Colpa professionale medica e l’errore diagnostico

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 febbraio 2022| n. 5855.

In tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi.

Sentenza|21 febbraio 2022| n. 5855. Colpa professionale medica e l’errore diagnostico

Data udienza 28 settembre 2021

Integrale

Tag – parola: Colpa medica – Intervento tardivo su una bambina poi deceduta – determinazione della responsabilità dei medici inadempienti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente

Dott. NARDIN Maura – Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) parte civile;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS), parte civile;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/12/2019 della CORTE APPELLO di ANCONA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DANIELA DAWAN;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. MIGNOLO OLGA, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio al giudice civile;
E’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di ROMA in difesa delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS). Il difensore illustra i motivi di ricorso, conclude per la richiesta di annullamento con rinvio della sentenza impugnata e deposita conclusioni e nota spese;
E’ altresi’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di TERAMO in difesa dell’imputato (OMISSIS). Il difensore si riporta alla memoria gia’ in atti e conclude per la declaratoria di inammissibilita’ o, in subordine, per il rigetto del ricorso delle parti civili;
E, infine, presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di TERAMO in difesa dell’imputato (OMISSIS) che conclude per la declaratoria di inammissibilita’ o, in subordine, per il rigetto del ricorso delle parti civili.

Colpa professionale medica e l’errore diagnostico

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore e procuratore speciale delle parti civili costituite, (OMISSIS) e (OMISSIS), genitori della minore (OMISSIS) ricorre, ai soli fini della responsabilita’ civile, avverso la sentenza resa dalla Corte di appello di Ancona nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), confermativa della sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, impugnata dal pubblico ministero del predetto Tribunale e dalle parti civili.
2. (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati chiamati a rispondere del reato di cui agli articoli 113 e 589 c.p. perche’, in cooperazione colposa tra loro, nelle rispettive qualita’ di medici dell’Unita’ Operativa di Pediatria, in servizio presso l'(OMISSIS), per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, violazione delle regole della migliore scienza ed arte medica, cagionavano il decesso della piccola paziente ((OMISSIS)), (OMISSIS) per “arresto cardiaco a seguito di shock ipovolemico causato da ischemia intestinale”. La bimba, che presentava dolori addominali abbinati a conati di vomito, veniva ricoverata alle ore 4:58 del (OMISSIS) presso il reparto di pediatria ove, nonostante si fosse a conoscenza del pregresso intervento chirurgico per atresia intestinale a cui era stata sottoposta alla nascita, per grave omissione diagnostica i medici non si rappresentavano che i sintomi presentati potessero essere indicativi di volvolo intestinale (complicanza occlusiva nota a seguito del predetto intervento chirurgico addominale) e, pertanto, con ritardo, solo alle 8:20, richiedevano senza urgenza l’esecuzione di una RX (esame routinario che avrebbe evidenziato, se eseguito nell’immediatezza, il volvolo intestinale), esame che non veniva, nel corso della mattinata, neppure sollecitato a fronte del peggioramento delle condizioni cliniche della paziente e il cui referto perveniva in reparto solo alle ore 12:00 quando i parametri generali erano peggiorati. A detto ritardo si aggiungeva l’imperizia nell’incannulare la vena periferica per stabilizzare la paziente la cui sintomatologia dello shock esordiva alle ore 9:40, tanto che si richiedeva l’intervento della neonatologia e solo dopo le ore 11:20 si riusciva a intubare la bambina. I descritti comportamenti portavano, dopo sette ore dal momento del ricovero, a formulare la diagnosi di occlusione intestinale in una paziente le cui condizioni erano decadute anche per il ritardo dell’intubazione. Quando venne deciso il trasferimento all'(OMISSIS) era troppo tardi, giacche’ la minore decedeva in (OMISSIS) alle ore 13:51 del (OMISSIS).

