Ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 388 comma 2 c.p.

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 22 luglio 2019, n. 32783.

Massima estrapolata:

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 388, comma 2, del codice penale, possono escludere la colpevolezza, pur senza configurare l’esimente dello stato di necessità di cui all’articolo 54 del codice penale, integrando un motivo plausibile e giustificato di inadempimento dell’obbligo di tacere imposto al genitore affidatario, solo circostanze fattuali serie e obiettive, che siano determinate dall’intento di salvaguardare esigenze di salute del minore, non ancora devolute al giudice per l’eventuale modifica del provvedimento di affidamento ma integranti i presupposti di fatto per ottenerla (ciò che nella specie è stato escluso, essendo risultato accertato che l’imputata, genitore affidatario, in numerosi episodi, non si era fatta trovare in casa per consegnare i minori e che la persona offesa aveva inutilmente atteso la consegna sotto casa; che la predetta aveva frapposto ostacoli finanche all’incontro per la consegna dei regali natalizi; che, in concomitanza con i giorni di visita, più volte e in un breve frangente temporale, si era allontanata dall’abitazione per festeggiare il compleanno di suoi amici e conoscenti o per recarsi a gite in campagna; che in altri episodi aveva impedito ai figli di uscire e recarsi all’appuntamento con il padre non aprendo loro la porta o addirittura impedendogli di cambiarsi di abito mentre il padre li aspettava in strada; che non li aveva accompagnati a visite mediche o altri incombenti personali (come il taglio dei capelli), pur avendo convenuto precisi appuntamenti con il padre dei minori; risultava accertato altresì che i minori mai avevano riferito al genitore affidatario di propri impegni e interessi personali alternativi ai loro incontri avendo, invece, allegato a giustificazione del mancato incontro con il genitore la volontà contraria della madre).

Sentenza 22 luglio 2019, n. 32783

Data udienza 11 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. GIORDANO E. A. – rel. Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

