravame (Cass. 9202/2018; Cass. 8604/2017; Cass. 1377/2016).
In definitiva, la Corte distrettuale non poteva limitarsi a verificare se effettivamente le parti avessero concluso una cessione d’azienda, ma doveva procedere autonomamente allo scrutinio delle conseguenze giuridiche che discendevano in diritto dalla cessione deliberata dagli amministratori senza una conforme decisione dei soci, profilo che, essendo stato trascurato dalla sentenza impugnata, dovra’ essere rivalutato dal giudice del rinvio. 4. L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione degli articolo 2561 c.c., comma 4, e articolo 1150 c.c., sostenendo che il giudice territoriale, rilevata la nullita’ del contratto, avrebbe dovuto disporre la restituzione anche dei beni non ricompresi nell’elenco di allegato all’atto di vendita del (OMISSIS), in analogia con quanto disposto dall’articolo 2561 c.c., che, nel prevedere che la differenza tra le consistenze di inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto o dell’affitto sono regolate in denaro, vuole che il concedente divenga sempre titolare dell’intero complesso aziendale comprensivo di eventuali incrementi. In ogni caso, avendo la cessionaria posseduto l’azienda dopo la vendita del (OMISSIS), le restituzioni dovevano essere regolate in conformita’ a quanto previsto dall’articolo 1150 c.c. potendo la cedente pretendere solo un’indennita’ per i miglioramenti o le addizioni.
Il motivo e’ assorbito, dovendo il giudice del rinvio valutare nuovamente se, in caso di vendita dell’azienda senza la preventiva autorizzazione dei soci, si determini un vizio del contratto opponibile all’acquirente e quali conseguenze restitutorie eventualmente ne discendano.

Configurabilità della vendita aziendale

E’ pertanto accolto il secondo motivo del ricorso principale, con rigetto del primo; il ricorso incidentale e’ invece assorbito.
La sentenza e’ cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo e dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimita’.

 

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