Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 29 luglio 2019, n. 34535.
Massima estrapolata:
Commette il reato di rifiuto di atti di ufficio la guardia medica che rifiuta di recarsi presso una struttura lontana per effettuare una visita a domicilio.
Sentenza 29 luglio 2019, n. 34535
Data udienza 8 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. TRONCI Andrea – Consigliere
Dott. AGLIASTRO Mirella – rel. Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
Dott. APRILE Ercole – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/06/2016 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in camera di consiglio la relazione svolta dal Consigliere Mirella Agliastro;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANIELLO Roberto, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore della p.c., avv. (OMISSIS), in difesa della p.c. (OMISSIS), quale legale rappresentante della soc. (OMISSIS) srl, che chiede il rigetto del ricorso come da conclusioni scritte che deposita con la nota spese.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza in data 06/06/2016, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo in data 13/04/2016 nei confronti di (OMISSIS) che era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione per il reato di cui all’articolo 328 c.p., perche’ in qualita’ di medico
addetto al servizio di continuita’ assistenziale presso la ASL di (OMISSIS) Distretto (OMISSIS), indebitamente rifiutava atti del suo ufficio che per ragioni di igiene e sanita’ dovevano essere compiuti senza ritardo. Il sanitario non era intervenuto presso l’Hotel (OMISSIS) dove era stato chiamato con urgenza dall’albergatore, poiche’ sei ragazzi di circa dieci anni di nazionalita’ inglese in vacanza presso il detto hotel, avevano accusato malesseri fisici come vomito ed attacchi di dissenteria.
Gia’ il giudice di primo grado aveva configurato come reato il comportamento omissivo del Dott. (OMISSIS), perche’ durante la notte tra il (OMISSIS) il dottore, di turno alla guardia medica, si era intrattenuto al telefono per circa quindici minuti con l’albergatore ponendo numerose domande, talvolta vanamente ripetute, esprimendo commenti, senza accogliere l’invito dell’albergatore a recarsi urgentemente presso l’hotel per visitare i bambini che manifestavano nausea e vomito, al pari di due professori che li accompagnavano.
L’imputato aveva opposto un profilo di discrezionalita’ tecnica nel formulare le domande per avviare una diagnosi, e stabilire se la sua presenza in albergo poteva essere indispensabile. Tuttavia, l’albergatore, spazientito, si era poi rivolto al servizio di emergenza del 118 che era intervenuto tempestivamente. L’intervento succedaneo del servizio del 118 evidenziava “la plateale violazione degli obblighi cui era tenuto il medico di turno”.
La Corte di appello aveva sottolineato che la durata della conversazione si era protratta per 13 minuti e 26 secondi e l’imputato, aveva inizialmente opposto un netto rifiuto, ritenendo di non dovere effettuare la visita domiciliare per il solo vomito dei pazienti. In concreto, non avrebbe rivolto alcuna domanda specifica per indagare e approfondire le condizioni dei giovanissimi pazienti, tanto che l’albergatore, preso atto della inconcludenza della conversazione, interrompeva la chiamata e si rivolgeva al servizio del 118.
La difesa del medico ha sostenuto che, successivamente, l’imputato si sarebbe recato presso l’hotel (OMISSIS) per valutare di persona lo stato di salute dei bambini, constatando che era gia’ intervenuto il 118 e, pertanto, sarebbe andato via; tuttavia, rileva la Corte che la circostanza e’ rimasta del tutto priva di prova.
Osserva il giudice di appello, che quand’anche non vi fosse stato pericolo di vita, cio’ non esclude la sussistenza dell’obbligo di eseguire la visita richiesta, considerata la preoccupante situazione che era stata esposta dal titolare dell’albergo: si trattava di otto pazienti di cui sei bambini che continuavano a vomitare e che si trovavano in un albergo piuttosto lontano dal piu’ vicino Pronto Soccorso e per i quali non sarebbe stata sicuramente sufficiente una diagnosi per telefono, richiedendosi la visita anche per escludere il pericolo di una rapida epidemia all’interno della comitiva.
Venivano negate altresi’ le circostanze attenuanti generiche ed anche la richiesta di conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria poiche’ le condizioni economiche dell’imputato inducevano a ritenere che la sola pena pecuniaria avrebbe avuto scarsa efficacia afflittiva ed anche tenuto conto della gravita’ del fatto, trattandosi di delitto contro la pubblica amministrazione commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni e in danno di “persone appartenenti a fascia debole”.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS) per il tramite del proprio difensore di fiducia deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p.:
1) manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione per travisamento del fatto con riguardo al contenuto della conversazione telefonica tra l’albergatore e l’imputato.
