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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 13 febbraio 2014, n. 3365

Fatto e diritto

1. Il Tribunale di Palermo con sentenza dell’11.9.2008 ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio tra A.M. e C.L.P. negando a quest’ultima il diritto a un assegno divorzile, pur dando atto della evidente sproporzione esistente fra i redditi dei due ex coniugi, in considerazione della breve durata del matrimonio, della disponibilità, da parte della L.P., di un immobile destinato a propria abitazione e di altri due immobili, di cui uno era stato venduto consentendo alla L.P. di percepire la somma di 70.000 euro.
2. Ha proposto appello C.L.P. rilevando che non erano state considerate le sue cattive condizioni di salute che non le consentivano la ripresa della attività lavorativa mentre nessuna somma capitale era a suo disposizione dato che aveva dovuto restituire al padre il prestito a suo tempo concessole per l’acquisto dell’immobile venduto. Ha chiesto pertanto il riconoscimento del diritto a percepire un assegno mensile dal M. nella misura minima di 1.000 euro.
3. L’appello è stato accolto parzialmente dalla Corte palermitana che ha disposto la corresponsione, in favore della L.P. e a carico del M., di un assegno mensile di 200 euro rilevando come la sproporzione fra i redditi fosse prevalente rispetto al dato delle disponibilità immobiliari della L.P. le cui potenzialità lavorative erano gravemente compromesse dalle condizioni di salute accertate mediante la c.t.u. medico-legale svolta in istruttoria.
4. Propone ricorso per cassazione A.M. lamentando l’erronea interpretazione dell’art. 5 della legge n. 899/1970.
5. Si difende con controricorso C.L.P.

Ritenuto che:
6. Il motivo di ricorso è infondato perché la Corte di appello palermitana si è attenuta ai criteri giurisprudenziali di legittimità afferenti alla interpretazione e applicazione dell’art. 5 della legge n. 898/1970 e ha correttamente identificato nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente il presupposto per il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile salvo tenere conto della breve durata del matrimonio al fine di determinare la entità dell’assegno. La Corte ha altresì verificato le possibilità del coniuge richiedente l’assegno di procurarsi con la propria attività lavorativa i mezzi necessari al fine di conservare un tenore di vita tendenzialmente assimilabile a quello goduto in costanza di matrimonio ma è pervenuta a una valutazione negativa in considerazione delle condizioni di salute accertate attraverso la C.T.U. sicché le deduzioni del ricorrente si presentano come una richiesta di riesame del merito della controversia inammissibile in questa sede.
7. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso.
La Corte condivide pienamente tale relazione e ritiene pertanto che il ricorso vada respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 1.100 euro di cui 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.

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