Inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicita’ della motivazione di questa

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 12 giugno 2018, n. 26860.

La massima estrapolata:

Inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicita’ della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacita’ dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito.
I motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresi’ quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e che nel giudizio di legittimita’ non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante) su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento.
Del resto, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.

Sentenza 12 giugno 2018, n. 26860

Data udienza 29 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. TORNESI Daniela – Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. PICARDI Frances – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/10/2017 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Picardi Francesca;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Tampieri Luca che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) ed il rigetto del ricorso di (OMISSIS);
e’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA difensore di (OMISSIS), che chiede l’accoglimento del ricorso;
e’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS) in proprio ed in sostituzione del codifensore avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA, che insiste per l’accoglimento del ricorso, con rinvio della sentenza impugnata;
e’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA, che deposita nomina a sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS), che chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Roma ha rigettato gli appelli e confermato la sentenza di primo grado del G.i.p. del Tribunale di Roma, che ha condannato (OMISSIS) alla pena di sei anni di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa e (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena di due anni e otto mesi di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa, ritenuta la continuazione ed applicata la diminuente per il rito abbreviato – il primo per i reati di cui al capo A (di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, perche’ deteneva a fine di spaccio un involucro di grammi 16,1 di cocaina, occultato nella giacca) e B (di cui all’articolo 110 c.p., e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, perche’, in concorso con altri, deteneva un consistente quantitativo di droghe leggere di diversa tipologia e attrezzi normalmente utilizzati per il taglio ed il confezionamento, il tutto rinvenuto nell’auto nella disponibilita’ di tutti gli imputati, sebbene intestata a terzi, e in una casa in (OMISSIS), di cui (OMISSIS) era conduttore, ma che era nella disponibilita’ di tutti gli imputati) e gli altri due per il solo reato di cui al capo B.
2. Avverso tale sentenza hanno tempestivamente proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei propri difensori, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS).
3. (OMISSIS) ha denunciato la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche, avvenuto in considerazione della mancata resipiscenza, del comportamento processuale e del mancato aiuto alle indagini.
4. (OMISSIS) ha dedotto la violazione di legge e l’omessa, illogica e contraddittoria motivazione, anche in considerazione del parziale apprezzamento delle allegazioni difensive, in ordine al proprio coinvolgimento nella detenzione di sostanza stupefacente di cui al capo B, avendo offerto la prova della provenienza della somma sequestrata dalla vendita di un veicolo e non essendo emersa la sua assidua frequentazione dell’appartamento ove la droga era occultata, atteso che le indagini erano durate solo dal (OMISSIS) e deponevano esclusivamente per un suo ingresso, in data (OMISSIS), nell’abitazione; ha lamentato, inoltre, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’eccessiva misura della pena.
5. (OMISSIS) ha lamentato la violazione di legge e l’omessa, illogica e contraddittoria motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, per il capo A, sottolineando, da un lato, la riconducibilita’ a tale fattispecie di tutte le ipotesi di piccolo spaccio e non solo quelle di portata offensiva minima e, dall’altro, la distinzione tra la detenzione del quantitativo modico di cocaina rinvenuto nella sua giacca e la condivisa detenzione di droghe leggere rinvenute in altra collocazione; la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche, avvenuto in considerazione della mancata resipiscenza, del comportamento processuale e del mancato aiuto alle indagini, motivazione contrastante con il dato fattuale e, cioe’, l’immediato riconoscimento della propria responsabilita’ da parte dell’imputato, e con il dato giuridico, rilevando la collaborazione delle indagini ai fini del riconoscimento della diversa attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 7.
6. Con successiva memoria del 3 maggio 2018 (OMISSIS) ha eccepito l’omessa traduzione della sentenza di appello in lingua a lui nota e la conseguente violazione dell’articolo 143 c.p.p., come modificato dal Decreto Legislativo n. 32 del 2014, e della CEDU, articolo 6, comma 3 e della direttiva dell’Unione europea n. 64 del 2010, articolo 3, comma 2.
7. Risulta, invece, disposta la traduzione in lingua (OMISSIS) della sentenza di primo grado e la nomina dell’interprete nel processo di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati e vanno rigettati.
2. Il ricorso di (OMISSIS) va rigettato, atteso che il diniego delle attenuanti generiche non comporta alcuna violazione di legge e e’ motivato in modo congruo, non manifestamente illogico e privo di contraddizioni, tenuto conto, peraltro, del riferimento da parte della Corte di Appello – proprio per il ricorrente – ad un altro precedente penale e ad altri due precedenti di polizia specifici. In proposito occorre ricordare, difatti, che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Nella specie, Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 ud., rv. 271269, ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
