Con riguardo alla concessione edilizia non riferibile oggettivamente alla sfera del lecito giuridico

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|1 aprile 2021| n. 12459.

Con riguardo alla concessione edilizia non riferibile oggettivamente alla sfera del lecito giuridico, in quanto frutto dell’attività criminosa del soggetto pubblico che la rilascia o del soggetto privato che la ottiene, sé equiparabile alla situazione di un titolo mancante, anche senza necessità di prova della collusione tra amministratore e soggetti interessati o dell’accertamento dell’avvenuto inizio dell’azione penale a carico degli amministratori, sempre che risulti evidente un contrasto con norme imperative talmente grave da determinare non la mera illegittimità dell’atto, ma la illiceità del medesimo e la sua nullità. Al di là del caso del provvedimento illecito, la contravvenzione di esecuzione di lavori sine titulo sussiste anche quando il permesso di costruire, pur apparentemente formato, sia illegittimo per contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia di fonte normativa o risultante dalla pianificazione. E lo stesso vale in tema di reati paesaggistici, poiché pure in questo caso il giudice penale ha il potere-dovere di verificare in via incidentale la legittimità della autorizzazione paesaggistica, senza che ciò comporti l’eventuale “disapplicazione” dell’atto amministrativo ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E, riguardando il suo esame solo l’integrazione o meno della fattispecie penale con riferimento all’interesse sostanziale tutelato.

Sentenza|1 aprile 2021| n. 12459

Data udienza 13 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Sequestro preventivo – Struttura turistico – recettiva – Reati edilizi urbanistici paesaggistici – Lottizzazione abusiva – Violazione art. 30 e 44 co 1 lett. c) dpr 380/2001 – Fumus – Illecito lottizzatorio – Configurabilità – Condizioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni – rel. Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 17/07/2020 del Tribunale di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere REYNAUD Gianni Filippo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale MANUALI Valentina, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento delle conclusioni del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 17 luglio 2020, il Tribunale di Lecce ha respinto la richiesta di riesame proposta dall’odierno ricorrente avverso il decreto con cui il G.i.p. dello stesso Tribunale, ai sensi dell’articolo 321 c.p.p., comma 1, aveva disposto il sequestro preventivo di una struttura turistico – ricettiva. Era stato ritenuto il fumus dei reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 30 e articolo 44, comma 1, lettera c), (T.U.E.) e Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181, per essere stata realizzata, con la copertura di funzionari comunali ed in forza della fraudolenta parcellizzazione dei lavori, una lottizzazione abusiva materiale in area agricola e paesaggisticamente vincolata, sulla scorta di illegittimi, e comunque inidonei, titoli edilizi e paesaggistici, e per essere stati comunque eseguiti lavori in assenza/totale difformita’ rispetto ai titoli conseguiti.
2. Avverso detta ordinanza, a mezzo dei difensori fiduciari, (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione degli articoli 30 e 44 T.U.E., articolo 25 Cost., comma 2, articolo 158 c.p., comma 1 e articolo 321 c.p.p., per essere stato confermato il sequestro benche’ la contravvenzione di lottizzazione abusiva si fosse prescritta prima dell’esercizio dell’azione penale. Il ricorrente allega che sarebbe pacifico, in fatto, che la struttura posta sotto sequestro completata nell’aprile del 2016, dichiarata agibile il successivo 5 maggio e operativa dal giorno 16 dello stesso mese – sia stata ultimata, al piu’ tardi, nel giugno 2016, con la realizzazione di un pergolato, non essendo state successivamente compiute attivita’, materiali o negoziali, di qualsivoglia natura. Trattandosi, secondo consolidata giurisprudenza citata in ricorso, di reato di durata, c.d. progressivo nell’evento, la cui consumazione cessa con l’ultimazione delle opere, si argomenta come da quel momento inizi a decorrere il termine di prescrizione quadriennale, nella specie maturato prima dell’adozione del decreto di sequestro e dell’esercizio dell’azione penale. Il tribunale del riesame, dunque, aveva errato nel ritenere che la consumazione si protraesse in ragione della utilizzazione del territorio in perdurante contrasto con la pianificazione e avrebbe dovuto annullare il provvedimento cautelare in base al principio giusta il quale e’ illegittimo il sequestro preventivo di un bene, anche se finalizzato alla confisca, in caso di intervenuta prescrizione del reato prima dell’esercizio dell’azione penale, cio’ che viene ulteriormente ribadito nelle note di udienza depositate dal difensore.