 

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3. Questa la ricostruzione dei fatti. La sera del (OMISSIS), la piccola (OMISSIS) aveva manifestato dolori addominali; all’una di notte, vista la permanente presenza di forti dolori addominali e di frequenti conati di vomito, la madre si rivolgeva telefonicamente alla Guardia medica di (OMISSIS) da cui riceveva l’indicazione di somministrare tachipirina. Persistendo ancora i sintomi alle 3:00 di notte, la donna aveva portato la bimba al servizio di Guardia medica ove il medico, avuta notizia del fatto che la piccola era stata sottoposta alla nascita ad intervento di resezione intestinale per atresia intestinale, aveva consigliato, nel caso in cui i dolori fossero continuati, di rivolgersi al pronto soccorso. Alle 4:35, in ragione del pianto e del dolore della figlia, la madre la portava al pronto soccorso dell’ospedale di (OMISSIS). Alle 5:00 era visitata e presa in carico dal Dott. (OMISSIS) che ne disponeva il ricovero in reparto, annotando in ingresso la sintomatologia e riscontrando all’esame obiettivo la cicatrice orizzontale del pregresso intervento e l’addome piano trattabile alla palpazione. Il medico stabiliva che la paziente fosse tenuta in osservazione; alle 7:30 era effettuato prelievo ematico; alle 8:20 era richiesta, senza urgenza, RX diretta addome – prime vie digerenti. Il Dott. (OMISSIS) decideva di posizionare una flebo per infusione di soluzione elettrolitica bilanciata con finalita’ idratanti. Alle 8:30 il (OMISSIS) terminava il turno, venendo sostituito dalla Dott. (OMISSIS). Alle 9:40 compariva, a carico della minore, una condizione definita “stato di abbattimento” e si procedeva a ripetuti tentativi di incannulamento in vena periferica con l’intervento degli anestesisti. Si registrava progressivo peggioramento. Alle 11:10, si incannulava la vena succlavia e si infondeva soluzione fisiologica; alle 11:20 si decideva per l’intubazione orotracheale; alle 12:00 erano eseguite radiografie al torace e RX diretta addome e veniva allertata la eliambulanza per il trasferimento all'(OMISSIS). Durante il trasporto, la bambina manifestava ulteriore crisi; dopo inutili tentativi di rianimazione, ne era dichiarato il decesso alle 14.37. Questo era stato causato dagli effetti emodinamici (c.d. shock ipovolemico), derivanti da un volvolo intestinale massivo della matassa intestinale.

 

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4. Esaminate le valutazioni dei consulenti del pubblico ministero, delle parti civili e della difesa, il Giudice di primo grado era pervenuto alla conclusione che non fosse possibile affermare con certezza la responsabilita’ colposa degli imputati. Cio’ perche’ le valutazioni dei consulenti del pubblico ministero sul comportamento doveroso omesso dal Dott. (OMISSIS) – e cioe’ la necessita’ di disporre radiografia d’urgenza al momento del ricovero, tenendo altresi’ in considerazione la maggior incidenza del volvolo intestinale legata al pregresso intervento – erano contrastate dal fatto che le condizioni della minore apparivano buone sino alle 8:00 di mattina, non risultando vomito o sangue nelle feci; il carattere intermittente del volvolo lo rendeva silente nel contatto tra la paziente e il medico. Quanto alla Dott. (OMISSIS), subentrata in un momento di incerta diagnosi, e che si era prodigata per l’incannulamento per idratazione, il Tribunale osservava che non erano a lei rimproverabili il ritardo e la difficolta’ nel procedere alla suddetta operazione. In definitiva, il primo Giudice aveva osservato che gli aspetti relativi al nesso causale mostravano insuperabili punti di incertezza.
5. Anche sulla base della perizia disposta in sede di appello, la Corte territoriale – investita delle impugnazioni del pubblico ministero e delle parti civili -, pur richiamando le conclusioni dei periti per le quali l’omessa prescrizione con urgenza della radiografia addominale con mezzo di contrasto costituisce errore in fase diagnostica che ha implicato ritardo nell’esecuzione possibilmente correlato ad un ritardo di diagnosi, osserva, conformemente a quanto sostenuto dai periti, che, al momento del ricovero, non vi era sospetto alto di patologia occlusiva, in presenza di segni clinici non francamente orientati ad una occlusione intestinale, giacche’ la sintomatologia si e’ appalesata del tutto atipicamente con decorso rapidamente ingravescente. In questo stato di cose, pertanto, la condotta omissiva del Dott. (OMISSIS), per non avere disposto in via di urgenza, al ricovero, la radiografia con mezzo di contrasto, deve essere, a detta del Giudice di appello, rapportata alle caratteristiche del processo morboso intermedio: per cui l’accertamento strumentale, disposto nell’immediatezza del ricovero, avrebbe potuto risolversi in un falso negativo, in ragione della natura intermittente del volvolo, con il rischio di fornire indicazioni financo fuorvianti rispetto agli sviluppi terapeutici conseguenti. Richiamando le conclusioni dei periti, la sentenza impugnata afferma che l’anzidetto errore in fase diagnostica non e’ collegabile sul piano causale, con ragionevole probabilita’ logica, alla produzione dell’evento, non potendosi escludere che, anche in presenza del comportamento omesso, lo sviluppo della patologia e la morte si sarebbero verificate con le stesse caratteristiche del decorso realizzatosi, dovendosi tener conto degli elementi atipici del decorso che introducono sensibili elementi di incertezza nella ricostruzione del nesso causale. Rispetto agli interventi in fase diagnostica precedenti la comparsa dei sintomi dello shock ipovolemico, non e’ infatti possibile, osserva la sentenza impugnata, addivenire ad una collocazione temporale dell’insorgenza del fenomeno patologico da cui ritenere che la radiografia addominale, subito disposta ed eseguita entro un’ora, avrebbe fornito con elevata probabilita’ logica risultati utili nella prospettiva del successivo intervento chirurgico presso altra struttura.

