Installazione di tralicci o antenne di rilevanti dimensioni

Consiglio di Stato, Sentenza|7 settembre 2021| n. 6229.

L’installazione di tralicci o antenne di rilevanti dimensioni, con gli annessi manufatti accessori, necessita del titolo edilizio.

Sentenza|7 settembre 2021| n. 6229. Installazione di tralicci o antenne di rilevanti dimensioni

Data udienza 16 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Impianti di telecomunicazione – Installazione di tralicci o antenne – Titolo edilizio – Necessità

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7950 del 2012, proposto dalla sig.ra -OMISSIS-, in proprio e quale legale rappresentante pro tempore della -OMISSIS-., rappresentata e difesa dall’avv. Gi. Ba., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Ma. Ro., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Vi. in Roma, (…);
nei confronti
Regione Basilicata, in persona del Presidente della Giunta regionale legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Fa. De., con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione Basilicata in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-., resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e della Regione Basilicata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 marzo 2021, tenuta ai sensi dell’art. 84 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, richiamato dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Francesco Guarracino e considerato presente l’avv. Gi. Ba. per la parte appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con distinti ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale per -OMISSIS-, iscritti al n. -OMISSIS- e al n. -OMISSIS-del ruolo generale, la sig.ra -OMISSIS-, in proprio e quale legale rappresentante della società -OMISSIS–OMISSIS-., impugnava, rispettivamente, il provvedimento del Comune di (omissis) del -OMISSIS-, con cui le era stato ingiunto la demolizione di opere realizzate senza le prescritte autorizzazioni su area di proprietà pubblica in -OMISSIS-(consistenti in una postazione radio emittente ubicata sul -OMISSIS-, con alloggiamento dell’attrezzatura radio elettrica in un piccolo manufatto in muratura, di cui al verbale dei VV.UU. n. -OMISSIS-), e il provvedimento della Regione Basilicata, -OMISSIS-, di inibizione dell’uso delle medesime opere con invito a presentare il relativo progetto in sanatoria con riserva di parere sulla sua ammissibilità .
Riuniti i ricorsi, il T.A.R. adito li respingeva entrambi con sentenza del -OMISSIS-.
Avverso detta decisione parte ricorrente ha interposto appello, cui hanno resistito, con rispettive memorie, la Regione Basilicata e il Comune di (omissis).
Con ordinanza del -OMISSIS-, la Sezione ha disposto che il Comune depositasse una relazione aggiornata sulla vicenda di causa e sugli atti e provvedimenti eventualmente adottati nelle more del giudizio, alla luce di quanto rappresentato dalla parte appellante sul fatto che tutte le ordinanze di demolizione e rimozione degli impianti di emittenza radiotelevisiva allocati sul -OMISSIS- sarebbero state “ritirate” dall’amministrazione e non essendo noto quale fosse stato l’esito delle istanze di concessione in sanatoria presentate dalla -OMISSIS-in data -OMISSIS-.
L’ordinanza istruttoria è stata riscontrata dall’amministrazione comunale in data -OMISSIS-.
Alla pubblica udienza del 16 marzo 2021, per la quale parte appellante ha prodotto note difensive, la causa è stata trattenuta in decisione.

