In tema di convalida del fermo di indiziato di delitto, la fondatezza del pericolo di fuga

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 12 giugno 2018, n. 26879.

Le massime estrapolate:

In tema di convalida del fermo di indiziato di delitto, la fondatezza del pericolo di fuga va verificata con valutazione “ex ante”, desumendo da elementi concreti la rilevante probabilita’ che l’indagato si potesse dare alla fuga;
Nella motivazione della convalida del fermo il giudice deve far riferimento a concreti e specifici elementi di fatto risultanti dagli atti con riferimento ai parametri normativi che nella realta’ consentono e legittimano la misura precautelare nei confronti di persona gravemente indiziata di reato, non essendo a tal fine sufficiente l’utilizzazione di formule di stile, adattabili a qualsiasi situazione, senza che cio’ comporti una verifica sulla ragionevolezza dell’operato della polizia giudiziaria cui e’ attribuita una sfera di discrezionalita’;
In tema di fermo, il requisito del pericolo di fuga non e’ ravvisabile nel temporaneo allontanamento dal luogo del delitto, dovendosi, invece, fondare su elementi specifici, dotati di capacita’ di personalizzazione e desumibili da circostanze concrete;
Ai fini della convalida del fermo, il pericolo di fuga non puo’ essere presunto sulla base del titolo di reato in ordine al quale si indaga, ma deve essere fondato su elementi specifici, ossia dotati di capacita’ di personalizzazione, e desumibili da circostanze concrete. L’atto di colui che si allontana dal luogo in cui e’ stato commesso il reato e si rende momentaneamente irreperibile, non va pertanto confuso con il pericolo di fuga, altrimenti il provvedimento di fermo sarebbe legittimo in tutti i casi in cui l’indagato non sia stato arrestato nella flagranza ovvero il reato venga accertato successivamente

Sentenza 12 giugno 2018, n. 26879

Data udienza 29 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. TORNESI Daniela Rita – Consigliere

