Art. 94 c.p.c. e la previsione della condanna alle spese in favore dell’avversario vincitore

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 marzo 2023| n. 7266.

Art. 94 c.p.c. e la previsione della condanna alle spese in favore dell’avversario vincitore

L’articolo 94 cod. proc. civ. prevedendo la condanna alle spese in favore dell’avversario vincitore, eventualmente in solido con la parte, del soggetto che la rappresenti, si giustifica con il fatto che il predetto, pur non assumendo la veste di parte nel processo, esplica pur tuttavia, anche se in nome altrui, un’attività processuale in maniera autonoma; tale condanna postula la ricorrenza di gravi motivi, da enunciarsi in modo specifico dal giudice, quali la trasgressione del dovere di lealtà e probità di cui all’articolo 88 cod. proc. civ., ovvero la mancanza della normale prudenza tipica della responsabilità processuale aggravata di cui all’articolo 96, comma 2, cod. proc. civ. (Nel caso di specie, rigettando il ricorso proposto contro la sentenza con la quale la corte d’appello aveva respinto il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento di una società di fatto, la Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo con cui i ricorrenti avevano lamentato la condanna comminata alla rifusione ex articolo 94 cod. proc. civ. delle spese relative al gravame pronunciata a carico del legale rappresentante della società reclamante, in quanto, nella circostanza la corte territoriale aveva affermato “…l’imprudente valutazione della controversia che ha esposto il rappresentato ad inutili ed evitabili esborsi…”, locuzione da ritenere idonea a giustificare siffatta condanna). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 20 maggio 2020, n. 9203).

Ordinanza|13 marzo 2023| n. 7266. Art. 94 c.p.c. e la previsione della condanna alle spese in favore dell’avversario vincitore

Data udienza 9 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI – DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAZZICONE Loredana – Presidente
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso RG 5507 anno 2018 proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS) s.r.l., rappresentati e difesi dall’avvocato Francesco Gaviraghi, domiciliato presso l’avvocato Marco Machetta;
– ricorrenti –
contro
Fallimento della societa’ di fatto tra (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. (OMISSIS) s.r.l., nonche’ dei soci illimitatamente responsabili, rappresentato e difeso dall’avvocato Elena Brunori;
– controricorrente –
e contro
Banca (OMISSIS) s.p.a., quale procuratrice di (OMISSIS) s.p.a., rappresentata e difesa dall’avvocato Massimo Mannocchi;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 96/2018 della Corte di appello di Firenze, depositata il giorno 16 gennaio 2018.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 9 febbraio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Falabella.

Art. 94 c.p.c. e la previsione della condanna alle spese in favore dell’avversario vincitore