 

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5. Il ricorso delle parti civili si fonda su un unico motivo, molto articolato, con cui deducono:
5.1. Mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, risultando il-vizio dal provvedimento impugnato e da altri atti specificamente indicati con riferimento al reato di cui all’articolo 589 c.p. La Corte territoriale ha del tutto travisato i principi in tema di nesso causale sanciti dalle Sezioni Unite con la sentenza Franzese. Invero, il Giudice di appello ha delegato la ricostruzione del nesso causale tra condotta colposa ed evento ai periti che, sul punto, sono incorsi in errori macroscopici. Essi affermano che: l’atresia intestinale della piccola doveva rappresentare un campanello d’allarme per occlusione intestinale dovuta ad aderenze (o briglie) intestinali (5,4% dei casi) o per volvolo intestinale (0,7% dei casi); la causa della morte e’ consistita in uno shock ipovolemico in necrosi ischemica intestinale da volvolo intestinale; il volvolo completo si e’ instaurato tra le ore 5:20 e le ore 7:20; il presidio ospedaliero di (OMISSIS) non risultava idoneo ad affrontare eventuali complicanze in una paziente pediatrica vieppiu’ complessa in quanto precedentemente sottoposta ad intervento chirurgico; doveva essere effettuata una rx con mezzo di contrasto, configurando tale omissione un errore nel processo di diagnosi; sarebbe stato opportuno posizionare un accesso venoso e somministrazione dei liquidi, quantomeno in occasione del prelievo ematico per esami ematochimici eseguito alle ore 7,30 e cio’ ha configurato un ritardo, terapeutico di circa due ore. I periti e la Corte territoriale incorrono, quindi, in un evidente errore di giudizio nel momento in cui effettuano la valutazione della “valenza causale degli errori medici” suddividendo le condotte nella fase dell’omessa prescrizione in urgenza della radiografia addominale con MDC e in quella del ritardo nel posizionamento di un accesso venoso e nelle operazioni di idratazione. Entrambe le condotte omesse sono ritenute colpose ma, cio’ nonostante, viene esclusa qualsiasi responsabilita’, ritenendo, tutt’al piu’, che si possa parlare di perdita di chance di sopravvivenza.

