La causa di estinzione del reato per condotte riparatorie anche per i processi pendenti in Cassazione

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 8 giugno 2018, n. 26285.

La massima estrapolata:

La causa di estinzione del reato per condotte riparatorie anche per i processi pendenti in Cassazione al momento della entra in vigore della norma se le condotte riparatorie siano state eseguite nel corso del giudizio di merito.

Sentenza 8 giugno 2018, n. 26285

Data udienza 4 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOGINI Stefano – Presidente

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere

Dott. D’ARCANGELO Fabrizio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 20/06/2017 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dr. Aniello Roberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 20 giugno 2017, la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Busto Arsizio all’esito di giudizio abbreviato, ha ritenuto (OMISSIS) colpevole dei delitti di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone commessi in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), e, ritenuti i reati uniti dal vincolo della continuazione, ha ridotto la pena ad un anno di reclusione, previa applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 6, nonche’ della diminuente per il rito.
La sentenza di primo grado, invece, aveva qualificato la condotta posta in essere in danno di (OMISSIS) in termini di estorsione.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe l’avvocato (OMISSIS), difensore di fiducia dell’imputato, formulando un unico motivo di ricorso, con il quale denuncia violazione di legge, in relazione alla L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 2 e articolo 162-ter c.p., come introdotto dalla Legge cit., a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), avendo riguardo alla mancata dichiarazione di non doversi procedere nei confronti dell’imputato, per intervenuta estinzione del reato per condotte riparatorie.
Si deduce che la causa di estinzione del reato di cui all’articolo 162-ter c.p., e’ applicabile perche’ sussistono tutti i requisiti richiesti da detta disposizione: -) l’imputato, in data 23 dicembre 2014, prima dell’apertura del dibattimento, ha inviato, mediante raccomandata, una lettera di scuse alle persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS) per le modalita’ con cui ha richiesto il credito vantato nei loro confronti; -) l’imputato, inoltre, ha offerto la compensazione del credito, nonche’ due assegni circolari di importo di Euro 1.000,00 ciascuno a titolo di risarcimento dei danni materiali e morali arrecati; -) la persona offesa (OMISSIS), durante il suo esame testimoniale, all’udienza del 26 maggio 2015, ha dichiarato di accettare in proprio e per il proprio compagno convivente (OMISSIS) le scuse, i due assegni circolari e la compensazione del credito, a titolo di risarcimento del danno; -) il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e’ punibile a querela della persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Le questioni da affrontare riguardano l’applicabilita’ della causa di estinzione del reato per condotte riparatorie, di cui all’articolo 162-ter c.p., introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, anche ai processi pendenti in sede di legittimita’ al momento di entrata in vigore di tale disciplina, e, poi, in caso di risposta affermativa a detto quesito, le modalita’ attraverso le quali detto istituto puo’ trovare attuazione nel giudizio davanti alla Corte di cassazione.
3. Logicamente preliminare e’ l’esame dei presupposti per l’applicazione dell’istituto di cui all’articolo 162-ter c.p..
La disposizione appena indicata, in sintesi, prevede che il giudice, “sentite le parti e la persona offesa”, dichiara estinto del reato per condotte riparatorie, sempre che si versi in ipotesi di procedibilita’ a querela soggetta a remissione, “quando l’imputato ha riparato interamente (…) il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato”. La medesima disposizione, inoltre, dispone che il risarcimento del danno puo’ essere riconosciuto anche se effettuato mediante offerta reale formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, se il giudice ritenga l’offerta congrua, e che, a determinate condizioni, il giudice puo’ fissare un termine per consentire all’imputato di provvedere al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento.
La disposizione di cui all’articolo 162-ter c.p. e’ ancorata a presupposti simili, ma non del tutto identici, a quelli fissati dal Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 35 per l’estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie in relazione agli illeciti penali di competenza del giudice di pace. In particolare, l’istituto di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 35 e’ applicabile, “sentite le parti e l’eventuale persona offesa”, se l’imputato dimostri “di aver proceduto (…) alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato” (comma 1), e sempre che il giudice ritenga “le attivita’ risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione” (comma 2). L’articolo 35 cit. prevede inoltre la possibilita’ che, a determinate condizioni, il giudice possa fissare un termine per consentire all’imputato di provvedere al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento (comma 3).
