Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7649.

La massima estrapolata:

Alla luce della disciplina introdotta dalla legge n. 242 del 2016, relativamente al commercio della cannabis light, il commerciante va esente da responsabilità penale ricorrendo le condizioni di liceità previste per il coltivatore della canapa (la pianta deve rientrare in una delle varietà ammesse; la percentuale di THC non deve essere superiore allo 0,2%; i prodotti devono essere destinati a una delle destinazioni di cui all’articolo 2, comma 2, della legge n. 242 del 2016). Per l’effetto, in difetto di tali condizioni, può configurarsi nei suoi confronti, dal punto di vista oggettivo, il reato di cui all’articolo 73, comma 4, del Dpr n. 309 del 1990, ferma restando l’indagine in ordine all’elemento soggettivo del reato, ove la percentuale di THC rinvenuta nei prodotti superi la soglia dello 0,2% e risulti tale da provocare un effetto stupefacente o psicotropo (da queste premesse, la Corte ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento del tribunale di reiezione dell’istanza di riesame proposta nei confronti del sequestro probatorio avente ad oggetto n. 94 confezioni di derivati della canapa presentate come «prodotto tecnico da collezione, ornamento o profumo d’ambiente», non rientrante in alcuna delle ipotesi specificate nell’articolo 2, comma 2, della legge n. 242 del 2016; sequestro eseguito quindi correttamente al fine di effettuare le analisi chimiche tossicologiche, in presenza del fumus del reato di cui all’articolo 73, comma 4, del Dpr n. 309 del 1990).

Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7649

Data udienza 6 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 03/09/2018 del Tribunale della liberta’ di La Spezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale CANEVELLI Paolo, che ha concluso chiedendo il rigetto dl ricorso;
udito il difensore avv. (OMISSIS) del foro di La Spezia, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale della liberta’ di La Spezia rigettava l’istanza di riesame ex articolo 324 cod. proc. pen. proposta nell’interesse di (OMISSIS) avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal p.m. in data 26 luglio 2018, ad oggetto 94 confezioni recanti l’effigie della canapa, come specificatamente descritte nel verbale di sequestro eseguito di iniziativa dalla p.g. in data 4 luglio 2018, ipotizzando il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4.
2. Avverso l’indicata ordinanza, l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, con cui deduce violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 e 4.
Il ricorrente censura la motivazione addotta dal Tribunale, che avrebbe optato per un’interpretazione restrittiva della disciplina introdotta dalla L. n. 246 del 2016, escludendone l’applicazione con riferimento all’attivita’ di commercializzazione della canapa industriale – fatti salvi i casi espressamente previsti di cui alla L. n. 242 del 2016, articolo 2 – che quindi ricade nella previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. Per contro, ad avviso del ricorrente, la liceita’ della commercializzazione della canapa industriale sarebbe confermata dalla circolare del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 22 maggio 2018, la quale consentirebbe la vendita e il consumo finale dei prodotti derivati dalla canapa. Sotto altro profilo, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che i prodotti sequestrati non rientrerebbero in una delle categorie indicate dalla L. n. 246 del 2016, in quanto si tratterebbe di “prodotto tecnico da collezione”, come indicato sull’etichetta e sarebbero rispettosi del limite di THC.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato e deve conseguentemente essere rigettato.
2. In via preliminare, occorre dar conto delle coordinate normative entro cui si inscrive la questione relativa alla coltivazione della canapa.
2.1. Principio cardine e’ la generale previsione d’illiceita’ penale della coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti: senza la prescritta autorizzazione, infatti, la “coltivazione” e’ una delle condotte oggetto d’incriminazione da parte del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, senza che assuma rilevanza, per escludere la sussistenza del reato, la circostanza che essa sia finalizzata al consumo personale; tuttavia, come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, per l’integrazione del fatto occorre che il giudice verifichi in concreto l’offensivita’ della condotta di coltivazione, ovvero l’idoneita’ della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile (Sez. U, n. 28605 del 24/04/2008 – dep. 10/07/2008, Di Salvia, Rv. 239921).