 

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5.2. Il Dott. (OMISSIS) non informava la madre che l’Ospedale di (OMISSIS) non avrebbe potuto comunque fronteggiare un’eventuale emergenza chirurgica. Si legge infatti in perizia che, anche in considerazione del pregresso intervento di correzione chirurgica della atresia multipla, era necessario prevedere che, qualora fosse stata diagnosticata una complicanza di pertinenza chirurgica, sarebbe stata necessaria piu’ di un’ora per trasferire la paziente all'(OMISSIS). Sostenere, come fa la sentenza, che non vi erano le condizioni per disporre l’immediato trasferimento (o per accettarlo da parte della struttura di destinazione) costituisce un travisamento della prova, atteso che sicuramente l'(OMISSIS) avrebbe accettato la piccola paziente se il Dott. (OMISSIS) avesse deciso per il suo trasferimento o, meglio, avesse prospettato alla madre la possibilita’ di scelta. L’imputato ha, pertanto, violato il dovere di fornire un’adeguata informazione, privando cosi’ la madre della possibilita’ di scegliere. Ne’, al riguardo, avrebbe rilevato l’assenza di formale contestazione sul punto, considerata la giurisprudenza della Suprema Corte in tema di correlazione, nei reati colposi, tra accusa e sentenza.
5.3. La sentenza impugnata afferma che l’estrema complessita’ della patologia del volvolo e l’ambiguita’ della sintomatologia inducono a non ravvisare gli estremi di un’immediata e possibile diagnosi di volvolo intestinale e a non considerare, quale sviluppo dovuto, l’immediato trasferimento presso altra struttura. A sostegno dell’assunto, la Corte territoriale richiama impropriamente un passaggio della CTU, disposta in sede civile e prodotta dal difensore nel processo penale, senza tenere conto che i CTU hanno riconosciuto un’evidente responsabilita’ sia sotto il profilo della tardiva diagnosi che sotto quello della mancanza di qualsiasi attivita’ terapeutica in favore della piccola (OMISSIS). Al riguardo, i ricorrenti riportano alcuni passaggi dell’anzidetta CTU, peraltro allegata al ricorso e una pronuncia di questa Sezione (n. 39724 del 2019) su un caso analogo.
6. In data 06/09/2021 e’ stata deposita in cancelleria memoria difensiva nell’interesse di (OMISSIS), a firma del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS).