FATTI DI CAUSA

1. – il Tribunale di Firenze, in accoglimento della domanda proposta dal fallimento di (OMISSIS) s.r.l. ha dichiarato il fallimento della societa’ di fatto tra la predetta fallita, (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. (OMISSIS) s.r.l., nonche’ dei predetti soggetti, quali soci illimitatamente responsabili.
2. – Hanno proposto reclamo (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l.. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 16 gennaio 2018, nella resistenza della curatela e di (OMISSIS) s.p.a., societa’ che, quale creditrice, aveva instato per il fallimento (OMISSIS) s.r.l., ha respinto l’impugnazione.
3. – Ricorrono per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l., con cinque motivi di impugnazione. Hanno notificato controricorso la curatela e Banca (OMISSIS) s.p.a., quale procuratrice di (OMISSIS) s.p.a..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 83, 125, 182, 350, 354 e 383 c.p.c..
Il motivo non e’ fondato.
La Corte di appello ha respinto il primo motivo di reclamo, con cui era stata denunciata la nullita’ della sentenza del Tribunale per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del creditore istante del fallimento di (OMISSIS), (OMISSIS) s.p.a., osservando che la nullita’ stessa, ove esistente, doveva ritenersi sanata per effetto della costituzione, in sede di reclamo, del litisconsorte necessario pretermesso, che era volontariamente intervenuto nel giudizio di impugnazione.
Obiettano i ricorrenti che la costituzione in giudizio della detta societa’ era stata espressamente contestata per non essere stata documentata la procura attraverso cui Banca (OMISSIS) rappresentava in giudizio la detta (OMISSIS). Si deduce che la detta procura era stata meramente richiamata dalla societa’ intervenuta in giudizio in nome e per conto di (OMISSIS) e che il Giudice del reclamo, in presenza della detta eccezione, avrebbe dovuto invitare la detta parte, in conformita’ di quanto previsto dall’articolo 182 c.p.c., a depositare la procura in questione.
Ora, secondo una lettura che pare condivisibile, a seguito delle modifiche alla legge fallimentare introdotte con il Decreto Legislativo n. 169 del 2007, i creditori che hanno proposto il ricorso di fallimento nei confronti di una societa’ di persone o di un imprenditore apparentemente individuale non sono litisconsorti necessari nel procedimento di fallimento in estensione previsto dalla L. Fall., articoli 15 e 147, promosso ad istanza del curatore, neppure ai fini della condanna alle spese processuali, che il presunto socio potrebbe reclamare nei confronti dello stesso curatore. I predetti creditori sono, invece, litisconsorti necessari nel giudizio di reclamo alla sentenza dichiarativa di fallimento proposto dal socio illimitatamente responsabile, cui il fallimento sia stato successivamente esteso, in ragione dei pregiudizi che la revoca del fallimento potrebbe arrecare alle loro pretese, che, a norma della L. Fall., articolo 148, si intendono dichiarate anche nel fallimento dei singoli soci (Cass. 24 ottobre 2016, n. 21430; Cass. 27 febbraio 2017, n. 4917; nel senso che gli originari creditori istanti per il fallimento di una societa’ di persone o di un imprenditore individuale assumono la posizione di litisconsorti necessari nel giudizio di reclamo proposto dal socio illimitatamente responsabile, attinto dalla dichiarazione di fallimento in estensione ai sensi della L. Fall., articolo 147, commi 4 e 5: Cass. 21 ottobre 2021, n. 29288). Analogo principio trova applicazione ove si faccia questione del fallimento di una societa’ di capitali la cui attivita’ e’ riferibile a una societa’ composta dalla stessa e da altri imprenditori, individuali o collettivi. Premesso, infatti, che la L. Fall., articolo 147, comma 5, trova applicazione anche laddove il socio gia’ fallito sia una societa’, anche di capitali, che partecipi, con altre societa’ o persone fisiche, ad una societa’ di persone, e cioe’ a una c.d. supersocieta’ di fatto (per tutte: Cass. 17 aprile 2020, n. 7903), l’elemento che giustifica, qui, il litisconsorzio in fase di gravame e’ affine a quello sopra indicato: e cioe’ l’interesse ad evitare che, sui beni del socio, gia’ dichiarato fallito, possano concorrere, L. Fall., ex articolo 148, i creditori della societa’ occulta (si veda, al riguardo, Cass. 24 febbraio 2016, n. 3621).