La difesa ricorda che e’ in atti la trascrizione della telefonata ricevuta alle ore 00.50 del (OMISSIS) dal Dott. (OMISSIS), medico di turno notturno di continuita’ assistenziale presso la postazione di (OMISSIS). E mentre la Corte di appello ha valutato che tale conversazione dimostrava il sostanziale rifiuto del sanitario a recarsi nella localita’ dell’albergo per fornire l’assistenza medica richiesta, la difesa ritiene che la motivazione della Corte di appello sia manifestamente illogica, poiche’ i giudici di merito non hanno tenuto conto che, a tenore della telefonata intercorsa, il dottore (OMISSIS) avrebbe piu’ volte espresso la disponibilita’ ad eseguire la visita. Il travisamento della prova e’ dato dalla circostanza che in 13 minuti e 26 secondo di conversazione la Corte di merito ha ritenuto realizzarsi il “sostanziale rifiuto del sanitario” mentre, secondo la difesa, si sarebbe trattato di un tempo necessario per acquisire informazione onde determinarsi sul contegno da assumere. Quanto alla circostanza riferita dall’imputato che comunque lo stesso si era recato presso l’albergo ed era tornato indietro avendo visto che era intervenuto il servizio del 118, essa risulterebbe dalla verbalizzazione effettuata il (OMISSIS) dallo stesso Dott. (OMISSIS) sul registro della postazione di continuita’ assistenziale di (OMISSIS) che costituisce, secondo la difesa, documento di carattere medico-legale. L’annotazione nel registro e’ stata compiuta di pugno del dottore ed e’ l’unico elemento addotto dall’imputato per dimostrare che si era recato nel luogo.
2) inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 328 c.p., vizio di motivazione sulla ritenuta natura indebita del diniego.
La Corte non avrebbe affrontato un punto cruciale e risolutivo della vicenda processuale costituito “dall’apprezzamento sulla obbligatorieta’ e indifferibilita’ dell’atto che si impone al pubblico ufficiale ove questi disponga di uno spazio di discrezionalita’ scientifica per valutare l’opportunita’ o la necessita’ di compiere l’atto di ufficio”. La Corte non avrebbe valutato gli elementi probatori riguardanti gli elementi costitutivi del reato: la preoccupante situazione era stata prospettata dall’albergatore, ma il Dott. (OMISSIS) aveva valutato il “tono inutilmente allarmato, l’enfasi delle espressioni e l’atteggiamento suggestionato dell’interlocutore”. Il Dott. (OMISSIS) aveva valutato che i malesseri di nausea e vomito non costituivano un’emergenza di natura oggettiva e la situazione lasciava al medico “margini di valutazione discrezionale circa la necessita’ di un intervento immediato tale da escludere la ricorrenza dell’atto dovuto”. Sussiste invero il reato di omissione di atti di ufficio solo quando sia comprovato che l’urgenza prospettata dal paziente era effettiva e reale, rimanendo al sanitario uno spazio di discrezionalita’ tecnica allo stesso attribuito.
3) nullita’ della sentenza per omessa pronuncia o insussistenza di motivazione in ordine alla configurabilita’ dell’elemento psicologico del delitto.
Affinche’ possa ritenersi integrata la fattispecie dell’articolo 328, deve essere accertata tanto la consapevolezza dell’impellente necessita’ del compimento dell’atto, quanto il volontario, indebito rifiuto di attivarsi da parte dell’agente. L’autore del fatto deve rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento “contra ius”. Il ricorrente a sua giustificazione adduce di avere valutato che la situazione come riferito dall’albergatore non fosse grave ed urgente tale da imporre il suo tempestivo e improcrastinabile intervento in loco. I giudici di appello non hanno svolto un’analisi approfondita degli elementi costitutivi del reato.
4) mancata applicazione dell’articolo 131 bis c.p.. Si tratta di un motivo gia’ proposto innanzi il giudice di primo grado e del pari respinto in appello. Il ricorrente deduce l’insussistenza di una situazione di emergenza, l’assenza di un pregiudizio irreparabile per i pazienti, tanto che anche il successivo controllo del 118 aveva evidenziato semplici disturbi gastrointestinali, l’esigenza di non lasciare il posto di servizio scoperto, il successivo (asserito) sopralluogo presso l’hotel da cui pero’ l’imputato si sarebbe allontanato avendo constatato la presenza di operatori sanitari del 118, l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato non essendo ravvisabile in capo al Dott. (OMISSIS) la consapevolezza e volonta’ di rifiutare indebitamente un atto del suo ufficio;
5) mancanza di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e della richiesta di conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria, poiche’ non sono stati addotti elementi da cui desumere il percorso logico che ha condotto al rigetto di entrambe le richieste sopra formulate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La sentenza impugnata risulta del tutto immune dai vizi denunciati dal ricorrente ed i motivi proposti devono essere riconosciuti palesemente infondati o indeducibili in questa sede.