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso delle parti civili e’ meritevole di accoglimento.
2. Occorre prendere le mosse da alcuni principi affermati da questa Corte di legittimita’ che il Collegio reputa tuttora condivisibili. Innanzitutto, in tema di errore diagnostico, questa Corte ha chiarito (Sez. 4, n. 50975 del 19/07/2017, P.G., P.C. in proc. Memeo e altro, Rv. 271533) che, in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o piu’ sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi (Sez. 4, n. 21243 del 18/12/2014, dep. 2015, Pulcini, Rv. 263492; Sez. 4, n. 46412 del 28/10/2008, Calo’, Rv. 242250, fattispecie nella quale una diagnosi errata e superficiale, formulata senza disporre ed eseguire tempestivamente accertamenti assolutamente necessari, era risultata esiziale. Nel solco di tale giurisprudenza e’ stato percio’ ritenuto – Sez. 4, n. 2474 del 14/10/2009, dep. il 20/01/2010, Vancheri ed altro, Rv. 246161 – che rispondesse di lesioni personali colpose il medico ospedaliero che, omettendo di effettuare i dovuti esami clinici, aveva dimesso con la diagnosi errata di gastrite un paziente affetto da patologia tumorale, cosi’ prolungando per un tempo significativo le riscontrate alterazioni funzionali ed uno stato di complessiva sofferenza, di natura fisica e morale, che favorivano un processo patologico che, se tempestivamente curato, sarebbe stato evitato o almeno contenuto).
In tema di omicidio colposo, si e’ anche condivisibilmente evidenziato la sussistenza del nesso di causalita’ tra l’omessa adozione da parte del medico specialistico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di controfattualita’, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensita’ lesiva (Sez. 4, n. 18573 del 14/02/2013, Meloni, Rv. 256338, fattispecie nella quale il sanitario di turno presso il pronto soccorso non aveva disposto gli accertamenti clinici idonei ad individuare una malattia cardiaca in corso e, di conseguenza, non era intervenuto con una efficace terapia farmacologica di contrasto che avrebbe rallentato significativamente il decorso della malattia, cosi’ da rendere utilmente possibile il trasporto presso struttura ospedaliera specializzata e l’intervento chirurgico risolutivo). Cio’ in conformita’ ai principi espressi dalle Sezioni Unite (Sez. Un, n. 30328 del 10/7/2002, Franzese, Rv. 222138, che hanno ritenuto legittimamente affermata la responsabilita’ di un sanitario per omicidio colposo dipendente dall’omissione di una corretta diagnosi, dovuta a negligenza e imperizia, e del conseguente intervento che, se effettuato tempestivamente, avrebbe potuto salvare la vita del paziente), secondo cui, nel reato colposo omissivo, il rapporto di causalita’ e’ configurabile quando si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa, l’evento avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensita’ lesiva. In proposito, inoltre, giovera’ ricordare che, in caso di comportamento omissivo, l’accertamento della responsabilita’ e, in particolare, la verifica della sussistenza del nesso di causalita’ sono sottoposti a regole identiche a quelle applicabili in caso di comportamento commissivo, essendo i due tipi di comportamento strettamente connessi, dato che, nella condotta omissiva, nel violare le regole cautelari, il soggetto non sempre e’ assolutamente inerte, ma non infrequentemente pone in essere un comportamento diverso da quello dovuto, cioe’ da quello che sarebbe stato doveroso secondo le regole della comune prudenza, perizia e diligenza. L’unica distinzione attiene soltanto alla necessita’, in caso di comportamento omissivo, di fare ricorso, per verificare la sussistenza del nesso di causalita’, ad un giudizio controfattuale meramente ipotetico (dandosi per verificato il comportamento invece omesso), anziche’ fondato sui dati della realta’; infatti, nel caso di comportamento omissivo, e’ solo con riferimento alle regole cautelari inosservate che puo’ formularsi un concreto rimprovero nei confronti del soggetto e verificarsi, con giudizio controfattuale ipotetico, la sussistenza del nesso di causalita’ (Sez. 4, n. 3380 del 15/11/2005 dep. il 2006, Fedele, Rv. 233237, ove e’ stato valutato penalmente rilevante il comportamento omissivo del medico che, in presenza di un esame mammografico dal quale risultavano sintomi di una possibile malattia neoplastica, non dispose alcun esame piu’ specifico ovvero un nuovo controllo ravvicinato, ma solo un ulteriore controllo mammografico da effettuarsi a distanza di un anno, cosi’ contribuendo alla progressione del male).

 

Colpa professionale medica e l’errore diagnostico

In tema di nesso causale nei reati omissivi, in altri termini, non puo’ escludersi la responsabilita’ del medico il quale colposamente non si attivi e contribuisca con il proprio errore diagnostico all’aggravamento delle condizioni del paziente, sino all’esito mortale, laddove, nel giudizio controfattuale, vi e’ l’elevata probabilita’ logica e razionale che gli accertamenti omessi, se tempestivamente disposti, avrebbero evitato l’evento. Parametro di riferimento e’ la gia’ ricordata sentenza Franzese per la quale, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalita’ tra omissione ed evento non puo’ ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilita’ statistica: invero, il giudice penale deve utilizzare gli strumenti di cui ordinariamente dispone per le valutazioni probatorie, pervenendo a ritenere sussistente detto rapporto allorquando, considerate tutte le circostanze del caso concreto, possano escludersi processi causali alternativi e possa affermarsi in termini di “certezza processuale”, ossia di alta credibilita’ razionale o probabilita’ logica, che sia stata proprio quella condotta omissiva a determinare l’evento lesivo. (Sez. 4, n. 38334 del 3/10/2002, Albissini, Rv. 222862). Il rapporto di causalita’ deve, quindi, essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilita’ logica, sicche’ esso e’ configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilita’ razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensita’ lesiva.

