Il committente non può paralizzare l’esigibilità dei crediti dell’appaltatore eccependo che questi non ha provato l’adempimento delle sue obbligazioni nei confronti dei propri dipendenti

Corte di Cassazione, civile,Ordinanza|12 gennaio 2024| n. 1281.

Il committente non può paralizzare l’esigibilità dei crediti dell’appaltatore eccependo che questi non ha provato l’adempimento delle sue obbligazioni nei confronti dei propri dipendenti

In tema di appalto privato, il committente non può paralizzare l’esigibilità dei crediti dell’appaltatore eccependo che questi non ha provato l’adempimento delle sue obbligazioni nei confronti dei propri dipendenti, in quanto la responsabilità ex art. 1676 c.c. è subordinata all’esistenza di un debito del committente verso l’appaltatore con onere della prova a carico del lavoratore che chiede il pagamento, diversamente da quella prevista ex art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003, che configura una responsabilità solidale del committente e dell’appaltatore nei confronti di coloro che lavorano per quest’ultimo. (Fattispecie in tema di subappalto).

Ordinanza|12 gennaio 2024| n. 1281. Il committente non può paralizzare l’esigibilità dei crediti dell’appaltatore eccependo che questi non ha provato l’adempimento delle sue obbligazioni nei confronti dei propri dipendenti

Data udienza 30 maggio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto (contratto di) – Ausiliari dell’appaltatore – Diritti verso il committente appalto privato – Esigibilità dei crediti del subappaltatore – Eccezione del subcommittente dell’omessa prova dell’adempimento da parte del subappaltatore delle sue obbligazioni nei confronti dei suoi dipendenti – Esclusione – Differenze con l’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE CIVILE

composta dai magistrati:

Dott. BERTUZZI MARIO – Presidente
Dott. PAPA PATRIZIA – Consigliere rel.

Dott. CAVALLINO LINALISA – Consigliere

Dott. VARRONE LUCA – Consigliere

Dott. CHIECA DANILO – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso 8226 – 2019 proposto da:

(…) s.r.l., in persona del pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via …, presso lo studio dell’avv. Gi.Co. (studio …), rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Sp., giusta procura allegata al ricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO PROGETTO MULTISERVIZI – COSORZIO STABILE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Sarno, presso lo studio dell’avv. Do.D. dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura allegata al controricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 375/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, pubblicata il 17/1/2019 ;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/5/2023 dal consigliere PATRIZIA PAPA; letta la memoria della parte ricorrente.

Il committente non può paralizzare l’esigibilità dei crediti dell’appaltatore eccependo che questi non ha provato l’adempimento delle sue obbligazioni nei confronti dei propri dipendenti

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del 1/8/2013 il Consorzio Progetto Multiservizi (di seguito il Consorzio) propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dalla consorziata (…) s.r.l. (di seguito (…)) per il pagamento della somma di Euro 108.221,56 a titolo di compenso per i servizi di pulizie resi presso alcuni immobili di Poste Italiane nel settembre 2012.

Il consorzio sostenne che la società opposta era stata inadempiente tanto da essere espulsa nell’agosto 2010, con provvedimento mai impugnato e che sin dal febbraio 2010 i lavoratori dipendenti della società avevano lamentato, per mezzo delle organizzazioni sindacali, irregolarità retributive e contributive, fino a ricorrere al Giudice del lavoro; aggiunse che nelle controversie di lavoro era stato coinvolto insieme al committente Poste Italiane in ragione del vincolo di solidarietà ex art. 1676 cod. civ. e dell’art. 29 del decreto legislativo 10/09/2003 n. 276 e che, nonostante le sue richieste di regolarizzare la situazione, la società opposta si era limitata a rilasciare autodichiarazioni, fino a che il pagamento dell’ultima parte di prezzo era stata condizionata alla consegna della documentazione attestante la regolarità contributiva e retributiva, senza che (…) vi provvedesse. Lamentò quindi di aver subito danni per perdita di chances lavorative e per pregiudizio all’immagine, conseguente all’adozione da parte di Poste Italiane, di un provvedimento di sua sospensione dall’albo dei fornitori proprio in conseguenza dei comportamenti gravissimi posti in essere dalla (…); chiese quindi di revocare il decreto ingiuntivo sostenendo che nulla fosse dovuto alla società istante e, in via subordinata, di accertare il suo diritto a trattenere le somme di cui al decreto ingiuntivo a garanzia di quanto fosse ancora dovuto nei confronti dei dipendenti dell’opposta o, in via ulteriormente subordinata, di stabilire che il pagamento di quanto dovuto fosse condizionato al rilascio della documentazione attestante la regolarità contributiva e retributiva, con condanna della società al risarcimento dei danni.

