Coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti

Corte di Cassazione, sezione penale, Sentenza 19 giugno 2019, n. 27213.

La massima estrapolata:

Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensività della condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo, sicché non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ma la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre lo stupefacente, nell’obiettivo di scongiurarne il rischio di diffusione futura.

Sentenza 19 giugno 2019, n. 27213

Data udienza 21 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMU Giacomo – Presidente

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. PAVICH Giusepp – rel. Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/07/2018 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PINELLI MARIO MARIA STEFANO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ricorre avverso la sentenza con la quale, in data 16 luglio 2018, la Corte d’appello di Firenze ha parzialmente riformato, riqualificando il fatto nell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e riconoscendo la causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p., la pronunzia di condanna che era stata emessa a suo carico dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pistoia, all’esito di giudizio abbreviato, il 21 febbraio 2014, in relazione al reato di coltivazione non autorizzata di alcune piante di cannabis (4 piante di Cannabis sativa e una di Cannabis indica), accertato in (OMISSIS).
Quale unico motivo di lagnanza il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione all’assunto, sostenuto dalla Corte territoriale, secondo il quale la coltivazione non autorizzata di piante di Cannabis e’ sempre illecita, a meno che la pianta sia priva di potenzialita’ droganti o il prodotto non possa essere immesso sul mercato. Al riguardo il deducente evidenzia, oltre alla sua incensuratezza, anche l’accertata detenzione delle cinque piante (da cui potevano essere ricavate solo n. 13,6 dosi) per finalita’ legate ad uso esclusivamente personale, comprovato dal reperimento di materiale che confermava tale destinazione e dall’assenza di materiale che al contrario suggerisse la destinazione allo spaccio. A sostegno della liceita’ della sua condotta, il ricorrente richiama alcune pronunzie della Corte di legittimita’ che escludono la rilevanza penale della coltivazione qualora non vi sia il pericolo che il bene giuridico – salute pubblica possa essere offeso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ manifestamente infondato e, dunque, inammissibile.
E’ in primo luogo irrilevante e insuscettibile di esame nell’ambito del presente giudizio di legittimita’, trattandosi di questione di mero fatto (di esclusiva pertinenza del giudice di merito), l’allegazione del ricorrente secondo cui la destinazione ad uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente ricavabile dalle piantine da lui coltivate sarebbe comprovata dalla presenza di determinati strumenti presso il suo domicilio e dall’assenza di materiali finalizzati al confezionamento di dosi da cedere a terzi.
In secondo luogo, e’ priva di pregio la tesi del ricorrente secondo la quale l’offensivita’ della condotta sarebbe del tutto esclusa in base al numero modesto di piante e di dosi droganti ricavabili.
La questione, esaminata alla luce della giurisprudenza di legittimita’ (che pure sul punto ha espresso orientamenti non sempre univoci) e del quadro ordinamentale di riferimento, non puo’ certo essere liquidata sulla sola base di tali elementi indicativi.
E’ opportuno muovere dalla normativa Eurounitaria di riferimento: si ricorda che, secondo il punto 4 della Decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 25 ottobre 2004, riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti, “l’esclusione di talune condotte relative al consumo personale dal campo di applicazione della presente decisione quadro non rappresenta un orientamento del Consiglio sul modo in cui gli Stati membri dovrebbero trattare questi altri casi nella loro legislazione nazionale”, di tal che si e’ affermato che e’ conforme alla disciplina comunitaria la norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, nella parte in cui, senza distinguere tra le ipotesi di uso personale e non, sanziona la condotta di coltivazione non autorizzata di piante contenenti sostanze stupefacenti (Sez. 3, Sentenza n. 9700 del 09/12/2016, dep. 2017, Iocco, Rv. 269353).
Coerentemente a tale impostazione, le Sezioni Unite hanno qualificato come condotta penalmente rilevante qualsiasi attivita’ non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale (Sez. U, Sentenza n. 28605 del 24/04/2008, Di Salvia, Rv. 239920; in senso conforme Sez. U. 24 aprile 2008, Valletta, non massimata).
Quanto alla valutazione di offensivita’ in concreto della condotta, prevale l’orientamento, qui condiviso, secondo il quale, ai fini della punibilita’ della coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensivita’ della condotta consiste nella sua idoneita’ a produrre la sostanza per il consumo, sicche’ non rileva la quantita’ di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ma la conformita’ della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalita’ di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 53337 del 23/11/2016, Trabanelli, Rv. 268695; Sez. 6, Sentenza n. 10931 del 01/02/2017, D’Antoni, Rv. 270495; Sez. 6, Sentenza n. 35654 del 28/04/2017, Nerini, Rv. 270544).
Nel caso di specie, pur attraverso una valutazione sintetica, la Corte gigliata ha evidenziato che le piante messe a dimora erano cinque e, per tipologia e modalita’ di coltivazione, avevano effettive potenzialita’ droganti (oltre al fatto che da una sola di esse potevano gia’ essere ricavate n. 13,6 dosi). Del resto, la valutazione di concreta offensivita’ della condotta e’ stata correttamente ed esaustivamente eseguita dalla Corte di merito, la quale ha ravvisato in esito a tale valutazione gli estremi per applicare la causa di non punibilita’ della particolare tenuita’ del fatto (in conformita’ a quanto sul punto affermato da Sez. 4, Sentenza n. 30238 del 10/05/2017, Tontini, Rv. 270191, e da Sez. 4, Sentenza n. 27524 del 10/05/2017, Zappaterra e altri, Rv. 270493).
2. All’inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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