Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 24 aprile 2018, n. 18205.
La massima estrapolata
Il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di P.G. e non regolato dal codice di rito costituisce un accertamento di fatto e, come tale, e’ utilizzabile nel giudizio in base al principio della non tassativita’ dei mezzi di prova ed a quello del libero convincimento del giudice.
Sentenza 24 aprile 2018, n. 18205
Data udienza 18 gennaio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DAVIGO Piercamill – Presidente
Dott. IMPERIALI Lucia – Rel. Consigliere
Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere
Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere
Dott. DI PISA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/10/2015 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Imperiali Luciano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa Casella Giuseppina che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 5/10/2015 la Corte di Appello di Milano ha confermato il giudizio di penale responsabilita’ espresso dal Tribunale di Monza nei confronti di (OMISSIS) in ordine al delitto di tentata rapina impropria, commesso in concorso con due complici non identificati, con i quali si era impossessato di merce esposta in un supermercato, superando le casse senza pagare, poi dando uno spintone ad un sorvegliante per guadagnare la fuga, mentre la merce veniva abbandonata per terra.
2. Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre per Cassazione il (OMISSIS) personalmente, deducendo la violazione di legge: a) in ordine alla corretta identificazione fisica del reo, effettuata dalla persona offesa con identificazione fotografica senza potersi procedere ad un “confronto” con quanto in udienza avrebbe potuto sostenere l’imputato, irreperibile, sicche’ a nulla rileverebbe che nel verbale di individuazione fotografica si dava atto del “soggetto riconosciuto dal (OMISSIS) nato in (OMISSIS)”; b) in ordine alle sue generalita’, assumendo il ricorrente di essere nato nel (OMISSIS) e non nel (OMISSIS), mentre le ricerche che avevano preceduto la dichiarazione di irreperibilita’ erano state effettuate considerando l’interessato “nato nel (OMISSIS)”, giacche’ egli aveva cambiato indirizzo senza poter aggiornare la carta di identita’ per problemi amministrativi; c) in ordine alla notifica della sentenza di primo grado, effettuata a mani proprie tramite P.G. a ” (OMISSIS) nato a (OMISSIS)”, infine, si deduce l’errore materiale in cui sarebbero incorsi gli operanti.
3. Il ricorso e’ inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell’impugnazione di legittimita’ stabiliti dall’articolo 606 c.p.p..
In relazione alla notificazione della sentenza di primo grado, infatti, deve rilevarsi che il ricorrente deduce un errore materiale in cui sarebbero incorsi gli operanti, nell’indicarlo come “nato a (OMISSIS)” e non nel (OMISSIS), ma non contesta in alcun modo di aver ricevuto a mani proprie l’atto, circostanza determinante per assicurare la validita’ della notifica e, per di piu’, le ragioni del riferito errore vengono spiegate attribuendole a mancati aggiornamenti della sua carta di identita’, sicche’ nessun dubbio risulta avanzato in ordine all’identificazione fisica del soggetto indicato come (OMISSIS) nato in (OMISSIS).
E’ manifestamente infondata, oltre che attinente essenzialmente al merito della decisione impugnata, anche la doglianza avente ad oggetto l’idoneita’ del verbale di individuazione fotografica effettuato dalla persona offesa ai fini di una corretta individuazione dell’autore del reato, atteso che per consolidata giurisprudenza il riconoscimento fotografico operato in sede di indagini di P.G. e non regolato dal codice di rito costituisce un accertamento di fatto e, come tale, e’ utilizzabile nel giudizio in base al principio della non tassativita’ dei mezzi di prova ed a quello del libero convincimento del giudice (Sez. 5, n. 6456 del 01/10/2015, Rv. 266023; Sez. 2, n. 50954 del 03/12/2013, Rv. 257985; Sez. 1, n. 32436 del 02/07/2008, Rv. 240674).
4. All’inammissibilita’ del ricorso consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 a favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.
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