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 30, articolo 44, 3, comma 1, lettera d), articoli 10 e 12 T.U.E. nella parte in e’ stato ravvisato il fumus del reato di lottizzazione abusiva e dei reati paesaggistici per essere stati ritenuti illegittimi – ed inesistenti – i titoli edilizi e paesaggistici relativi all’intervento di ristrutturazione edilizia di due manufatti diroccati, gia’ appartenenti al demanio militare e destinati a residenza delle truppe, che avevano condotto alla realizzazione della struttura sequestrata e cio’ sul presupposto che in quella zona, agricola e vincolata, non fosse possibile edificare manufatti non connessi con l’attivita’ agricola. Osserva il ricorrente che un non consentito mutamento della destinazione d’uso di manufatti connesso ad una ristrutturazione puo’ integrare il reato di lottizzazione abusiva soltanto laddove determini un significativo stravolgimento dell’area interessata, cio’ che nella specie non era avvenuto, ed era mancata la motivazione circa la necessita’ di dotare quella zona di infrastrutture ed opere di urbanizzazione ulteriori rispetto a quelle gia’ presenti quali attestate dallo stesso provvedimento impugnato.
Aveva inoltre errato il Tribunale nel ritenere illegittimi i titoli edilizi sul presupposto che l’intervento dovesse essere qualificato come nuova costruzione e non come ristrutturazione edilizia, trascurando di considerare che l’articolo 3, comma 1, lettera d), T.U.E. ricomprende in tale categoria anche il ripristino degli edifici eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, quando, come nella specie, sia possibile accertarne la preesistente consistenza e, addirittura, la sagoma, cio’ che la stessa ordinanza impugnata attesta.
Si rileva, da ultimo, che parificare un provvedimento illegittimo ad uno inesistente per ritenere i reati di abuso edilizio e paesaggistico determinerebbe la palese violazione del principio di legalita’ e si porrebbe in antitesi con il principio della responsabilita’ per fatto proprio colpevole.
3. Con il terzo motivo si lamenta violazione delle disposizioni incriminatrici contestate e dell’articolo 27 Cost., comma 1 e articolo 42 c.p., commi 4 e 5, anche con riguardo al vizio di assenza o apparenza della motivazione, per non aver il giudice del riesame argomentato, pur sollecitato a farlo, sull’insussistenza del fumus dei reati per mancanza dell’elemento soggettivo, essendosi il ricorrente affidato a tecnici esperti del settore ed avendo confidato nella legittimita’ dei provvedimenti amministrativi rilasciati.
4. Con l’ultimo motivo di ricorso si lamenta la mancanza di motivazione, contenente mere formule stereotipate, circa la sussistenza del periculum con riguardo al fatto che la libera disponibilita’ del bene incida negativamente sul carico urbanistico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la contravvenzione di lottizzazione abusiva e’ reato a forma libera e progressivo nell’evento, che sussiste anche quando l’attivita’ posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o all’esecuzione delle opere, posto che tali iniziali attivita’ non esauriscono riter” criminoso, che si protrae attraverso gli ulteriori interventi che incidono sull’assetto urbanistico, con ulteriore compromissione delle scelte di destinazione ed uso del territorio riservate all’autorita’ amministrativa competente (Sez. 3, n. 14053 del 20/02/2018, Ammaturo e a., Rv. 272697; Sez. 3, n. 12772 del 28/02/2012, Tallarini, Rv. 252236). Il momento consumativo del reato si individua, per tutti coloro che concorrono o cooperano nel reato, nel compimento dell’ultimo atto integrante la condotta illecita, che puo’ consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell’esecuzione di opere di urbanizzazione o nell’ultimazione dei manufatti che compongono l’insediamento (Sez. 3, n. 48346 del 20/09/2017, Bortone e aa., Rv. 271330). Dovendosi, di fatti, applicare la disciplina del reato permanente, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dopo la ultimazione sia dell’attivita’ negoziale, sia dell’attivita’ di edificazione, e cioe’, in quest’ultima ipotesi, dopo il completamento dei manufatti realizzati (Sez. 3, ord. n. 24985 del 20/05/2015, Diturco e a., Rv. 264122; Sez. 3, n. 35968 del 14/07/2010, Rusani e a., Rv. 248483).