Installazione di tralicci o antenne di rilevanti dimensioni

DIRITTO

1. – E’ appellata la sentenza con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per -OMISSIS- ha riunito e respinto i ricorsi proposti dalla sig.ra -OMISSIS- e dalla società -OMISSIS–OMISSIS-. avverso l’ordinanza del Comune di (omissis) del -OMISSIS-, recante l’ingiunzione di demolizione di una postazione radio emittente ubicata sul -OMISSIS- con alloggiamento dell’attrezzatura radio elettrica in un piccolo manufatto in muratura, siccome realizzata senza le prescritte autorizzazioni su area di proprietà pubblica, e il provvedimento della Regione Basilicata del -OMISSIS-, prot. n. -OMISSIS-, recante l’inibizione dell’uso delle medesime opere e l’invito a presentare il relativo progetto in sanatoria con riserva di parere sulla sua ammissibilità .
2. – Il T.A.R. ha respinto i motivi di censura proposti col ricorso n. -OMISSIS-avverso l’ordinanza di demolizione delle opere in questione considerando che:
– la concessione per la radiodiffusione sonora in ambito locale rilasciata ex lege n. 223/90 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), quale quella in possesso del ricorrente, non comprendeva, in modo implicito, il rilascio di tutte le altre autorizzazioni necessarie, sia quella relativa all’uso del suolo di proprietà pubblica e sia le altre, comprese quelle di natura edilizia, né il ricorrente poteva invocare a proprio favore normative di legge (l’articolo 4 della citata legge n. 223/90, vigente nel 1998 ma poi abrogato dall’art. 58 del d.p.r. n. 327/01 a decorrere dal 30/6/03; gli articoli 3 co. 2, 86, 87 e 88 del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. n. 259/03, concernente le nuove realizzazioni) senza aver mai avviato la procedura di cui alle richiamate disposizioni;
– la tesi per cui le opere in questione, per la loro consistenza, erano prive di rilevanza urbanistica trovava smentita nel T.U. dell’edilizia, che definiva come “nuove costruzioni” sia quelle relative all’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazioni e sia quei manufatti leggeri, anche prefabbricati e strutture di qualsiasi genere e della più varia utilizzazione e non diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee (cfr. art. 3 co. 1 lett. e), e.4) ed e.5), nonché nella giurisprudenza secondo cui tralicci e antenne di rilevanti dimensioni debbono, quindi, essere valutate come strutture edilizie soggette a permesso di costruire (trattandosi, nella specie, della avvenuta realizzazione e utilizzo di tre opere – casotto in muratura, traliccio di 10 metri di altezza e box prefabbricato- dal non trascurabile impatto sul territorio);
– la circostanza che la ricorrente avesse dichiarato, senza ulteriori precisazioni, di avere in “uso” la struttura non la escludeva dal novero dei soggetti (proprietario e responsabile dell’abuso) menzionati dall’art. 31, comma 2, del T.U. dell’edilizia, sia perché l’istante non aveva fornito alcuna indicazione di altri soggetti (autori o proprietari delle opere) e sia perché di dette opere mostrava di avere piena disponibilità, al punto da avere chiesto, nel 2005, la (sola) concessione di suolo pubblico per l’area d’insistenza dei predetti impianti;
– essendo l’ordine di demolizione delle opere abusive un atto dovuto e rigorosamente vincolato, non sussisteva alcuna violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, risultando l’ordinanza, inoltre, precisa nell’individuazione delle opere e nel delinearne la consistenza, a seguito di una apposita istruttoria effettuata dai VV.UU; per la stessa ragione, ai fini della sua adozione non erano richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario e, quindi, neppure la comunicazione di avvio del procedimento;

 

Installazione di tralicci o antenne di rilevanti dimensioni

– era da escludersi che l’atto impugnato ledesse il libero esercizio dell’attività di radiodiffusione sonora, dato che né il rilascio della concessione di radiodiffusione sonora a carattere commerciale in ambito locale, né il suo stesso esercizio, benché espressione della libertà di iniziativa economica e di libera manifestazione del pensiero, potevano pregiudicare il distinto interesse, pure costituzionalmente protetto, alla realizzazione di impianti conformi alle norme urbanistico- edilizie e a quelle poste a tutela di tutti gli altri interessi e valori coinvolti (paesaggio, ambiente, salute).
3. – Il T.A.R., di poi, ha rigettato le censure proposte col ricorso n. -OMISSIS-nei confronti del provvedimento regionale sulla base delle medesime ragioni esposte in risposta ai corrispondenti motivi del precedente ricorso, aggiungendo che:
– l’atto impugnato era stato emanato ai sensi degli articoli 96 e 97 del T.U. dell’edilizia, in base ai quali, nelle zone sismiche, quale il -OMISSIS-, chiunque intenda costruire deve darne preavviso allo sportello unico, che informa il competente ufficio tecnico regionale presso il quale deve essere depositato il relativo progetto in modo da verificare il rispetto della normativa antisismica e, prima dell’intervenuta autorizzazione, i lavori non possono essere iniziati; a sua volta la normativa regionale (L.R. Basilicata n. 38/97- Norme per l’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico), in caso di inosservanza del menzionato obbligo di deposito del progetto (come appunto rilevato nelle premesse dell’atto impugnato) prevede che la struttura regionale competente per territorio (nella specie il -OMISSIS-) disponga la sospensione dei lavori (artt. 2 e 6 l.r. n. 38/97);