2.2. In via d’eccezione, la coltivazione di piante da cui sono estraibili sostanze stupefacenti e’ consentita solo previo rilascio di autorizzazione, che puo’ essere concessa, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 17 e 26, dal Ministero della Salute a enti o imprese interessati alla coltivazione per finalita’ commerciali, ovvero a istituti universitari o laboratori pubblici aventi fini istituzionali di ricerca, per scopi scientifici, sperimentali e didattici.
2.3. Va, infine, ricordato che la detenzione di sostanza stupefacente per consumo personale non e’ lecita, essendo punita, come violazione amministrativa, dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 75.
3. In questa cornice si inserisce la L. 2 dicembre 2016, n. 242, recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”, che sono state introdotte con la finalita’, espressamente dichiarata dall’articolo 1, comma 1, di sostenere e promuovere la coltivazione e la filiera della canapa (Cannabis sativa L.) “quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversita’, nonche’ come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione”.
La finalita’ della legge, quindi, e’ quella di incentivare e di sostenere la coltivazione della canapa in vista dei suoi molteplici utilizzi in ambito agro-industriale, senza, quindi, interferire con il mercato illecito finalizzato al consumo personale di quella sostanza, la quale contiene Delta-9-tetraidrocannabinolo e Delta-8-trans-tetraidrocannabinolo (di seguito THC), principio attivo che, se superiore a un determinato dosaggio, provoca effetti stupefacenti e psicotropi, cio’ che comporta la configurabilita’ dell’indicato delitto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73.
4. L’articolo 1, comma 2, delimita l’ambito applicativo della legge, la quale occorre da subito evidenziarlo – si riferisce alle coltivazioni non di qualsivoglia tipo botanico di canapa, ma solo “delle varieta’ ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varieta’ delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309”.
Orbene, le varieta’ di canapa iscritte nel Catalogo comune delle varieta’ delle specie di piante agricole si caratterizzato per il basso dosaggio di principio attivo, tale da non superare lo 0,2%. Invero, il rispetto di tale limite, per un verso, e’ imposto per l’importazione dei semi di canapa nei Paesi dell’U.E. dal Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 – recante organizzazione comune dei mercati agricoli, e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72; (CE) n. 234/79, (CE) b, 1037/2001 e (CE) b. 1234/2007 del Consiglio – che, all’articolo 189, fissa, appunto, all’0,2% il tenore massimo di THC della canapa greggia, di cui al codice NC 5302 10 00, dei semi di varieta’ di canapa destinati alla semina, di cui al capo NC ex 1207 99 20, nonche’ dei semi di canapa diversi da quelli destinata alla semina, di cui al codice NC 1207 99 91, che possono essere importati solo da importatori dello Stato membro in modo da assicurare che non siano destinati alla semina; per altro verso, e’ necessario per ottenere, da parte del coltivatore, i sussidi stanziati dall’U.E. nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dal regolamento delegato (UE) n. 639/2014 della Commissione che integra il Regolamento (UE) n.1307/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune e che modifica l’allegato X di tale regolamento, cosi come modificato dal Regolamento delegato n. 2017/1155 della Commissione del 15 febbraio 2017.
Il successivo comma 3 dell’articolo 1 individua gli scopi cui e’ diretta la (lecita) coltivazione della canapa, che deve essere finalizzata: “a) alla coltivazione e alla trasformazione; b) all’incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali; c) allo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilita’ economica e ambientale; d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori; e) alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attivita’ didattiche e di ricerca”.
5. Di particolare importanza e’ l’articolo 2 perche’ stabilisce le condizioni di “liceita’ della coltivazione”. Il comma 1 consente la coltivazione delle varieta’ di canapa di cui all’articolo 1, comma 2 (ossia, come detto, quelle con percentuale di THC non superiore allo 0,2%) senza necessita’ di autorizzazione, a differenza di quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 26 e ss. per la coltivazione di canapa ad alto contenuto di THC; sul coltivatore e’ imposto solo l’obbligo di conservare sia i cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi, sia le relative fatture di acquisto per il periodo previsto dalla normativa vigente, come stabilito all’articolo 3, rubricato “Obblighi del coltivatore”.