2. Con sentenza n.2274/2017, il Tribunale revocò il decreto ingiuntivo, condannando il Consorzio al pagamento in favore della società (…) della minor somma di Euro 66.811,47 oltre interessi ex D.Lgs. 231 del 2002; dichiarò inammissibile la domanda di risarcimento dei danni del Consorzio.

A fondamento della decisione il primo giudice rilevò che risultava accertato lo svolgimento dei servizi di cui alle fatture, l’ammontare del compenso indicato e l’avvenuto pagamento di Poste Italiane al Consorzio dei servizi del settembre 2012 e che la (…) aveva prodotto il DURC rilasciato dall’INAIL e l’autodichiarazione per le retribuzioni dei dipendenti; accertò, quindi, in Euro 41.410,00 le somme pagate dal Consorzio ai dipendenti, compensandole con il credito preteso.

3. Con sentenza n.375 del 2019, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello del Consorzio e in riforma della sentenza di primo grado, rigettò interamente la domanda di (…).

In particolare, la Corte ritenne sussistente l’inadempimento di (…) ex art. 1460 cod. civ., consistente nella violazione dell’obbligo di regolarità retributiva e contributiva assunto non soltanto nei confronti dei propri dipendenti, ma anche nei confronti del Consorzio, sia con il vincolo associativo che con il contratto di subappalto; escluse che la (…) avesse provato l’adempimento di quest’obbligo con le quietanze rilasciate dai lavoratori e con il DURC; ritenne perciò legittima la decisione del Consorzio di sospendere i pagamenti sia ex 1460 cod. civ.

4. Avverso questa sentenza (…) ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi a cui il Consorzio ha resistito con controricorso.

Il committente non può paralizzare l’esigibilità dei crediti dell’appaltatore eccependo che questi non ha provato l’adempimento delle sue obbligazioni nei confronti dei propri dipendenti

MOTIVI

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., (…) s.r.l. ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1676 cod. civ. per avere la Corte d’appello ritenuto legittima la sospensione dei pagamenti ed inesigibile il credito: in particolare, la Corte non avrebbe considerato che l’azione diretta prevista dall’articolo 1676 cod. civ. in favore di ausiliari e dipendenti dell’appaltatore nei confronti del committente comunque non implica che il committente (o il subcommittente) sia tenuto al pagamento se dimostra di aver già corrisposto il pagamento del prezzo all’appaltatore (o al subappaltatore) e che in ogni caso occorre vi sia stata una domanda nei confronti del committente, non risultando sufficiente la mera eventualità di una responsabilità.

1.2. Con il secondo motivo, pure articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la società ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1460 cod. civ. per avere la Corte ritenuto legittima la sospensione del pagamento in applicazione del principio inadimplenti non est adimplendum, senza procedere alla comparazione degli opposti inadempimenti e senza considerare che la possibilità di eccepire, ex art. 1460 comma 1 cod. civ., l’inadempimento o l’imperfetto adempimento dell’obbligazione assunta da controparte trova un limite nella ipotesi in cui siano stabiliti termini diversi per l’adempimento in relazione ai diversi contraenti.

1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha sostenuto la violazione e falsa applicazione del d.m. 30/1/2015 n. 84785, dell’articolo 2700 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., per avere la Corte ritenuto il DURC prova non idonea della regolarità contributiva della società perchè conseguente a mere autodichiarazioni e per non aver considerato prova idonea della regolarità dei pagamenti delle retribuzioni le copie dei bonifici associati alle buste paga quietanzate.

1.4. Con il quarto motivo, articolato in riferimento al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la società ha infine censurato la sentenza per omesso esame di fatto decisivo, sostenendo che la Corte non abbia considerato che i pagamenti eseguiti e documentati dal consorzio in favore dei dipendenti della società sono stati oggetto della compensazione parziale, che il committente non risponde delle richieste di pagamento formulate dai dipendenti della appaltatrice dopo la corresponsione del compenso e che, in ogni caso, risponde soltanto fino alla concorrenza del proprio debito verso l’appaltatore.

