Configurabilità della responsabilità ex art. 2049 c.c.

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 ottobre 2021| n. 28852.

Ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2049 c.c., è sufficiente che il fatto illecito sia commesso da un soggetto legato da un rapporto di preposizione con il responsabile, ipotesi che ricorre non solo in caso di lavoro subordinato, ma anche quando, per volontà di un soggetto (committente), un altro (commesso) esplichi un’attività per conto del primo.

Ordinanza|19 ottobre 2021| n. 28852. Configurabilità della responsabilità ex art. 2049 c.c.

Data udienza 7 aprile 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Agenzia – Mandato di agenzia – Revoca – Recesso – Giusta causa – Responsabilità ex art. 2049 c.c.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 2605/2016 proposto da:
(OMISSIS) srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), in proprio, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SpA, in persona dei suoi procuratori speciali, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2536/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/04/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 09.02,2006, (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) – amministratore delegato -, premesso che (OMISSIS) e (OMISSIS) sottoscrivevano, in data 28.02.2000, un contratto di agenzia, convenivano in giudizio quest’ultima al fine di veder accertata l’illegittimita’ della revoca del mandato di agenzia comminata, in data 03.10.2005, dalla (OMISSIS) S.p.A. all’ (OMISSIS); dichiararsi l’illegittimita’ dei conteggi eseguiti dalla (OMISSIS) S.p.A. in sede di riconsegna dell’agenzia (OMISSIS) s.r.l. e, pertanto, non dovuti gli importi; accertarsi il comportamento di abuso di posizione dominante, di abuso di dipendenza economica e di concorrenza sleale della (OMISSIS) ai danni dell’ (OMISSIS), con conseguente diritto di quest’ultima al risarcimento dei danni derivanti dall’avere la preponente accollato alla societa’ agente debiti risalenti alle precedenti gestioni e dall’averla costretta ad assumere impegni di produzione proibitivi, applicando, altresi’, sconti diseguali e spartendo iniquamente la clientela tra le varie agenzie.
1.1. Con riguardo al primo degli addebiti menzionati, parte attrice censurava l’illegittimita’ della condotta tenuta dalla preponente che, in seguito alla distrazione, ad opera del socio dell’ (OMISSIS) (OMISSIS), della somma di Euro 350.000,00 dai fondi dell’agenzia, aveva comunicato il proprio recesso per giusta causa dal contratto, quando, secondo parte attrice, non poteva, in seguito a siffatto episodio, dirsi venuto meno il rapporto fiduciario tra le parti, avendo il (OMISSIS) posto in essere l’attivita’ illecita autonomamente, senza coinvolgere la societa’ per la quale operava.
1.2. Si costituiva in giudizio la (OMISSIS) S.p.A., chiedendo il rigetto delle domande attoree e, in via riconvenzionale, la condanna dell’ (OMISSIS) al pagamento di quanto asseritamente dovuto per la cessazione del rapporto di agenzia.
1.3. Con sentenza n. 3362/2013 del 04.03.2013, il Tribunale di Milano respingeva le domande formulate dall’attrice, accogliendo, di contro, la domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta.
1.4. Avverso tale statuizione interponevano gravame l’ (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS), deducendo, con un primo motivo, l’erronea applicazione dell’articolo 2049 c.c., e conseguente affermazione di legittimita’ del recesso per giusta causa, essendo (OMISSIS) non dipendente ma socio; con un secondo motivo, dolendosi dell’accoglimento della domanda riconvenzionale, sul presupposto della legittimita’ del recesso e contestando i conteggi del CTU; infine, dolendosi della reiezione delle domande risarcitorie per abuso di posizione dominante, abuso di dipendenza economica e concorrenza sleale.
1.5. Con la sentenza quivi impugnata, la Corte d’appello di Milano rigettava il gravame proposto da parte appellante.
1.6. La Corte di merito ritenne configurabile la responsabilita’ ex articolo 2049 c.c., trattandosi di fatto illecito sia commesso da un soggetto legato da un rapporto di preposizione con il responsabile, ipotesi che ricorre non solo in caso di lavoro subordinato ma anche quando per volonta’ di un soggetto (committente) un altro (commesso) esplichi un’attivita’ per suo conto. Nel caso in esame l’amministratore delegato (OMISSIS) aveva delegato al (OMISSIS) le incombenze amministrative contabili, nell’esercizio delle quali lo stesso si era appropriato delle somme indicate, sicche’ era legittimo il recesso intimato dalla (OMISSIS), essendo, in seguito al fatto illecito perpetrato dal socio, venuto meno il rapporto fiduciario tra quest’ultima e l’agente.