Non puo’ condividersi, pertanto, la contraria conclusione che si legge nell’ordinanza impugnata, laddove si afferma che “l’illecito lottizzatorio si realizza con il completamento delle opere sul territorio (nella specie nel 2016 con la SCIA per il presunto pergolato) e il momento consumativo perdura nel tempo sino a quando l’offesa tipica non raggiunge l’apice della gravita’ (utilizzazione del territorio in perdurante contrasto con la pianificazione e i vincoli di legge e conseguente lesioni degli interessi pubblici sottesi)”.
A seguire questa tesi – che, peraltro, non chiarisce quale sarebbe il supposto “apice di gravita’” – la lottizzazione abusiva rischierebbe di essere considerata quale reato potenzialmente imprescrittibile pur dopo la cessazione delle condotte illecite, dandosi al proposito rilievo alle mere conseguenze permanenti dell’illecito. Per contro, secondo i principi generali, come accade nei reati eventualmente permanenti, il momento consumativo coincide con l’ultimo della serie di atti che integrano la condotta che ha leso definitivamente l’interesse tutelato dalla norma, pur potendo continuare le conseguenze dannose (cfr., in relazione alla contravvenzione di cui all’articolo 734 c.p., Sez. 3, n. 29508 del 04/04/2019, Schettino, Rv. 276359; Sez. 3, n. 36605 del 15/02/2017, Adinolfi, Rv. 270731). In un caso come quello di specie, l’utilizzazione del territorio in perdurante contrasto con la pianificazione, quale conseguenza del reato, e’ eventualmente rilevante ai soli fini dell’individuazione del periculum richiesto dall’articolo 321 c.p.p., comma 1, per poter disporre il sequestro (cfr. Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, Innocenti, Rv. 223721).
2. Al di la’ di questo non condivisibile rilievo, nel caso di specie l’ordinanza attesta che il completamento delle opere ha coinciso con la realizzazione del pergolato e indica al proposito l’anno 2016, senza tuttavia specificare in che giorno e mese cio’ si sia verificato.
Il ricorrente allega che l’ultimazione sarebbe avvenuta nel giugno di quell’anno (senza precisare il giorno), ma dalla lettura del capo di incolpazione si ricava che la SCIA per la realizzazione del pergolato fu presentata il 20 giugno 2016 e la relativa autorizzazione paesaggistica fu rilasciata il successivo 29 agosto 2016, sicche’ – dovendosi ritenere, in difetto di prova del contrario, che i lavori si siano svolti successivamente al conseguimento dell’ultimo titolo – al momento dell’adozione del provvedimento di sequestro (22 giugno 2020) le contravvenzioni non erano prescritte, ne’ lo erano il successivo 17 luglio, data di pronuncia dell’ordinanza impugnata.
Ferma restando la possibilita’ di successivamente richiedere la restituzione dei beni facendo valere l’intervenuta prescrizione, non essendovi prova che la stessa sia maturata prima della pronuncia del provvedimento impugnato, non puo’ pertanto ritenersene la illegittimita’.
3. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile per genericita’ e manifesta infondatezza.
