La pratica della “fertirrigazione” presuppone l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze e la compatibilità di condizioni e modalità di utilizzazione delle stesse con tale.

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 2 maggio 2018, n. 18519

Le massima estrapolate

La pratica della “fertirrigazione”, la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, presuppone l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze e la compatibilità di condizioni e modalità di utilizzazione delle stesse con tale.
In materia di valutazione della prova il convincimento del giudice può fondarsi tanto su prove obiettive quanto su un processo logico mediante il quale da fatti certi si ricava la conclusione circa l’esistenza del fatto da provare. A tale scopo occorre che gli elementi di giudizio siano certi; che la deduzione rientri in un procedimento logico caratterizzato dal massimo rigore di valutazione; che gli elementi posti a base della argomentazione siano concordanti.

Sentenza 2 maggio 2018, n. 18519

Data udienza 11 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. CERRONI Claud – Rel. Consigliere

 

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 09/02/2017 del Tribunale di Brindisi;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Marinelli Felicetta, che ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi
udito per l’imputato (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS);
per l’imputato (OMISSIS) l’avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 9 febbraio 2017 il Tribunale di Brindisi ha condannato (OMISSIS), quale titolare dell’omonimo frantoio, e (OMISSIS), quale proprietario di un fondo in (OMISSIS), alla pena di Euro 5000,00 di ammenda per il reato di cui all’articolo 110 c.p., e Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 256, comma 1, lettera a) in esito a giudizio abbreviato ed operata la riduzione per il rito.
2. Avverso la predetta decisione gli imputati hanno proposto separati ricorsi per cassazione, entrambi allegando un motivo di impugnazione.
2.1. In particolare, (OMISSIS), invocando violazione di legge con riferimento all’articolo 192 c.p.p., nonche’ mancanza di motivazione, ha lamentato l’assenza di qualsivoglia atto di indagine idoneo a confermare la penale responsabilita’ circa lo sversamento maleodorante nel terreno identificato (OMISSIS), di proprieta’ del (OMISSIS).
In particolare, in data 12 marzo 2015 era stata presentata domanda per l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e della sansa umida sui terreni di (OMISSIS) e di (OMISSIS), per cui non era possibile presumere lo scarico nell’area incolta di soli 1012 metri quadrati, allorche’ il ricorrente avrebbe potuto sversare regolarmente su altri 720.000 metri quadrati. Oltre a cio’, non sussisteva all’evidenza interesse alcuno a siffatto smaltimento, mentre difettava in effetti ogni prova circa modalita’ ed oggetto dello smaltimento.
3. A propria volta (OMISSIS), lamentando contraddittorieta’ della motivazione e travisamento del fatto, ha osservato che aveva semplicemente autorizzato lo spandimento di acque nei propri terreni elencati nella relazione tecnica, e di non essere a conoscenza dello spandimento eseguito sul terreno di cui al foglio di mappa (OMISSIS), essendosi appunto solamente limitato ad autorizzare il coimputato (OMISSIS) ad effettuare gli scarichi, una volta acquisite e autorizzazioni del caso. Null’altro era in grado di ripotare quanto alle attivita’ di scarico, mentre non aveva provveduto personalmente ad alcuna attivita’ in tal senso.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilita’ dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi sono inammissibili.
4.1. In primo luogo, peraltro, si osserva che e’ stata correttamente esclusa l’ipotesi, parimenti contestata, della fertirrigazione.
In proposito, infatti, la pratica della “fertirrigazione”, la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, presuppone l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze e la compatibilita’ di condizioni e modalita’ di utilizzazione delle stesse con tale pratica (Sez. 3, n. 15043 del 22/01/2013, Goracci, Rv. 255248); richiedendo altresi’, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento (cfr. Sez. 3, n. 5039 del 17/01/2012, Di Domenico, Rv. 251973; Sez. 3, n. 40782 del 06/05/2015, Valigi, Rv. 264991).
In specie, infatti, il terreno sul quale era avvenuto lo smaltimento indebito era incolto.
4.2. Per quanto riguarda il ricorso di (OMISSIS), la stessa impugnazione ha dato comunque conto che lo smaltimento sarebbe avvenuto ad iniziativa del coimputato (OMISSIS), e che in proposito lo stesso ricorrente non sarebbe stato in grado di conoscere come cio’ poteva essere accaduto.
Va da se’ che, anche a tener fede alla ricostruzione operata dal ricorrente, vi sarebbe responsabilita’ per avere tollerato l’altrui invasione, tanto piu’ che la responsabilita’ del reato contravvenzionale e’ configurabile anche in presenza di colpa, in specie derivante dalla negligenza nella cura e nella conservazione del proprio fondo, interessato dallo smaltimento illecito. Ne’ la legislazione in tema di rifiuti consente la mera tolleranza come forma di esonero da responsabilita’ (cfr. ad es., in tema di gestione di discarica abusiva, Sez. 3, n. 12159 del 15/12/2016, dep. 2017, Messina e altri, Rv. 270354), laddove non e’ stata neppure allegata l’eventuale impossibilita’ di controllare consistenza ed integrita’ della proprieta’ immobiliare.
In altre parole, il ricorso siccome prospettato non e’ idoneo a disarticolare il ragionamento del Tribunale brindisino in ordine alla responsabilita’ del ricorrente.
