Concorso esterno nel delitto associativo

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|13 settembre 2021| n. 33874.

Risponde di concorso esterno nel delitto associativo colui che, non inserito organicamente nel sodalizio, agisca con la finalità di apportare un contributo significativo e determinante per la vita e la sopravvivenza dello stesso, supportandone l’azione nei momenti di particolare difficoltà. (Nella specie la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di cui agli artt. 110, 416 cod. pen. nella condotta dell’imputata che aveva provveduto a “bonificare” i luoghi destinati a sede dell’associazione e favorito il ricambio nella titolarità e nell’amministrazione delle società utilizzate dal sodalizio per l’attuazione del programma criminoso).

Sentenza|13 settembre 2021| n. 33874. Concorso esterno nel delitto associativo

Data udienza 5 luglio 2021

Integrale

Tag – parola: Arresti domiciliari – Associazione a delinquere di tipo mafioso – Truffe – Evasione fiscale – Fatture per operazioni inesistenti – Riciclaggio e autoriciclaggio – Gravità indiziaria – Intercettazioni ambientali – Esigenze cautelari

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente
Dott. SETTEMBRE Antonio – rel. Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 09/02/2021 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANTONIO SETTEMBRE;
sentite le conclusioni del PG Dr. GIORDANO LUIGI, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso
l’avvocato (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.

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RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato la misura degli arresti domiciliari applicata dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale a (OMISSIS) per concorso esterno in associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe, evasione fiscale, emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e auto-riciclaggio (articolo 416 c.p.) e in undici reati fine dell’associazione, rientranti nelle fattispecie degli articoli 512-bis e 479 in relazione all’articolo 476 c.p., commi 1 e 2. Tutti aggravati ai sensi dell’articolo 416-bis.1 c.p..
Ad avviso dei giudici di merito la (OMISSIS), che era responsabile degli acquisti e direttore tecnico dell’aeroporto di Lamezia Terme, nonche’ dipendente dell’Istituto di vigilanza diretto dal marito ( (OMISSIS)), si sarebbe attivata a favore dell’associazione a delinquere diretta da (OMISSIS) in almeno due occasioni: a) per assicurare la bonifica degli uffici dell’impresa del (OMISSIS), sottoposta ad indagine da parte della Guardia di Finanza, reperendo e fornendo la strumentazione tecnica necessaria all’individuazione delle “cimici” apposte dagli investigatori; b) per favorire la creazione delle compagini societarie attraverso cui l’associazione criminale realizzava i propri fini illeciti (in particolare, dopo una perquisizione del maggio 2018 (OMISSIS) prese contatti col notaio (OMISSIS) in vista delle creazione di numerose societa’, le cui quote ed amministrazione vennero affidate a prestanomi albanesi).
I reati sarebbero stati aggravati dalla finalita’ di agevolazione mafiosa (articolo 416-bis.1 c.p.) perche’ (OMISSIS), promotore e regista dalla societa’ a delinquere “semplice”, era, a suo volta, organicamente inserito nelle cosche calabresi che fanno capo ai (OMISSIS) e (OMISSIS).
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’indagata con quattro motivi.

 