3.1. L’ordinanza impugnata attesta che, dopo aver nel 2009 acquistato un terreno con due corpi di fabbrica privi di coperture e con murature perimetrali quasi interamente crollate – un tempo adibiti a dormitorio militare, poi dismessi e caduti in rovina – il ricorrente aveva realizzato un complesso completamente diverso da quello originario, sia nella struttura, sia nella destinazione d’uso. Cio’ era avvenuto con l’esecuzione frazionata di numerosi interventi edilizi, apparentemente circoscritti al mero ripristino degli immobili, eseguiti in forza di titoli illecitamente ottenuti con la copertura dei dirigenti comunali, nei confronti dei quali il g.i.p. aveva ritenuto sussistente il fumus dei reati di abuso d’ufficio e falso ideologico. In particolare, era stato realizzato un resort – destinato allo svolgimento di attivita’ turistico-ricettiva, poi effettivamente avviata – costituito da locali comuni (tra cui la hall di ricevimento e la sala colazioni) e ben 14 autonome unita’ abitative. L’operazione immobilitare aveva quindi operato una radicale trasformazione del territorio – all’interno del Parco Regionale Otranto, sito di interesse comunitario (SIC), sottoposto a vincolo paesaggistico – in modo incompatibile con la sua destinazione urbanistica, vale a dire quella agricola produttiva (zona El), ed in contrasto con le disposizioni delle norme tecniche di attuazione del PUTT/P, che in quella zona, vieta la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali e produttivi diversi da quelli agricoli. L’ordinanza parimenti attesta che il nuovo insediamento produttivo di carattere non agricolo illecitamente realizzato dal (OMISSIS) aveva bensi’ sfruttato alcuni servizi gia’ esistenti (strada e rete idrica ed elettrica), ma senza che gli stessi potessero essere ritenuti idonei a costituire vere e proprie opere di urbanizzazione, e aveva quindi stravolto l’assetto del territorio con trasformazione dell’area da agricola a turistica e con conseguente incidenza sul carico urbanistico determinato da maggior flusso di automobili e persone, da significativo aumento dei consumi idroelettrici e della produzione di rifiuti, tra cui i liquami prodotti dai 14 appartamenti dotati di servizi igienici.
3.2. Essendo chiarissimo ed adeguatamente motivato il descritto iter logico-giuridico della decisione, del tutto correttamente l’ordinanza impugnata reputa pertanto sussistente – tra l’altro – il fumus del reato di lottizzazione abusiva materiale e sono destituite di fondamento le doglianze di violazione di legge proposte dal ricorrente, che non si confronta con la ricostruzione in fatto della vicenda quale piu’ sopra riepilogata.
Per consolidato orientamento, difatti, il reato e’ integrato non solo dalla trasformazione effettiva del territorio, ma da qualsiasi attivita’ che oggettivamente comporti anche solo il pericolo di una urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata (Sez. 3, n. 37383 del 16/07/2013, Desimine e aa., Rv. 256519) rispetto ad opere che, per caratteristiche o dimensioni, siano idonee a pregiudicare la riserva pubblica di programmazione territoriale (Sez. 3, n. 15404 del 21/01/2016, Bagliani e a., Rv. 266811). Il reato di lottizzazione abusiva e’ dunque configurabile con riferimento a zone di nuova espansione o scarsamente urbanizzate relativamente alle quali sussiste un’esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione (Sez. 3, n. 6629 del 07/01/2014, Giannattasio e aa., Rv. 258932), sicche’, se da un lato deve escludersi con riferimento a zone completamente urbanizzate, d’altro lato e’ invece configurabile sia con riferimento a zone assolutamente inedificate, sia con riferimento a zone parzialmente urbanizzate in cui sussista un’esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo (Sez. 3, n. 37472 del 26/06/2008, Belloi e a., Rv. 241097).
3.3. Del pari manifestamente infondate e anche generiche – perche’ non pertinenti rispetto alla principale fattispecie incriminatrice il cui fumus e’ stato riconosciuto e che, da sola, sorregge la misura cautelare adottata – sono le doglianze circa la violazione del principio di legalita’ sul rilievo che l’aver ritenuto la giuridica inesistenza dei provvedimenti amministrativi rilasciati dal Comune e reputati illegittimi violerebbe l’articolo 44, comma 1, lettera c), T.U.E., il cui disvalore, si sostiene in ricorso, sarebbe “polarizzato sull’assenza del titolo autorizzativo”, sicche’ risulterebbe vanificata anche la possibilita’ per il cittadino di prevedere con ragionevole certezza il rischio penale derivante dalla sua azione.