2. Quanto al primo motivo, alla stregua della ricostruzione fattuale della vicenda, operata dai giudici di merito, come sopra sintetizzata, correttamente sono stati ravvisati nella condotta del prevenuto gli estremi integrativi del reato di cui all’articolo 328 c.p., comma 1, il quale punisce, tra l’altro, il rifiuto di un atto dovuto per ragioni di sanita’, allorche’ questo debba essere compiuto senza ritardo. E’ rimasto storicamente accertato che l’imputato, medico di turno di notte presso la postazione di (OMISSIS), richiesto dall’albergatore (OMISSIS) di intervenire presso il proprio albergo, non ebbe a recarsi all’hotel (OMISSIS) (BG) per visitare otto soggetti, ivi ospitati, di cui sei bambini stranieri, che accusavano malesseri.
Non risultano elementi di riscontro dell’attestazione, dal sanitario redatta, secondo cui lo stesso aveva annotato di avere deciso comunque di recarsi all’albergo per valutare lo stato di salute dei pazienti. Al suo arrivo alle ore 2.05, avendo preso atto della presenza di ambulanze ed auto medica, sarebbe tornato indietro; tuttavia non risulta che alcuno lo abbia incontrato o che l’imputato si sia fatto vedere per comprovare la sua presenza presso l’albergo dal quale era stato chiamato. Le deduzioni sviluppate nel primo motivo si risolvono in una ricostruzione alternativa dei fatti che entra inammissibilmente nel merito delle valutazioni discrezionali della Corte di appello, convergenti con quelle del Giudice di primo grado, e sviluppate, senza incorrere in fallace logiche, sulla base di massime di esperienza plausibili e pertinenti al caso in esame.
3. Nella specie, l’obbligo del (OMISSIS) di effettuare la visita domiciliare richiestagli, trova la sua fonte normativa nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 41 del 1991, il quale, all’articolo 13, dispone che il medico che effettua il servizio di guardia deve rimanere a disposizione “per effettuare gli interventi domiciliari a livello territoriale che gli saranno richiesti” e, durante il turno di guardia, “e’ tenuto ad effettuare al piu’ presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dagli utenti”.
Orbene, e’ vero che, in linea di principio, non puo’ negarsi al sanitario il compito di valutare, sulla base della sintomatologia riferitagli, la necessita’ o meno di visitare il paziente. E’ anche vero, tuttavia, che una tale discrezionalita’ puo’ essere sindacata dal giudice, alla luce degli elementi acquisiti agli atti e sottoposti al suo esame, onde accertare se la valutazione del sanitario sia stata correttamente effettuata, oppure se la stessa costituisca un mero pretesto per giustificare l’inadempimento dei propri doveri (Sez. 6, n. 12143 del 11/02/2009, Rv. 242922-01; Sez. 6, n. 20056 del 07/04/2008, Rv. 240070-01).
Secondo la giurisprudenza di legittimita’, integra il delitto di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente nella persuasione a priori della “enfatizzazione” dei sintomi denunciati dal paziente, posto che l’esercizio del potere-dovere di valutare la necessita’ della visita sulla base della sintomatologia esposta, sicuramente spettante al professionista, e’ comunque sindacabile da parte del giudice al fine di accertare se esso non trasmodi nell’assunzione di deliberazioni ingiustificate ed arbitrarie, scollegate dai basilari elementi di ragionevolezza desumibili dal contesto storico del singolo episodio e dai protocolli sanitari applicabili (Sez. 6, n. 23817 del 30/10/2012, Rv. 255715-01). Il primo motivo e’ dunque privo di qualsivoglia fondamento giuridico e va dichiarato inammissibile.
4. Con riguardo al secondo motivo, la Corte di Appello, nel disattendere le argomentazioni difensive volte a sostenere la legittimita’ della scelta dell’imputato di non effettuare la visita domiciliare richiestagli, ha ritenuto che durante la lunga telefonata protrattasi per oltre tredici minuti, il medico di turno “non aveva formulato alcuna domanda specifica” riguardante le condizioni dei bambini che avvertivano malesseri e, certamente, la pluralita’ dei soggetti indisposti, la giovane eta’, l’essere ospitati in Italia in assenza dei genitori e senza conoscere la lingua, dovevano imporre al medico di recarsi presso l’albergo per constatare di persona la presenza di patologie anche temporanee, a carico dei giovani pazienti.