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2.1. Col primo lamenta la violazione del diritto di difesa derivante dal fatto che non sono state tempestivamente poste a disposizione della difesa sei intercettazioni ambientali, ritenute decisive, captate a mezzo spyware, sebbene il ricorrente avesse avanzato – con PEC del 3 febbraio 2021 – richiesta di copia al Pubblico Ministero procedente. Infatti, nonostante il Pubblico Ministero avesse autorizzato il rilascio di copia in data 4 febbraio 2021 e avesse delegato, all’uopo, la DIA competente, la difesa non venne messa in condizione di accedere alle registrazioni.
2.2. Col secondo motivo deduce l’incompatibilita’ logica e l’inammissibilita’ giuridica del concorso esterno nel reato di associazione a delinquere “semplice”.
2.3 Col terzo motivo lamenta l’illogicita’ e la contraddittorieta’ della motivazione posta a base delle ritenute esigenze cautelari, per non essere stata dimostrata la concretezza e l’attualita’ del pericolo di reiterazione.
2.4. Col quarto motivo lamenta l’erronea applicazione dell’articolo 416-bisi e un vizio di motivazione con riguardo alla prova del dolo specifico, necessario per la sussistenza dell’aggravante contestata. Tale motivo e’ stato, poi, ulteriormente sviluppato con “motivi nuovi” del 12/6/2021.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento.
1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato. Questa Corte ha da lungo tempo chiarito che e’ legittima l’applicazione di misura cautelare personale fondata su esiti di intercettazioni allegati alla relativa richiesta in forma sommaria, non essendo necessaria l’allegazione ne’ dei decreti di autorizzazione, ne’ dei risultati integrali dell’attivita’ captativa (Cass., n. 1106 del 3/3/2000; Cass., n. 39469 del 26/5/2004; Cass., n. 16781 del 24/3/2010). E’ ben noto, poi, che La Corte Costituzionale, con sentenza 10 ottobre 2008, n. 336, ha dichiarato l’incostituzionalita’ dell’articolo 268 c.p.p. “nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate.” L’intervento della Consulta ha, quindi, introdotto un vero e proprio diritto del difensore di conoscere compiutamente il contenuto delle intercettazioni, anche in fase cautelare, e di ottenere la trasposizione delle stesse su nastro magnetico, al fine di espletare al meglio la difesa. La violazione di tale diritto e’ sanzionata a pena di nullita’. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infine stabilito che la nullita’ in questione e’ di ordine generale e a regime intermedio e che – per farla valere – la difesa e’ gravata dal duplice onere di provare sia la tempestiva richiesta rivolta al pubblico ministero, esplicitamente finalizzata all’utilizzo dei supporti in vista del giudizio di riesame, sia l’omesso o il ritardato rilascio della documentazione richiesta (Cass., SU, n. 51935 del 28/9/2018, rv 275065-01).
La sanzione di nullita’ colpisce, quindi, “l’omesso o il ritardato rilascio della documentazione richiesta”. Nella specie, non v’e’ stata nessuna omissione e nessun ritardo dal momento che, come spiegato in sentenza e riconosciuto dallo stesso ricorrente, il Pubblico Ministero ha autorizzato la difesa ad acquisire la documentazione richiesta il giorno successivo alla presentazione dell’istanza, delegando – per l’esecuzione – la DIA competente. A seguito di cio’ era onere del difensore attivarsi per entrare in possesso di quanto richiesto, atteso non e’ ipotizzabile alcun obbligo dell’ufficio delegato di recapitare al richiedente la documentazione di cui abbisogna e nemmeno l’obbligo della segreteria di avvisare il difensore della disponibilita’ al rilascio della documentazione suddetta, atteso che si versa in un caso di disponibilita’ obbligatoria, condizionata unicamente al provvedimento autorizzativo del Pubblico Ministero, pur’esso obbligatorio.

 