 

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– parimenti infondata era la censura secondo cui l’atto impugnato aveva inibito l’uso della struttura senza che un siffatto potere fosse previsto dalla normativa statale; difatti, stante la finalità di tutela della pubblica incolumità rivestita dalla normativa antisismica, la declaratoria di non utilizzabilità delle opere abusive fin tanto che le stesse non fossero sanate mediante deposito di un progetto “ad hoc” (alla cui presentazione l’ufficio aveva invitato la ricorrente), oltretutto senza previsione alcuna di conseguenze sanzionatorie a carico dell’interessato, assumeva più che altro la valenza di una misura a carattere cautelare posta nell’interesse dell’utilizzatore stesso della struttura.
4. – Con un primo complesso motivo di gravame, con riferimento al rigetto del ricorso n. -OMISSIS-, parte appellante torna a sostenere l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione, sia perché la struttura realizzata sul -OMISSIS-, in relazione alla sua consistenza effettiva, sarebbe stata priva di rilevanza, anche a paragone degli altri impianti ivi esistenti, alla data in cui aveva iniziato ad avvalersene, sia perché non sarebbe stata proprietaria della struttura né responsabile dell’abuso, sia perché gli artt. 31 e 35 del D.P.R. 380/2001 sarebbero stati inapplicabili al caso di specie, alla luce della specifica regolamentazione di cui agli artt. 3, comma 2, 86, 87 e 88 del D.lgs 259/2003.
Insiste altresì nella tesi per cui avrebbe maturato nel tempo un affidamento circa la regolarità della struttura, esistente da più di un ventennio, anche in ragione del comportamento tenuto dall’Amministrazione.
Quest’ultima, infatti, nel corso degli anni non avrebbe mai intrapreso alcuna iniziativa, nonostante avesse avuto notizia dell’uso dell’infrastruttura già nel 2005 attraverso comunicazioni e istanze dell’appellante, il che avrebbe comportato l’onere di una valutazione comparativa e di una corrispondente congrua motivazione sulla prevalenza dei contrapposti interessi, considerando opzioni alternative all’adozione, a carico del privato, della misura più severa.
Su tutti questi aspetti la motivazione della sentenza appellata sarebbe generica, erronea e silente, come generica e irrilevante risulterebbe in riferimento al terzo e quarto motivo del ricorso, con specifico riferimento all’eccezione di mancata dimostrazione sia della natura pubblica dell’area sia degli altri presupposti per l’adozione dell’ordinanza di demolizione impugnata.
Quanto al rigetto del ricorso n. -OMISSIS-, con lo stesso motivo di impugnazione parte appellante sostiene unicamente che la parte della motivazione dedicata al secondo ricorso risulterebbe astratta e inidonea a sostenere il decisum, posto che la struttura utilizzata, ma non eretta, dall’appellante, vi sarebbe considerata come installanda e non, come sarebbe in effetti, operante da decenni.
Da qui la conclusione, affidata formalmente a un secondo motivo di appello, che il giudice di primo grado avrebbe integralmente obliato l’analisi delle peculiarità della fattispecie e ignorato alcune rilevanti censure articolate nei motivi di ricorso.
5. – Preliminarmente va dato atto della permanenza dell’interesse alla decisione dell’appello, ribadito nell’ultimo scritto difensivo.
6. – Quanto affermato, ma non anche dimostrato, da parte appellante in merito al fatto che tutte le ordinanze di demolizione e rimozione degli impianti di emittenza radiotelevisiva allocati sul -OMISSIS- sarebbero state “ritirate” dall’amministrazione ha trovato smentita nella relazione trasmessa, in riscontro all’ordinanza collegiale istruttoria, dal responsabile dell’ufficio comunale
Questi ha comunicato che agli atti dell’ufficio non risultano emessi provvedimenti in autotutela di revoca dell’ordinanza e/o ingiunzione di demolizione relative agli impianti presenti sul monte -OMISSIS-, compreso quello facente capo alla sig.ra -OMISSIS-.
Inoltre, nel depositare copia della relazione sulla questione dei ripetitori presenti sul -OMISSIS- redatta il -OMISSIS-dall’allora responsabile dell’area comunale competente e inviata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-, la quale si conclude esprimendo l’avviso che fosse “opportuno sospendere tutte le ingiunzioni di demolizione fino al definitivo parere in merito da parte dell’organo comunale competente, anche in considerazione di provvedere alla riqualificazione unitaria del sito”, egli ha chiarito che, dai documenti da lui esaminati, non risulta che il Comune di (omissis) abbia dato seguito a questa enunciazione di principio, adottando i relativi provvedimenti.
Nelle sue note di udienza, parte appellante vi oppone che nella sentenza del Tribunale di -OMISSIS- che ha assolto la sig.ra -OMISSIS–OMISSIS- per insussistenza del fatto (“la fattispecie ascritta non si è perfezionata, mancando dell’elemento psicologico del dolo e cioè di voler invadere con la forza e clandestinamente un suolo al fine di occuparlo”), il giudice penale ha affermato che “A seguito della sentenza [del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-] tutte le ordinanze in tal senso erano state ritirate così come confermato anche dal teste ing. -OMISSIS-, responsabile -OMISSIS-, alla udienza del -OMISSIS-“.

