Chiamata del terzo in causa e l’autorizzazione del Giudice

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|26 gennaio 2022| n. 2331.

Chiamata del terzo in causa e l’autorizzazione del Giudice.

Il provvedimento del giudice di merito che concede o nega l’autorizzazione a chiamare in causa un terzo ai sensi dell’art. 106 c.p.c., coinvolge valutazioni assolutamente discrezionali che, come tali, non possono formare oggetto di appello e di ricorso per cassazione.

Sentenza|26 gennaio 2022| n. 2331. Chiamata del terzo in causa e l’autorizzazione del Giudice

Data udienza 24 novembre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Lavoro autonomo – Chiamata del terzo in causa – Art. 183 co 5 c.p.c.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 16155-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS) S.R.L., rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1496/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 10/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella udienza pubblica del 24/11/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per la declaratoria di parziale inammissibilita’, nonche’ comunque per il rigetto, del ricorso;
uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

Chiamata del terzo in causa e l’autorizzazione del Giudice

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 1496/2017 della Corte d’appello di Milano, pubblicata il 10 aprile 2017.
(OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) resistono con distinti controricorsi.
Con citazione dell’8 ottobre 2010, l’architetto (OMISSIS) convenne (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) innanzi al Tribunale di Como per ottenere il pagamento della somma di Euro 165.896,82 oltre accessori, a titolo di compenso per le prestazioni professionali (progettazione, direzione dei lavori, coordinamento sicurezza) prestate in favore dei convenuti in relazione ad un fabbricato residenziale unifamiliare con annessa autorimessa, in (OMISSIS). I convenuti eccepirono la carenza di legittimazione passiva ed attiva in capo all’attore, asserendo di aver dato incarico per le attivita’ dedotte in lite alla (OMISSIS) s.r.l., in forza di contratto d’appalto “globale”, essendo percio’ la societa’ appaltatrice tenuta al pagamento dei compensi professionali richiesti. L’attore (OMISSIS) provvide cosi’ alla chiamata in causa, ai sensi dell’articolo 183 c.p.c., comma 5, della (OMISSIS) s.r.l., precisando di volersi surrogare alla medesima ex articolo 2900 c.c. Il Tribunale di Como, con sentenza del 9 novembre 2015, ritenendo che l’incarico di progettazione e di direzione dei lavori fosse stato conferito dai convenuti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) alla sola (OMISSIS) s.r.l. (come risultante dal contratto del 16 maggio 2005 e come peraltro accertato nella sentenza n. 829/2014 resa dal medesimo Tribunale), dopo aver escluso la fondatezza dell’azione ex articolo 2900 c.c. proposta dal (OMISSIS), dichiaro’ che quest’ultimo aveva diritto ad ottenere il compenso professionale dalla (OMISSIS) s.r.l., che percio’ condanno’ al pagamento della somma di Euro 92.628,00 oltre accessori, condannando altresi’ la societa’ chiamata in causa a rifondere le spese processuali all’attore (OMISSIS) e quest’ultimo a rifondere le spese processuali ai convenuti.

 

