Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 9 aprile 2019, n. 9796.
La massima estrapolata:
In tema di comodato, la circostanza che le parti, pur non prevedendo un termine per la restituzione del bene, abbiano vincolato l’efficacia del contratto al venir meno dell’utilizzazione dello stesso in concomitanza con la cessazione dello svolgimento dell’attività del comodatario, non comporta automaticamente la qualificazione del rapporto alla stregua di comodato senza determinazione di durata (con conseguente potere di recesso “ad nutum” del comodante, ai sensi dell’art. 1810 c.c.), spettando al giudice di merito il compito di verificare se l’assetto di interessi individuato dalle parti non sia riconducibile ad un contratto atipico, meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., avente a oggetto la regolamentazione del potere di pretendere la restituzione del bene concesso in godimento, in modo che il comodante sia autorizzato ad esercitarlo non già “ad nutum”, bensì unicamente al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva qualificato come senza determinazione di durata, con conseguente applicabilità dell’art. 1810 c.c. in relazione al recesso “ad nutum” del comodante, un contratto di comodato contenente una clausola che ne ricollegava l’efficacia al persistente espletamento delle attività culturali svolte nell’immobile dall’ente comodatario).
Sentenza 9 aprile 2019, n. 9796
Data udienza 15 novembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13518-2015 proposto da:
FONDAZIONE (OMISSIS) ONLUS, in persona del suo Presidente pro tempore Prof. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 99/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 06/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/11/2018 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo, assorbiti tutti gli altri;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza resa in data 6/2/2015, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla (OMISSIS), ha accertato l’intervenuta cessazione di efficacia del contratto di comodato stipulato dalla Provincia Religiosa con la (OMISSIS) ONLUS in relazione a taluni locali di proprieta’ della Provincia siti nel complesso-convento (OMISSIS), con la conseguente condanna della Fondazione convenuta al rilascio del complesso immobiliare concesso in godimento.
2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, attraverso il contratto dedotto in giudizio, le parti avessero dato vita a un rapporto di comodato precario, attesa la mancata apposizione di un termine di durata del rapporto negoziale, nella specie neppure rinvenibile, per implicito, dal richiamo operato dalle parti all’uso cui l’immobile concesso in comodato era stato destinato.
3. Sotto altro profilo, il giudice a quo ha rilevato come la Fondazione appellante non avesse neppure fornito la prova del ricorso dei presupposti per il conseguimento del rimborso delle spese sostenute per la ristrutturazione e la manutenzione dell’immobile ricevuto in godimento, la’ dove gli oneri dalla stessa assunti per la realizzazione dei lavori eseguiti sul bene in nessun modo avrebbero potuto dirsi espressione di un’eventuale forma di corrispettivita’ per il ridetto godimento, si’ da derivarne la totale infondatezza della pretesa della Fondazione di qualificare il rapporto contrattuale in esame alla stregua di un contratto di locazione.
4. Avverso la sentenza d’appello, la Fondazione (OMISSIS) ONLUS propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione.
5. La (OMISSIS) resiste con controricorso.
6. Riservato in decisione per l’adunanza in camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 12594 del 22/5/2018 il ricorso e’ stato rimesso dinanzi all’odierno Collegio per la trattazione in pubblica udienza.
7. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la Fondazione ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 1803 e 1809 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente affermato che le parti, attraverso il contratto dalle stesse concluso, avessero inteso instaurare un rapporto di comodato precario, atteso che il termine di durata del rapporto doveva ritenersi agevolmente desumibile dal riferimento operato con la clausola dell’articolo 5 alle finalita’ culturali stabilite per l’uso dell’immobile concesso in godimento; uso di per se’ sufficiente a rendere determinabile il tempo della ridetta concessione, cosi’ come confermato dalle restanti pattuizioni specificamente richiamate in ricorso, in ogni caso inclini a dotare la convenzione in esame di elementi di atipicita’ tali da giustificare l’allontanamento della relativa disciplina dalla puntuale applicazione delle norme dettate dall’articolo 1810 c.c. in materia di comodato senza determinazione di termine.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente, in via subordinata al mancato accoglimento del primo motivo, censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 1571 e ss. e della L. n. 392 del 1978 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale ravvisato il carattere gratuito della convenzione stipulata tra le parti, laddove gli oneri di carattere economico contrattualmente assunti dalla Fondazione dovevano ritenersi vincolati da un legame di corrispettivita’ con la concessione in godimento dell’immobile, con la conseguente qualificazione in termini di onerosita’ della causa del contratto.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente, in via subordinata all’accoglimento dei primi due motivi, censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 1808 c.c. e dell’articolo 346 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che le spese sostenute dalla Fondazione per la manutenzione e la conservazione dell’immobile fossero imputabili a una mera necessita’ della stessa al fine di servirsi della cosa concessa in godimento, e non fossero gia’ spese straordinarie necessarie e urgenti per la relativa conservazione, il cui rimborso era stato contrattualmente rinunciato dalla Fondazione in relazione ai soli casi di cessazione definitiva dell’impiego dell’immobile concesso in godimento per le finalita’ convenute, o di inadempimento della fondazione, con il conseguente diritto di quest’ultima a ottenere il pagamento della somma rivendicata, non essendosi verificato nella specie nessuna delle due evenienze descritte, tenuto altresi’ conto dell’erroneita’ della negata ammissione delle prove rivendicate dalla fondazione, dovendo ritenersi validamente avanzata la ridetta ammissione nel corso del giudizio.