 

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Ma la piana lettura della motivazione resa dal giudice penale rende evidente la natura incidentale dell’affermazione ora riprodotta, la quale non corrispondeva a uno specifico accertamento di fatto funzionale alla decisione della causa: la sig.ra -OMISSIS- e i coimputati ai quali erano stati contestati i medesimi reati, per avere invaso, al fine di occuparlo, un casotto di proprietà comunale per il collocamento di attrezzature radioelettriche e un terreno demaniale adiacente per l’installazione abusiva di un traliccio per la trasmissione di segnale radiofonico, sono stati assolti per l’assenza dell’elemento psicologico della fattispecie incriminatrice; per quanto riguarda l’imputato cui era stata contestata la realizzazione abusiva delle opere su suolo demaniale soggetto a vincolo paesaggistico, il giudizio si è concluso con la declaratoria di non doversi procedere, essendosi estinti i reati a lui ascritti per morte dello stesso.
Sicché va rammentato che l’art. 654 c.p.p., nel disciplinare l’efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione nei giudizi civili o amministrativi diversi da quelli di danno, stabilisce che “Nei confronti dell’imputato… la sentenza penale irrevocabile… di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio… amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa”.
Questi presupposti, come appena visto, difettano nel caso di specie.
Pertanto è indimostrato che il Comune abbia ritirato l’ordinanza impugnata in primo grado, la quale, pur analoga, non figura tra i provvedimenti che furono a suo tempo impugnati nel giudizio conclusosi con la sentenza di questo Consiglio n. -OMISSIS-, sulla quale si tornerà più avanti.
7. – Il responsabile comunale, nella richiamata relazione di chiarimenti, riferisce, inoltre, che le istanze di concessione in sanatoria presentate dalla parte appellante, peraltro in data successiva al deposito della sentenza appellata, non hanno avuto esito positivo.
In particolare, ha reso noto che le istanze di concessione in sanatoria presentate dalla sig.ra -OMISSIS- il -OMISSIS- (prot. gen. -OMISSIS-) sono state riscontrate dal Comune con nota del -OMISSIS- (prot. gen. -OMISSIS-) indicandone i motivi ostativi al rilascio, di fatto rigettando la richiesta, senza che l’istante abbia impugnato il diniego o, comunque, agito avverso il silenzio dell’amministrazione.
Nel corso rimanente del giudizio, parte appellante non ha mai contestato la correttezza di queste affermazioni.
8. – Tanto premesso, può procedersi all’esame dell’appello.
9. – Le contestazioni rivolte alla decisione appellata, la cui motivazione, come visto, espone in maniera articolata e chiara le ragioni della reiezione dei singoli motivi di ricorso, sono prospettate in termini in larga parte generici e perciò irrispettosi del disposto dell’art. 101, comma 1, c.p.a., che impone la deduzione di specifici motivi di contestazione della correttezza del percorso argomentativo su cui si fonda la decisione appellata, poiché l’oggetto del giudizio di appello è costituito da quest’ultima e non dal provvedimento gravato in primo grado.
10. – In ogni caso, le censure riproposte in appello risultano infondate nel merito.