3.3.1. Va innanzitutto osservato che il ricorrente non si confronta in alcun modo con l’orientamento, consolidato da oltre trent’anni, giusta il quale le contravvenzioni urbanistiche di esecuzione di lavori sine titulo sono punibili ai sensi dell’ipotesi di cui lettera b) della norma incriminatrice – ovvero ai sensi della lettera c), qualora l’abuso ricada in zona vincolata – quando si tratti di provvedimenti giuridicamente inesistenti o illeciti, cio’ che nella specie il giudice del merito cautelare ha accertato a livello di fumus con riferimento ai reati di abuso di ufficio e falso ideologico contestati ai funzionari comunale che ebbero a rilasciare i titoli edilizi al ricorrente. Ed invero, gia’ con riguardo alla concessione edilizia non riferibile oggettivamente alla sfera del lecito giuridico, in quanto frutto dell’attivita’ criminosa del soggetto pubblico che la rilascia o del soggetto privato che la ottiene, se ne era affermata l’equiparabilita’ alla situazione di un titolo mancante, anche senza necessita’ di prova della collusione tra amministratore e soggetti interessati o dell’accertamento dell’avvenuto inizio dell’azione penale a carico degli amministratori, sempre che risulti evidente un contrasto con norme imperative talmente grave da determinare non la mera illegittimita’ dell’atto, ma la illiceita’ del medesimo e la sua nullita’ (Sez. 3, n. 38735 del 11/07/2003, Schrotter e aa., Rv. 226576; nello stesso senso, ex multis: Sez. 3, n. 7423 del 18/12/2014, dep. 2015, Cervino e aa, Rv. 263916; Sez. 3, n. 1708 del 13/11/2002, dep. 2003, Pezzella, Rv. 223475; Sez. 3, n. 23230 del 22/04/2004, Verdelocco, Rv. 229438; Sez. 6, n. 3606 del 20/10/2016, dep. 2017, Bonanno, Rv. 269345; Sez. 4, n. 38610 del 20/07/2017, Comune di Sperlonga e a., Rv. 270931). Per non dire dei piu’ recenti approdi della giurisprudenza di questa Corte, che hanno consolidato l’orientamento – pure questo risalente – giusta il quale, al di la’ del caso del provvedimento illecito, la contravvenzione di esecuzione di lavori sine titulo sussiste anche quando il permesso di costruire, pur apparentemente formato, sia illegittimo per contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia di fonte normativa o risultante dalla pianificazione (Sez. 3, n. 56678 del 21/09/2018, Iodice, Rv. 275565; Sez. 3, Sentenza n. 49687 del 07/06/2018, Bruno e a, n. m.; Sez. 3, n. 37847 del 14/05/2013, Sorini, Rv. 256971) 19/01/2013). E lo stesso vale in tema di reati paesaggistici, poiche’ pure in questo caso il giudice penale ha il potere-dovere di verificare in via incidentale la legittimita’ della autorizzazione paesaggistica, senza che cio’ comporti l’eventuale “disapplicazione” dell’atto amministrativo ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, articolo 5, allegato E, riguardando il suo esame solo l’integrazione o meno della fattispecie penale con riferimento all’interesse sostanziale tutelato (Sez. 3, n. 38856 del 04/12/2017, dep. 2018, Schneider e a., Rv. 273703).