4.3. In relazione poi al ricorso presentato da (OMISSIS), il Tribunale ha operato la ricostruzione della vicenda assumendo la lettura della comunicazione della notizia di reato, dando conto delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) (v. supra) e degli ulteriori elementi documentali rinvenuti nel corso delle indagini, traendone adeguate considerazioni in fatto ed in diritto. L’odierno ricorrente non risulta avere rilasciato dichiarazioni di sorta.
4.3.1. Cio’ posto, invero, in tema di giudizio abbreviato gli atti formati unilateralmente dalla polizia giudiziaria, tra i quali la comunicazione della notizia di reato, o dal pubblico ministero, riproducono, seppure nella dimensione cartolare, una prova dichiarativa e devono essere valutati sulla base dei parametri che regolano l’apprezzamento di tale prova, ove compatibili (Sez. 2, n. 28960 del 10/05/2017, Manca e altro, Rv. 270527).
Al riguardo, il verbale di accertamento del 24 giugno 2015, dal quale dovrebbe desumersi la mancata identificazione del responsabile dello sversamento, non e’ riportato dal ricorrente nella sua integralita’ bensi’ in stralcio.
In proposito, peraltro, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericita’, quei motivi che, deducendo il vizio di manifesta illogicita’ o di contraddittorieta’ della motivazione, riportano meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedono ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, Savasta e altri, Rv. 263601).
D’altro canto la ricostruzione fattuale siccome espressa nel provvedimento impugnato non e’ viziata da illogicita’, ne’ appare ravvisabile violazione di legge, processuale ovvero sostanziale.
Ivi infatti si da’ conto dei rapporti tra gli odierni ricorrenti, quanto agli spandimenti autorizzati di acque di vegetazione e di lavaggio olive; e’ riferita la dichiarazione del (OMISSIS), che nel solo (OMISSIS) ha individuato il soggetto autore di spandimenti, ancorche’ a mezzo di un proprio dipendente (v. supra); e’ dato comunque conto, a mezzo dei rilievi tecnici acquisiti e certamente utilizzabili nel rito abbreviato, anche di attivita’ di spandimento al di fuori dei periodi indicati nella relazione tecnica idrogeologica di accompagnamento; non e’ evidenziata la presenza di altro soggetto operante in zona. Con valutazione riservata istituzionalmente al giudice del merito, e’ stata cosi’ ricondotta ad entrambi gli odierni ricorrenti la responsabilita’ dello smaltimento, che all’uno consentiva la liberazione dell’azienda e che all’altro assicurava ragionevolmente un vantaggio economico.
Al riguardo, in materia di valutazione della prova il convincimento del giudice puo’ fondarsi tanto su prove obiettive quanto su un processo logico mediante il quale da fatti certi si ricava la conclusione circa l’esistenza del fatto da provare. A tale scopo occorre che gli elementi di giudizio siano certi; che la deduzione rientri in un procedimento logico caratterizzato dal massimo rigore di valutazione; che gli elementi posti a base della argomentazione siano concordanti.
4.3.2. A detti principi la sentenza impugnata si e’ certamente uniformata.
E’ stato cosi’ affermato che il controllo della logicita’ della motivazione va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la possibilita’ di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo; sicche’ nella verifica della fondatezza, o non, del motivo di ricorso ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) il compito della Corte di cassazione non consiste nell’accertare la plausibilita’ e l’intrinseca adeguatezza dei risultati dell’interpretazione delle prove, coessenziale al giudizio di merito, ma quello, ben diverso, di stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano dato esauriente risposta alle deduzioni delle parti e se nell’interpretazione delle prove abbiano esattamente applicato le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Ne consegue che, ai fini della denuncia del vizio ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) e’ indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento e’ manifestamente carente di motivazione e/o di logica e che non e’, invece, producente opporre alla valutazione dei fatti contenuta nel provvedimento impugnato una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, dato che in quest’ultima ipotesi verrebbe inevitabilmente invasa l’area degli apprezzamenti riservati al giudice di merito (Sez. 1, n. 12496 del 21/09/1999, Guglielmi e altri, Rv. 214567). In tal modo, pur dopo la novella codicistica operata dalla L. n. 46 del 2006, che consente di denunciare i vizi di motivazione con riferimento ad “altri atti del processo”, alla Corte di cassazione restano precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa, dovendosi essa limitare al controllo se la motivazione dei giudici del merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito (Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482).
In ogni caso, quindi, anche a seguito della modifica apportata all’articolo 606 c.p.p., lettera e), dalla L. n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimita’ il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099).
4.4. In definitiva, quindi, il provvedimento impugnato reca motivazione non manifestamente illogica (tenuto altresi’ conto che non rileva lo “stralcio” documentale), in grado di adeguatamente giustificare l’iter logico della decisione.
5. La manifesta infondatezza dei ricorsi ne comporta inevitabilmente la loro inammissibilita’.
Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., ed a carico di ciascun ricorrente, l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

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