Il tema della rituale partecipazione di (OMISSIS) al giudizio di reclamo assume quindi centralita’, rivestendo la stessa la qualita’ di litisconsorte necessario, se pure nella sola fase di gravame. Deve quindi accertarsi se sia stato legittimo l’intervento in giudizio della parte che se ne e’ dichiarata rappresentante.
Ora, rammenta parte ricorrente (pag. 6 dell’atto di impugnazione) che in sede di reclamo, all’udienza del 1 dicembre 2018, il proprio difensore ebbe ad eccepire il mancato deposito, da parte (OMISSIS) s.p.a., della procura in forza del quale essa aveva in giudizio la rappresentanza di Banca (OMISSIS) s.p.a.: nella circostanza – e’ precisato – la difesa della societa’ costituita in giudizio replico’ che la procura in questione era stata rilasciata per atto pubblico, i cui estremi erano stati indicati nella comparsa, e si dichiaro’ pronta a depositare la stessa ove la Corte lo avesse reputato necessario.
La procura in questione e’ stata poi depositata in questa sede da (OMISSIS) unitamente al controricorso: attivita’ processuale, questa, pienamente legittima in quanto funzionale alla dimostrazione dell’ammissibilita’ del predetto controricorso, giusta l’articolo 372 c.p.c..
Cio’ posto, reputa il Collegio che il mancato deposito, nel giudizio avanti alla Corte di appello, della procura atta a giustificare la legittimazione rappresentativa dell’odierna controricorrente (di quella stessa procura di cui si e’ qui constata l’esistenza ai fini della verifica dell’ammissibilita’ del controricorso), non giustifichi la cassazione della sentenza. Per un verso, infatti, deve credersi che la banca non fosse onerata del deposito dell’atto a fronte della condotta processuale degli odierni ricorrenti (che non intesero confutare quanto da essa dedotto in ordine all’esistenza di una procura puntualmente identificata nei suoi estremi) e dello stesso atteggiamento tenuto, in proposito, dal Giudice del gravame, il quale non ritenne evidentemente necessario sollecitare l’acquisizione dell’atto notarile che (OMISSIS) si era pur detta pronta a depositare. Per altro verso, la valorizzazione del dato del mancato deposito della procura e il conseguente annullamento della sentenza impugnata in ragione della riscontrata mancata acquisizione della stessa nel giudizio di reclamo veicolerebbe una soluzione contraria al principio di ragionevole durata del processo: importerebbe, infatti, la rinnovazione del giudizio avanti alla Corte di appello per il mancato il deposito di un atto (fondante il valido esercizio del potere procuratorio) che all’epoca era pacificamente esistente (sul rilievo che puo’ giocare il principio della ragionevole durata del processo nel procedimento che si svolga contro un litisconsorte pretermesso, cfr., se pure in fattispecie diversa da quella odierna, Cass. 22 ottobre 2018, n. 26631).
2. – Il secondo motivo lamenta la violazione della L. fall., articoli 43 e 15, articoli 2740 e 2741 c.c..
I ricorrenti lamentano la mancata la notifica dell’istanza di fallimento “all’ultimo organo amministrativo di (OMISSIS) s.r.l.”, essendo stata reputata “sufficiente la notifica al curatore che non e’ certo legale rappresentate della societa’ fallita”.
Il motivo e’ palesemente infondato.
Come giustamente evidenziato dalla Corte fiorentina, anche con riguardo alla posizione della detta societa’, che era stata dichiarata fallita all’epoca dell’instaurazione del giudizio per la dichiarazione di fallimento di (OMISSIS), deve trovare applicazione la L. Fall., articolo 43, a mente del quale nelle controversie relative a diritti patrimoniali del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore.
3. – Col terzo motivo e’ denunciata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2361 c.c. e L. Fall., articolo 147.
Spiegano i ricorrenti che la supersocieta’ che era stata ritenuta esistente non era una societa’ occulta, ma una societa’ di fatto, e che, essendo (OMISSIS) fallita da molto piu’ di un anno, non poteva essere dichiarato il fallimento dei pretesi soci di fatto della medesima.
Il motivo non ha fondamento.
La Corte di appello ha ritenuto ininfluente il momento in cui e’ stato dichiarato il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. ai fini del fallimento dei soci di fatto (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l. in quanto il fallimento stesso non aveva fatto venir meno l’affectio societatis esistente tra i detti soci; ha aggiunto che la situazione di “clandestinita’” del socio occulto e della societa’ occulta rendevano concretamente inapplicabile il sistema pubblicitario del registro delle imprese e le disposizioni relative alla cessazione della responsabilita’ illimitata e alla cessazione dell’attivita’ di impresa.