In sintesi, quindi, la disciplina recata dall’articolo 162-ter c.p., a differenza di quella di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 35, prevede che il danno debba essere stato riparato “interamente”, che il risarcimento possa avvenire anche mediante offerta reale e che l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose debba avvenire “ove possibile”; non richiede, inoltre, a differenza dell’altra, valutazioni del giudice sull’idoneita’ delle attivita’ risarcitorie e riparatorie al soddisfacimento delle esigenze di riprovazione del reato e di quelle di prevenzione.
4. La premessa appena compiuta e’ utile per affrontare, sotto il profilo dell’interpretazione sistematica oltre che sotto il profilo letterale, la questione dell’applicabilita’ della causa di estinzione del reato per condotte riparatorie anche ai processi pendenti davanti alla Corte di cassazione al momento di entrata in vigore della disciplina che la ha prevista.
4.1. In giurisprudenza, pur senza analitici approfondimenti, sono emerse opinioni che appaiono differenti.
Secondo una decisione, la disposizione di cui all’articolo 162-ter c.p., che “ricalcherebbe” quella di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 35 per i procedimenti davanti al giudice di pace, non e’ applicabile al giudizio di legittimita’, “dovendo la condotta riparatoria essere valutata dal giudice di merito, sentite le parti” (cosi’ Sez. 4, n. 18410 del 28/03/2018, Cobo, non mass.).
Altre decisioni, invece, hanno escluso l’applicabilita’ del nuovo istituto in sede di legittimita’ senza evocare incompatibilita’ strutturali di esso con il giudizio di cassazione, ma ora per ragioni attinenti alla sussistenza in concreto dei necessari presupposti di diritto sostanziale, quali la procedibilita’ a querela del reato cui riferire la causa estintiva e l’effettivita’ del risarcimento del danno (v. Sez. 5, n. 1009 del 16/11/2017, dep. 2018, Bianchi, non mass.), ora per i medesimi motivi nonche’, contestualmente, per l’inammissibilita’ di differimenti del processo di legittimita’ per consentire l’effettuazione del risarcimento (cfr. Sez. 2, n. 48389 del 06/10/2017, Bambina, non mass.).
4.2. Ad avviso del Collegio, la causa di estinzione del reato di cui all’articolo 162-ter c.p. deve ritenersi applicabile anche ai processi pendenti in sede di legittimita’ al momento di entrata in vigore della relativa disciplina, quando le condotte riparatorie siano state gia’ eseguite nel corso del giudizio di merito.
In questo senso, si ritiene siano ravvisabili sia specifiche indicazioni normative, sia ragioni di carattere sistematico.
4.2.1. Sotto il profilo del dato normativo, sembrano estremamente significative le enunciazioni testuali di cui alla L. n. 103 del 2017, commi 2 e 3.
Precisamente, il comma 2 stabilisce: “2. Le disposizioni dell’articolo 162-ter c.p., introdotto dal comma 1, si applicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e il giudice dichiara l’estinzione anche quando le condotte riparatorie siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”. Il comma 3, primo periodo, poi, statuisce: “3. L’imputato, nella prima udienza, fatta eccezione per quella del giudizio di legittimita’, successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, puo’ chiedere la fissazione di un termine, non superiore a sessanta giorni, per provvedere alle restituzioni, al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento e all’eliminazione, ove possibile, delle conseguenze dannose o pericolose del reato, a norma dell’articolo 162-ter c.p., introdotto dal comma 1”.