 

Colpa professionale medica e l’errore diagnostico

3. Cio’ detto, il Collegio rileva che lo sviluppo motivazionale della sentenza impugnata pecca di apoditticita’ e si pone in termini di contraddittorieta’ logica con gli esiti dell’attivita’ istruttoria, confermati dalla stessa Corte territoriale. Sulla base della relazione peritale, degli elementi storico-ricostruttivi forniti dal processo e dagli esiti dell’esame autoptico, la sentenza impugnata ha richiamato la scansione del processo fisiopatologico sino al decesso: l’atresia presentata dalla minore alla nascita – caratterizzata da sviluppo deficitario delle anse intestinali e del relativo mesentere al quale si associa spesso la malrotazione intestinale – costituisce patologia in presenza della quale la ricorrenza del volvolo intestinale “rimane complicanza possibile e temibile con incidenza dello 0,7% dei casi”, cosi’ come lo sono la formazione di briglie intestinali (5,4%), fenomeni entrambi richiedenti trattamento chirurgico. Il volvolo intestinale, prosegue la Corte territoriale, puo’ generare blocco intestinale, riduzione dell’apporto di sangue al tratto di intestino interessato, “se intermittente, a fasi di avviluppamento con blocco intestinale circolatorio si alternano fasi in cui l’avvolgimento anomalo recede e con esso l’ostruzione intestinale e la sintomatologia”. Nel caso di specie, i periti, costantemente richiamati dalla sentenza impugnata, riferiscono che: il quadro morboso intermedio era caratterizzato da una fase iniziale con volvolo intermittente poi evoluto in volvolo completo per progressione della torsione intestinale, sino ad occludere interamente il peduncolo vascolare con conseguente ischemia persistente e che il perdurare di tale insulto ischemico, per l’intervallo prolungato, ha implicato l’instaurarsi della necrosi a tutto spessore della mucosa intestinale, con conseguente perdita di liquidi dovuta all’aumento della permeabilita’ associata al sequestro dei fluidi nel tratto gastro intestinale, cosi’ determinando un quadro di shock ipovolemico rapidamente evoluto in forma ingravescente ed irreversibile; la persistenza dei conati di vomito al momento del ricovero nel reparto di pediatria alle ore 5:00 indicava il persistere del volvolo intermittente, non rivestendo decisivita’ l’obiettivita’ addominale (ove era rilevato “addome piano trattabile alla palpazione superficiale e profonda”); la necrosi a tutto spessore della parete intestinale, rilevata dall’autopsia, impiega un tempo compreso tra le 6 e le 16 ore per instaurarsi; il processo necrotico, con elevata probabilita’, evoluto sino al decesso della bambina (ore 14:37), era in essere certamente 6 ore prima, quando si era gia’ manifestato il quadro di shock intorno alle 8:20, sulla base della sintomatologia rilevata; dato il rilievo autoptico di torsione doppia del mesentere all’origine implicante una considerevole riduzione, e’ ipotizzabile che il danno parietale si sia realizzato in forma grave ed estesa in tempi ridotti e che l’ipovolemia e lo shock, ad esso correlato, si siano manifestate in tempi altrettanto ridotti, potendo ipotizzarsi che il volvolo completo si sia instaurato tra le 5:20 e le 7:20.

 