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La previsione di tale provvedimento e’ funzionale, infatti, alla verifica della legittimazione del richiedente e della inerenza della richiesta alla vicenda giudiziaria in itinere, senza che il Pubblico Ministero possa sindacare in alcuna maniera le ragioni della richiesta e decidere, eventualmente, per la negatoria. Di conseguenza, trattandosi di provvedimento che e’ funzionale al corretto dipanarsi della vicenda cautelare e di cui e’ certa l’emissione pressoche’ immediata, nessuna norma obbliga la Segreteria del Pubblico Ministero a dare al ricorrente l’avviso da questi preteso.
Tale assetto normativo non e’ affatto irragionevole e non pregiudica in alcun modo l’espletamento di una efficace difesa, dal momento che – data la ristrettezza dei tempi in cui si deve svolgere il giudizio di riesame – un solo accesso del difensore all’ufficio competente, o una sola telefonata, sono a lui sufficienti per mettersi in condizione di acquisire la documentazione desiderata; in ogni caso, l’obbligo di diligenza che grava sul difensore gli impone di attivarsi per l’acquisizione degli elementi favorevoli al proprio assistito e, quindi, anche di svolgere le attivita’ prodromiche e funzionali allo scopo.
2. L’altra questione posta dalla ricorrente attiene alla configurabilita’ del concorso esterno nel reato di cui all’articolo 416 c.p..
Al quesito deve darsi risposta affermativa.
2.1. L’esame della questione posta dal ricorrente deve prendere necessariamente le mosse dalla sentenza delle Sezioni Unite n. del 2005 (sentenza Mannino), la quale, all’esito di un lungo travaglio giurisprudenziale e dottrinale, ha consolidato l’indirizzo – avviato dalla sentenza delle SU Demitry del 1994 e, prima ancora, dalla sentenza Altivalle del 1987 – favorevole alla configurabilita’ del concorso esterno in associazione a delinquere (mafiosa, nella specie), precisandone altresi’ i presupposti. E’ concorrente esterno, infatti, per tale giurisprudenza, colui che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell'”affectio societatis”, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita’ operative dell’associazione (o, per quelle operanti su larga scala come “Cosa nostra”, di un suo particolare settore e ramo di attivita’ o articolazione territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima (in questo senso, anche sez. 1, n. 49067 del 10/7/2015; sez. 6, n. 33885 del 18/6/20014; sez. 6, n. 47081 del 24/10/2013; sez. 2, n. 35051 del 11/6/2008).
Perche’ si possa parlare di concorso esterno occorre, quindi, un contributo consapevole e volontario del soggetto, che sia in rapporto causale con la conservazione o il rafforzamento dell’associazione. Non e’ sufficiente, e’ stato aggiunto, una valutazione “ex ante” del contributo, risolta in termini di mera probabilita’ di lesione del bene giuridico protetto, ma e’ necessario un apprezzamento “ex post”, in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di “certezza processuale”, l’elevata credibilita’ razionale dell’ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condizionante della condotta atipica del concorrente (cosi’, la sentenza Mannino, in motivazione).

 