Chiamata del terzo in causa e l’autorizzazione del Giudice

Proposero gravame in via principale la (OMISSIS) s.r.l. ed in via incidentale l’architetto (OMISSIS), entrambi lamentando l’erroneita’ della statuizione circa il conferimento dell’incarico professionale dedotto in lite, piuttosto proveniente dai convenuti in forza di accordo risalente al luglio 2003. La Corte d’appello di Milano, accogliendo tale doglianza, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, condannando (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) a corrispondere il compenso professionale all’architetto (OMISSIS) ed anche a rimborsare le spese di lite sia alla (OMISSIS) s.r.l. che al medesimo (OMISSIS).
Il ricorso e’ stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, con richiesta di discussione orale formulata dai ricorrenti. Il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CORRADO MISTRI ha depositato conclusioni scritte, chiedendo la declaratoria di parziale inammissibilita’, nonche’ comunque il rigetto, del ricorso.
I ricorrenti e (OMISSIS) hanno presentato memorie, mentre la (OMISSIS) s.r.l. ha depositato “nota scritta” per riferire che il Tribunale di Como, con sentenza del 23 luglio 2018, ha dichiarato il fallimento della stessa societa’.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va premesso che l’intervenuto fallimento della (OMISSIS) s.r.l. non comporta comunque l’interruzione del giudizio di cassazione, neppure in considerazione della modifica della L.Fall., articolo 43 per effetto del Decreto Legislativo n. 5 del 2006, articolo 41 (cfr. tra le tante Cass. Sez. 1, 15/11/2017, n. 27143).
1.Con il primo motivo del ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) viene fatta valere la violazione dell’articolo 183 c.p.c., comma 5, articoli 106 e 269 c.p.c. I ricorrenti reiterano la doglianza inerente alla irritualita’ della chiamata in causa di (OMISSIS) s.r.l. effettuata dall’attore (OMISSIS) in primo grado; in particolare asseriscono che, ai sensi degli articoli 106 e 269 c.p.c., la chiamata in causa di un terzo e’ consentita all’attore solo nel caso in cui tale esigenza sia “sorta delle difese del convenuto”, mentre, nel caso in esame, essi avevano contestato l’assenza di ogni rapporto contrattuale del professionista gia’ con raccomandata del 30 settembre 2009. Dal che l’inammissibilita’ e/o l’improcedibilita’ di tutte le domande spiegate dalla (OMISSIS) s.r.l., cosi’ come dei proposti appelli.
Il secondo motivo di ricorso allega la violazione degli articoli 99 e 112 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2907 c.c. I ricorrenti lamentano che nel giudizio di primo grado l’attore avesse manifestato la propria intenzione (dichiarazione nel verbale d’udienza del 26 febbraio 2010) di volersi surrogare alla (OMISSIS) s.r.l. ex articolo 2900 c.c. La Corte d’appello, invece, accogliendo il motivo di impugnazione avente ad oggetto il diretto conferimento dell’incarico all’architetto (OMISSIS), e dunque postulando un credito del professionista vantato direttamente nei confronti dei signori (OMISSIS) e (OMISSIS), avrebbe ecceduto dai limiti imposti dall’articolo 112 c.p.c.
2. Il primo motivo di ricorso e’ totalmente infondato.
L’articolo 183 c.p.c., comma 5, disponendo che l’attore puo’ chiamare in causa un terzo, su autorizzazione del giudice, ai sensi degli articoli 106 e 269, comma 3, “se l’esigenza e’ sorta dalle difese del convenuto”, consente che lo stesso possa instare per la chiamata del terzo, oltre che a seguito di eccezione o domanda riconvenzionale del convenuto, anche in dipendenza di una mera difesa “in iure” o “in facto” di quest’ultimo che contesti la propria legittimazione passiva, con l’indicazione di un terzo quale soggetto effettivamente legittimato. Il provvedimento del giudice di merito che concede o nega l’autorizzazione a chiamare in causa il terzo, ai sensi dell’articolo 106 c.p.c., coinvolge, poi, valutazioni discrezionali che, come tali, non possono formare oggetto ne’ di appello ne’ di ricorso per cassazione (cfr. Cass. Sez. 1, 13/03/2013, n. 6208; Cass. Sez. 2, 19/01/2006, n. 984; Cass. Sez. L, 04/12/2014, n. 25676; Cass. Sez. L, 28/08/2004, n. 17218).

 

Chiamata del terzo in causa e l’autorizzazione del Giudice

3. Anche il secondo motivo di ricorso e’ del tutto privo di fondamento. (OMISSIS) propose la propria originaria domanda di pagamento del compenso professionale nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), individuati in citazione quali debitori; solo dopo che venne chiamata in causa la (OMISSIS) s.r.l., indicata nelle difese dei convenuti quale soggetto effettivamente da loro incaricato per l’esecuzione delle opere, l’attore dichiaro’ altresi’ in via subordinata di volersi surrogare ex articolo 2900 c.c. nell’eventuale diritto di credito spettante alla societa’ verso i committenti. Ancora in appello, il (OMISSIS) domando’ di accertare il proprio diritto al compenso nei confronti dei soli signori (OMISSIS) e (OMISSIS), e solo in via subordinata chiese la condanna altresi’ della (OMISSIS) s.r.l.
Nello stesso giudizio ben possono essere proposte, in forma alternativa o subordinata, due diverse richieste tra loro incompatibili (nella specie, l’una fondata sulla asserita titolarita’ del rapporto sostanziale di credito in capo all’attore nei confronti dei convenuti, l’altra fondata su una legittimazione sostitutiva all’esercizio del medesimo credito, prospettato come spettante ad un terzo surrogato), senza che con cio’ venga meno l’onere della domanda ed il dovere di chiarezza che l’attore e’ tenuto ad osservare nelle proprie allegazioni; ne consegue che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che accolga una delle domande come sopra proposte, in quanto il rapporto di alternativita’ e di subordinazione tra esse esistente non esclude che ciascuna di esse rientri nel “petitum” (arg. da Cass. Sez. 1, 19/07/2010, n. 16876; Cass. Sez. 2, 11/08/1980, n. 4921; Cass. Sez. 1, 18/04/1978, n. 1835; ma anche Cass. Sez. Un., 15/06/2015, n. 12310).
D’altro canto, ove, a seguito della contestazione della legittimazione passiva da parte del convenuto, venga chiamato in causa il terzo indicato quale soggetto effettivamente legittimato, la proposizione di una nuova domanda, soggettivamente alternativa, nei confronti di quest’ultimo ad opera dell’attore non determina alcuna presunzione di rinuncia alla pretesa principale.
4. Il ricorso in esame va percio’ rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione vengono regolate secondo soccombenza in favore di ciascuno dei due controricorrenti (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) negli importi liquidati in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna in solido i ricorrenti a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione alla controricorrente (OMISSIS) s.r.l., che liquida in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, nonche’ al controricorrente (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 7.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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