3.3.2. In secondo luogo – ed il profilo e’ comunque assorbente, ed esonera il Collegio dall’esaminare le doglianze proposte con riguardo alla violazione di legge concernente la qualificazione dell’intervento come nuova costruzione, piuttosto che come ristrutturazione edilizia – il reato che nel caso di specie ha giustificato il mantenimento del sequestro (v. pag. 12 dell’ordinanza) e’ la contravvenzione di lottizzazione abusiva, e non gia’ la realizzazione di lavori senza permesso di costruire, ovvero in difetto (o in contrasto) con l’autorizzazione paesaggistica. Rispetto alla sussistenza della lottizzazione abusiva materiale non rileva il fatto che gli interventi siano stati eventualmente assentiti con titoli edilizi, ne’ la considerazione della loro illegittimita’ (od illiceita’) incide sulla struttura della contravvenzione qui in esame o puo’ porre problemi di rispetto del principio di legalita’ o di colpevolezza come quelli evocati dal ricorrente. Ed invero, il reato di lottizzazione abusiva – che si configura come reato a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione a lottizzare, sia quando quest’ultimo sussista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici (Sez. U, n. 5115 del 28/11/2001, dep. 2002, Salvini, Rv. 220708; Sez. 3, n. 33051 del 10/05/2017, Puglisi e aa., Rv. 270645) – non e’ escluso dall’eventuale rilascio da parte della pubblica amministrazione di permessi di costruire relativi ai singo’li interventi edilizi realizzati, posto che i permessi di costruire non hanno la funzione di pianificare l’uso del territorio e, dunque, non possono sopperire alla mancata adozione dell’autorizzazione (Sez. 3, n. 36397 del 17/04/2019, Taranto, Rv. 277169).
4. Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile per genericita’ e manifesta infondatezza.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice e’ demandata una valutazione sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata, sicche’ lo stesso giudice puo’ rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, ma a condizione che esso emerga “ictu oculi” (Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015; Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi e a., Rv. 266896; Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008, Di Fulvio, Rv. 240521). Va ricordato, peraltro, che l’elemento soggettivo puo’ indifferentemente essere di natura colposa o dolosa, giusta la generale previsione di cui all’articolo 42 c.p., comma 4, cio’ che vale non soltanto con riguardo al reato di costruzione sine titulo, ma anche per la lottizzazione abusiva. Superando un risalente, contrario, orientamento, la giurisprudenza di questa Corte e’ infatti da tempo attestata sul principio secondo cui il reato di lottizzazione abusiva puo’ essere integrato anche a titolo di sola colpa (Sez. 3, n. 15205 del 15/11/2019, dep. 2020, Capuano, Rv. 278915-02; Sez. 3, n. 38799 del 16/09/2015, De Paola, Rv. 264718; Sez. 3, n. 17865 del 17/03/2009, Quarta e aa., Rv. 243750; Sez. 3, n. 36940 del 11/05/2005, Stiffi e a., Rv. 232189).
Nel caso di specie, lungi dal poter rilevare dagli atti la buona fede dell’indagato, l’ordinanza ricostruisce in capo al medesimo una condotta tenuta “in spregio agli strumenti urbanistici e di tutela del territorio e del paesaggio, tramite l’astuta e premeditata parcellizzazione dell’iter amministrativo”: nulla di piu’ lontano da una buona fede emergente ictu oculi.
5. L’ultimo motivo e’ parimenti inammissibile per manifesta infondatezza e perche’ proposto per motivi non consentiti.
Ed invero, in forza dell’articolo 325 c.p.p., essendo nella specie il ricorso per cassazione ammissibile solo per violazione di legge (Sez. 3, n. 45343 del 06/10/2011, Moccaldi e a., Rv. 251616) ed essendo quindi deducibile soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche la sua illogicita’ manifesta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), (Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119), il giudice di legittimita’ non puo’ procedere ad un penetrante vaglio sulla motivazione addotta nel provvedimento impugnato (v. gia’ Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692).
Escludendo che possa aver rilevanza il risalente termine di conclusione delle indagini preliminari, l’ordinanza – in linea con quanto sopra precisato quanto all’effettivo aumento del carico urbanistico – argomenta come la sottrazione della libera disponibilita’ della struttura turistico-ricettiva sia funzionale ad impedire che il reato sia portato ad ulteriori conseguenze in considerazione dello sfruttamento del territorio in modo incompatibile con l’assetto previsto dalla disciplina di settore. La motivazione, dunque, non e’ apparente e non e’ in questa sede ulteriormente sindaca bile.
6. Il ricorso, complessivamente infondato, va pertanto rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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