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2.2. La sentenza Mannino, e quelle dello stesso tenore, che l’hanno preceduta e seguita, hanno individuato la fonte legale dell’incriminazione – per il concorrente esterno – nella combinazione di una norma di carattere generale – quella di cui all’articolo 110 c.p. – con una norma incriminatrice di carattere speciale, qual e’ quella di cui all’articolo 416-bis c.p.. E’ la funzione incriminatrice dell’articolo 110 c.p., infatti, che consente di dare rilevanza e di estendere l’area della tipicita’ e della punibilita’ alle condotte, altrimenti atipiche, di soggetti “esterni” che rivestano le caratteristiche sopra indicate. Tanto e’ stato ribadito anche dopo che la CEDU ha, nel procedimento Contrada c. Italia, definito – con valutazione non vincolante per il giudice nazionale – di origine “giurisprudenziale” la fattispecie del concorso esterno. E’ stato osservato, al riguardo, che, “fermi restando gli obblighi di conformazione previsti dall’articolo 46 CEDU, l’affermazione della Corte EDU si pone in termini problematici rispetto al modello di legalita’ formale al quale e’ ispirato il nostro sistema penale, per il quale non e’ ammissibile alcun reato di “origine giurisprudenziale”, atteso che la punibilita’ delle condotte illecite trova il suo fondamento nei principi di legalita’ e di tassativita’. Tali profili di problematicita’ appaiono ulteriormente accentuati dal fatto che il modello di punibilita’ del concorso esterno in associazione di tipo mafioso prefigurato dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231671), richiamato in termini adesivi dalla Corte EDU nei paragrafi 18, 30 e 72 della decisione in esame, non consente alcun equivoco interpretativo in ordine alle ragioni che legittimano nel sistema penale italiano l’istituto concorsuale in esame. Invero, le Sezioni unite (Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, cit.) non hanno dato vita a una nuova fattispecie incriminatrice, ma si sono limitate a fornire una ricostruzione sistematica armonica con il nostro ordinamento, ribadendo che la responsabilita’ penale per il contributo fornito dal concorrente esterno a un’associazione di tipo mafioso trae origine dalla sua consapevolezza di contribuire con il suo apporto a un’attivita’ illecita svolta in forma associata, di cui il soggetto attivo del reato conosce gli obiettivi generali e la struttura associativa, pur senza volervi aderire. Ne consegue che, attraverso la clausola prevista dell’articolo 110 c.p., si attribuisce alle fattispecie associative una responsabilita’ di carattere generale per l’apporto concorsuale che l’agente fornisce al gruppo criminale senza esserne affiliato” (Cass., n. 36509 del 12/6/2018, rv 273615-01. In termini, Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, Agostino, Rv. 264624; Sez. 5, n. 2653 del 13/10/2015, dep. 2016, Paron, Rv. 265926).
2.3. L’accertata compatibilita’ logica e giuridica – per le ragioni sopra esposte del concorso esterno con la struttura del reato associativo mafioso rende palese l’ipotizzabilita’ del concorso esterno nell’associazione semplice, gia’ affermato in risalenti pronunce di questa Corte, sebbene non diffusamente argomentate (Cass. n. 38430 del 9/7/2008, rv 241274-01; Cass., n. 47602 del 29/11/2012; sez. 2, n. 3635 del 23/8/1994). I reati di cui agli articoli 416 e 416 bis c.p. hanno, invero caratteristiche strutturali comuni, rappresentati dall’accordo, avente carattere generale e continuativo, volto all’attuazione di un programma di delinquenza destinato a permanere anche dopo l’eventuale perpetrazione di ciascun delitto programmato, il numero minimo di tre associati, nonche’ la predisposizione comune di attivita’ e mezzi per la realizzazione del generico programma delinquenziale. Anche dal punto di vista psicologico i due reati hanno caratteristiche comuni, dal momento che entrambi sono sorretti dal dolo specifico. Cio’ e’ vero per il reato di cui all’articolo 416 c.p., in quanto l’adesione all’associazione avviene allo scopo di realizzare un particolare programma delinquenziale, ma non e’ men vero per l’associazione mafiosa, laddove l’elemento soggettivo consiste, per il partecipe, nella coscienza e volonta’ di fornire, dall’interno, un contributo utile alla vita del sodalizio ed alla realizzazione dei suoi scopi (SU, n. 30 del 27/9/1995; Cass., n. 4043 del 25/11/2003; sez. 5, n. 6929 del 22/12/2000; sez. 2, n. 4342 del 14/10/1994). In entrambi i casi, quindi, assume rilevanza l’esistenza del “pactum sceleris”, con riferimento alla consorteria criminale, e dell’affectio societatis”, in relazione alla consapevolezza del soggetto di inserirsi in un’associazione vietata. Sono questi due pilastri, accompagnati da adeguata organizzazione, che rimandano ad un organismo unitario, avente finalita’ illecite.
Cio’ che differenzia l’associazione di tipo mafioso dalla comune associazione per delinquere, conferendo alla prima carattere di specialita’, e’ la previsione sia dei particolari obiettivi criminosi – costituiti, non soltanto dalla perpetrazione di fatti antigiuridici, sibbene anche dalla gestione e dal controllo di settori di attivita’ economiche – sia della particolare efficacia intimidatrice sprigionantesi dal sodalizio, dovuta alla forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta’ che ne deriva. Ma la maggiore vastita’ degli interessi del sodalizio mafioso e le specifiche modalita’ operative dello stesso non riguardano gli elementi caratterizzanti il reato associativo, che rendono possibile l’attivita’ di concorso esterno: l’esistenza di un organismo delinquenziale formato da almeno tre persone, dotato di mezzi e rivolto alla realizzazione di un programma delinquenziale, in cui si puo’ operare dall’interno, facendone parte e ponendo la propria attivita’ al servizio dell’associazione, e dall’esterno, fornendo un contributo piu’ o meno occasionale e rilevante per la sussistenza o il rafforzamento del sodalizio.

 