4. Con il quarto motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla questione concernente la mancata ammissione delle prove richieste, siccome non reiterata in sede di discussione la corrispondente istanza, nonostante la parte avesse espressamente dedotto la richiesta di ammissione delle prove con uno specifico motivo di appello.
5. Il primo motivo e’ fondato e suscettibile di assorbire la rilevanza delle restanti censure.
6. Osserva preliminarmente il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, la disciplina positiva del comodato puo’ ritenersi articolata (sulla falsariga del codice civile del 42) secondo il duplice modello: 1) del comodato con prefissione di termine (per il quale l’articolo 1803 c.c., sulla scia del prestito ad uso riconosciuto dall’articolo 1805 c.c. 1865, stabilisce che la consegna della cosa essenzialmente gratuita avvenga per un tempo o per un uso determinato, di modo che il comodatario sia obbligato alla sua restituzione alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza, quando se ne e’ servito in conformita’ del contratto, e cio’, sempreche’, non sopravvenga un urgente ed impreveduto bisogno del comodante che, in tal caso, puo’ esigerne la restituzione immediata ex articolo 1809), e 2) del comodato senza determinazione di durata, estraneo (anche in considerazione dell’autonomia accordata alla figura del c.d. precario) alla disciplina del codice civile del 1865, ed ora invece regolato dall’articolo 1810 c.c. in base al principio che se non e’ stato convenuto un termine, ne’ questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario e’ tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.
7. Da questo assetto normativo si e’ tratta – segnatamente in dottrina – la convinzione che, mentre costituiscono elementi essenziali del comodato la realita’, la unilateralita’ e la gratuita’ (nel senso che il convergente e contestuale concorso di essi ne definisce l’identita’ quale autonomo tipo contrattuale), tale non sarebbe, viceversa, la predeterminazione della durata con il connesso potere di restituzione, giacche’, per effetto di quanto previsto dall’articolo 1810 c.c., il legislatore si e’ dato cura di ricomprendere nello schema del comodato tipico anche la fattispecie caratterizzata dalla mancata determinazione di una durata.
8. Nondimeno, l’esigenza avvertita sul terreno sistematico di evitare pericolosi sconfinamenti del tipo in direzione degli atti atipici di liberalita’, cui fatalmente lo condurrebbe la naturale gratuita’ del rapporto, in uno con la sua indeterminata protrazione nel tempo, ha suggerito l’osservazione che l’apposizione di un termine espresso o tacito, in vista del quale l’obbligo di restituzione possa trovare modo di essere adempiuto, costituisce un requisito imprescindibile del modello negoziale messo a punto dal codice civile, posto che, diversamente, un godimento che si prolunga nel tempo senza l’indicazione di un termine finale si porrebbe, da un lato, in contrasto con i principi generali in tema di contratti di durata senza prefissione di un termine di scadenza, per i quali e’ normalmente previsto il recesso ad nutum, e, dall’altro, con il carattere di gratuita’ del negozio che mal si concilia con un sacrificio illimitato del comodante (cfr. Cass., Sez. III, 13/11/1989, n. 4790).
9. E questo termine, che non necessariamente deve sostanziarsi in un’indicazione temporale puntuale e che bene puo’ essere desunto dall’uso cui la cosa e’ destinata, non opponendosi in questa guisa neppure alla concessione di un godimento longissimi temporis – come avviene nel caso assai frequente della destinazione di un bene immobile ad abitazione del nucleo familiare (Cass., Sez. III, 14/02/2012, n. 2103; Cass., Sez. III, 21/06/2011, n. 13592; Cass., Sez. II, 13/02/2006, n. 3072) – occorre tuttavia che sia correlato ad un evento certo nel suo futuro verificarsi, un evento che, per quanto possa essere incertus quando – ed appunto la casistica giurisprudenziale teste’ richiamata ne e’ la riprova -, non puo’ essere in ogni caso incertus an.