Dott. VIGNA Maria S. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 26/10/2018 della Corte di appello di Sezione distaccata di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Emilia Anna Giordano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale Dott. Angelillis Ciro, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato la condanna di (OMISSIS) alla pena di giorni venti di reclusione, oltre alle statuizioni civili, per il reato di cui all’articolo 388 c.p., comma 2, commesso in (OMISSIS).
2. Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., la difesa dell’imputata chiede l’annullamento della sentenza impugnata e denuncia vizio di motivazione in punto di valutazione della prova e conseguente vizio di violazione di legge, ai fini della ritenuta configurabilita’ del reato. Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale ha errato nella valutazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa poiche’ l’apprezzamento dei giudici del merito non e’ frutto di verifica dettagliata ma dell’acritica adesione alla versione fornita da tale fonte in contrapposizione a quella, disattesa senza motivazione specifica, dell’imputata che aveva reso dichiarazioni in sede di interrogatorio, dopo la notifica dell’avviso ex articolo 415 bis c.p.p., poi ribadite in una articolata memoria difensiva. La motivazione della sentenza impugnata e’, in proposito, perplessa nella parte in cui riconosce che poteva ascriversi alla stessa persona offesa di non avere esercitato il diritto di visita che gli spettava. La Corte di merito, e il giudice di primo grado, non avevano, infine, esaminato l’attendibilita’ delle dichiarazioni testimoniali indicate a riscontro delle dichiarazioni della persona offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ proposto per motivi manifestamente infondati.
2.La ricorrente espone censure esaminate e risolte, in senso conforme, dai giudici del merito all’esito della ineccepibile valutazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa riscontrate, per taluni degli episodi, dalle dichiarazioni rese da persone che assistevano alla sua presenza in strada dove si tratteneva in attesa di incontrare i figli senza, tuttavia, poter esercitare il diritto di visita e, in occasione di un episodio, anche dai carabinieri, chiamati dal denunciante che si trovava in strada e sollecitava la consegna dei minori bussando al citofono al quale l’imputata, che era presente in casa, non rispondeva. Valutazioni sintetiche, ma per nulla contraddittorie o perplesse, quelle della Corte di merito, che, devono poi essere correlate a quelle espresse nella sentenza di primo grado ed alla ricostruzione in fatto, riportata nella parte espositiva della sentenza impugnata, nella quale sono state esaminate le dichiarazioni della persona offesa, che ha descritto, con precisa indicazione della data, l’esito infruttuoso di ciascuna visita al domicilio dell’imputata per l’incontro con i figli – il maggiore nato nell’anno (OMISSIS) e gli altri nati nell’anno (OMISSIS) – sottoponendole a rigoroso confronto con quelle rese dall’imputata ed alle giustificazioni da questa addotte, escludendone la idoneita’ a minare la rilevanza e congruenza delle prove a carico ai fini della configurabilita’ del reato.
Come noto, in tema di ricorso per cassazione, le doglianze relative alla violazione dell’articolo 192 c.p.p., riguardanti l’attendibilita’ dei testimoni dell’accusa, non essendo l’inosservanza di detta norma prevista a pena di nullita’, inutilizzabilita’, inammissibilita’ o decadenza, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), ma soltanto nei limiti indicati dalla lettera e) medesima norma, ossia come mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame (Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, Pecorelli, Rv. 271294).
La sentenza impugnata, a questo riguardo, si sottrae a qualsivoglia censura logica poiche’ la Corte territoriale ha motivato il giudizio di attendibilita’ delle dichiarazioni rese dalla persona offesa sui reiterati ostacoli frappostigli all’esercizio del diritto di visita ai figli, dichiarazioni che non e’ necessario siano assistite da riscontri ma che, nel caso in esame, hanno trovato significativi dati di conferma in elementi di prova esterni, provenienti da soggetti estranei, e su obiettive circostanze di fatto che non richiedevano l’esercizio di penetranti verifiche di attendibilita’ dei dichiaranti stessi.
3.Integra il reato di cui all’articolo 388 c.p., comma 2, il comportamento della ricorrente ricostruito dai giudici del merito che hanno ritenuto accertato, in una pluralita’ di occasioni e con continuita’ temporale, la mancata consegna, da parte dell’imputata, dei figli al genitore titolare del diritto di visita, cosi’ come giudizialmente stabilito.
La elusione dell’esecuzione di un provvedimento del giudice civile che riguardi l’affidamento di minori puo’ concretarsi, secondo il pacifico orientamento di questa Corte, in un qualunque comportamento da cui derivi la “frustrazione” delle legittime pretese altrui, ivi compresi gli atteggiamenti di mero carattere omissivo (Sez. 6, n. 33719 del 11/05/2010, C., Rv. 248157), ovvero il rifiuto del genitore del minore a che questi trascorra con l’altro genitore il periodo prestabilito, in quanto si tratta di condotte che impediscono l’effettiva esecuzione del provvedimento, tenuto conto della natura personale della prestazione che richiede il necessario contributo del genitore obbligato e la sua collaborazione in funzione dell’esercizio del diritto di visita riconosciuto in sede giudiziaria al genitore non affidatario. L’elemento psicologico del reato in esame e’, poi, integrato dal dolo generico (Sez. 6, n. 25905 del 16/04/2015. Limodio, Rv. 263810).