Per consolidata giurisprudenza, anche recente, l’installazione di tralicci o antenne di rilevanti dimensioni, con gli annessi manufatti accessori, necessita del titolo edilizio (ex ceteris, C.d.S., sez. III, 7 novembre 2019, n. 7616; C.d.S., sez. VI, 8 febbraio 2019, n. 956; C.d.S., sez. VI, 17 gennaio 2014, n. 225; C.d.S., sez. III, 15 gennaio 2014, n. 119).
Nel caso concreto le caratteristiche dimensionali dell’opera sono di indubbia rilevanza, in particolare per la sua notevole altezza (10 metri).
Correttamente il TAR ha osservato che la concessione per radiodiffusione in ambito locale rilasciata nel 1997 non tiene luogo anche dei titoli edilizi necessari per l’installazione dei manufatti in questione, tra cui vanno annoverati gli atti di competenza regionale in tema di prevenzione antisismica.
La questione dell’inapplicabilità della disciplina del Testo unico per l’edilizia in relazione alla specialità del procedimento di autorizzazione normato dagli artt. 87 ss. del Codice delle comunicazione elettroniche è stata riproposta in appello tal quale, senza muovere contestazione alcuna al rilievo del T.A.R. che anche la procedura di cui alle richiamate disposizioni del Codice non era mai stata avviata.

 

Installazione di tralicci o antenne di rilevanti dimensioni

La legittimazione passiva all’ordine di demolizione, poi, si radica anche sulla mera disponibilità materiale e giuridica delle opere (C.d.S., sez. III, n. 7616/2019 cit. e altre) e la sentenza di assoluzione dell’appellante, resa dal tribunale penale nei termini anzidetti, non elide i profili edilizi della vicenda.
Non costituisce precedente in termini la decisione di questo Consiglio n. -OMISSIS-, stante la diversità sostanziale della vicenda che risiede nel fatto che in quel caso l’interessato, prima dell’adozione del provvedimento di demolizione, aveva già presentato diverse domande di regolarizzazione concernenti anche i profili edilizi delle strutture abusive, mentre nel caso in esame le istanze di sanatoria sono state presentata soltanto il -OMISSIS- (supra, § 7), dopo la pubblicazione della sentenza appellata.
Il carattere doveroso e vincolato degli atti di repressione degli abusi edilizi e l’impossibilità di configurare affidamenti legittimi alla conservazione di una situazione di fatto abusiva (ex multis, C.d.S., sez. II, 11 marzo 2020, n. 1737; C.d.S., Ad. plen., 17 ottobre 2017, n. 9) fanno giustizia delle restanti doglianze.
11. – Per queste ragioni, in conclusione, l’appello dev’essere respinto.
12. – Le spese del grado del giudizio seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.
Condanna la parte appellante al pagamento, in favore delle amministrazioni appellate, delle spese del presente grado del giudizio, che liquida, a beneficio di ciascuna delle controparti costituite, in Euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre spese generali e accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone citate.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del 16 marzo 2021, svoltasi in videoconferenza con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Ermanno de Francisco – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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