Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 24 aprile 2018, n. 18172.
La massima
La causa di esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto prevista dall’articolo 131-bis cod. pen., nel giudizio di legittimita’ puo’ essere rilevata d’ufficio, in presenza di un ricorso ammissibile, anche se non dedotta nel corso del giudizio di appello pendente alla data di entrata in vigore della norma, a condizione che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali a tal fine.
Sentenza 24 aprile 2018, n. 18172
Data udienza 23 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente
Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere
Dott. AGLIASTRO Mirella – Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/03/2017 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa CRISCUOLO ANNA;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. ANIELLO ROBERTO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente all’articolo 131bis c.p..
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di (OMISSIS) propone ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa il 17 ottobre 2014 dal Tribunale di Roma nei confronti della (OMISSIS), ritenuta colpevole del reato di cui all’articolo 341-bis cod. pen. e condannata alla pena sospesa di un mese di reclusione.
Ne chiede l’annullamento per violazione di legge e mancanza di motivazione, in quanto la Corte di appello ha omesso di motivare sulla particolare tenuita’ del fatto. Deduce di aver chiesto, come risulta dal verbale, la declaratoria di non punibilita’ dell’imputata per particolare tenuita’ del fatto, ricorrendone le condizioni, quali l’occasionalita’ della condotta, l’incensuratezza dell’imputata, la condotta anteriore e successiva al reato e la marcata tenuita’ del disvalore sociale del fatto, ma la Corte di appello ha omesso qualsiasi considerazione sul punto; essendo mancata ogni valutazione e non risultando escluse le condizioni di applicabilita’ dell’istituto, sollecita questa Corte a provvedere d’ufficio, come ammesso anche dalle Sezioni Unite per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore dell’articolo 131-bis cod. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza.
Premesso che non ogni omissione integra il vizio di motivazione, laddove il motivo sia ab origine inammissibile, la richiesta di applicazione della causa di non punibilita’ prevista dall’articolo 131-bis cod. pen., risultante dal verbale di udienza, risulta formulata in sede di conclusioni in termini generici e minimamente argomentata: ne discende che la genericita’ della richiesta rendeva inammissibile il motivo e giustificata l’omessa risposta.
Rilevato peraltro, che questa Corte ha ritenuto che la causa di esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto prevista dall’articolo 131-bis cod. pen., nel giudizio di legittimita’ puo’ essere rilevata d’ufficio, in presenza di un ricorso ammissibile, anche se non dedotta nel corso del giudizio di appello pendente alla data di entrata in vigore della norma, a condizione che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali a tal fine (Sez. 6, n. 7606 del 16/12/2016 dep. 2017, Curia e altro, Rv. 269164), nel caso in esame non ricorrono entrambi i presupposti.
Considerato che l’apprezzamento dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilita’ richiede la valutazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado di colpevolezza, ed e’ quindi, una valutazione complessa, rimessa al giudice di merito e preclusa a questa Corte, contrariamente all’assunto difensivo, la stessa non e’ desumibile dalla sentenza ne’ implicitamente ricavabile dal mite trattamento sanzionatorio e dai benefici concessi all’imputata, rispondenti a criteri diversi da quelli che attengono alla minima offensivita’ del fatto.
All’inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente determinata in Euro duemila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Leave a Reply