2. I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuità i argomentazione, sono fondati.

Con la sua opposizione il Consorzio ha eccepito l’inadempimento della consorziata (…), affidataria in subappalto dei servizi di pulizia svolti per Poste Italiane s.p.a., nel settembre 2012, negli stabili dei lotti di Varese e Verona, per aver violato l’obbligo di regolarità retributiva e contributiva assunto sia con il vincolo associativo che con il contratto di subappalto, non soltanto nei confronti dei propri dipendenti. La Corte d’appello ha ritenuto fondata l’eccezione, considerando le rivendicazioni dei lavoratori manifestate attraverso le organizzazioni sindacali sin dal febbraio 2010, poi sfociate in contenzioso giudiziario e verbali di conciliazione e ha affermato operi nella fattispecie l’eccezione inadimplentinon estadimplendum in applicazione della norma speciale prevista dall’articolo 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003 e della norma di chiusura del sistema di tutela dei lavoratori contenuta nell’art.1676 cod. civ.

Così decidendo, tuttavia, la Corte territoriale non ha correttamente applicato i principi elaborati da questa Corte in materia.

Innanzitutto, in fatto, deve considerarsi che la società (…) non ha impugnato la sentenza di primo grado con cui il Tribunale ha riconosciuto in suo favore un credito di minor importo perchè ha detratto le somme corrisposte dal Consorzio ai lavoratori (pari a complessivi Euro 41.410,11) in ragione del vincolo di solidarietà, riconoscendo il controcredito del Consorzio sub committente a titolo di rivalsa ex art. 10 dello Statuto consortile; non è più in contestazione, pertanto, in questa sede, questo controcredito, ma unicamente il credito a titolo di prezzo dei servizi resi, rifiutato dal Consorzio ex art. 1676 cod. civ. e 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003.

In diritto, quindi, si deve qui ribadire che le previsioni di questi due articoli non coincidono nei presupposti di applicazione (v. Cass. Sez. 2, n. 35962 del 22/11/2021, con numerosi richiami).

2.1. In particolare, è vero che, qualora gli ausiliari dell’appaltatore si rivolgano, anche in via stragiudiziale, al committente per ottenere il pagamento di quanto ad essi dovuto, per l’attività lavorativa svolta nell’esecuzione dell’opera appaltata o per la prestazione dei servizi, il committente diviene, ai sensi dell’art. 1676 cod. civ., diretto debitore nei confronti degli stessi ausiliari, con la conseguenza che è tenuto, solidalmente con l’appaltatore, fino alla concorrenza del debito per il prezzo dell’appalto e non può più pagare l’appaltatore stesso e, se paga, non è liberato dall’obbligazione verso i suddetti ausiliari (Cass. Sez. L, n. 9048 del 19/04/2006).

E’ vero altresì, tuttavia, che, la solidarietà dell’art. 1676 cod. civ. non opera in assenza di pretese anche in via stragiudiziale da parte dei dipendenti del subappaltatore e che l’adempimento degli obblighi scaturenti dal rapporto di subappalto ricorre soltanto fino alla concorrenza del debito che il committente – o il subcommittente – abbia verso l’appaltatore – o il subappaltatore – nel tempo in cui i lavoratori propongono la domanda (per l’applicabilità dell’art. 1676 cod. civ. anche al subappalto, cfr. Cass. n. 24368/2017; Cass. n. 12048/2003).

In conseguenza, ove il subcommittente provveda ad estinguere il suo debito nei confronti del subappaltatore, resta preclusa, ai sensi dell’art. 1676 cod. civ., la possibilità per i dipendenti del subappaltatore di poter rivolgere le loro pretese per i crediti scaturenti dalle prestazioni rese in favore di quest’ultimo verso il subcommittente, atteso che la solidarietà passiva tra committente ed appaltatore intanto sussiste in quanto persista un debito del subcommittente nei confronti del subappaltatore al tempo in cui i lavoratori dipendenti avanzino la loro domanda.