1.7. Quanto al secondo motivo, avente ad oggetto i conteggi operati dal CTU, il giudice di seconde cure, pur confermandone il risultato, rilevava la tardivita’ delle contestazioni che, ai sensi dell’articolo 157 c.p.c., comma 2, andavano proposte nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione.
1.8. Infine, con riguardo alla domanda risarcitoria, la Corte, pur rilevando il carattere inammissibile della censura formulata per non aver parte appellante preso posizione sulle argomentazioni sostenute in motivazione della sentenza di primo grado, procedeva all’esame nel merito delle singole doglianze, concludendo, sulla base del materiale probatorio acquisito, per l’infondatezza.
2. Per la cassazione di detta sentenza hanno proposto ricorso la (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) sulla base di cinque motivi.
2.1 Ha resistito con controricorso (OMISSIS) S.p.A., che, in prossimita’ dell’udienza ha depositato memorie illustrative.
2.2. Gli eredi di (OMISSIS), gia’ contumaci in appello, sono rimasti intimati.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1375 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte distrettuale erroneamente affermato la legittimita’ del recesso effettuato dalla (OMISSIS) pur avendo quest’ultima tenuto una condotta non certo improntata al principio di correttezza e buona fede tenendo conto non solo che il fatto illecito non sarebbe riconducibile alla condotta di (OMISSIS) o della Sig.ra (OMISSIS) ma che i predetti si sarebbero immediatamente attivati per rimediare ai danni causati dal (OMISSIS).
3. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2119 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e omessa pronuncia su un fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte d’appello fatto discendere dall’applicabilita’ della previsione di cui all’articolo 2049 c.c., la legittimita’ del recesso operato dalla (OMISSIS), senza, tuttavia, esaminare se la condotta della societa’ fosse tale da giustificare effettivamente l’adozione di tale provvedimento; che cosi’ non fosse lo dimostrano gli innumerevoli comportamenti tenuti dalla (OMISSIS) successivamente alla distrazione, chiaramente comprovanti l’adozione di una condotta improntata al rispetto dei principi di correttezza e buona fede.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2049 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte distrettuale ritenuto applicabile alla fattispecie in esame la previsione di cui all’articolo 2049 c.c., nonostante la figura del (OMISSIS) non fosse equiparabile a quella del preposto, ma a quella del socio con poteri di assoluta autonomia.
3.1. I motivi, di cui appare opportuna una trattazione congiunta in ragione del profilo comune censurato avente ad oggetto l’applicabilita’ della previsione di cui all’articolo 2049 c.c., sono inammissibili.
3.2. Preme, in primo luogo, richiamare il consolidato orientamento di questa Corte in materia, secondo cui “Ai fini della configurabilita’ della responsabilita’ ex articolo 2049 c.c., e’ sufficiente che il fatto illecito sia commesso da un soggetto legato da un rapporto di preposizione con il responsabile, ipotesi che ricorre non solo in caso di lavoro subordinato ma anche quando per volonta’ di un soggetto (committente) un altro (commesso) esplichi un’attivita’ per suo tonto” (Cass. civ., sez. III, 15.06.2016, n. 12283).
3.3. La giurisprudenza di questa Corte, al fine di meglio circoscrivere l’ambito di applicabilita’ della previsione in esame, ha piu’ volte ribadito i requisiti necessari per la configurabilita’ di tale tipo di responsabilita’, escludendo, da un lato, la rilevanza della tendenziale autonomia del preposto nell’espletamento delle mansioni a questo affidate (Cass., sez. III, 26.09.2019, n. 23973) e, precisando, dall’altro, che, ai fini dell’imputazione della responsabilita’ in capo al preponente, e’ sufficiente la sussistenza di un rapporto di occasionalita’ necessaria, nel senso che l’incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purche’ sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli, cosi’ da non configurare una condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro (Cass. civ., Sez. III, del 24/01/2007, n. 1516).
