La situazione particolare che viene a determinarsi in conseguenza della deliberazione comunale, sottraendo l’opera abusiva al suo normale destino, che e’ la demolizione

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 4 giugno 2018, n. 24881.

Le massime estrapolate:

La situazione particolare che viene a determinarsi in conseguenza della deliberazione comunale, sottraendo l’opera abusiva al suo normale destino, che e’ la demolizione, presuppone che la valutazione effettuata dall’amministrazione locale sia estremamente rigorosa e puntualmente riferita al singolo manufatto; che va dunque individuato con precisione, dando atto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta, dovendosi escludere che possano assumere rilievo determinazioni riguardanti, ad esempio, piu’ edifici o fondate su valutazioni di carattere generale.
L’acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune non e’ incompatibile con l’ordine di demolizione emesso dal giudice con la sentenza di condanna e con la sua successiva esecuzione da parte del pubblico ministero, a spese del condannato, sussistendo incompatibilita’ solo nel caso in cui l’ente locale stabilisca, con propria delibera, l’esistenza di interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive, prevalenti rispetto a quello del ripristino dell’assetto urbanistico violato.
Ai fini della legittimita’ del procedimento di esecuzione della demolizione del manufatto abusivo disposta con la sentenza di condanna, il pubblico ministero non e’ tenuto ad osservare criteri organizzativi predeterminati e, in particolare, non e’ obbligato a dare corso alle demolizioni seguendo il criterio cronologico delle iscrizioni dei provvedimenti esecutivi nel registro dell’esecuzione delle sanzioni amministrative.

