L’art. 103, comma 2, c.p.p. non consente il sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa a meno che si tratti del corpo del reato e che non è sufficiente a superare tale divieto la mera utilità probatoria dell’oggetto del sequestro

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 21 giugno 2018, n. 28721.

La massima estrapolata:

L’art. 103, comma 2, c.p.p. non consente il sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa a meno che si tratti del corpo del reato e che non è sufficiente a superare tale divieto la mera utilità probatoria dell’oggetto del sequestro, perché la legge esige un quid pluris che giustifichi l’interferenza nel rapporto professionale cliente/difensore.

Sentenza 21 giugno 2018, n. 28721

Data udienza 24 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto L. – rel. Consigliere

Dott. MORELLI Francesca – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 20/03/2018 del TRIBUNALE LIBERTA’ di TRENTO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dr. FERDINANDO LIGNOLA che conclude per il rigetto;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) del Foro di Trento, che espone alla Corte i motivi di gravame e insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Trento, Sezione Riesame, con ordinanza ex articolo 324 c.p.p. del 20-23/3/2018 ha rigettato il ricorso proposto dall’avv. (OMISSIS), indagata, tra gli altri con il rag. (OMISSIS), per il reato di cui all’articolo 110 c.p. e L. Fall., articolo 216 a seguito del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., avverso il decreto di perquisizione locale informatica e sequestro del 5/3/2018 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento.
2. Ha proposto ricorso l’avv. (OMISSIS), difensore di fiducia dell’indagata, svolgendo tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 103 c.p.p., comma 2, per l’indebita esecuzione della perquisizione e del sequestro di atti e documenti relativi all’attivita’ professionale e non costituenti corpo di reato (in particolare: una cartellina costituente fascicolo di studio relativo al processo penale 1124/17 r.g.n.r., l’agenda con l’annotazione degli impegni processuali; computer e cellulari).
Il ricorrente assume che, contrariamente a quanto osservato dal Tribunale, computer e cellulari non erano stati dissequestrati ma erano stati restituiti previa copiatura e nessun altro documento era stato restituito.
Solo in data 30/3/2018 – e quindi successivamente all’udienza camerale era stato restituito all’avv. (OMISSIS), come materiale non piu’ necessario alle indagini, il notebook, l’agenda e il faldone del procedimento 1124/17 e quindi solo una parte dei documenti sequestrati risultanti dal verbale del 7/3/2018.
Era stato quindi violato l’articolo 103 c.p.p., comma 2 poiche’ il sequestro aveva colpito una serie di atti e documenti inerenti l’attivita’ professionale, non configurabili neppure astrattamente come corpo di reato, che attenevano a procedimenti giudiziari ancora pendenti per i quali l’avv. (OMISSIS) era titolare di mandato difensivo fiduciario.
L’avv. (OMISSIS) era infatti titolare di nomina di fiducia nel proc. r.g.n.r. 1124/2017 relativo agli stessi fatti di cui al procedimento r.g.n.r. 534/2018, di nomina quale difensore nel procedimento prefallimentare pendente avanti la Corte di appello di Trento relativo alla dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.r.l..
Erano state sequestrate altresi’ corrispondenza professionale con terzi e pratiche di recupero crediti per conto della societa’ fallita.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 103 c.p.p. per inosservanza delle garanzie difensive nei confronti dell’avvocato essendo stato sequestrato il fascicolo di studio relativo al procedimento nel quale l’avv. (OMISSIS) difendeva il sig. (OMISSIS), peraltro in relazione agli stessi fatti contestati anche all’indagata nel proc.534/2018.
Il sequestro era stato autorizzato solo con riferimento agli studi mentre era stato eseguito anche in luoghi diversi.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta mancanza assoluta o apparenza della motivazione, con riferimento alla rilevanza probatoria della documentazione sequestrata.
Il provvedimento autorizzativo del G.i.p. si riferiva all’accusa di aver fatto apparire l’esistenza di una trattativa con le banche in realta’ insussistente: mancava del tutto l’indicazione dei fini perseguiti.
