Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12445.
La massima estrapolata:
Colui che lamenta di aver subito una malattia neurologica a causa di un vaccino somministrato diversi anni addietro deve dimostrare il nesso di causalità tra il fatto e il danno secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica.
Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12445
Data udienza 6 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Responsabilità medica – Risarcimento danni – Soggetto che lamentava di aver subito una malattia neurologica in funzione del vaccino subito in infanzia – Ricorso – Rigetto – Mancanza del nesso causale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22834/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– controricorrente –
e contro
REGIONE VENETO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 429/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/10/2013 R.G.N. 1175/2010.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Venezia confermava la sentenza del Tribunale della stessa citta’ che aveva respinto la domanda proposta da (OMISSIS) diretta al riconoscimento dell’indennita’ di cui alla L. n. 210 del 1992, in conseguenza del nesso causale sussistente tra la malattia neurologica da cui egli era stato colpito, la sindrome di Dravet – sindrome epilettica mioclonica severa comportante una disarmonia evolutiva e un’alterazione della sfera cognitiva e comportamentale – e le vaccinazioni cui era stato sottoposto nella prima infanzia.
2. La Corte veneziana rilevava che l’esito delle c.t.u. espletate in primo e secondo grado era stato concorde nel negare l’efficienza causale delle vaccinazioni nel determinismo della malattia. Riferiva che la consulenza tecnica di primo grado aveva confermato che la sindrome di Dravet ha eziologia genetica e che la gravita’ con cui essa si manifesta dipende dalla diversa mutazione all’interno del gene SCN1A che codifica per un canale del sodio. Nel caso in esame, l’indagine sulla documentazione sanitaria concernente l’appellante aveva portato ad evidenziare che egli aveva una mutazione genetica a livello del SCN1A.
3. La Corte territoriale aggiungeva che la copiosa letteratura scientifica richiamata dal consulente aveva confermato l’esclusione del nesso di causalita’, mentre lo scatenarsi delle crisi epilettiche dopo le somministrazioni delle dosi di vaccino era dipeso dal fatto che l’iperpiressia (o ipertermia) aveva slatentizzato la manifestazione della patologia, il che avrebbe potuto essere cagionato da altri fattori come infezioni, poppate, variazione della temperatura ambientale, che provocano reazioni febbrili rilevanti. Aggiungeva che significativo era anche il rilievo che, successivamente alle vaccinazioni, altri fattori del tutto diversi avessero determinato lo scatenarsi di episodi critici, cosi’ da rendere evidente che la sindrome di Dravet avrebbe potuto manifestarsi con elevata probabilita’ anche per episodi febbrili del tutto indipendenti dal vaccino.
4. Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso, cui il Ministero della Salute ha resistito con controricorso.
5. (OMISSIS) ha depositato anche memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. Come primo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 40 e 41 c.p., L. 25 febbraio 1992, n. 10, articoli 2727 e 2729 c.c., articoli 2, 24, 32, 38 e 111 Cost. e articolo 6 CEDU in relazione ai criteri di accertamento del rapporto di causalita’. Lamenta che la Corte territoriale abbia escluso il ruolo di concausa efficiente alla produzione dell’evento delle plurime vaccinazioni e delle sue conseguenze quali l’iperpiressia e l’ipertermia che ne erano conseguite, che si erano inserite nella catena causale. Lamenta altresi’ la violazione della L. n. 210 del 1992, articoli 2727 e 2729 c.c., nonche’ degli articoli 2, 24, 32, 38 e 111 Cost. e articolo 6 CEDU e sostiene che i principi contenuti in tali norme sarebbero stati disattesi dalla Corte di merito, che non avrebbe perseguito l’obiettivo della ricerca della verita’ nell’accertamento del nesso causale alla stregua dei canoni di probabilita’ individuati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
7. Come secondo motivo lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio sotto due profili: la palese deviazione dalla letteratura scientifica richiamata dal c.t.p. e il ruolo eziopatogenetico del vaccino antitetano e antipertosse.