3.4. Facendo applicazione di tali consolidati principi, la Corte distrettuale e’ pervenuta alla statuizione di imputabilita’ della responsabilita’, per il fatto della distrazione del denaro da parte del (OMISSIS), in capo alla (OMISSIS), ravvisando, nel caso in esame, gli estremi di una preposizione di fatto dimostrata dalla circostanza che l’amministratore delegato (OMISSIS) avesse delegato al (OMISSIS) le incombenze amministrative contabili, nell’esercizio delle quali lo stesso si era appropriato delle somme indicate -, con conseguente riconoscimento della legittimita’ del recesso esercitato dalla (OMISSIS), il cui lecito esercizio risulta corroborato da quanto statuito sul punto da Cass. civ., sez. II, 04.05.2011, n. 9779, la quale ha riconosciuto che “costituisce giusta causa di recesso del preponente dal contratto di agenzia stipulato con una societa’ di capitali la circostanza che uno dei soci di quest’ultima, in grado di influenzarne la condotta, abbia tenuto un comportamento riprovevole tale da minare la fiducia del preponente”.
3.5. Alla luce di quanto osservato, quindi, risulta evidente che le censure formulate da parte ricorrente, pur denunciando apparentemente presunte violazioni di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, mirano, in realta’, ad una mera rivalutazione dei fatti di causa, finalizzata a comprovare la scindibilita’ dei rapporti tra l’ (OMISSIS) e la (OMISSIS) e tra quest’ultima e il (OMISSIS) e, pertanto, si palesano inammissibili in conformita’ all’orientamento di questa Corte, secondo cui ” e’ inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realta’, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass. Sez. U., 27.12.2019, n. 34476).
4. Con il quarto motivo di ricorso, si censura l’erroneita’ dei conteggi eseguiti dalla CTU disposta in primo grado in sede di riconsegna dell’agenzia.
5. Con il quinto motivo di ricorso, si censura l’omesso accoglimento della domanda risarcitoria proposta da (OMISSIS), avente ad oggetto le denunciate condotte di abuso di posizione dominante, abuso di dipendenza economica e concorrenza sleale perpetrate dalla (OMISSIS) a danno dell’odierna ricorrente e sostanziatesi nell’aver: imposto all’ (OMISSIS) budget molto elevati, superiori a quelli di altre agenzie operanti nel medesimo territorio; consentito all’ (OMISSIS) di effettuare sconti alla clientela solo nella misura massima del 2% quando agli altri agenti (OMISSIS) veniva concessa la facolta’ di fare sconti molto piu’ elevati, sino al 20%; imposto all’ (OMISSIS) di accollarsi debiti delle precedenti gestioni; violato la previsione di cui all’articolo 1743 c.c., secondo cui “il preponente non puo’ avvalersi contemporaneamente di piu’ agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attivita’”.
5.1. I motivi sono inammissibili sotto diversi profili.
5.2. In primo luogo, parte ricorrente non riconduce le censure denunciate ad uno dei motivi di ricorso di cui all’articolo 360 c.p.c., in violazione del consolidato orientamento secondo cui il giudizio di cassazione e’ un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassativita’ e della specificita’ ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’articolo 360 c.p.c., sicche’ e’ inammissibile la critica generica della sentenza impugnata” (Cass. civ., sez. 6-2. 14.05.2018, n. 11603; Cass. civ., sez. 6-5, 22.09.2014, n. 19959).
5.3. In ordine alle contestazioni alla CTU, va peraltro rilevato che la Corte di merito ha confermato la correttezza delle operazioni peritali, svolte nel contraddittorio con le parti e con i CTP; ha inoltre osservato che il CTU aveva fornito ulteriori chiarimenti in udienza a verbale e che le contestazioni erano state tardivamente proposte, ai sensi dell’articolo 157 c.p.c., comma 2, ovvero nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione. Detta affermazione non e’ stata oggetto di specifica censura.
5.4. Le censure svolte, lungi dal denunciare la violazione della norma regolatrice, sollecitano una nuova valutazione del merito della decisione.
6. Il ricorso va pertanto rigettato.
6.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
7. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alle spese di lite che liquida in Euro 6200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge, iva e cpa come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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