Nell’ambito di un procedimento di prevenzione, non commette peculato l’amministratore giudiziario di una s.p.a., oggetto di sequestro di prevenzione, il quale dà atto dell’avvenuta compensazione di debiti reciproci tra la società e il suo amministratore unico, sorti prima dell’intervenuto sequestro

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 27 giugno 2018, n. 29420.

Sentenza 27 giugno 2018, n. 29420

Data udienza 6 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. TRONCI Andrea – rel. Consigliere

Dott. AGLIASTRO Mirella – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.M. presso il TRIBUNALE di PALERMO;
nel procedimento contro:
(OMISSIS), nato l'(OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 26/02/2018 del Tribunale della liberta’ di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. TRONCI Andrea;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del sost. Dott. ANIELLO Roberto, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza;
sentito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha insistito per la declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il p.m. presso il Tribunale di Palermo ha tempestivamente impugnato l’ordinanza indicata in epigrafe, con cui il Tribunale di Palermo, adito ai sensi dell’articolo 322 c.p.p., ha annullato il decreto emesso il precedente febbraio dal g.i.p. del Tribunale del capoluogo nei confronti di (OMISSIS), avente ad oggetto – per quanto qui d’interesse – il sequestro preventivo, anche per equivalente, delle disponibilita’ finanziarie, delle partecipazioni societarie, dei beni immobili e mobili registrati facenti capo al prevenuto, fino a concorrenza della somma ivi indicata, pari a poco piu’ di un milione di Euro. Tanto in relazione al reato per il quale si procede a carico del menzionato (OMISSIS), vale a dire:
quello di cui all’articolo 314 c.p., per essersi, in concorso con (OMISSIS), istigatore e beneficiario della condotta materialmente posta in essere dal prevenuto, quale pubblico ufficiale a seguito della sua nomina ad amministratore giudiziario della societa’ (OMISSIS) s.p.a. da parte del Tribunale di Palermo, in seno al procedimento di prevenzione avviato nei riguardi del predetto (OMISSIS), appropriato della somma complessiva di Euro 1.027.987,95 attraverso due distinte, seppur collegate operazioni, ossia dapprima disponendo, “indebitamente e senza l’autorizzazione del giudice delegato”, la compensazione fra il credito vantato dalla (OMISSIS) (d’ora in poi, NSC), per prelievi effettuati dal (OMISSIS) in assenza di una debita causale, ed il debito della societa’ medesima nei confronti dello stesso (OMISSIS), a titolo di emolumenti “per il compenso di amministratore unico”, illecitamente riconosciuto tale dal (OMISSIS) medesimo, per l’anno 2013 e per il primo trimestre dell’anno 2014; quindi, versando le connesse ritenute fiscali, per IRPEF ed addizionali regionali e comunali, a mezzo modello (OMISSIS).
2. Premessa la genesi della vicenda processuale, il p.m. ricorrente formula un unico motivo di doglianza, articolato in violazione di legge e vizio di motivazione, sotto forma di contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della stessa, pur congiuntamente esposti.
3. Assume, dunque, l’impugnante parte pubblica che il Tribunale, “male interpretando il dettato dell’articolo 314 c.p.” alla stregua dell’adesione alla prospettazione difensiva, ha ritenuto non sussumibili le condotte ascritte in seno al paradigma normativo di cui trattasi, per essere avvenuta l’appropriazione delle somme ad opera del solo (OMISSIS), “in un momento antecedente al sequestro e, quindi, in un momento in cui non era stata impressa al compendio sequestrato alcuna destinazione pubblicistica”: donde l’avvenuta focalizzazione dell’attenzione del Collegio giudicante “su una condotta che non e’, all’evidenza, l’oggetto della contestazione”, cosi’ operando “un macroscopico travisamento dei fatti”, che e’ all’origine del conseguente errore di diritto asseritamente commesso, essendosi in tal modo perso di vista il comportamento posto in essere dal (OMISSIS), che, “sulla base di delibere assembleari che, peraltro, come constatato dallo stesso Tribunale, contenevano vistose irregolarita’ e correzioni a penna”, provvedeva ad “annotare in contabilita’ una compensazione tra debiti dell’amministratore ed inesistenti crediti maturati ante sequestro”, per l’effetto “azzerando il debito del (OMISSIS)” e facendo poi luogo al conseguente adempimento fiscale, inficiato dall’illiceita’ esistente a monte, con conseguente impossibilita’ di considerarlo un post factum, penalmente irrilevante, essendo, in realta’, “parte integrante della condotta di peculato”, risoltasi in un ulteriore depauperamento del patrimonio in sequestro, al solo scopo “di fornire una apparenza contabile, una parvenza di liceita’ che possa giustificare la rinuncia al credito nei confronti del (OMISSIS) e consolidare il vantaggio patrimoniale conseguito da quest’ultimo con il concatenarsi delle condotte esaminate”.
Si aggiunge poi, a maggior supporto della tesi propugnata, il richiamo all’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, corredato dall’indicazione dei relativi arresti, secondo cui “la condotta appropriativa del peculato commesso dal pubblico ufficiale puo’ essere integrata anche da una indebita compensazione di crediti, se da tale indebita compensazione derivi un depauperamento del patrimonio vincolato alla finalita’ pubblicistica”. Con la puntualizzazione ulteriore, per un verso, che, difformemente da quanto ipotizzato dal Tribunale mediante il richiamo all’articolo 1241 c.c., il preteso credito del (OMISSIS) non avrebbe potuto comunque essere ritenuto esigibile, poiche’ – si prosegue – anche a “ritenere attendibile e veritiero il contenuto di delibere assembleari (corrette a penna prive di sottoscrizione)”, si sarebbe comunque in presenza di crediti antecedenti al sequestro che, come tali, “possono essere liquidati dall’amministratore giudiziario solo ed esclusivamente all’esito di una apposita udienza di verifica dei crediti da effettuarsi con le forme di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 57 e ss.”, nella fattispecie non tenutasi; e, per altro verso, che il credito medesimo neppure si sarebbe potuto qualificare come certo, “in particolare in relazione ai compensi previsti per l’anno 2014, nella stessa delibera indicati come condizionati al raggiungimento di determinati obiettivi, certamente impossibili da raggiungere in quanto in data 24.03.2014 era intervenuto il gia’ citato sequestro di prevenzione, con inibizione dell’attivita’ di amministratore da parte del (OMISSIS)”.
Ne’, con riferimento alla seconda delle ipotizzate condotte appropriative, potrebbe escludersi la sussistenza della fattispecie incriminatrice ipotizzata, per essere “derivata un’entrata per l’Erario a causa del versamento delle ritenute fiscali”: cio’ in quanto il reato previsto e punito dall’articolo 314 c.p., ricorre “anche quando alla P.A residuino margini di godimento del bene ulteriori, rispetto a quelli “fatti propri” dall’agente”, in linea con la natura plurioffensiva del delitto di cui trattasi, che “contempla non solo il patrimonio pubblico di cui si vuole tutelare l’integrita’ economica, ma anche la tutela del buon andamento, l’imparzialita’ e la legalita’ della attivita’ della pubblica amministrazione”.
3.1 Anche con riferimento alla valutazione compiuta in tema di elemento soggettivo del reato de quo l’ordinanza impugnata non sarebbe esente da incongruenze.

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