E’ materia di un accertamento di fatto devoluto al giudice del merito, non censurabile in questa sede, la circostanza per cui gli odierni ricorrenti rivestivano la qualita’ di soci occulti della fallita (OMISSIS) s.r.l.. Trova conseguentemente applicazione il principio per cui il principio di certezza delle situazioni giuridiche impone che la decorrenza del termine annuale di cui alla L. Fall., articolo 10, invocato dagli istanti, per il socio occulto receduto non possa farsi risalire alla data del suo recesso, ne’, tanto meno, a quella della dichiarazione di fallimento della societa’, poiche’ l’evento fallimentare non scioglie il vincolo societario, quanto piuttosto a quella in cui lo scioglimento del rapporto sia portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei (Cass. 2005, n. 18927; Cass. 10 marzo 2011, n. 5764; con riferimento all’ipotesi del socio accomandante ingeritosi nell’amministrazione: Cass. 25 novembre 2015, n. 24112; Cass. 28 febbraio 2017, n. 5069; Cass. 1 marzo 2022, n. 6771).
4. – Col quarto mezzo si oppone la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 147 e dell’articolo 2497 c.c..
Sostengono i ricorrenti, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, che l’utilizzo strumentale di una o piu’ societa’ per la diversificazione degli investimenti e delle responsabilita’ di chi le dirige e le governa non costituisce abuso e non e’ presupposto dell’estensione del fallimento. Si richiamano, a tal fine, i compiti cui dovevano assolvere, nella strategia operativa programmata, le societa’ (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l..
Il motivo e’ inammissibile.
Il comune intento sociale perseguito dalla societa’ fallita e dai soci occulti e’ stato oggetto di una valutazione, da parte dei Giudici del merito, che e’ censurato in modo inappropriato, investendo direttamente il nucleo delle circostanze che sarebbero state trascurate, senza sollevare censure motivazionali (le uniche qui consentite, con riferimento al giudizio di fatto) e, comunque, nel mancato rispetto del canone dell’autosufficienza, dal momento che la doglianza e’ svolta su un piano di astrattezza, senza dar puntualmente conto delle risultanze di causa.
5. – Il quinto motivo oppone la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 94.
I ricorrenti si dolgono della condanna comminata dalla Corte di appello alla rifusione ex articolo 94 c.p.c., delle spese relative al gravame al legale rappresentante della societa’ reclamante, (OMISSIS). Contestano la violazione dei doveri di probita’ e di lealta’ e della mancata indicazione delle ragioni che avrebbero giustificato la statuizione adottata.
Il motivo non ha fondamento.
L’articolo 94 c.p.c., prevedendo la condanna alle spese in favore dell’avversario vincitore, eventualmente in solido con la parte, del soggetto che la rappresenti, si giustifica con il fatto che il predetto, pur non assumendo la veste di parte nel processo, esplica pur tuttavia, anche se in nome altrui, un’attivita’ processuale in maniera autonoma; tale condanna postula la ricorrenza di gravi motivi, da enunciarsi in modo specifico dal giudice, quali la trasgressione del dovere di lealta’ e probita’ di cui all’articolo 88 c.p.c., ovvero la mancanza della normale prudenza tipica della responsabilita’ processuale aggravata di cui all’articolo 96 c.p.c., comma 2 (cosi’ Cass. 20 maggio 2020, n. 9203). Nella fattispecie cio’ e’ avvenuto, avendo la Corte di merito censurato l'”imprudente valutazione della controversia che ha esposto il rappresentato ad inutili ed evitabili esborsi” (locuzione, questa, che proprio la cit. Cass. 20 maggio 2020, n. 9203 ha reputato idonea a giustificare la detta condanna).
6. – Il ricorso e’ rigettato.
7. – Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte;
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti di entrambi i controricorrenti, liquidandole, per ciascuno di essi, in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di importo pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

 

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