Il Dott. (OMISSIS), invece, ha valutato, insindacabilmente, che i malesseri di nausea e vomito “non costituivano un’emergenza di natura oggettiva” sostenendo che l’interlocutore aveva tenuto “un tono inutilmente suggestionato ed allarmato”. Si tratta ancora una volta di una ricostruzione alternativa in fatto, proposta dal ricorrente, gia’ respinta dai giudici di merito, in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale sopra riportato e, come tale, inammissibile.
5. Con il terzo motivo si deduce l’assenza dell’elemento psicologico del reato di cui all’articolo 328 c.p., sul presupposto che il ricorrente abbia agito in buona fede e nella convinzione dell’inesistenza di ragioni di urgenza che gli imponessero di effettuare una visita all’albergo dei soggetti in stato di malessere.
Con pieno fondamento, ambedue le decisioni di merito hanno individuato nel singolare modo di procedere del sanitario, le condizioni integrative della contestata fattispecie di rifiuto di un doveroso atto di ufficio. Soluzione, per altro, perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte regolatrice in casistiche affatto omologhe a quella in esame. La fattispecie integra un reato di pericolo che si perfeziona ogni volta in cui sia denegato un atto non ritardabile e dovuto in rapporto alla specifica qualita’ del pubblico ufficiale agente (ex plurimis: Sez. 6, n. 34471 del 15.5.2007 Rv. 237795; Sez. 6, n. 35324 del 28.5.2008, Rv. 241250).
In tale ultima prospettiva le professioni di buona fede addotte dal ricorrente si mostrano, oltre che non dirimenti proprio rispetto alla natura di reato di pericolo della fattispecie ascrittagli, implausibili sul piano della ricostruzione dell’elemento soggettivo del reato, avuto riguardo all’insuperabile dato probatorio riveniente nel tempestivo intervento del servizio del 118 (nella stessa situazione sottoposta al medico di turno) e del tentativo di rabberciare un supposto postumo sopralluogo non documentato (se non con una personale autocertificazione di intervento di fatto non effettuato). E’ invero singolare e contraddittoria la ricostruzione del profilo psicologico offerta dal medico: da un lato ritiene che non esistono le ragioni di urgenza per intervenire, dall’altro con un ripensamento successivo, si sarebbe diretto all’albergo per constatare che altri al posto suo erano sopraggiunti con maggiore tempestivita’, senza personalmente sincerarsi della situazione che gli era stata descritta (ritenuta dall’imputato particolarmente “enfatizzata”), evitando accuratamente di farsi vedere: si tratta di elementi, gia’ messi in luce dai giudici di merito, che escludono integralmente la addotta buona fede del ricorrente. Anche questo motivo non trova fondamento nella realta’ processuale descritta nelle pronunce di merito.
6. Con il quarto motivo si insiste nella richiesta di applicazione dell’articolo 131 bis c.p.. Rimane tuttavia generico il motivo di impugnazione a fronte della mancanza di elementi di segno positivo da valorizzare di fronte alla gravita’ del fatto desunto dall’entita’ del pericolo, mostrando i giudici di merito di avere valutato, in termini di offensivita’, le concrete modalita’ della condotta e la esposizione a pericolo che essa ha comportato, che, per consentire la meritevolezza della esclusione dalla punibilita’, deve connotarsi come di particolare tenuita’, rispetto al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice (nella specie, reato contro la pubblica amministrazione).
7. Con il quinto motivo si censura la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche ed il mancato accoglimento della richiesta di conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria.
Anche con riferimento alla considerazione delle “condizioni economiche dell’imputato che avrebbero scarsa efficacia afflittiva e che la sola pena pecuniaria sarebbe certamente inadeguata alla gravita’ del fatto”, la difesa non contrappone validi elementi da prendere in considerazione per un giudizio diverso. Giova, sul tema, ricordare la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. U, n. 24476 del 22/04/2010, Rv. 247274); in tale pronuncia, la Corte ha chiaramente affermato che la ratio delle pene sostitutive ha natura premiale e che il giudice, nell’esercitare il suo potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, con la semidetenzione o con la liberta’ controllata, deve tenere conto dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., tra i quali e’ compreso quello delle “condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato”. A tale principio si e’ attenuto il giudice dell’impugnazione cosi’ soddisfacendo l’onere di motivazione impostogli.
L’ultimo motivo si appalesa dunque aspecifico.
Dalla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 2.000,00 Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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