Il comma 2 indica i prodotti ricavabili dalla (lecita) coltivazione della canapa, che sono i seguenti: “a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attivita’ artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; c) materiale destinato alla pratica del sovescio; d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; f) coltivazioni dedicate alle attivita’ didattiche e dimostrative nonche’ di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; g) coltivazioni destinate al florovivaismo”.
6. La legge regola altresi’ i controlli sulle coltivazioni. Oltre a prevedere che la misurazione della percentuale di THC deve avvenire secondo metodiche previste da norme Europee e nazionali, l’articolo 4, al comma 5, stabilisce che “qualora all’esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilita’ e’ posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge”. La disposizione assume una particolare rilevanza perche’ implicitamente afferma che la coltivazione di canapa avente una percentuale di THC ricompresa in quella forbice puo’ risultare illecita, laddove sia accertata un’efficacia drogante; diversamente, non si spiegherebbe la necessita’ di prevedere in maniera espressa l’esclusione di responsabilita’ dell’agricoltore nel caso in cui detta percentuale di THC sia superiore a quella soglia. In altri termini, la ratio del rispetto del limite pari allo 0,2%, che caratterizza la coltivazione di canapa incoraggiata e incentivata sia in ambito Europeo, sia dalla L. n. 242 del 2016, e’ di intuitiva evidenza, in quanto, se rispettato, quella soglia individua una percentuale di THC cosi’ esigua, da risultare concretamente inidonea a provocare qualsivoglia effetto stupefacente o psicotropo.
Infine, ai sensi del comma 7, “il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall’autorita’ giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo di cui al comma 3, risulti che il contenuto di THC nella coltivazione e’ superiore allo 0,6 per cento. Nel caso di cui al presente comma e’ esclusa la responsabilita’ dell’agricoltore”. Anche il tal caso, la noma prevede il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa nel caso in cui la percentuale di THC sia superiore allo 06%: una percentuale idonea a provocare un’efficacia drogante rilevabile; anche in tal caso, si prevede espressamente la non punibilita’ del coltivatore, a condizione che abbia rispettato le prescrizioni imposte dalla legge in esame.
7. Orbene, dal complesso delle disposizioni richiamate, si puo’ affermate che la coltivazione di canapa e’ lecita se sono congiuntamente rispettati tre requisiti: 1) deve trattarsi di una delle varieta’ ammesse iscritte nel Catalogo Europeo delle varieta’ delle specie di piante agricole, che si caratterizzano per il basso dosaggio di THC; 2) la percentuale di THC presente nella canapa non deve essere superiore allo 0,2%; 3) la coltivazione deve essere finalizzata alla realizzazione dei prodotti espressamente e tassativamente indicati nella L. n. 242 del 2016, articolo 2, comma 2. Rispettate queste condizioni, ne deriva che e’ lecita non solo la coltivazione ma, quale logico corollario, anche la commercializzazione dei prodotti da essa derivati.
8. Per quanto riguarda la posizione del coltivatore, se la percentuale di THC contenuta nella piante oscilla tra 0,2% e 0,6% egli non avra’ diritto ai finanziamenti Europei ma cio’ non comporta, nei suoi confronti, alcuna responsabilita’ penale nel caso in cui il THC abbia un effetto drogante, sempre che abbia rispettato le condizioni previste dalla legge; ove la percentuale di THC superi la soglia dello 0,6%, cio’ che comporta l’effetto drogante, l’autorita’ giudiziaria puo’ disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma, anche in tal caso, “e’ esclusa la responsabilita’ dell’agricoltore”, purche’, anche in tale evenienza, abbia scrupolosamente rispettato le disposizioni di legge. La ratio di tali disposizioni e’ di intuitiva evidenza: non puo’ essere addebitato all’agricoltore un fatto di cui non ha il dominio, non potendo egli ne’ controllare ne’ prevedere che le sementi acquistate, sebbene appartenenti alle varieta’ aventi un basso contenuto di THC (non superiore allo 0.2%), durante la coltivazione sviluppino una percentuale di principio attivo idoneo a produrre un effetto drogante rileva bile.
9. Per quanto riguarda il commerciante di prodotti a base di canapa, egli va esente da responsabilita’ penale ricorrendo le condizioni sopra indicate al par. 7. In applicazione dei principi generali, puo’ configurarsi nei suoi confronti, dal punto di vista oggettivo, il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, solo se la percentuale di THC rinvenuta nei prodotti e’ tale da provocare un effetto stupefacente o psicotropo, e ferma restando l’indagine in ordine all’elemento soggettivo del reato.