Invero, la disposizione di cui al comma 2, siccome prevede, in particolare, l’applicabilita’ della causa di estinzione del reato di cui all’articolo 162-ter c.p. “anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge”, non puo’ non riferirsi anche ai giudizi pendenti davanti alla Corte di cassazione. Innanzitutto, tanto nel linguaggio comune quanto in quello tecnico-giuridico, i procedimenti trattati in sede di legittimita’ sono sicuramente definibili come “processi”; in particolare, anzi, per quanto attiene all’accezione giuridica della parola, e’ possibile evidenziare, esemplificativamente, come il termine “processo”, impiegato nella disposizione di cui all’articolo 129 c.p.p. quale presupposto per la rilevabilita’, tra l’altro, proprio delle cause di estinzione del reato, e’ comunemente ritenuto concernere anche i giudizi pendenti davanti alla Corte di cassazione (cfr., tra le tantissime: Sez. U, n. 28954 del 27/04/2017, Iannelli, Rv. 269810; Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594; Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007, dep. 2008, Cassa, Rv. 238467; Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403; Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, Tuzzolino, Rv. 216239). Per altro verso, non risultano specifici elementi testuali da cui desumere che i giudizi pendenti davanti alla Corte di cassazione siano altrimenti estranei alla categoria dei “processi in corso” evocata dalla L. n. 103 del 2017.
La disposizione di cui al comma 3, primo periodo, poi, proprio perche’, in relazione al “giudizio di legittimita’”, esclude, specificamente e nominativamente, la sola possibilita’ di fissare un termine per provvedere alle restituzioni, ai risarcimenti e alle riparazioni, sembra, a contrario, ammettere l’applicabilita’ della causa di estinzione di cui all’articolo 162-ter c.p.. quando la condotta riparatoria sia stata gia’ effettuata.
4.2.2. Ne’ un ostacolo dirimente, di ordine sistematico, sembra ravvisabile nella previsione, contenuta nell’articolo 162-ter c.p., secondo la quale, prima della pronuncia della sentenza di estinzione del reato, debbano essere “sentite le parti e la persona offesa”, in quanto l’attivita’ in questione sarebbe incompatibile con il giudizio di cassazione.
In primo luogo, infatti, l’audizione prevista dall’articolo 162-ter c.p., comma 1, primo periodo, attiene all’operativita’ fisiologica dell’istituto, al di fuori delle ipotesi contemplate dalla disciplina transitoria, perche’ deve avvenire “entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”; quindi, la descritta disciplina necessita in ogni caso di un “adattamento” ai fini dell’applicazione dell’istituto ai processi che versano in una fase successiva. In secondo luogo, poi, la precisata audizione deve ritenersi funzionale alla valutazione della congruita’ delle restituzioni e dei risarcimenti e dell’eliminazione “ove possibile” delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ma non certo all’acquisizione del consenso delle parti o della persona offesa, posto che, a norma dell’articolo 162-ter c.p., comma 1, secondo periodo, risarcimenti e riparazioni possono essere ritenuti satisfattivi dal giudice, anche quando non accettati dalla persona offesa; di conseguenza, nei “processi in corso”, l’audizione potrebbe essere, di fatto, del tutto superflua, perche’ gia’ effettuata in modo utile ai fini di tali accertamenti.
Le osservazioni esposte, nel loro complesso, sembrano utili a privare di decisivita’ anche un eventuale richiamo al precedente che ha escluso l’applicabilita’, nel giudizio di cassazione, del simile – non identico – istituto di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 35 per i procedimenti davanti al giudice di pace (cfr. Sez. 5, n. 25063 del 23/05/2002, Rufolo, Rv. 222063). La sentenza appena indicata, infatti, ha si’ affermato l’inapplicabilita’, in sede di legittimita’, per i procedimenti rientranti nella competenza penale del giudice di pace, degli istituti dell’estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie e della improcedibilita’ per lieve tenuita’ del fatto perche’ nel giudizio di cassazione “non e’ contemplato l’intervento degli interessati”, ma dopo aver premesso che, a norma del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 63, le disposizioni che li prevedono si osservano “in quanto applicabili”. La causa di estinzione di cui all’articolo 163-ter c.p., invece, e’ riferita ai “processi in corso” non “in quanto applicabile”, ma con un unico, specifico e diverso limite, dettato per il solo giudizio di legittimita’: quello relativo alla esclusione della possibilita’ di ottenere “la fissazione di un termine, non superiore a sessanta giorni, per provvedere alle restituzioni, al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento e all’eliminazione, ove possibile, delle conseguenze dannose o pericolose del reato, a norma dell’articolo 162-ter c.p., introdotto dal comma 1”. Si puo’ anche aggiungere che, secondo una recente decisione delle Sezioni Unite, l’istituto di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 35, in quanto qualificabile come causa di estinzione del reato, “soggiace alle disposizioni comuni dettate per tutte le cause estintive; conseguentemente, dal punto di vista processuale, la causa estintiva puo’ essere dichiarata immediatamente sia prima sia dopo l’esercizio dell’azione penale, in qualsiasi stato e grado del procedimento ai sensi dell’articolo 129 c.p.p.” (cfr. Sez. U, n. 33864 del 23/04/2015, Sbaiz, Rv. 264238-264239-264240, in motivazione § 3).