Concorso esterno nel delitto associativo

Proprio il caso portato all’attenzione di questa Corte e’ emblematico della possibilita’ di concorrere dall’esterno nel reato di cui all’articolo 416 c.p., in quanto la (OMISSIS) si e’ prestata – secondo l’accusa, non contestata – a supportare l’associazione diretta dal (OMISSIS) in un momento di particolare difficolta’ della stessa, consentendole di superare le criticita’ dovute all’iniziativa degli organi di polizia giudiziaria, sia col bonificare l’ufficio del (OMISSIS) – costituente, praticamente, la sede dell’associazione – sia col favorire il ricambio nella titolarita’ e nell’amministrazione delle societa’ utilizzate dal sodalizio per l’attuazione del programma delinquenziale. Un contributo significativo e determinante dato, appunto, da un soggetto che era privo di affectio societatis e non partecipava alla vita dell’associazione, ma che si e’ rivelato decisivo per la “salute” del sodalizio e, verosimilmente, per la sua sopravvivenza.
2.4. Le critiche mosse dal ricorrente a questa impostazione – sostanzialmente tratte dall’ordinanza con cui, il 13/5/2016, fu rimessa alle Sezioni Unite la questione agitata nel ricorso – non sono convincenti, giacche’ basate su una enfatizzata difformita’ strutturale tra il reato di associazione semplice e quello di associazione mafiosa, non rilevante ai fini che interessano e, per certi versi, non corretta. Non e’ condivisibile, infatti, per quanto gia’ detto, l’affermazione che l’associazione mafiosa sia caratterizzata, sotto il profilo psicologico, dal dolo generico (al contrario dell’associazione semplice, caratterizzata dal dolo specifico), e non e’ condivisibile l’affermazione che il concorso eventuale riferito all’articolo 416 c.p. integra una illogica duplicazione del concorso necessario, essendo diversi gli spazi occupati dal concorrente interno e dal concorrente esterno. La “partecipazione” e’ riferita, infatti, al soggetto che concorre alla realizzazione del programma associativo, facendo parte della struttura associativa e contribuendo alla realizzazione dei reati-fine; il concorso (esterno) nel reato associativo e’ riferito a coloro che si aggiungono ai concorrenti necessari per svolgere attivita’ di cooperazione, istigazione, aiuto, secondo le svariate manifestazioni in cui puo’ estrinsecarsi il concorso previsto dall’articolo 110 c.p., senza pur tuttavia prender parte alla vita associativa. Balza evidente che non ogni forma di aiuto e’ inquadrabile nello schema del concorso necessario, perche’ puo’ trattasi di aiuto episodico, puo’ riferirsi a specifici reati e perche’, comunque, puo’ non essere sorretto dalla volonta’ di adesione al consorzio criminale (si pensi a colui che si fa pagare per favorire l’associazione in un determinato momento o per specifici affari, rimanendo indifferente alle sorti dell’associazione, pacifico essendo che si puo’ concorrere con dolo generico in un reato a dolo specifico). La facilita’, rimarcata dalla diversa opinione, con cui si puo’ concorrere dall’esterno nel reato di cui all’articolo 416/bis c.p. – stante l’ampiezza degli interessi criminali dell’associazione mafiosa e la sua applicazione anche in attivita’ apparentemente lecite – non esclude, quindi, che si possa concorrere, ab externo, anche nel reato di cui all’articolo 416 c.p., atteso che di maggiore facilita’ si tratta, e non di possibilita’ esclusiva.
2.5. Anche l’ulteriore argomento speso per escludere la configurabilita’ del concorso nel reato associativo ordinario si rivela particolarmente fragile. Tale argomento fa leva sulla previsione dell’articolo 418 c.p., che punisce “l’assistenza agli associati” e che si risolverebbe, per l’opinione qui ripudiata, in una indebita duplicazione del concorso esterno. In realta’, come si desume dalla stessa rubrica dell’articolo e dalle ipotesi, sia pur non tassative, in esso formulate, l’articolo 418 contempla forme di assistenza ai singoli associati e non forme di assistenza e di aiuto al sodalizio criminale; aiuti che, ove si escluda l’operativita’, nella subiecta materia, dell’articolo 110 c.p., rimarrebbero privi di sanzione (in questo senso Cass., n. 1644 del 29/11/1995, rv 203734; sez. 1, n. 3160 del 4/10/1988; sez. 1, n. 2131 del 17/6/1987).
In realta’, come gia’ rilevato dalla sentenza Demitry del 1994, anche per il relatore al c.p. non v’erano dubbi sulla configurabilita’ del concorso eventuale, in tutte le sue forme, nel reato associativo – in allora, il solo reato di cui all’articolo 416 c.p. -, visto che la relazione si premura di precisare che il concorso di cui si parla nella norma dell’articolo 418 (“fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento”) “non e’ il concorso degli esterni rispetto al reato-fine che gli associati si propongono di commettere, sibbene il concorso rispetto al reato di associazione, che, per la distinzione, per il parallelo che la relazione fa tra quest’ultimo concorso e il concorso esterno nel reato-fine, non puo’ non essere, anch’esso, il concorso esterno, degli esterni, nel reato di associazione”. Infatti la relazione, dopo aver chiarito il significato delle espressioni “dare rifugio o fornire vitto”, aggiunge, ribadendo il concetto, che la disposizione penale in questione e’ stata resa rigorosa, ma che “il maggior rigore si e’ reso necessario” anche “per la esigenza di non confondere questa speciale figura delittuosa – che, non v’e’ dubbio, punisce un certo contributo esterno prestato agli associati, ai partecipanti – con il concorso nell’associazione per del i nq uere”.
2.6. In conclusione, non vi sono ragioni per escludere che l’articolo 110 c.p. sia norma generale applicabile anche ai reati associativi – sia nella forma del concorso morale, sia nella forma del concorso materiale – ravvisabile, quest’ultimo, quando il soggetto, pur non essendo inserito organicamente nella struttura associativa, apporta, con la sua condotta, un contributo consapevole al perseguimento dei fini della “societas sceleris”, come e’ accaduto nel caso concreto, ove l’attivismo della (OMISSIS) ha consentito al sodalizio di sfuggire agli accertamenti di polizia e di rinnovarsi nella struttura, immettendo nelle societa’-veicolo soggetti nuovi e non compromessi con le precedenti gestioni.
3. E’ manifestamente infondata la doglianza concernente l’aggravante dell’articolo 416bis.1, sia per la genericita’ degli argomenti addotti, sia perche’ non tiene conto di quanto puntualmente esposto nell’ordinanza impugnata, da pag. 43 a pag. 61 (completamente ignorate dal ricorrente), ove si spiega, sulla scorta di dati inconfutabili (intercettazioni nemmeno prese in considerazione dal ricorrente), quale fosse la caratura criminale di (OMISSIS) (in stretto contatto con le cosche mafiose del crotonese) e perche’ la (OMISSIS) ne avesse piena consapevolezza; in definitiva, perche’ (OMISSIS) sapesse perfettamente che la struttura criminale da lei favorita servisse a garantire, oltre agli interessi personali degli adepti e quelli dell’associazione stessa, gli interessi dei gruppi criminali con cui (OMISSIS) si rapportava. Fuor di luogo sono, pertanto, i raffronti fatti dal ricorrente col trattamento riservato dal Tribunale ad altri indagati (i Brutto, nella specie), dal momento che tutto cio’ che e’ stato accertato su (OMISSIS) non corrisponde a quanto rilevato in ordine alla posizione dei soggetti messi a confronto.