Il motivo formulato risulta, peraltro, generico in quanto, da un lato, non evidenzia elementi positivi nella condotta del ricorrente che avrebbero potuto giustificare la concessione delle attenuanti generiche e che non sono stati valutati dai giudici di merito e, dall’altro lato, non censura la motivazione del giudice di merito nella sua completezza, non prendendo in considerazione la specifica menzione dei suoi precedenti.
3. Il ricorso di (OMISSIS) aggredisce la valutazione delle risultanze istruttorie e si traduce nella mera proposizione di una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella accertata dai giudici di merito, i quali hanno ritenuto inadeguata la documentazione prodotta al fine di provare la provenienza del danaro. In proposito va ricordato che e’ inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicita’ della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacita’ dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015 ud., dep. 16/07/2015, rv. 264441). A cio’ si aggiunga che i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresi’ quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 ud., dep. 26/06/2013, rv. 255568) e che nel giudizio di legittimita’ non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante) su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 Ud., dep. 31/03/2015, Rv. 262965). Del resto, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 ud., dep. 27/11/2015, rv. 265482).
Per mera completezza, va osservato che i numerosi elementi indiziari, evidenziati dal giudice di primo grado, sono assolutamente sufficienti a fondare l’accertamento della responsabilita’ di (OMISSIS). In particolare, come dichiarato dallo stesso (OMISSIS), lo stesso aveva svolto un viaggio in (OMISSIS) con i coimputati, facendo ritorno in Italia il (OMISSIS), aveva ospitato presso di lui i coimputati, nonostante (OMISSIS) fosse conduttore dell’appartamento in (OMISSIS), dove sono state trovate la sostanza stupefacente e l’attrezzatura per il confezionamento delle dosi, aveva le chiavi e la disponibilita’ del veicolo, dove pure e’ stata rinvenuta la droga; si e’ recato presso l’appartamento in (OMISSIS), anche se, secondo le sue allegazioni, solo in data (OMISSIS). La provenienza della somma di Euro 7.150,00, nella disponibilita’ di (OMISSIS), non risulta, dunque, decisiva ai fini del giudizio di colpevolezza.
4. Parimenti va rigettato il ricorso di (OMISSIS).
Il motivo relativo al mancato riconoscimento del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 per il capo A non merita accoglimento. In proposito risulta sufficiente, al fine di confermare la sentenza impugnata, la motivazione del giudice di primo grado, che trattandosi di doppia conforme, integra quella d’appello, nella parte in cui ha sottolineato che la quantita’ di cocaina detenuta non era affatto irrisoria, ma utile al confezionamento di ben 49 dosi medie.
A cio’ si aggiunga che, in tema di stupefacenti, il riconoscimento del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 richiede una adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalita’ e circostanze dell’azione, qualita’ e quantita’ della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entita’ in conformita’ ai principi costituzionali di offensivita’ e proporzionalita’ della pena (Sez. 6 n. 1428 del 19/12/2017 Ud. – dep. 15/01/2018, Rv. 271959). Nel caso di specie, i giudici di merito hanno analizzato proprio le circostanze dell’azione, che non si identificano nelle modalita’ della condotta contestata al capo A), ma implicano la valutazione del complessivo contesto in cui il reato viene perpetrato e, quindi, della disponibilita’ di diverse sostanze stupefacenti o di una base logistica e, cioe’, circostanze che emergono dall’altro capo di imputazione.
Parimenti e’ infondato il motivo avente ad oggetto il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che e’ stato congruamente motivato. La decisione risulta, peraltro, conforme con il principio secondo cui la meritevolezza dell’adeguamento della pena, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni del fatto o del soggetto, non puo’ mai essere data per presunta, ma necessita di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (Sez. 1, n. 46568 del 18/5/2017, Rv. 271315): elementi positivi che non sono stati indicati dal ricorrente. Difatti, tra gli elementi positivi che possono suggerire la necessita’ di attenuare la pena comminata per il reato rientra la confessione spontanea, potendo, tuttavia, il giudice di merito escluderne la valenza, quando essa sia contrastata da altri specifici elementi di disvalore emergenti dagli atti o si sostanzi nel prendere atto della ineluttabilita’ probatoria dell’accusa ovvero sia volta esclusivamente all’utilitaristica attesa della riduzione della pena e la collaborazione giudiziaria o processuale sia comunque probatoriamente inerte o neutra, nel senso che non abbia neppure agevolato il giudizio di responsabilita’ di coimputati, per essere questi gia’ confessi o per altro plausibile motivo (Sez. 1, n. 42208 del 21/03/2017, Rv. 271224).
Riguardo al motivo nuovo formulato con la memoria del maggio 2018, e’ sufficiente osservare che la mancata traduzione della sentenza in una lingua nota all’imputato alloglotta non integra la nullita’ prevista dall’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c) – sotto il profilo della lesione recata alla effettiva partecipazione al giudizio e alla completa esplicazione del diritto di difesa – qualora sia stata proposta tempestiva impugnazione da parte del difensore e non siano stati allegati elementi specifici in ordine al pregiudizio derivante dalla omessa traduzione.
5. In definitiva, tutti i ricorsi vanno rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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