8. Come terzo motivo deduce la nullita’ della sentenza o del procedimento per omesso esame della richiesta motivata di rinvio dell’udienza di discussione del 13 giugno 2013 per legittimo impedimento del difensore impegnato in udienza di fronte al TAR del Veneto, istanza che era stata depositata in data 24 aprile 2013 presso la cancelleria della Corte d’Appello, cui le controparti avevano espressamente aderito.
9. Il primo motivo di ricorso non e’ fondato.
Nel processo preliminare al verificarsi di un evento morboso, occorre distinguere tra causa o concausa dello stesso e mera occasione. La causa costituisce l’antecedente necessario e sufficiente a produrre l’effetto e la concausa l’antecedente necessario, ma non sufficiente. Entrambe intervengono quindi nel processo eziologico come fattori necessari, senza i quali non si verificherebbe la malattia. Diversa e’ l’occasione, intesa come circostanza che determina e/o consente il manifestarsi della malattia gia’ presente nell’organismo. L’occasione, caratterizzata dai requisiti dell’esiguita’ rispetto all’evento, dalla sostituibilita’ con altro fattore comune e dall’inefficacia lesiva su un individuo normale, costituisce una circostanza che crea le condizioni per il manifestarsi della malattia, che comunque si manifesterebbe in presenza di altre analoghe occasioni, o anche in assenza di esse.
10. Nel caso, all’esito dell’attento esame delle risultanze di causa compiuto avvalendosi degli specialisti nominati in primo e secondo grado, la Corte territoriale non ha ravvisato una ragionevole probabilita’ scientifica del nesso causale tra vaccinazioni e malattia. Ha aggiunto che l’iperpiressia o ipertermia che aveva determinato alcuni degli episodi di manifestazione della malattia ed era stata conseguenza delle vaccinazioni non era entrata nella sequenza causale, essendo la malattia gia’ presente nell’organismo e costituendo un fenomeno frequente e non necessariamente legato alle vaccinazioni, sicche’ neppure la malattia ne era stata accelerata. In tal modo, la Corte si e’ anche avvalsa del ragionamento controfattuale (vale a dire ipotizzando cosa sarebbe accaduto se quella specifica occasione non si fosse verificata) ed e’ giunta alla conclusione che si sarebbe giunti al medesimo risultato, considerato peraltro che successivamente alle vaccinazioni altri fattori del tutto diversi avevano determinato lo scatenarsi di episodi critici (pg. 4 della motivazione).
11. Nell’accertamento del nesso causale, inoltre, la Corte territoriale si e’ attenuta ai principi elaborati da questa Corte, secondo i quali la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi, l’effettuazione della terapia trasfusionale o la somministrazione vaccinale, il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilita’ scientifica (v. Cass. 17/01/2005 n. 753, Cass. 29/12/2016 n. 27449).
12. Le Sezioni Unite di questa Corte – muovendo dalla considerazione che i principi generali che regolano la causalita’ materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli articoli 40 e 41 c.p. e dalla regolarita’ causale, salva la differente regola probatoria che in sede penale e’ quella dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre in sede civile vale il principio della preponderanza dell’evidenza o “del piu’ probabile che non” – hanno poi ulteriormente precisato che la regola della “certezza probabilistica” non puo’ essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilita’ quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilita’ logica: cfr. Sez. Unite, sentenza 11 gennaio 2008, n. 581).
13. Nella vicenda in esame, le relazioni dei consulenti tecnici recepite dai giudici di merito hanno tenuto conto sia dello stato della letteratura scientifica in materia sia delle caratteristiche del caso concreto, che non consentivano di ritenere ipotizzabile, secondo un criterio di ragionevole probabilita’ scientifica, un nesso di causalita’ tra vaccinazioni e malattia, in considerazione della letteratura scientifica valorizzata dai consulenti, della riscontrata mutazione genetica e delle caratteristiche concrete del suo manifestarsi. Vi e’ stata quindi una valutazione di convergenza tra la determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (cd. probabilita’ quantitativa) e gli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (cd. probabilita’ logica), sicche’ l’eziologia ipotizzata dal ricorrente e’ rimasta allo stadio di mera possibilita’ teorica.
14. Non rileva, poi, che non sia stata individuata una possibile eziologia alternativa, considerato che trattasi di complesse malattie la cui origine e’ ancora ignota e la ricerca di fattori ulteriori e diversi rispetto al patrimonio genetico e’ oggetto di studi della ricerca scientifica.