4.Secondo la prospettazione di questa Corte, inoltre, possono escludere la colpevolezza, pur senza configurare l’esimente dello stato di necessita’ di cui all’articolo 54 c.p., integrando un motivo plausibile e giustificato di inadempimento dell’obbligo di facere imposto al genitore affidatorio, solo circostanze fattuali serie ed obiettive, che siano determinate dall’intento di salvaguardare esigenze di salute del minore, non ancora devolute al giudice per l’eventuale modifica del provvedimento di affidamento ma integranti i presupposti di fatto per ottenerla (ex multis, Sez. 6, n. 7611 del 11/12/2014, dep. 2015, D. L., Rv. 262494; n. 27613 del 19/06/2006, Del Duca ed altro, Rv. 235130; n. 4439 del 19/11/2004, Donati, Rv. 231478). Si tratta di evenienze neppure prospettate dalla ricorrente, nel corso delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio e riportate nella sentenza impugnata e che, correttamente, sono state ritenute dalla Corte di merito generiche e irrilevanti, ai fini della esclusione degli elementi strutturali del reato, poiche’ l’imputata si era limitata, pur ammettendo qualche errore di comunicazione di problematiche di salute dei minori, a sostenere di avere sempre avvisato anticipatamente l’imputato delle sue assenze e che i figli avevano preferito, in molte occasioni, recarsi a feste in compagnia della madre piuttosto che incontrare il padre che, da parte sua non si presentava agli appuntamenti e che aveva rifiutato di tenere con se i figli, a casa dei genitori, durante la notte.
A fronte della genericita’ ed eccentricita’, rispetto al thema decidendum, di tali ultime affermazioni, e’ in buona sostanza incontestata la disamina dei comportamenti dell’imputata contenuta nella sentenza impugnata. Da questa (cfr. pagg. 3 e 4) risulta, infatti, che la ricorrente, in numerosi episodi, non si era fatta trovare in casa per consegnare i minori e che la persona offesa aveva inutilmente atteso la consegna sotto casa; che la predetta aveva frapposto ostacoli finanche all’incontro per la consegna dei regali natalizi; che, in concomitanza con i giorni di visita, piu’ volte ed in un breve frangente temporale, si era allontanata dall’abitazione per festeggiare il compleanno di suoi amici e conoscenti o per recarsi a gite in campagna; che in altri episodi aveva impedito ai figli di uscire e recarsi all’appuntamento con il padre non aprendo loro la porta o addirittura impedendogli di cambiarsi di abito mentre il padre li aspettava in strada; che non li aveva accompagnati a visite mediche o altri incombenti personali (come il taglio dei capelli), pur avendo convenuto precisi appuntamenti con il padre dei minori. A cio’ deve aggiungersi che i minori non avevano mai riferito al genitore di propri impegni ed interessi personali alternativi ai loro incontri – interessi peraltro difficilmente configurabili vista l’eta’ giovanissima soprattutto dei due figli piu’ piccoli all’epoca dei fatti avendo, invece, allegato a giustificazione del mancato incontro con il genitore la volonta’ contraria della madre.
Rileva il Collegio che rientra nei doveri del genitore affidatario quello di favorire il rapporto dei figli che gli sono stati affidati con il genitore non affidatario poiche’ entrambe le figure genitoriali sono centrali e determinanti per la crescita e l’equilibrato sviluppo del minore e della sua personalita’. Le delicate posizioni in gioco e l’interesse del minore trovano ponderata valutazione e bilanciamento del provvedimento giudiziale che regola il diritto di visita e, piu’ in generale, le modalita’ dell’affidamento.
Nel caso in esame non vi e’ stata, nel corso del tempo, a richiesta della ricorrente e per esigenze connesse alla tutela della salute e benessere dei minori, alcuna modifica delle condizioni e modalita’ di affidamento; non si e’ in presenza di un atteggiamento di rifiuto dei minori verso il padre semmai, stando alle ininfluenti allegazioni dell’imputata, a scelte dei minori che avrebbero preferito attivita’ sociali maggiormente gratificanti, rispetto agli incontri con il padre, scelte che, in ogni caso, non potevano essere poste a fondamento della richiesta per la modifica del provvedimento giudiziario e, pertanto, irrilevanti, secondo la delineata prospettazione ermeneutica innanzi illustrata, al fine di escludere l’elemento psicologico del reato, finalita’ rispetto alla quale rileva solo la volonta’ di esercitare il diritto-dovere di tutela dell’interesse del minore in una situazione sopravvenuta, e che non ha potuto essere devoluta al giudice, volonta’ di esercitare il diritto-dovere di tutela del minore e che e’ situazione ben diversa dal mero dissenso alla esecuzione del provvedimento giudiziario e che si risolve in una chiara manifestazione di volonta’ del soggetto agente di eluderne l’esecuzione.
5. Men che mai e’ sufficiente, al fine di escludere la configurabilita’ del reato, anche solo in chiave soggettiva, la circostanza che l’imputata abbia, in qualche occasione, preventivamente avvisato la persona offesa del suo allontanamento da casa, avviso che non era stato seguito, secondo la stessa prospettazione fattane dall’imputata, dalla proposta di concordare diverso orario e modalita’ di esercizio del diritto di visita. Ineccepibili, per la conformita’ a diritto, sono pertanto le conclusioni dei giudici del merito che, anche a tal riguardo, hanno escluso la rilevanza delle allegazioni difensive ai fini della ritenuta configurabilita’ del reato e del correlativo elemento psicologico.
6. Discende dalla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, essendo imputabile a colpa la determinazione della causa di inammissibilita’, al versamento della somma indicata in dispositivo in favore della cassa della ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa della ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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