E possibile osservare, inoltre, che il termine indicato dall’articolo 162-ter c.p. coincide con il limite procedimentale fissato dall’articolo 469 c.p.p., comma 1-bis per l’audizione delle parti e della persona offesa, se comparsa, ai fini dell’applicazione dell’istituto della causa di non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, e che, pero’, la mancata audizione non e’ stata ritenuta causa ostativa all’applicabilita’ della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p. nei giudizi di legittimita’ pendenti alla data di entrata in vigore della disciplina che ha previsto tale istituto (cfr., in linea generale, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266593, nonche’, per specifiche osservazioni relative alla persona offesa, Sez. 6, n. 44683 del 15/09/2015, T., Rv. 265116).
4.2.3. Sotto il profilo sistematico, piuttosto, non deve trascurarsi che l’istituto della causa di estinzione del reato prevista dall’articolo 162-ter c.p., almeno quando le condotte riparatorie sono state realizzate senza la fissazione in sede processuale di un termine per adempiere, ha una dimensione esclusivamente sostanziale.
In questo caso, infatti, l’unica attivita’ processuale prevista, concernente l’audizione delle parti e della persona offesa, costituisce un adempimento del giudice, non implicante oneri a carico di uno degli altri soggetti del processo, ed e’, inoltre, funzionale alla valutazione di un fatto immediatamente rilevante sotto il profilo del diritto penale sostanziale, ossia al giudizio sulla congruita’ dei risarcimenti, delle restituzioni e sull’eliminazione “ove possibile” delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ma non all’acquisizione del consenso dell’imputato, del pubblico ministero o della persona offesa.
Di conseguenza, l’ipotesi descritta rientra nella sfera di operativita’ del principio di cui all’articolo 2 c.p., comma 4, di generale applicazione almeno in assenza di esplicite disposizioni di deroga, secondo il quale: “Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono piu’ favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.”.
Ne’ l’applicabilita’ della disposizione piu’ favorevole deve ritenersi preclusa, in sede di legittimita’, perche’ la nuova causa estintiva presuppone la valutazione di un fatto che non ha costituito specifico oggetto di esame, sotto il profilo giuridico in questione, nel giudizio di merito. Invero, e’ sufficiente richiamare nuovamente l’elaborazione della giurisprudenza in ordine alla causa di non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto: questo istituto, in quanto riconducibile al diritto penale sostanziale, e’ stato ritenuto applicabile anche nei giudizi di legittimita’ in corso alla data della sua entrata in vigore, osservandosi che la Corte di cassazione puo’ decidere sulla base del fatto accertato e valutato nella decisione impugnata (v., per tutte, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594), sebbene tale fatto, evidentemente, nel giudizio di merito non fosse stato valutato ai fini dell’applicazione dell’articolo 131-bis c.p..
5. La seconda questione riguarda le modalita’ attraverso le quali la causa di estinzione del reato per condotte riparatorie puo’ essere applicata nel giudizio davanti alla Corte di cassazione, e, quindi, quale sia il significato da attribuire all’inciso normativo “sentite le parti e la persona offesa” in relazione ai processi pendenti in sede di legittimita’ al momento dell’entrata in vigore della L. n. 103 del 2017.