Il Tribunale non poteva limitarsi a prender atto della tesi accusatoria ma doveva espletare il controllo di legalita’, verificando le difese addotte dall’indagato, mentre aveva integrato la motivazione inesistente con ulteriore profilo non risultante, neppure indirettamente, dal decreto di sequestro circa la ricerca di atti e documenti inerenti la fase precontrattuale, contrattuale ed esecutiva di pattuizioni simulate o fraudolente e falsificate nella data.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di censura per violazione di legge, il ricorrente si duole della violazione dell’articolo 103 c.p.p. assumendo che il sequestro avesse colpito una serie di oggetti e documenti, non costituenti corpi di reato, attinenti all’attivita’ professionale dell’avv. (OMISSIS).
1.1. L’articolo 103 c.p.p., rubricato “Garanzie di liberta’ del difensore”, nel suo comma 1, consente le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attivita’ nello stesso ufficio sono imputati, limitatamente ai fini dell’accertamento del reato loro attribuito; b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.
Il comma 2 dello stesso articolo vieta il sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa presso i difensori, salvo che costituiscano corpo del reato.
Il comma 6 vieta parimenti il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l’imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l’autorita’ giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.
I risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle predette disposizioni, non possono essere utilizzati.
1.2. Il Tribunale ha affermato nel provvedimento impugnato, all’esito di udienza camerale del 20/3/2018 e depositato il 23/3/2018, che i computer e i cellulari erano stati dissequestrati prima dell’udienza e che il restante materiale, previa copiatura, sarebbe stato restituito entro due giorni.
Il ricorrente ha contestato tale affermazione, producendo decreto di restituzione di materiale sequestrato della Procura della Repubblica di Trento del 28/3/2018, notificato ed eseguito il successivo 30/3/2018, relativo a 2 notebook, a una agenda color sabbia e a un faldone colore arancione inerente il procedimento penale 1124/2017.
L’affermazione del Tribunale relativa ai computer era pertanto erronea.
Risulta tuttavia che successivamente alla pronuncia impugnata tali materiali sono stati restituiti.
1.3. Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza “Tchmil” del 2008 avevano affermato che una volta restituita la cosa sequestrata, la richiesta di riesame del sequestro, o l’eventuale ricorso per cassazione contro la decisione del tribunale del riesame era da considerarsi inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, e che tale interesse non era configurabile neppure quando l’autorita’ giudiziaria avesse disposto, all’atto della restituzione, l’estrazione di copia degli atti o documenti sequestrati, dal momento che il relativo provvedimento era autonomo rispetto al decreto di sequestro, ne’ era soggetto ad alcuna forma di gravame, stante il principio di tassativita’ delle impugnazioni. (Sez. U, n. 18253 del 24/04/2008, Tchmil, Rv. 239397).
Piu’ recentemente le Sezioni Unite hanno riesaminato specificamente il problema, alla luce della Convenzione di Budapest, ratificata con la L. n. 48 del 2008, e hanno ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico, nel caso in cui ne risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, sempre che sia dedotto l’interesse, concreto e attuale, alla esclusiva disponibilita’ dei dati (Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017, Andreucci, Rv. 270497); e’ stato tuttavia precisato che deve trattarsi di un interesse concreto ed attuale, specifico ed oggettivamente valutabile sulla base di elementi univocamente indicativi della lesione di interessi primari conseguenti alla indisponibilita’ delle informazioni contenute nel documento, la cui sussistenza andra’ dimostrata, non potendosi ritenere sufficienti allo scopo generiche allegazioni.
Nella fattispecie la ricorrente deduce siffatto interesse, in modo sufficientemente concreto e specifico, con puntuale riferimento al rapporto professionale che la lega al cliente in relazione ai documenti inerenti al mandato difensivo del quale era stata officiata.
In ogni caso l’interesse permaneva con riferimento agli oggetti diversi da quelli indicati nel decreto del 28/3/2018, poiche’ il Tribunale si era limitato a “preconizzarne” la restituzione e non vi era prova della sua effettiva esecuzione.