Colpa professionale medica e l’errore diagnostico

Secondo i periti, si legge nell’impugnata sentenza, l’omessa prescrizione con urgenza della radiografia addominale con mezzo di contrasto costituisce “errore in fase diagnostica che ha implicato ritardo nell’esecuzione possibilmente correlato ad un ritardo di diagnosi”, rappresentandosi che il volvolo dell’intestino tenue e’ patologia con elevata mortalita’ e che precoce diagnosi e tempestiva terapia sono determinanti per il conseguimento di un risultato salvifico. I periti, continua la Corte di appello, reputano, pertanto, sussistente un errore in fase diagnostica, “dato conto della irrilevanza o non decisivita’ dell’obiettivita’ addominale, del fatto che la sintomatologia, seppur non specifica, era comunque potenzialmente correlata ad occlusione intestinale, della doverosa valutazione del pregresso chirurgico della piccola paziente che costituisce… un fattore di maggior rischio per patologia occlusiva intestinale o di pertinenza chirurgica quali le briglie post chirurgiche”; evidenziano “la necessita’, da parte del medico, di escludere in tempi brevi patologie che richiedessero interventi chirurgici (volvolo o briglie), considerando che il presidio ospedaliero di (OMISSIS) non era idoneo ad affrontare tali complicanze” e che il trasferimento all'(OMISSIS) avrebbe richiesto un tempo non inferiore ad un’ora, dovendo il medico altresi’ considerare che detta distanza avrebbe comportato rischi elevati in caso di aggravamento delle condizioni della paziente.
3.1. A fronte di tale indiscusso quadro fattuale, l’argomentare successivo della sentenza di appello risulta vulnerato da intrinseca contraddittorieta’. La Corte di merito, invero, pur reputando colposa la condotta omissiva degli imputati, ne esclude la causalita’ rispetto all’evento sulla base di un assunto che si appalesa non solo confuso, generico e sbrigativo ma anche contraddittorio con i dati fattuali sin qui esposti, laddove, conformandosi, anche su questo punto, alle valutazioni peritali, afferma che “nello spazio – ipotizzato e non meglio definibile – di formazione del volvolo completo, l’accertamento strumentale poteva risolversi in un falso negativo, in ragione della natura intermittente del volvolo”. Traendone la conseguenza che, “non essendovi certezza su quale su quale fosse la realta’ anatomica della paziente nel momento ipotetico di esecuzione del comportamento dovuto, costituisce eventualita’ tutt’altro che remota quella che l’esecuzione della radiografia con mezzo di contrasto in epoca precedente il formarsi dell’occlusione avrebbe fornito indicazioni sinanche fuorvianti rispetto agli sviluppi terapeutici conseguenti (necessita’ di ricovero in altra struttura dotata di chirurgia pediatrica)”.

 

Colpa professionale medica e l’errore diagnostico

L’affermazione per la quale “le conclusioni peritali rappresentano che l’esecuzione in via di urgenza dell’esame radiografico costituiva in via generale strumento appropriato e in questo senso doveroso, poiche’ in grado di rilevare occlusione intestinale quale segno di volvolo suscettibile di progressione ingravescente, come poi si e’ verificato” viene immediatamente contraddetta dalla successiva secondo cui a “questa considerazione valevole per l’inquadramento generale del caso si associano elementi del decorso atipici che introducono sensibili elementi di incertezza nella ricostruzione del nesso causale”, non essendo possibile collocare temporalmente l’insorgenza del fenomeno patologico. Elementi che la Corte territoriale non indica, limitandosi a qualificarli come “variabili non note e non conoscibili che si oppongono alla possibilita’ di stabilire che la radiografia con mezzo di contrasto disposta nei tempi minimi possibili al momento del ricovero confluisse verso un esito positivo”.
3.2. Il giudizio controfattuale non ha tenuto conto di tutti gli elementi piu’ sopra richiamati – tra cui, primariamente, la mancata considerazione, da parte del dottor (OMISSIS), del dato anamnestico fornito dal precedente intervento chirurgico a cui era stata sopposta la piccola paziente e la conseguente, concreta, possibilita’ di insorgenza del volvolo intestinale – e, senza quindi adeguatamente accertare, sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato. La Corte di merito ha, invero, fondato il giudizio controfattuale sul generico assunto per il quale non puo’ escludersi che, anche in presenza del comportamento omesso, lo sviluppo della malattia e la morte si sarebbero verificate con le stesse caratteristiche del decorso realizzatosi. Come ad affermare la superfluita’, in ogni caso, di qualsiasi accertamento e intervento terapeutico, atteso il sicuro esito letale del volvolo.
Deve, inoltre, rilevarsi un mancato confronto logico argomentativo rispetto al complessivo quadro fattuale di cui pure la sentenza da’ atto. La motivazione, infatti, appare del tutto carente rispetto ad elementi che afferiscono all’addebito colposo, anche sotto il profilo causale e cioe’: che l’atipicita’ con cui si presentava la patologia era strettamente collegata al carattere di intermittenza del volvolo, circostanza che il medico avrebbe dovuto avere presente, in ragione delle sue specifiche qualita’ personali e delle mansioni svolte (cio’ in conformita’ al principio ripetutamente espresso dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, proprio nell’ambito della responsabilita’ sanitaria, in base al quale si e’ chiarito che la rimproverabilita’ soggettiva per la mancata attuazione della condotta doverosa va compiuta avuto riguardo alla concreta capacita’ dell’agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualita’ personali ed alle mansioni svolte, Sez. 4, n. 6215 del 10/12/2009, dep. 16/02/2010, Pappada’, Rv. 246419; Sez. 4, n. 19755 del 09/04/2009, Filizzolo, Rv. 243511); che il fattore temporale e’, in questi casi, decisivo sia per una diagnosi precoce che per l’intervento medico; che, nel caso di specie, non sono state osservate le linee guida; che la condotta attendista appare tanto piu’ grave a fronte della consapevolezza dell’inidoneita’ del presidio ospedaliero di (OMISSIS) a far fronte all’emergenza che si sarebbe profilata. L’eventuale difficolta’ della diagnosi, infatti, non autorizza scelte meramente attendiste, imponendo, al contrario, accertamenti in varie direzioni, onde provare a restringere il cerchio delle ipotesi, tanto maggiore apparendo il grado della colpa, quanto piu’ la si rapporti all’urgenza della situazione.
Ne’ la sentenza impugnata ha adeguatamente illustrato le ragioni per le quali ha reputato inattendibili le dichiarazioni della madre della bimba rispetto alle dichiarazioni degli infermieri, soggetti potenzialmente non del tutto disinteressati.