Dott. CENCI Daniele – rel. Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 15/03/2018 del GIP TRIBUNALE di VENEZIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CENCI DANIELE;
lette le conclusioni del P.G. Dott.ssa CASELLA Giuseppina, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Il G.i.p. del Tribunale di Venezia con ordinanza del 15-16 marzo 2018 ha convalidato il fermo di (OMISSIS) disposto dal Pubblico Ministero l’8 marzo 2018 per fatti di droga ritenendo ricorrere sia gravi indizi di colpevolezza sia il pericolo di fuga.
In particolare a (OMISSIS) si contesta la partecipazione, in posizione non apicale, ad associazione finalizzata al narcotraffico Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74, tra (OMISSIS) (capo n. 1), l’ulteriore partecipazione ad associazione volta al narcotraffico, con l’aggravante di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, per favorire l’associazione mafiosa di (OMISSIS) retta da (OMISSIS), detenuto in regime di cui all’articolo 41-bis Ord. Pen., dall’ottobre 2015 con permanenza in atto (capo n. 2), e due violazioni del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commesse, rispettivamente, dal (OMISSIS) (capo n. 3) e sino al marzo 2017 (capo n. 4).
2. Ricorre tempestivamente per la cassazione dell’ordinanza l’indagato, tramite difensore, che si affida ad un solo motivo, con cui denunzia violazione di legge (articolo 384 c.p.p., comma 1) per insussistenza del pericolo di fuga.
Premette il ricorrente che il G.i.p. di Venezia ha sottolineato al riguardo: 1) il collegamento di (OMISSIS) con la criminalita’ organizzata calabrese; 2) la circostanza che in molte indagini di criminalita’ organizzata e’ dato ricorrente la latitanza dei partecipi; 3) che dalle indagini e’ emerso che (OMISSIS) e un altro indagato, (OMISSIS), “hanno manifestato una notevole mobilita’ sul territorio nazionale, mobilita’ capace di influire in maniera decisiva sulle determinazioni in ordine alla fuga” (p. 8 dell’ordinanza), richiamando un precedente di legittimita’, secondo cui “in sede di convalida del fermo il Giudice deve verificare non solo se l’indiziato al momento del fermo si stesse dando alla fuga pur nella consapevolezza delle indagini a suo carico ma se sussistano elementi che depongano per il futuro pericolo che l’indiziato intenda sottrarsi alla giustizia dandosi alla fuga” (vedasi Cass. Sezione seconda n. 31557 del 2017″ (p. 8).
Cio’ posto, il ricorrente sottopone il riferito ragionamento a serrata critica, osservando quanto segue:
nello stesso precedente di legittimita’ richiamato, la S.C. ha, in realta’, “ribadito un principio ormai assodato, ossia che il pericolo di fuga “e’ costituito dal pericolo effettivo, concreto e dedotto da precise circostanze di fatto da cui si evinca il chiaro intento dell’indagato di eludere la giustizia dandosi alla fuga”” (p. 2 del ricorso), tanto che proprio nella fattispecie esaminata da Sez. 4, n. 31557 del 20/05/2017, richiamata nel provvedimento impugnato, la S.C. ha censurato la valutazione nell’occasione operata dal G.i.p. del Tribunale di Trapani, che aveva desunto il pericolo di fuga dalla mera disponibilita’ di un biglietto aereo per un paese europeo, trascurando del tutto ulteriori profili fattuali;
che nel caso di (OMISSIS), che non era in procinto di partire ne’ aveva ipotizzato di farlo, difettano radicalmente “precise circostanze di fatto nella richiesta di convalida del fermo da cui si possa evincere il chiaro intento dell’indagato di eludere la giustizia dandosi alla fuga” (p. 3 del ricorso);
che, del resto, nella stessa ordinanza cautelare del G.i.p. del Tribunale di Venezia del 15-16 marzo 2018 nei confronti di (OMISSIS) non e’ stato ravvisato sussistente il pericolo di fuga ma solo quello di recidiva nel reato;
che la circostanza che alcuni co-indagati si siano resi latitanti non implica affatto che anche l’odierno ricorrente intenda darsi alla fuga, poiche’ deve trattarsi di pericolo personalizzato, come puntualizzato dalla Corte di legittimita’;
che “il fatto che l’odierno ricorrente, pur residente in Calabria, abbia manifestato una notevole mobilita’ sul territorio nazionale non puo’ costituire elemento concreto dal quale desumere il pericolo di fuga, perche’ tale mobilita’, come osserva il giudicante, e’ stata manifestata in Italia e non all’estero In ogni caso, i viaggi compiuti dal signor (OMISSIS) nel (OMISSIS) tra (OMISSIS) non appaiono denotare quella preoccupante mobilita’ sul territorio affermata dal G.i.p. nel gravato provvedimento” (p. 4 del ricorso);
che, in ogni caso, la S.C. ha precisato che “”ai fini della legittimita’ del fermo, gli elementi che possono fare ritenere fondato il pericolo di fuga devono essere, innanzitutto, specifici, e cioe’ direttamente riferiti alla persona sottoposta al fermo, e soprattutto, concreti, cioe’ connotanti un pericolo, reale, effettivo, non immaginario e non meramente congetturale in ordine alla rilevante probabilita’ che l’indagato si dia alla fuga, sicche’ lo stesso non puo’ essere ipotizzato, ne’ ritenuto sulla sola base del titolo del reato in ordine al quale si indaga (essendo esso elemento costitutivo limite all’esperibilita’ del fermo), ne’ della relativa pena edittale (sez. ord. n. 3364 del 09/06/1998, Rv. 211022)” (Cass. Pen., Sez. 2, n. 52009 del 4.10.2016)”;
