In tema d’ insolvenza fraudolenta, la prova del preordinato proposito di non adempiere alla prestazione dovuta sin dalla stipula del contratto

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 19 giugno 2018, n. 28168.

La massima estrapolata:

In tema d’ insolvenza fraudolenta, la prova del preordinato proposito di non adempiere alla prestazione dovuta sin dalla stipula del contratto, dissimulando lo stato di insolvenza, puo’ essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell’azione e dal comportamento successivo all’assunzione dell’obbligazione.

Sentenza 19 giugno 2018, n. 28168

Data udienza 30 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. PRESTIPINO Antonio – rel. Consigliere

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere

Dott. PACILLI Giuseppina – Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1816/2013 CORTE APPELLO di MESSINA, del 09/11/2016;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/03/2018 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO PRESTIPINO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. LIGNOLA Ferdinando, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
Udito il difensore avv. (OMISSIS), foro di Barcellona P.G. che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina del 9 novembre 2016, che confermo’ la sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti dal Tribunale di Patti per il reato di truffa in danno di (OMISSIS).
2.Secondo l’accusa, i due ricorrenti, avendo commissionato alla persona offesa i lavori di allestimento di un esercizio commerciale, le avevano rilasciato, in pagamento, a lavori eseguiti, un assegno postale di 500 Euro rivelatosi privo di copertura, assicurandole poi falsamente di avere provveduto al pagamento con l’esibizione di una disposizione di bonifico bancario anch’essa rivelatasi priva di effetto.
3. Con il primo motivo, la difesa deduce il vizio di violazione di legge e la mancanza, manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e) in ordine alla ritenuta configurabilita’, nella specie, del delitto di truffa.
La Corte di appello, al pari della sentenza di primo grado, non avrebbe dato alcuna risposta alle deduzioni difensive intese a contestare la “generica e specifica attribuibilita’ dei fatti” “all’imputato”, sia sotto il profilo dell’elemento materiale della condotta che sotto il profilo psicologico, non considerando che il semplice rilascio di un assegno privo di copertura non e’ idoneo di per se’ ad integrare il reato di truffa e che il quid pluris descritto nell’imputazione in parte non sarebbe provato, essendo desumibile solo dalle dichiarazioni della (OMISSIS), in parte si riferirebbe a fatti successivi all’emissione del titolo, del tutto indifferenti ai fini dell’identificazione del raggiro.
3.1. Con il secondo motivo, la difesa eccepisce il vizio di travisamento della prova dichiarativa, sostenendo che del tutto erroneamente i giudici territoriali avrebbero attribuito un significato contra reum alla deposizione della persona offesa.
3.2. Il terzo motivo di ricorso investe il trattamento sanzionatorio, sotto i profili del vizio di violazione di legge e del difetto di motivazione, con riferimento all’articolo 133 c.p. e all’articolo 62 c.p., n. 4.
La Corte di merito non avrebbe dato adeguatamente conto della ribadita congruita’ della pena inflitta ai ricorrenti dal giudice di primo grado, soprattutto in quanto discosta dal minimo edittale. Il motivo e’ sviluppato con esclusivo riferimento ai criteri dettati dall’articolo 133 c.p. per l’esercizio del potere discrezionale del giudice, essendo rimasta la doglianza riferita all’articolo 62 c.p., n. 4, limitata alla nuda citazione normativa nel titoletto della censura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Dalla pacifica ricostruzione dei fatti oggetto dell’imputazione, emerge chiaramente che i ricorrenti conseguirono il profitto corrispondente alla prestazione professionale della (OMISSIS) prima del rilascio dell’assegno rivelatosi privo di copertura, senza fornire in quel momento alcuna falsa assicurazione alla persona offesa sulla propria solvibilita’.
1.1. Ne consegue che appare in una certa misura fondato il rilievo difensivo dell’assenza di “dolo iniziale” nella condotta dei ricorrenti, se tanto debba stare a significare che la persona offesa si indusse liberamente alla contrattazione senza essere fuorviata da condotte ingannevoli della controparte (nel senso che nel delitto di truffa, la condotta fraudolenta consistente negli artifizi e raggiri deve necessariamente precedere l’induzione in errore ed il conseguimento dell’ingiusto profitto, cfr. Sez. 2, Sentenza n. 9197 del 15/02/2017 Rv. 269099; In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha escluso che possa essere configurato il reato di truffa contrattuale nell’ipotesi di falsa denuncia di furto di assegni precedentemente consegnati in pagamento).
2.Contrariamente a quanto sostiene la difesa, la condotta degli imputati non e’ pero’ priva di rilevanza penale, dovendo essere assunta sotto il paradigma dell’articolo 641 c.p.. Va premesso, sul punto, che del tutto infondatamente, la difesa lamenta l’assenza di prova sulle assicurazioni che i due ricorrenti fornirono alla persona offesa sulla propria solvibilita’. Come risulta dalle dichiarazioni della (OMISSIS) riportate nelle sentenze di merito, sicuramente idonee a fornire la rappresentazione dei fatti riferiti, tanto piu’ in assenza di qualunque contestazione difensiva sull’attendibilita’ della fonte, i ricorrenti non si limitarono, infatti, a consegnare alla persona offesa un titolo che sapevano privo di copertura, ma la rassicurarono sul certo e prossimo adempimento dell’obbligazione sottostante, fornendo, in sostanza, callide garanzie sulla propria solvibilita’, implicite nell’allegazione di una temporanea indisponibilita’ di somme liquide.
2.1. Non molto chiara, al riguardo, e’ la censura relativa al presunto travisamento delle dichiarazioni della (OMISSIS), non spiegando la difesa quali contenuti letterali sarebbero stati travisati dai giudici di merito; in realta’, si tratta nulla piu’ che dell’interpretazione dei significati di prova corrispondenti a dati testuali pacifici, che la difesa assume del tutto infondatamente privi di portata accusatoria, correttamente ribadita, invece, dalla Corte territoriale, sia pure in termini non conformi all’esatta qualificazione giuridica del fatto.
2.2. Considerando anche la successiva messinscena del bonifico bancario, non c’e’ dubbio, in conclusione, sulla dissimulazione del proprio stato di insolvenza da parte dei ricorrenti (Nel senso che in tema d’ insolvenza fraudolenta, la prova del preordinato proposito di non adempiere alla prestazione dovuta sin dalla stipula del contratto, dissimulando lo stato di insolvenza, puo’ essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell’azione e dal comportamento successivo all’assunzione dell’obbligazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6847 del 21/01/2015 Rv. 262570 Spalanzino), mentre, per altro verso, non puo’ porsi, con riferimento alla corretta qualificazione giuridica del fatto, alcun problema di correlazione con l’imputazione originaria di truffa, perche’ la condotta tenuta dall’agente in entrambi i reati consiste in un comportamento fraudolento tale da ingenerare errore nella vittima (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29507 del 16/06/2015 Ud. (dep. 10/07/2015) Rv. 264151 Filice).
Alla stregua delle precedenti considerazioni il fatto contestato ai ricorrenti va qualificato come insolvenza fraudolenta ai sensi dell’articolo 641 c.p., con il conseguente rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Messina per nuova determinazione della pena, assorbiti i motivi di ricorso attinenti al trattamento sanzionatorio e rigettato il ricorso nel resto.
P.Q.M.
Qualificato il fatto come insolvenza fraudolenta ai sensi dell’articolo 641 c.p., rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Messina per nuova determinazione della pena.
Rigetta nel resto i ricorsi.

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