1.4. Il Tribunale ha ricordato il principio, giurisprudenzialmente acquisito e puntualmente richiamato dal Procuratore generale, secondo il quale le garanzie previste dall’articolo 103 c.p.p. non sono volte a tutelare chiunque eserciti la professione legale, ma solo colui che rivesta la qualita’ di difensore in forza di uno specifico mandato conferitogli nelle forme di legge, poiche’ sono essenzialmente apprestate in funzione di garanzia del diritto di difesa dell’imputato, e quindi esse non possono trovare applicazione qualora gli atti di cui all’articolo 103 c.p.p. debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale sottoposto a indagine (Sez. 5, n. 12155 del 05/12/2011, Ranieri, Rv. 252147; Sez. 2, n. 32909 del 16/05/2012, Marsala, Rv. 253263; Sez. 3, n.28069 del 19/1/2017, Longo; Sez.1, n.25848 del 29/4/2015, Cantagalli).
Indubbiamente il sequestro era stato disposto nei confronti dell’avv. (OMISSIS), sul presupposto della sua qualita’ di indagata con riferimento all’ipotizzato reato di concorso in bancarotta fraudolenta e le garanzie formali di cui all’articolo 103 erano state predisposte cautelativamente per il caso di interferenze con l’attivita’ professionale di altri avvocati esercitanti nello stesso studio, nel rispetto delle indicazioni rivenienti dalla giurisprudenza di legittimita’.
E’ stato infatti ritenuto (Sez. 2, n. 39837 del 27/06/2012, Cerciello, Rv. 253441) che l’autorita’ giudiziaria che si accinga ad eseguire un’ispezione, una perquisizione o un sequestro nell’ufficio di un difensore in cui operino altri avvocati in veste di meri collaboratori dell’unico titolare, ma non uniti a quest’ultimo nella forma della contitolarita’ o dell’associazione professionale, non ha l’obbligo di darne avviso al consiglio dell’ordine forense del luogo.
1.5. Tuttavia il Tribunale non si e’ confrontato con l’intero contenuto della doglianza articolata dal ricorrente e riproposta in questa sede sotto il profilo della violazione dell’articolo 103 c.p.p., comma 2, che non consente il sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano “corpo del reato”.
Non e’ quindi sufficiente a superare il divieto, assistito dalla sanzione di inutilizzabilita’ di cui al comma 7 dello stesso articolo, la mera utilita’ probatoria dell’oggetto del sequestro, perche’ la legge esige un quid pluris che giustifichi l’interferenza nel rapporto professionale cliente/difensore, e cioe’ che l’atto o documento appreso costituisca, esso stesso, “corpo del reato”.
Il Tribunale ha del tutto omesso di considerare tale profilo e ha affrontato la censura della difesa, limitandosi a rimarcare che “al di la’ delle etichette apposte sulle cartelline” gli atti e le comunicazioni sequestrate riguardavano i rapporti soci amministratori di (OMISSIS) e della societa’ collegata (OMISSIS) e i creditori, cosi’ apoditticamente escludendo che sussistessero violazioni per il solo fatto che i documenti sequestrati riguardassero l’inchiesta in corso.
Sono stati cosi’ sequestrati la cartellina di studio relativa al procedimento penale r.g.n.r. 1124/2017 in cui l’avv. (OMISSIS) svolgeva il ruolo di difensore di (OMISSIS), il fascicolo di studio relativo all’impugnazione della sentenza dichiarativa del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., pratiche per il recupero di crediti della (OMISSIS) presso terzi debitori, corrispondenza con il curatore e con altri professionisti, l’agenda con l’annotazione di tutti gli impegni professionali.
Non risulta tuttavia allegato e dimostrato che tali atti e documenti configurino corpo del reato, nella nozione delineata dall’articolo 253 c.p.p., comma 2, che si riferisce alle cose sulle quali o mediante le quali il reato e’ stato commesso, nonche’ alle cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo.
1.6. Il Tribunale e’ cosi’ incorso nel vizio di violazione di legge con riferimento all’articolo 103 c.p.p., comma 2, e, conseguentemente nel difetto assoluto di motivazione circa la sussistenza del presupposto contenuto nella norma disapplicata.
In assenza di tale presupposto, il sequestro avrebbe determinato una indebita e non necessaria ingerenza nella attivita’ difensiva svolta dall’indagato nell’interesse di terzi, attraverso la privazione della disponibilita’ di detti atti e documenti, e, quindi, avrebbe pregiudicato il libero svolgimento di tale attivita’, senza una reale necessita’ per l’accertamento dei reati per i quali si proceda; non sarebbero, infatti, state assoggettate a sequestro cose costituenti corpo di reato, come richiesto dall’articolo 103 c.p.p., comma 2, con la conseguente illegittimita’ del sequestro di detti atti e documenti incidente sul celere, tempestivo, e ordinato svolgimento dell’attivita’ difensiva affidata all’indagato da terzi, in violazione della disposizione citata (in termini Sez.3, 19/1/2017 n.28069, Longo).