In ulteriore conseguenza, ciò implica che il subcommittente non possa paralizzare, in assenza di pretese effettive, il credito del subappaltatore con la mancata dimostrazione della regolarità retributiva e contributiva dei dipendenti di quest’ultimo, in quanto la responsabilità ex art. 1676 cod. civ. è subordinata all’esistenza di un debito nei confronti dell’appaltatore con onere della prova a carico del lavoratore che chiede il pagamento (così in Cass. Sez. 2 n. 35962 del 22/11/2021 cit.).

In tal senso, non è configurabile inadempimento ex art. 1676 cod. civ. nella mancata dimostrazione, da parte della subappaltatrice, della regolarità retributiva e contributiva dei suoi dipendenti.

2.2. Ciò posto, deve ancora considerarsi, tuttavia, che, ai fini dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003, il presupposto della persistenza di un debito del subcommittente nei confronti del subappaltatore al tempo in cui i lavoratori dipendenti avanzino la loro domanda non è richiesto, in quanto non rileva l’aver già saldato il committente il corrispettivo dovuto all’appaltatore: l’obbligo permane e il committente è tenuto a pagare il debito altrui, rischiando di dover pagare due volte in ragione dello stesso rapporto.

Il secondo comma dell’articolo prevede, infatti, che il committente imprenditore o datore di lavoro sia obbligato in solido con l’appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonchè i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.

Lo stesso art. 29, dunque, limita temporalmente l’esercizio del diritto del lavoratore nei confronti del committente stabilendo un termine – interpretato come termine di decadenza – di due anni, con decorrenza iniziale dalla cessazione dell’appalto (essendo però irrilevante la data di cessazione del rapporto di lavoro, ovvero la circostanza che il rapporto di lavoro eventualmente prosegua con diversi committenti, in quanto ciò che rileva è unicamente la cessazione del rapporto di appalto tra committente ed appaltatore, nel cui corso di svolgimento è maturato il relativo credito) (così in Cass. Sez. 2 n. 35962 del 22/11/2021 cit.).

Deve ancora aggiungersi che la solidarietà del subcommittente opera anche per i crediti degli enti previdenziali (ai quali invece la tesi prevalente nega la possibilità di invocare l’art. 1676 c.c.) e per tali enti si ritiene non possa invocarsi la previsione in punto di decadenza (in tal senso, in relazione alla analoga previsione di cui gli art. 3 e 4 della legge n. 1369/1960, Cass. n. 996/2007; Cass. n. 6532/2014; Cass. n. 18809/2018); può, però, essere comunque invocato il termine prescrizionale, fissato in cinque anni per i contributi previdenziali dall’art. 3 co. 9 della legge n. 335/1995; cfr. ex multis Cass. n. 28605/2018).

In corretta applicazione dei suesposti principi, la Corte avrebbe dovuto allora verificare se fosse decorso, tra la data di cessazione del contratto di appalto (nel quale sarebbero state svolte prestazioni lavorative da eventuali dipendenti del ricorrente) e quella della decisione in appello, senza che fossero state avanzate richieste da parte dei lavoratori o degli enti eventualmente creditori, di un lasso di tempo superiore al termine di decadenza di due anni o al termine prescrizionale (fissato in cinque anni per i contributi previdenziali dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9; cfr. ex multis Cass. n. 28605/2018) (così in Cassazione civile, sez. II, 22/11/2021, n. 35962).

Invero, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, che è un ordinario giudizio di cognizione, il giudice non deve limitarsi alla verifica dell’originaria legittimità del decreto, dovendo, invece, esaminare anche i fatti estintivi o modificativi della obbligazione successivi all’emissione del provvedimento oggetto di opposizione; ciò, peraltro, non esclude che l’accertamento della originaria legittimità processuale e sostanziale del decreto sia comunque necessario, al fine della regolamentazione delle spese (cfr. Cass. Sez. L, n. 6698 del 11/11/1983).

3. In questi termini i primi due motivi di ricorso devono essere accolti.

Dall’accoglimento dei primi due motivi deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento del terzo e quarto motivo.

La sentenza impugnata deve perciò essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione perchè provveda al riesame della fondatezza dell’eccezione di inadempimento del Consorzio in applicazione dei principi suesposti.

Statuendo in rinvio la Corte territoriale deciderà anche sulle spese di legittimità.

Il committente non può paralizzare l’esigibilità dei crediti dell’appaltatore eccependo che questi non ha provato l’adempimento delle sue obbligazioni nei confronti dei propri dipendenti

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di Cassazione del 30 maggio 2023.

Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2024.

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