Si e’ gia’ detto che la disciplina relativa all’audizione delle parti e della persona offesa, siccome prefigura il compimento di questa attivita’ solo in relazione ad un momento anteriore alla dichiarazione di apertura del dibattimento, necessita in ogni caso di un “adattamento” in relazione ai giudizi che abbiano gia’ superato tale fase, ed ai quali, pero’, e’ sicuramente applicabile, come, ad esempio, a quelli pervenuti allo stato della discussione in grado di appello. Si e’ anche ricordato che la mancata interlocuzione delle parti e della persona offesa, sebbene prevista dall’articolo 469 c.p.p., comma 1-bis, non e’ stata ritenuta causa ostativa all’applicabilita’ dell’istituto di cui all’articolo 131-bis c.p. nei giudizi di legittimita’ pendenti alla data di entrata in vigore della disciplina che lo ha introdotto.
Si deve evidenziare, poi, che l’audizione delle parti e della persona offesa, pur non costituendo un mezzo di prova, e’, nella fase anteriore alla dichiarazione di apertura al dibattimento, stante la paucita’ degli elementi a disposizione del giudice, un adempimento di notevole utilita’ ai fini della valutazione sulla congruita’ dei risarcimenti e sull’eliminazione, “ove possibile”, delle conseguenze dannose o pericolose del reato. Invece, nei “processi in corso”, come si e’ precedentemente rilevato, l’audizione potrebbe essere del tutto superflua perche’ gia’ effettuata in modo utile ai fini degli accertamenti in ordine all’avvenuta riparazione del danno ed alla avvenuta eliminazione, “ove possibile”, delle conseguenze dannose o pericolose del reato. In ogni caso, ancora, la valutazione affermativa della congruita’ del risarcimento compiuta con la pronuncia di sentenza di estinzione del reato per condotte riparatorie non pregiudica definitivamente gli interessi civili della persona offesa, stante la disciplina di cui all’articolo 652 c.p.p..
Si puo’ allora concludere che, nei processi pendenti in una fase successiva alla dichiarazione di apertura del dibattimento alla data di entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, le esigenze sottese alla previsione dell’audizione delle parti e della persona offesa, e che attengono alla valutazione della congruita’ dei risarcimenti e dell’eliminazione, “ove possibile”, delle conseguenze dannose o pericolose del reato, possono ritenersi soddisfatte in considerazione delle attivita’ istruttorie compiute nel corso del giudizio di merito.
6. Alla luce dei principi giuridici evidenziati, e degli elementi esposti nella sentenza impugnata, deve rilevarsi, nella vicenda in esame, la sussistenza della causa di estinzione del reato di cui all’articolo 162-ter c.p..
Innanzitutto, i reati per i quali e’ stata pronunciata condanna sono stati entrambi qualificati a norma dell’articolo 393 c.p., e, quindi, sono entrambi procedibili a querela soggetta a remissione.
Inoltre, la sentenza impugnata da’ atto che in relazione a tutti e due i reati e’ stata riconosciuta l’attenuante dell’integrale risarcimento del danno prima del giudizio, a norma dell’articolo 62 c.p., comma 1, n. 6, che tale risarcimento e’ stato accettato da entrambe le persone offese, che agli atti del processo sono presenti le dichiarazioni delle stesse, e che, secondo quanto evidenziato nell’atto di appello, una di queste, all’esito di esame testimoniale, ha anche affermato di acconsentire a ricevere le scuse dell’imputato.
E’ allora ragionevole concludere, nella specie, che le attivita’ istruttorie precedentemente compiute consentano di ritenere – anche senza procedere ad un’ulteriore audizione delle parti e della persona offesa – che l’imputato abbia riparato interamente il danno cagionato dai reati per i quali si procede, e che non residuino conseguenze dannose o pericolose di questi.
7. Rilevata la sussistenza dei presupposti previsti per l’applicazione dell’articolo 162-ter c.p., la sentenza impugnata deve essere annulla senza rinvio per essere i reati estinti per condotte riparatorie.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per condotte riparatorie.

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