 

Colpa professionale medica e l’errore diagnostico

4. Anche con riguardo alla dottoressa (OMISSIS), succeduta nella posizione di garanzia al dottor (OMISSIS), la sentenza impugnata si appalesa apodittica, contraddittoria e superficiale. Essa parte dall’assunto che, sotto il profilo causale “il ritardo di 2 ore nella idratazione ha probabilmente contribuito al decorso rapidamente ingravescente dello shock ipovolemico” per poi smentirlo giacche’ sostiene che, essendosi lo shock presentato in maniera repentina e drammatica, “non e’ possibile stabilire se, nell’ipotesi di somministrazione di liquidi anticipata di 2 ore o poste in essere anche al momento del ricovero, la morte si sarebbe comunque verificata e in condizioni di tempo analoghe”. Si osserva, peraltro, che, nei periodi immediatamente precedenti a quelli appena riportati, la sentenza impugnata menziona un ritardo di 3 ore (non di 2). Pare invece fuori di dubbio che la condotta doverosa omessa avrebbe consentito adeguati idratazione e sostegno elettrolitico, atteso che costituisce dato di comune sapere medico che le relative alterazioni sono di grave nocumento per i piccoli pazienti. Quando poi la sentenza impugnata afferma che “il ritardo nella idratazione delle manovre di incannulamento appare decisamente recessivo sotto il profilo causale… essendo emerso che la possibilita’ di intervento salvifica presupponeva possibilita’ di addivenire presso la distante struttura chirurgica, a seguito di rilevazione radiografica del volvolo in atto, ad intervento chirurgico in tempi precedenti a quelli in cui la condotta imperita segnalata si realizzava, a partire dalla prescrizione di idratazione dalle 8:20 in poi”, trascura del tutto di considerare che l’imputata era subentrata al dottor (OMISSIS) nella medesima posizione di garanzia e che l’imputazione e’ articolata nei medesimi termini nei confronti di entrambi gli imputati, rappresentando quella del ritardo nella necessaria idratazione un ulteriore aspetto della complessiva condotta di cui la dottoressa (OMISSIS) e’ chiamata a rispondere.
5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello cui va demandata anche la regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione del presente provvedimento, vanno omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello cui demanda anche la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimita’.
Oscuramento dati.

 

Colpa professionale medica e l’errore diagnostico

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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