2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 103 c.p.p. per inosservanza delle garanzie difensive nei confronti dell’avvocato essendo stato sequestrato il fascicolo di studio relativo al procedimento nel quale l’avv. (OMISSIS) difendeva il sig. (OMISSIS), peraltro in relazione agli stessi fatti contestati anche all’indagata nel proc.534/2018.
La doglianza e’ gia’ stata esaminata nell’ambito dell’esame del primo motivo.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta mancanza assoluta o apparenza della motivazione, con riferimento alla rilevanza probatoria della documentazione sequestrata.
Il provvedimento autorizzativo del G.i.p. si riferiva all’accusa di aver fatto apparire l’esistenza di una trattativa con le banche in realta’ insussistente: mancava del tutto l’indicazione dei fini perseguiti.
Il Tribunale non poteva limitarsi a prender atto della tesi accusatoria ma doveva espletare il controllo di legalita’, verificando le difese addotte dall’indagato, mentre aveva integrato la motivazione inesistente con ulteriore profilo non risultante, neppure indirettamente, dal decreto di sequestro circa la ricerca di atti e documenti inerenti la fase precontrattuale, contrattuale ed esecutiva di pattuizioni simulate o fraudolente e falsificate nella data.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte il provvedimento di perquisizione e sequestro non deve trasformarsi da strumento di ricerca della prova in strumento di ricerca della notitia criminis; di conseguenza in esso debbono essere individuati, almeno nelle linee essenziali, gli oggetti da sequestrare con riferimento a specifiche attivita’ illecite, di modo che la perquisizione e il conseguente sequestro vengano eseguiti non gia’ sulla base di semplici congetture, ma trovino giustificazione in concrete ipotesi di reato rinvenibili nei fatti addebitati e permettendo la verifica del nesso di pertinenzialita’. (Sez. 6, n. 2882 del 06/10/1998, Calcaterra, Rv. 21267801).
Infatti, mentre non e’ consentito il sequestro probatorio a fini meramente esplorativi, volto ad acquisire la notitia criminis, e’ legittimo il sequestro fondato su fatti che lo giustificano sul piano razionale e rispetto ai quali e’ configurabile una notitia criminis, la cui effettiva sussistenza e consistenza puo’ essere, tuttavia, definitivamente accertata solo attraverso atti invasivi (Sez. 3, n. 44928 del 14/06/2016, Cerroni e altro, Rv. 268774); del pari, e’ legittimo il sequestro probatorio, emesso sulla base di una notitia criminis precedentemente acquisita, per accertare gli esatti termini della condotta denunciata o ipotizzata, al fine non solo di valutarne l’antigiuridicita’ ma anche la sua esatta qualificazione giuridica.
(Sez. 3, n. 24846 del 28/04/2016, P.G. D.D.A. in proc. Sisani e altro, Rv. 267195).
3.2. Nella specie l’ipotesi accusatoria contenuta nel decreto di perquisizione e sequestro del 5/3/2018 e’ piu’ vasta di quella indicata dal ricorrente e attiene ai rapporti fra (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l. e alla distrazione del patrimonio della prima societa’, mentre il provvedimento autorizzativo del G.i.p. del 2/3/2018, emesso, cautelativamente, ex articolo 103 c.p.p., si riferisce in generale alla distrazione del compendio patrimoniale di (OMISSIS) s.r.l., sia pur indicando, piu’ in particolare, a carico dell’avv. (OMISSIS) la simulazione di una trattativa inesistente con le banche per transigere le posizioni debitorie.
Non e’ quindi esatto che il Tribunale abbia indebitamente ampliato l’ipotesi accusatoria delineata nel decreto di perquisizione e sequestro.
4. In conclusione l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Trento, per quanto riguarda il sequestro di atti e documenti relativi alla attivita’ professionale della ricorrente, in relazione alla motivazione totalmente omessa circa i presupposti legittimanti l’adozione di tale misura, e cioe’ la natura di corpo di reato ai sensi dell’articolo 103 c.p.p., comma 2.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trento.

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