La previsione espressa di esonero di responsabilita’ nel caso di superamento del limite dello 0,2% di THC presente nelle piante riguarda solamente l’agricoltore (purche’, si ribadisce, abbia osservato le prescrizioni di legge, prima fra tutti l’acquisto di semi certificati), sicche’ nei confronti del commerciante di prodotti a base di canapa trovano applicazione i principi generali. Lo stesso dicasi per i limiti all’esercizio dei poteri di polizia in ordine alla possibilita’ di procedere al sequestro dei prodotti derivati dalla canapa, nel senso che il provvedimento ablativo reale e’ ammissibile se sussiste il fumus del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, ossia quando sia accertata una percentuale di THC tale da produrre un effetto stupefacente o psicotropo. Va, peraltro, precisato, che ove il prodotto a base di canapa non rientri tra quelli espressamente contemplati dall’indicato articolo 2, comma 2 – fatta salva un’eventuale responsabilita’ di tipo civile e/o amministrativo – cio’ non e’ di per sufficiente per la configurabilita’ del delitto punito dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, dovendosi accertare l’idoneita’ della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile.
10. Va, infine, osservato che la circolare del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 22 maggio 2018, indicata dal ricorrente, si limita a introdurre dei meri chiarimenti alla L. n. 242 del 2016, specie in relazione all’attivita’ di coltivazione destinata al florovivaismo, senza incidere non potendolo fare, trattandosi di fonte secondaria – sulle condizioni di liceita’ della coltivazione previste dalla L. n. 242 del 2006.
La circolare, in particolare, chiarisce che le infiorescenze della canapa, pur non essendo citate espressamente dalla L. n. 242 del 2016, ne’ tra le finalita’ della coltura ne’ tra i suoi possibili usi, “rientrano nell’ambito dell’articolo 2, comma 2, lettera g), rubricato, Liceita’ della coltivazione, ossia nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo, purche’ tali prodotti derivino da una delle varieta’ ammesse, iscritte nel Catalogo comune delle varieta’ delle specie di piante agricole, il cui contenuto complessivo di THC della coltivazione non superi i livelli stabiliti dalla normativa, e sempre che il prodotto non contenga sostanze dichiarate dannose per la salute dalle Istituzioni competenti”. Ne segue che, anche in relazione alle infiorescenze, valgono i principi sopra indicati: sussistera’, nei confronti del florovivaista, il fumus del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, se il quantitativo di THC in esse contenuto e’ idoneo a produrre un effetto drogante rilevabile.
11. Nel caso in esame, il provvedimento impugnato ha confermato il i sequestro riguardante confezioni di canapa light presentate come “prodotto tecnico da collezione, ornamento o profumo per ambiente”, – che, quindi non rientrano in nessuna delle ipotesi specificate nella L. n. 242 del 2016, articolo 2, comma 2, -, al fine di effettuare le analisi chimico tossicologiche sui campioni sequestrati. Deve pure osservarsi che le deduzioni difensive, incentrate sull’asserito rispetto dei limiti di THC, appaiono del tutto generiche, in quanto, per un verso, non viene indicata la percentuale di THC che si assume essere stata rispettata, e, per altro verso, non e’ dato verificare la corrispondenza tra i campioni analizzati per conto della difesa, individuati con numero di lotto, e i prodotti sequestrati, che sono invece identificati mediante il tipo merceologico (“Liberty Trade”, Orang Lion”, “L’Erba di Grace”, ecc.).
Va, infine, ricordato che, in sede di riesame del sequestro probatorio il Tribunale e’ chiamato a verificare l’astratta configurabilita’ del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi delicti in relazione alla congruita’ degli elementi rappresentati, non gia’ nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, ma con riferimento alla idoneita’ degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilita’ dell’autorita’ giudiziaria (Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016 – dep. 17/06/2016, P.M. in proc. Bulgarella e altri, Rv. 267007; Sez. 3, n. 15254 del 10/03/2015 – dep. 14/04/2015, Previtero, Rv. 263053).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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