15. Il terzo motivo e’ inammissibile in quanto, richiamando la letteratura scientifica valorizzata dal c.t.p. e differente rispetto a quella accreditata dagli ausiliari d’ufficio, si condensa nell’espressione di un mero dissenso diagnostico volto a contestare nel merito la decisione impugnata, chiedendosi un nuovo esame delle stesse risultanze fattuali gia’ implicitamente od esplicitamente valutate dalla Corte di merito. Si tratta pertanto di doglianze da ritenersi inammissibili siccome, per consolidato orientamento di questa Corte, la sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio puo’ essere contestata in Cassazione soltanto in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata in ricorso, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non puo’ prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi; al di fuori di tale ambito la censura costituisce, appunto, un mero dissenso diagnostico che si traduce in una critica del convincimento del giudice inammissibile in sede di legittimita’ (v. ex plurimis e da ultimo Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124, Cass. 19/05/2017 n. 12722).
16. Inoltre, va rammentato che qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, non e’ tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poiche’ l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimita’, ben potendo il richiamo, anche “per relationem” dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa e’ l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex articolo 360 c.p.c., n. 5, e’ tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione (Cass. n. 15147 del 11/06/2018, Cass., 22 febbraio 2006, n. 3881).
17. Ne discende che la parte del motivo con la quale il ricorrente lamenta che la Corte territoriale non avrebbe valorizzato l’efficacia eziopatogenetica delle vaccinazioni ulteriori rispetto all’antipolio orale Sabin OPV, ovvero dei vaccini antidiftotetano e antipertosse somministrati, rispettivamente, il 13.10.1984 e il 13.11.1984, che non menziona espressamente, avrebbe dovuto essere accompagnata dalla documentata puntualizzazione che tale vizio affliggesse anche le consulenze tecniche e che la medesima critica di omesso esame delle due somministrazioni vaccinali fosse stata formulata in sede di merito e nei rilievi tecnici avverso le consulenze tecniche d’ufficio. Nel caso, tali oneri non sono stati adempiuti e la mera disamina di alcuni passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolve pur sempre nella prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimita’ (Cass. n. 11482 del 03/06/2016).
18. Il terzo motivo non e’ fondato.
Occorre premettere che il vizio di omessa pronunzia e’ configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito, e non anche, come nella specie, di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito (v. Cass., 25/1/2018 n. 1876; Cass. 26/9/2013, n. 22083; Cass. 23/1/2009, n. 1701).
19. Esclusa quindi la rilevabilita’ di tale vizio per il caso di omessa pronuncia sull’istanza di rinvio, occorre rilevare che il rigetto implicito che ne ha adottato la Corte territoriale e’ coerente con il principio secondo il quale l’istanza di rinvio dell’udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi dell’articolo 115 disp. att. c.p.c., deve fare riferimento all’impossibilita’ di sostituzione mediante delega conferita ad un collega (facolta’ generalmente consentita dal R.Decreto Legge 27 novembre 1933, n. 1578, articolo 9 e tale da rendere riconducibile all’esercizio professionale del sostituito l’attivita’ processuale svolta dal sostituto), venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell’udienza (Cass. Sez. U. n. 4773 del 26/03/2012 e successive conformi, tra cui da ultimo n. 25783 del 15/10/2018).
20. Nel caso in esame, nell’istanza di rinvio del 19.4.2013 non si faceva riferimento all’impossibilita’ di sostituzione; al contrario, dal verbale di udienza prodotto in copia si ricava che il difensore e’ stato in concreto sostituito da un collega, che, oltre ad insistere nell’istanza di rinvio per impedimento del dominus, ha prodotto giurisprudenza sul tema trattato ed ha insistito per l’accoglimento dell’appello. Non sussistevano quindi le condizioni perche’ l’istanza di rinvio fosse accolta.
21. Segue coerente il rigetto del ricorso.
22. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
23. Ai sensi del Decreto Legislativo n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto Legislativo n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, ove dovuto.
In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalita’ e gli altri dati identificativi delle parti, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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