10. Ed invero – come gia’ affermato da questa Corte – l’obbligo di restituzione non puo’ prescindere dalla fissazione di un termine, che, in quanto tale, deve per definizione essere certo nel suo futuro verificarsi: la fissazione di un termine incertus an e’ contraddittoria in radice, essendo la certezza dell’accadimento requisito caratterizzante del termine, rispetto alla condizione (v. Cass., Sez. I, 22/03/1994, n. 2750).
11. La naturale conclusione di questo discorso e’ che non sia ammissibile un comodato senza termine, tanto che, sebbene il termine finale possa essere determinato in funzione dell’uso cui la cosa e’ destinata, la circostanza che l’uso non abbia in se’ una durata predeterminata nel tempo qualifica il rapporto come a tempo indeterminato, sicche’ il comodato deve intendersi a titolo precario e deve ritenersi che il comodante possa recedere da esso ad nutum a mente dell’articolo 1810 c.c. (Cass., Sez. U, 9/02/2011, n. 3168).
12. E tuttavia (come gia’ acutamente osservato dalla recente Cass., n. 8571/2018), rispetto all”ineluttabilita’ di questa conclusione, nella giurisprudenza di questa Corte si e’ affacciata l’idea (v. Cass., Sez. III, 12/03/2008, n. 6678) che, accanto ai due modelli tipici di comodato, sia configurabile una sua declinazione d’indole atipica, attraverso la quale il prestito d’uso puo’ atteggiarsi e puo’ rendersi, in grazia degli interessi perseguiti, meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, in quanto esplicazione dell’autonomia negoziale che esso riconosce ai privati a mente dell’articolo 1322 c.c..
13. Si e’ cosi’ osservato come si connoti come figura atipica, siccome non riconducibile ne’ al modello legale del comodato a termine (articolo 1809 c.c.), ne’ a quello del comodato senza limitazione di tempo (articolo 1810 c.c.), il contratto di comodato immobiliare con il quale le parti abbiano previsto che la restituzione del bene da parte del comodatario debba avvenire nel “caso che il comodante ne abbia necessita’”. In tale ultima ipotesi, infatti, il comodato e’ da intendere convenuto senza determinazione di tempo (salvo quello che ex lege puo’ discendere dall’applicazione dell’articolo 1811 c.c. e che un termine derivi in relazione all’uso pattuito), e tuttavia, ai sensi dell’articolo 1322 c.c., con il patto che il potere di richiedere la restituzione (e dunque il recesso ad nutum) possa esercitarsi solo in presenza di una necessita’ di utilizzazione dell’immobile – nel senso di un bisogno di riavere la cosa per goderne in uno dei modi consentiti dal proprio titolo – che sia incompatibile con il protrarsi del godimento del comodatario e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, dimostrata.
14. Ed invero (come meglio chiarisce la motivazione di Cass., Sez. III, 12/03/2008, n. 6678, cit., chiamata a pronunciarsi in merito alla qualificazione di un rapporto di comodato in cui era stato convenuto che la restituzione sarebbe avvenuta a richiesta del comodante nel caso che ne abbia necessita’), in presenza di una clausola come quella da ultimo menzionata, il comodato non e’ a termine, per la ragione che la verificazione della necessita’ che il comodante puo’ addurre come motivo di rilascio e’ evento incertus an.
15. Detto comodato, dunque, deve ritenersi senza determinazione di tempo (ad eccezione di quello che ex lege puo’ discendere dall’applicazione dell’articolo 1811 c.c., o che un termine non risulti altrimenti in relazione all’uso pattuito), con la decisiva peculiarita’ che le parti hanno convenuto, ai sensi dell’articolo 1322 c.c., che il potere di richiedere la restituzione puo’ esercitarsi solo in presenza di una necessita’ di utilizzazione del”immobile che, evidentemente, sia incompatibile con il protrarsi del godimento, e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e dimostrata, in caso di contestazione.
16. Come gia’ osservato da questa Corte (v. Cass., n. 8571/2018, cit.), quello indicato nella vicenda affrontata da Cass. 6678/2008 (per sottrarre la pattuizione al suo esame all’altrimenti ineludibile rigidita’ della contrapposizione tra comodato a termine e comodato senza predeterminazione di durata, e alla conclusione, in qualche modo obbligata, della risolubilita’ ad nutum del rapporto, per il fatto che nessun termine di durata era stato nella specie convenuto) rappresenta un approccio ricostruttivo che, di fronte alla specie del comodato senza prefissione di termine, pone al centro del proprio incedere, non gia’ la derogabilita’ del termine (giacche’ in questa direzione la dicotomia di cui sopra, piu’ volte rimarcata dall’orientamento di impronta tradizionale, costituisce un ostacolo non superabile) ma la sua modulabilita’ in funzione di una valorizzazione della volonta’ delle parti del potere di restituzione della cosa che il comodante di regola esercita liberamente.