Sentenza 4 giugno 2018, n. 24881

Data udienza 26 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAVANI Piero – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – rel. Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 4/4/2017 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MENGONI Enrico;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale, che ha concluso chiedendo dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 4/4/2017, il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione proposta da (OMISSIS) avverso l’ingiunzione a demolire emessa in ordine alla sentenza della Pretura di Napoli-sezione distaccata di Casoria a data 5/7/1998, irrevocabile.
2. Propone ricorso per cassazione la (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:
– inosservanza della circolare del Ministero della Giustizia n. 8/1458/41 del 28/3/1988. Atteso il tempus commissi delicti (2/5/1994), la competenza a demolire spetterebbe – in via esclusiva – all’autorita’ amministrativa; a tale riguardo, infatti, la Procura della Repubblica del Tribunale di Torre Annunziata disporrebbe l’archiviazione delle procedure esecutive relative agli abusi edilizi pendenti sino al 28/11/1997;
– inosservanza ed erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 31. Il Comune di Casoria sarebbe entrato in possesso dell’immobile in esame il 20/4/1998, pur lasciando lo stesso nella detenzione della ricorrente e dei suoi famigliari, che li’ vi abitano; allo stato, e seppur sollecitato, non sarebbe stato tuttavia ancora emesso l’atto deliberativo consiliare di cui all’articolo 31, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica citato, in forza del quale il bene potrebbe esser destinato ad edilizia residenziale pubblica, si’ consentendo alla ricorrente – che ne avrebbe i requisiti di acquisire un alloggio. Orbene, questa concreta ipotesi non sarebbe stata valutata dal Giudice, si’ da imporre l’annullamento dell’ordinanza;
– inosservanza ed erronea applicazione della Legge Regionale Campania 7 agosto 2014, n. 57, articolo 73, comma 3, lettera f). Il Tribunale non avrebbe considerato che questa legge sarebbe stata emanata nell’evidente intento di sanare tutti gli interventi conformi al “Piano casa”, ancorche’ sprovvisti di titolo edilizio al momento della loro realizzazione; l’interpretazione letterale della norma, invero, imporrebbe questo esito, favorevole alla ricorrente;
– inosservanza degli articoli 3 e 97 Cost., sotto il profilo della non corretta amministrazione della giustizia nella tempistica delle procedure finalizzate alle demolizioni. Con la precisazione, peraltro, che la (OMISSIS) occuperebbe l’immobile esclusivamente per sopperire alle pressanti esigenze abitative del proprio nucleo familiare.
Si chiede, pertanto, l’annullamento – o, in subordine, la sospensione o disapplicazione – dell’ordinanza impugnata.
Con requisitoria scritta del 20/3/2018, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Quanto alla prima delle questioni dedotte, deve osservarsi che l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), fa riferimento a disposizioni di legge o comunque a norme giuridiche, sicche’ non e’ ammissibile il ricorso per cassazione proposto per violazione di prescrizioni contenute in circolari amministrative, che costituiscono norme interne di servizio, espressione della supremazia gerarchica dell’ufficio superiore nei riguardi di quelli subordinati, e che, in quanto tali, spiegano effetto soltanto nell’ambito dell’amministrazione, senza incidere nella sfera giuridica dei soggetti estranei (v. Sez. 2, n. 1590/1966 del 15/11/1965, Corsi, Rv. 100279, relativa all’identica previsione di cui all’articolo 524 c.p.p. abr., comma 1, n. 1; per analoga affermazione riferita all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, v. Sez. 6 civ., n. 16644 del 10/08/2015, Rv. 636168). Ne’ e’ ipotizzabile, in materia, un effetto vincolante nei confronti del pubblico ministero, poiche’ l’ordine di demolizione adottato dal giudice ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, e’ soggetto all’esecuzione nelle forme previste dal codice di procedura penale, avendo natura di provvedimento giurisdizionale, ancorche’ applicativo di sanzione amministrativa (si tratta di orientamento consolidato a partire da Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, Monterisi, Rv. 205336; di recente, v. Sez. 3, n. 30679/2017 del 20/12/2016, Pintacorona, Rv. 270229). I conseguenti poteri-doveri del pubblico ministero, quale organo incaricato dell’esecuzione dei provvedimenti del giudice (articolo 655 c.p.p., comma 1), hanno dunque natura giurisdizionale e sono sottratti alla competenza del Ministro della Giustizia, al quale l’articolo 110 Cost. riserva soltanto l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
La doglianza, pertanto, e’ priva di ogni fondamento.
4. In relazione, di seguito, al secondo motivo di gravame, concernente l’acquisizione del bene al patrimonio comunale, occorre qui ribadire il consolidato principio – richiamato anche nell’ordinanza impugnata – secondo il quale il legislatore ha ritenuto preminente l’esigenza di un ripristino dell’originario assetto del territorio mediante la demolizione degli interventi abusivi, evitabile soltanto quando, con deliberazione consiliare, non sia dichiarata l’esistenza di prevalenti interessi pubblici, e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. La giurisprudenza di questa Corte ha avuto gia’ modo di precisare, a tale proposito, che la situazione particolare che viene a determinarsi in conseguenza della deliberazione comunale, sottraendo l’opera abusiva al suo normale destino, che e’ la demolizione, presuppone che la valutazione effettuata dall’amministrazione locale sia estremamente rigorosa e puntualmente riferita al singolo manufatto; che va dunque individuato con precisione, dando atto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta, dovendosi escludere che possano assumere rilievo determinazioni riguardanti, ad esempio, piu’ edifici o fondate su valutazioni di carattere generale (Sez. 3, n. 30170 del 24/5/2017, Barbuti, Rv. 270253; Sez. 3, n. 25824 del 22/5/2013, Mursia, Rv. 2571401. V. anche Sez. 3, n. 9864 del 17/2/2016, Corleone e altro, Rv. 266770).
Tutto cio’ premesso, basti qui osservare che, nel caso in esame, nessuna delibera comunale risulta ad oggi adottata (come indicato nello stesso ricorso), sicche’ non si pone alcuna questione di bilanciamento tra gli interessi appena menzionati (se non nei termini meramente ipotetici ed eventuali di cui al gravame); tanto da doversi confermare – in uno con il Tribunale di Napoli – il ribadito principio secondo cui l’acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune non e’ incompatibile con l’ordine di demolizione emesso dal giudice con la sentenza di condanna e con la sua successiva esecuzione da parte del pubblico ministero, a spese del condannato, sussistendo incompatibilita’ solo nel caso in cui l’ente locale stabilisca, con propria delibera, l’esistenza di interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive, prevalenti rispetto a quello del ripristino dell’assetto urbanistico violato (per tutte, Sez. 3, n. 42698 del 7/7/2015, Marche, Rv. 265495).
5. Con riguardo, di seguito, al terzo motivo, osserva il Collegio che dall’ordinanza impugnata – che integralmente richiama l’istanza avanzata al giudice dell’esecuzione, consentendo cosi’ alla Corte di esaminarla – emerge che la questione dell’applicazione della Legge Regionale Campania n. 57 del 2014, articolo 73, comma 3, lettera f), non era stata in alcun modo evocata nel giudizio di merito. Deve dunque richiamarsi il principio secondo cui, anche in tema di incidente di esecuzione, il ricorso per cassazione non puo’ devolvere questioni diverse da quelle proposte con la richiesta e sulle quali il giudice di merito non e’ stato chiamato a decidere (Sez. 1, n. 9780 del 11/01/2017, Badalamenti; Sez. 5, n. 9 del 04/01/2000, Rotondi, Rv. 215976).
6. Da ultimo, in ordine alla violazione degli articoli 3 e 97 Cost., deve qui ribadirsi che, ai fini della legittimita’ del procedimento di esecuzione della demolizione del manufatto abusivo disposta con la sentenza di condanna, il pubblico ministero non e’ tenuto ad osservare criteri organizzativi predeterminati e, in particolare, non e’ obbligato a dare corso alle demolizioni seguendo il criterio cronologico delle iscrizioni dei provvedimenti esecutivi nel registro dell’esecuzione delle sanzioni amministrative (Sez. 3, n. 2757 del 6/12/2017, D’Antuono; Sez. 3, n. 30679 del 20/12/2016, Pintacorona, Rv. 270230). Con riguardo alla dedotta violazione dell’articolo 3 Cost. sotto il profilo della disparita’ di trattamento tra diversi condannati destinatari di ordini giudiziali di demolizione, deve altresi’ osservarsi come si tratti di rilievo del tutto generico, non essendo stato allegato perche’, e rispetto a chi, la (OMISSIS) sarebbe stata ingiustamente discriminata nell’esecuzione della sanzione. Con riferimento, infine, all’ulteriore presunta violazione di norma costituzionale, va poi detto che, contrariamente a quanto opinato in ricorso, la decisione della Corte costituzionale ivi citata depone nel senso – diametralmente opposto a quello propugnato dal ricorrente – che nella fattispecie, trattandosi di attivita’ di natura giurisdizionale non puo’ venire in rilievo il principio di cui all’articolo 97 Cost.. In tale decisione, invero, si legge come la giurisprudenza costituzionale sia “costante nell’affermare che il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, pur essendo riferibile anche agli organi dell’amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente alle leggi concernenti l’ordinamento degli uffici giudiziari ed il loro funzionamento sotto l’aspetto amministrativo; mentre tale principio e’ estraneo all’esercizio della funzione giurisdizionale” (Corte cost., sent. 4 maggio 2005, n. 174; v. anche le ordd. Corte cost. nn. 138 e 94 del 2004; n. 479 del 2002; n. 408 del 2001)”.
7. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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