 

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4. Non meritevoli di accoglimento sono, infine, le doglianze in ordine alle esigenze cautelari. Come gia’ rilevato dal Tribunale, in tema di misure coercitive, quando si procede per un delitto per il quale opera una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura carceraria, ai fini della prova contraria, occorrono elementi idonei ad escludere la sussistenza di ragionevoli dubbi posto che la presunzione detta un criterio da applicarsi proprio in caso di incertezza; ne deriva che, per giungere al superamento di tale presunzione, il tempo trascorso tra i fatti per cui si procede e l’esecuzione della misura, pur valutabile, deve essere tale da consentire il superamento della situazione di dubbio. Nella specie, la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e’ stata logicamente collegata all’aggravante dell’articolo 416-bis.1, contestata in relazione ad unici reati fine, qualificati ai sensi degli articoli 512-bis e 479 in relazione all’articolo 476 c.p., commi 1 e 2, senza che possa dirsi che il tempo trascorso dai fatti sia tale da eliminare il dubbio circa la sussistenza delle suddette esigenze, riferite, immancabilmente, sia al rischio di inquinamento probatorio che a quello di reiterazione del reato. Inoltre, anche l’intervenuto arresto di (OMISSIS) non e’ sicuramente indicativo delle mutazione della situazione di fatto, da cui origina il rischio, atteso che il livello di compromissione della (OMISSIS) con l’associazione da quello diretta non esclude collegamenti in grado di condizionare le indagini o di reiterare i reati.
5. Consegue a tanto che il ricorso, proposto per motivi in parte infondati e in parte inammissibili, va rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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