17. La specialita’ di tale figura atipica di comodato non sta dunque nell’apprestare un particolare statuto giuridico che agisca sul profilo temporale del rapporto, ma nel rendere negoziabile il potere di restituzione, sottraendolo alla regola dell’esercizio discrezionale e facendo si’ che il comodante possa farne uso solo al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti.
18. Il principio della libera recedibilita’ in tronco del rapporto, che costituisce uno dei naturalia negotii del comodato senza termine, cede di fronte alla diversa volonta’ negoziale delle parti che intendono regolare lo scioglimento di esso per iniziativa del comodante secondo uno schema che salvaguarda l’assetto degli interessi da esse impresso al negozio all’atto della sua costituzione.
19. E proprio tale modello schematico rende esattamente il comodato atipico, poiche’ il prestito d’uso che vi e’ convenuto, non essendone commisurata la durata ad un termine prefissato (neppure in maniera implicita), e non potendo percio’ integrare la figura del comodato disciplinata dall’articolo 1809 c.c., rifluisce naturalmente nell’alveo del comodato a cui si applica l’articolo 1810 c.c., ma da esso si dissocia, in cio’ manifestando la sua atipicita’, poiche’ il potere di restituzione non e’ liberamente esercitabile dal comodante.
20. Cio’ premesso – una volta ricondotta la fattispecie contrattuale oggetto dell’odierno giudizio a tale schema atipico, avendo la Fondazione ricorrente e la Provincia religiosa avversaria espressamente vincolato l’efficacia del rapporto contrattuale in esame (e dunque il potere di recesso ad nutum della Provincia comodante) al persistente espletamento delle attivita’ culturali per le quali gli immobili erano stati concessi in prestito alla Fondazione (come, peraltro, testualmente riconosciuto dalla corte territoriale, cfr. pag. 5 della sentenza impugnata) – la quaestio iuris che il giudice a quo avrebbe dovuto affrontare consisteva nel verificare se quella pattuizione (che vincolava la risolubilita’ ad nutum del rapporto al venir meno dell’effettivo espletamento delle attivita’ culturali della Fondazione, come prevede l’articolo 5 del contratto, o al venir meno dello scopo statutario della stessa, come indicato nell’articolo 10) potesse ritenersi, in quanto esplicazione dell’autonomia negoziale dei privati riconosciuta dall’articolo 1322 c.c., meritevole di tutela (consentendo, com’e’ noto, detta norma, al comma 2, che le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purche’ siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico: v., sul punto, in termini, Cass., n. 8571/2018, cit.), ed altresi’ nel verificare, in caso di contestazione dei presupposti per l’esercizio del potere di recesso, l’effettiva dimostrazione, da parte del comodante, del relativo ricorso.
21. Non avendo il giudice a quo provveduto all’esecuzione di tali specifiche indagini – essendosi, viceversa, erroneamente limitato alla riconduzione del rapporto de quo, sic et simpliciter, allo schema del c.d. precario (una volta esclusane la natura di comodato con determinazione di durata, e del tutto trascurando la volonta’ espressamente manifestata dalle parti in ordine al dedotto vincolo del potere di recesso ad nutum della Provincia comodante al persistente espletamento delle attivita’ culturali per le quali gli immobili erano stati concessi in prestito alla Fondazione) -, in accoglimento del primo motivo del ricorso (ed assorbiti i restanti), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, cui e’ rimesso di provvedere, sulla base degli elementi di fatto acquisiti al processo, all’esecuzione delle indagini indicate (e all’adozione delle conseguenti statuizioni), in applicazione del seguente principio di diritto:
In tema di comodato, nel caso in cui le parti abbiano vincolato l’efficacia del rapporto al venir meno dell’utilizzazione del bene concesso in godimento secondo gli accordi convenuti (ovvero al venir meno degli scopi statutari dell’ente comodatario), la circostanza che i termini dell’accordo non consentano di individuarne un’ipotesi di comodato con determinazione di durata, ai sensi dell’articolo 1809 c.c., non comporta automaticamente la qualificazione del rapporto alla stregua di un contratto di comodato senza determinazione di durata con potere di recesso ad nutum del comodante, ai sensi dell’articolo 1810 c.c., spettando al giudice di merito il compito di verificare se l’assetto di interessi individuato dalle parti non sia riconducibile a un accordo negoziale di natura atipica, meritevole di tutela ai sensi dell’articolo 1322 c.c., avente a oggetto la regolazione del potere del comodante di pretendere la restituzione del bene concesso in godimento, attraverso la sua sottrazione alla regola dell’esercizio discrezionale (ad nutum), in modo che lo stesso comodante sia autorizzato ad esercitarlo unicamente al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti; ricorso, la cui dimostrazione incombe, in caso di contestazione, sul comodante.
22. Al giudice del rinvio e’ altresi’ rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo e, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, che decidera’ uniformandosi al principio di diritto di cui in motivazione, oltre a provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
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