che, dunque, deve ritenersi che il P.M., prima, e il G.i.p., dopo, abbiano desunto il pericolo di fuga da mere supposizione e non gia’ da circostanze di fatto e che lo stesso episodio di “fuga di notizie” cui fa riferimento il P.M. a p. 60 del decreto di fermo (di cui all’articolo n. 2 al ricorso) valga ad escludere che il ricorrente intendesse fuggire dall’Italia: “nonostante il signor (OMISSIS) nel novembre 2017 avesse scoperto che nella propria autovettura erano stati installati degli apparecchi di intercettazione audio e la scoperta delle microspie costituisse, evidentemente, la conferma di essere oggetto di investigazioni, l’odierno ricorrente non ha posto in essere alcun comportamento che deponesse per un effettivo pericolo che lo stesso volesse sia pure in futuro, darsi alla fuga” (p. 5);
che, infine, “la stessa stabilita’ residenziale ed affettiva dell’indagato, sposato e padre di due figli con lui conviventi”, dimostrata dalla documentazione allegata sub n. 3 al ricorso (pp. 5-6 del ricorso), dimostrerebbe ulteriormente l’insussistenza del pericolo di fuga.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato e deve essere accolto.
1.1. Va premesso che e’ principio pacifico quello secondo il quale “In sede di convalida di un provvedimento coercitivo, il giudice e’ tenuto unicamente a valutare la sussistenza degli elementi che hanno legittimato l’adozione della misura con una verifica “ex ante”, dovendosi tenere conto della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria ovvero da quest’ultima conoscibile con l’ordinaria diligenza al momento dell’arresto o del fermo, con esclusione delle indagini o delle informazioni acquisite successivamente, che sono utilizzabili solo per l’ulteriore pronuncia sullo “status libertatis”” (v., ex plurimis, Sez. 3, n. 37861 del 17/06/2014, P.M. in proc. Pasceri, Rv. 260084).
Cio’ posto, la giurisprudenza di legittimita’ e’ rigorosa nell’esigere la necessita’ della sussistenza di concreti elementi da cui si desuma la rilevante probabilita’ che l’indagato si dia alla fuga. Si vedano, infatti, a mero titolo di esempio, le seguenti pronunzie di legittimita’:
“In tema di convalida del fermo di indiziato di delitto, la fondatezza del pericolo di fuga va verificata con valutazione “ex ante”, desumendo da elementi concreti la rilevante probabilita’ che l’indagato si potesse dare alla fuga” (Sez. 2, n. 52009 del 04/10/2016, P.M. in proc. Grosso, Rv. 268511);
“Nella motivazione della convalida del fermo il giudice deve far riferimento a concreti e specifici elementi di fatto risultanti dagli atti con riferimento ai parametri normativi che nella realta’ consentono e legittimano la misura precautelare nei confronti di persona gravemente indiziata di reato, non essendo a tal fine sufficiente l’utilizzazione di formule di stile, adattabili a qualsiasi situazione, senza che cio’ comporti una verifica sulla ragionevolezza dell’operato della polizia giudiziaria cui e’ attribuita una sfera di discrezionalita’” (Sez. 3, n. 39452 del 11/07/2013, P.M. in proc. Brianza, Rv. 256975);
“In tema di fermo, il requisito del pericolo di fuga non e’ ravvisabile nel temporaneo allontanamento dal luogo del delitto, dovendosi, invece, fondare su elementi specifici, dotati di capacita’ di personalizzazione e desumibili da circostanze concrete” (Sez. 1, n. 5244 del 10/01/2006, Salaj, Rv. 234066);
“Ai fini della convalida del fermo, il pericolo di fuga non puo’ essere presunto sulla base del titolo di reato in ordine al quale si indaga, ma deve essere fondato su elementi specifici, ossia dotati di capacita’ di personalizzazione, e desumibili da circostanze concrete. L’atto di colui che si allontana dal luogo in cui e’ stato commesso il reato e si rende momentaneamente irreperibile, non va pertanto confuso con il pericolo di fuga, altrimenti il provvedimento di fermo sarebbe legittimo in tutti i casi in cui l’indagato non sia stato arrestato nella flagranza ovvero il reato venga accertato successivamente” (Sez. 3, n. 4089 del 18/12/2003, dep. 2004, Failla, Rv. 228486).
1.2. Nel caso di specie, invece, ne’ la circostanza che altri indagati si siano resi latitanti ne’ la gravita’ delle accuse ne’ gli spostamenti sul territorio nazionale dimostrano l’attualita’ del pericolo di fuga. Depongono – anzi – in senso contrario sia la scoperta di microspie da parte di (OMISSIS) nella propria auto il 7 dicembre 2017 e la notizia che l’indagato dimostra di avere gia’ il 23 ottobre 2017 dello svolgimento di indagini bancarie nei suoi confronti (v. p. 60 del decreto di fermo del P.M., all. n. 2 al ricorso) sia, a ben vedere, la “ricognizione finale” operata dallo stesso G.i.p., che, esaurita la convalida con l’affermazione del pericolo di fuga (p. 9 del provvedimento del 15-16 marzo 2018), nell’applicare la misura del carcere non ha ritenuto sussistente l’esigenza cautelare di cui all’articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera a), (v. p. 43 dell’ordinanza di custodia cautelare).
2. Consegue l’annullamento, da disporsi senza rinvio, del provvedimento di convalida del fermo, essendo stato illegittimamente disposto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dichiara l’illegittimita’ del fermo.

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